Just a thought
"Magari c'è un motivo preciso della tua esistenza. Forse i tuoi genitori, al momento della tua nascita, avevano già intuito il tuo destino, ma senza svelartelo.
Il perché? Nessuno lo può sapere.
La paura li aveva condizionati oppure erano stati loro stessi a fregarsene?
O, magari, non volevano proprio provare a cambiarlo, lasciandoti vivere come aveva scelto colui che ha scritto la tua storia.
Però sappi che ogni libro ha una fine, e l'ultima pagina, in genere, è sempre quella più toccante e al contempo scioccante.
Ora dimmi.
Se tu avessi avuto il racconto della tua vita tra le mani, avresti mai deciso di leggerne il finale?"
Un'interferenza pose fine a tutto, comparve il viso di quel demone, poi uscì di scena, rendendo la visione più nitida, ancora una volta.
E dimmi, avresti mai pensato di diventare un burattino?
Sai, no, i sogni che tutti fanno da piccoli.
"Voglio essere un veterinario"
E poi la sua vita si concluse in mezzo alla strada a cercare elemosina.
Sai, da un lato ti è andata bene, poteva capitarti di peggio, fidati.
Si sentì qualcuno ridere a crepapelle.
Rispondi a queste ultime domande.
Davvero credevi che la tua vita sarebbe rimasta sempre rose e fiori?
Sul serio pensavi che, continuando ad avere le stesse speranze della tua infanzia, la realtà non ti avrebbe mostrato le sue difficoltà?
Andiamo, metti in moto il cervello, Chiara, che qui nessuno è mai riuscito a salvarsi.
Una luce le invase la mente, era completamente bianca, immediatamente anche gli occhi vennero impossessati da essa e, finalmente, mostrò le sue iridi.
Si ritrovò in un ospedale, i medici la guardavano, soddisfatti del loro lavoro.
"Eri messa troppo male, ma, per fortuna, siamo riusciti a svegliarti" -disse uno di loro, con una nota di fierezza appena accennata.
"Da quant'è che sono qui?" -sussurrai, toccandomi la testa scottante.
"Da poco più di un giorno" -le rispose uno anziano, aveva pochi capelli e una leggere barba bianca gli adornava il viso squadrato alla perfezione, come se gliel'avesse creato un muratore esperto.
I dottori se ne andarono, congedandosi con la solita scusa del "riposa un po'" .
Chiara era stranita, non ricordava chiaramente cosa le fosse successo.
Osservò la stanza, era spoglia, giusto uno o due quadri sparsi qua e là, le pareti dipinte rigorosamente di bianco e, accanto a lei, una specie di comodino dove era stata appoggiata una bottiglia d'acqua, il suo telefono e una lametta.
La ragazza sgranò gli occhi.
Da dov'era spuntata la sua tortura?
Non ricordava di averla portata appresso.
Cercò di ricordare.
Vide la figura di un ragazzo per mezzo secondo, poi l'immagine di una lametta messa nella tasca di un giubbotto. L'osservò mentre cadeva a terra, dopo non comparve più nulla nella sua testa.
"Non è mia" -realizzò, quasi subito.
Chiuse gli occhi, aveva bisogno di altri dettagli, ma essi non avevano intenzione di svelarsi.
Prese l'oggetto in mano e lo scrutò attentamente.
C'era qualcosa di importante che mancava in tutta questa storia, quella semplice piccolezza che sfugge a tutti, eccetto agli occhi più esperti.
Chiara si sentì un po' come Sherlock Holmes, lui pensava come il colpevole, mancava di una finezza, ma poi riusciva sempre a trovarla e, così facendo, conseguiva i suoi casi.
E, finalmente, la vide:
c'era una scritta piccolissima incisa nella parte bassa della lametta, quasi invisibile ad occhio nudo; infatti la ragazza si sorprese di quanto fosse sviluppata la sua capacità visiva.
Una parola, un nome.
Lorenzo.
E la sola vista di quel sostantivo risvegliò nella sua mente tutti i ricordi perduti, che passarono in fretta, come piccoli flashback.
Chiara abbassò lo sguardo, lanciando l'oggetto che stava esaminando altrove.
Quel ragazzo le aveva rovinato la vita che era riuscita a sopportare finora.
Scosse la testa.
"Sono ancora una guerriera" -si disse, stringendo i pugni.
Era una ragazza divenuta determinata, ma la verità è che dentro di sé nascondeva la debolezza del suo animo.
Camminava a testa alta, però cadeva quando nessuno la guardava.
Era solo bisognosa di affetto e protezione, quelle cose che nessuno le dava.
Sembrava che a tutti piacesse solo calpestarla, e lei era semplicemente uno dei tanti fili d'erba del prato di un cortile scolastico.
Si toccò e accarezzò il collo, come a decidere la sua fine o meno.
Aveva combattuto così tanto e aveva scelto di rimanere, ma ora la sua testa non stava più ragionando, e quelle braccia fasciate per colpa dei tagli riaperti non davano l'idea di rimettersi in sesto.
Il labbro spaccato dal pugno ingoiava le poche lacrime che scendevano lentamente sulle sue gote ricoperte di lividi.
E, in tutto questo, lei sentiva di stare bene.
Si coricò con la testa affondata nel cuscino, macchiò la fodera con il sangue che usciva dalla sua bocca, ma poco le importava.
Serrò le palpebre come fanno i bambini quando vogliono evadere dalla realtà e non vedere i mostri che li circondano, i quali si nascondono negli armadi o sotto i letti.
Però lei non sentiva di aver paura, era convinta che la sua vita non sarebbe durata molto, sebbene continuasse a lottare, quasi disperatamente.
I suoi pensieri tornarono all'infanzia e, accompagnata dalle ninna nanne che sua madre le faceva da piccola, la ragazza si addormentò.
Nel suo sogno, percepì qualcuno parlarle, ma delle sue parole ne capiva la metà, siccome sentì di star riposando anche nella sua visione.
Capì solo alcune frasi, che, messe insieme, non risultavano, ovviamente, essere un discorso completo.
"Ehi, tesoro"
"Ci sono io ora"
"Voglio abbracciarti"
"Ti ho sognata, ma era un incubo"
"So che...
Ma io...
Bene"
Ad un tratto, tutto divenne confuso, come gli esercizi di matematica che la prof dà per casa.
Perché, ammettiamolo, tutto ci sembra facile quando qualcuno ci aiuta, ma, in mancanza di una persona, senti il mondo crollarti addosso, e non sai come riuscire ad andare avanti, né tantomeno dove devi fermarti o quando devi riniziare da capo.
E poi, ve ne rendete conto.
Riconoscere l'assenza di un individuo è come confessare che senza il suo bene e la sua presenza voi non potete stare.
E a quel punto, infatti, le voci calme e pacate che la facevano dormire serenamente nella sua stessa visione scomparvero, lasciando all'interno della sua testa un vuoto fin troppo percepibile, e uno schermo nero.
Spazio scrittrice.
EEEEH, VOLEVATE CHE CONTINUASSI IL "LORENZO'S POW".
E INVECE NO, TOH.
Spero che riusciate a comprendere il "messaggio contorto" dell'ultima parte.😂
Detto questo, al prossimo capitolo.
Zao gente.❤
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