°So You Can Talk°

Non avrebbe mai pensato che il silenzio gli sarebbe piaciuto davvero così tanto.
Non sentire alcuna voce, rumore, insulto o presa in giro.
Semplicemente silenzio.
Seduto su quel monotono divano a stringersi forte le gambe al petto, con le lacrime agli occhi ed il piccolo corpo ancora tremante di paura.
Mai nella sua vita Nagisa si era sentito tanto sbagliato, né aveva subito un incubo del genere: tutte quelle persone lì a prenderlo in giro per il suo corpo, a dirgli che stava meglio conciato in quel modo o a raccontargli violenze che avrebbero voluto fargli subire.
In quel momento Nagisa voleva solo sparire ed il silenzio lo aiutava a pensare ciò.
Odiava il suo corpo, più di prima, e odiava se stesso per aver solo contraddetto la realtà per una volta. Non era mai riuscito a prendere l'iniziativa e, semplicemente, diventava una marionetta manipolabile da chiunque: prima da sua madre, poi da quegli sporchi ricchi ed infine da una banda di violenti maniaci.
Perché non poteva essere come tutti gli altri? Perché non poteva decidere lui la sua vita?
Forse era colpa proprio di quel silenzio che lui stesso applicava: non ribattendo mai, lasciando che gli altri facessero quel che volevano su di lui.
Alzò di poco lo sguardo, incrociando l'orologio sul muro del salotto: 00:30, terzo giorno di inferno.
Nagisa percepì i forti morsi della fame per non aver mangiato quasi niente in quei giorni e l'enorme stanchezza che gli pervadeva la testa ed il cuore.
Era buio quel salotto, ma più rassicurante che con la luce, lì dove poteva vedere ogni suo incubo avverarsi.
Quel silenzio si placcò di colpo quando sentì dei passi avvicinarsi nella sua direzione.
Il celeste balzò all'allerta, spalancando gli occhi, rigido come un pezzo di legno.
Il terrore lo invase del tutto vedendo il diavolo dai capelli rossi camminare attraverso il salotto, con fare stanco ma comunque freddo, avviandosi nella cucina affacciata al salotto, accendendo la luce.
Il piccolo angelo abbassò lo sguardo involontariamente, spaventato, piangente e tremante. Aveva paura di incrociare lo sguardo con quel ragazzo: non riusciva a capire alcun suo pensiero e questo lo spaventava a morte, non potendo sapere cosa gli avrebbe potuto fare.
Nel frattempo, il rosso si era fatto del tè, sorseggiandolo da una tazza gialla lucente, mentre si apprestava a tirar fuori dal frigo vari tipi di cibo, diciamo non proprio da "spuntino notturno".
Il celeste lo guardava di soppiatto, non capendo che stesse facendo quel soggetto.
Il diavolo mise tutto ciò che aveva preso in un piatto, sistemando anche le rispettive posate.
"che starà facendo?" pensò l'angelo, osservando di sottecchi l'altro.
<<hai fame?>> disse il rosso, rompendo il silenzio che alleggiava in quel luogo. Nagisa alzò la testa di scatto, sorpreso e confuso dalla reazione di quel soggetto. Non rispose, semplicemente le parole gli si bloccarono in gola. <<allora? Vieni o no?>> chiese ancora quel ragazzo, guardando Nagisa con i suoi occhi dorati. Il celeste rimase semplicemente fermo a guardarlo, con un'aria confusa e le gambe strette al petto. Lui VOLEVA del cibo, eccome se lo voleva, ma non si fidava per niente di quell'individuo, preferendo non avvicinarsi. Il diavolo dai capelli rossi sospirò, guardando per l'ennesima volta il piccolo ragazzo, ma stavolta con aria più seccata <<non vorrai mica costringermi a minacciarti con una pistola solo per venire qui a mangiare, vero?>> disse, poggiando l'arma nera lucente sul tavolo, tirandola fuori dalla tasca del pigiama.
Ironica come cosa.
Il celeste assunse un'aria spaventata: ora non aveva scelta. Si alzò lentamente, tremante, e piano raggiunse il rosso, tenendo lo sguardo basso. <<siediti pure>> disse il ragazzo, offrendogli di sedersi al grande tavolo liscio di legno nero. Tibutante, il piccolo si sedette, guardando davanti a sé il piatto pieno di riso al curry e qualche verdura e carne. <<mangia... >> lo invitò l'individuo, sedendosi qualche posto più lontano all'altro.
Il suo stomaco cominciava a farsi insistente.
Piano e con mano tremante, Nagisa afferrò la forchetta, prendendo il cibo ed infilandolo in bocca.
Oh dio: era da tempo che non mangiava qualcosa di buono.
Cominciò a mangiare bocconi più grossi, sentendo la sensazione di fame sparire lentamente; in tutto questo, il rosso lo vigilava con lo sguardo, sorseggiando il dolce tè alla vaniglia.
Quando il celeste finì di mangiare, mollò la forchetta e portò le braccia lungo i fianchi, strette al suo corpo, assumendo una postura rigida, con lo sguardo rivolto verso il basso.
<<wow... Se avevi così fame, perché non sei venuto subito?>> chiese il ragazzo, con una punta di sarcasmo. Il celeste non disse niente, rimase in silenzio, guardando il pavimento.
Ci fu un attimo di silenzio.
Il rosso sospirò, guardando l'altro seriamente <<sei sciupato ed hai una pessima cera...dovresti->> <<perché? >> sussurrò Nagisa, all'improvviso, interrompendo l'altro <<p-perché mi fate questo?>> fece ancora, balbettando, con le lacrime agli occhi. Il rosso rimase un attimo sorpreso, per poi dipingere un sorriso divertito sul suo volto <<ah... Allora sai parlare... >> fece ironico, mentre l'altro strinse forte i pugni <<p-per favore, lasciatemi a-andare... >> sussurrò in lacrime il piccolo angelo, facendo scomparire il sorriso del rosso dal suo volto, facendo trasparire un'espressione stranamente seria.
Nagisa tremava dalla testa ai piedi, cercando di soffocare le lacrime che prepotenti scendevano sulle sue guance arrossate.
<<capisco perché ti senti così, ma fidati: non ti toccheranno con un dito, te lo assicuro>> fece il ragazzo, al che Nagisa alzò lo sguardo, guardando negli occhi il suo interlocutore <<ah, perché essere il "giocattolino" personale del capo della situazione mi dovrebbe rassicurare?>> lo disse quasi con rabbia, gli scappò involontariamente dalla bocca. Il diavolo non si scompose di un centimetro ed osservò bene il ragazzino davanti a lui. Si alzò dalla sedia su cui era, avvicinandosi a Nagisa <<se ti può rassicurare, non sono interessato a questo genere di cose... Non l'ho fatto perché volevo violentarti o cose così... >> fece, appoggiandosi di schiena al tavolo. Sta volta il celeste fu confuso. <<a-allora... Perché lo h-hai fatto?>> chiese a voce bassa il ragazzino. Il rosso non lo guardò, rimase semplicemente di spalle, in silenzio per un po'. <<... Sinceramente? Mi hai fatto pena. >> disse semplicemente poi.
In effetti, quella era la verità: quando lo credeva una femmina, non gli aveva fatto nessun effetto, ma quando aveva scoperto tutto, quando aveva visto negli occhi di quel ragazzino come odiasse di per sé il suo corpo, gli aveva fatto pena. Voleva lasciarlo andare, all'inizio, ma poi i suo membri lo avevano messo alle strette e l'unico modo per non far subire a quel ragazzino ulteriori sofferenze era dichiararlo suo, così che gli altri non avrebbero alzato neanche un dito su quel piccolo angioletto spaesato.
Era strano perché lui pena non la provava quasi mai: né per una vittima, né per qualsiasi altro essere umano. Ed invece, non si sa come, quel piccoletto gli aveva trasmesso malinconia come non ne sentiva da anni.
Avrebbe voluto lasciarlo andare anche adesso, ma se l'avesse fatto avrebbe perso ogni rispetto nei suoi confronti, ogni apparenza da leader. Certo: avrebbe potuto raccontare che il piccoletto fosse scappato, ma non ci avrebbe creduto nessuno, nemmeno lui stesso.
Forse, il minimo che poteva fare era farlo sentire minimamente a suo agio con qualcuno. Aveva anche notato il fatto che quel ragazzino lo guardasse con terrore, come se fosse il demonio in persona: non aveva tutti i torti, ma sicuramente non aveva motivo di prendersela con lui.
Forse era bene sforzarsi a non apparire così ai suoi occhi per non causargli ancora più terrore.
Quella era l'unica soluzione che aveva trovato.
<<questo è quanto. >> disse infine il rosso.
Nagisa rimase per l'ennesima volta in silenzio, mordendosi forte il labbro.
"pena": quanto odiava quella parola.
Ci fu silenzio, come ce ne fu per tutta la serata.
Snervante e profondo silenzio.
Al diavolo dai capelli rossi dava fastidio tutto ciò.
<<... Io sono Karma Akabane. >> fece all'improvviso, un po' per rompere il silenzio, un po' per rendersi meno un lupo cattivo agli occhi di quel piccoletto, cosa che avrebbe reso il tutto decisamente più difficile per tentare di metterlo minimamente a suo agio.
Un attimo... Ma era andato davvero a dire il suo nome ad uno sconosciuto? Uno sconosciuto che avrebbe potuto andare in giro a rivelarlo a tutti (certo, sempre se fosse riuscito a scappare)?
Gli doveva essere andato davvero di volta il cervello.
<<qual è il tuo nome?>> domandò in seguito Karma, guardando il suo interlocutore.
Il piccolo rimase zitto per un po', tibutante, rigido e inquieto.
Non sapeva quali fossero le intenzioni di quel ragazzo, né tanto meno se c'era da fidarsi. Che quella fosse tutta una trappola?
Era troppo stanco per pensare, la testa era pesante e non aveva nessuna voglia di incasinarsi i nervi.
<<... N-Nagisa Shiota... >> disse a voce bassa, non guardando l'altro. Il rosso annuì semplicemente, allontanandosi dal tavolo <<Nagisa... Beh, Bene allora: puoi dormire sul divano Na-Gi-Sa... >> fece, dicendo il suo nome come una cantilena, allontanandosi e tornando nel buio corridoio da cui era venuto.
Il celeste lo guardò allontanarsi, stanco e con gli occhi gonfi: non gli cambiava nulla tra divano o tappeto, perché sapeva che neanche quella notte sarebbe riuscito a chiudere occhio, con la mente affollata da mille pensieri.

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