Il resto della giornata fu passata nel più totale silenzio: era come se tutto si fosse congelato nel tempo, così da non mutare movimenti, parole o emozioni.
L'unico che aveva parlato un po' era Karma, ma Nagisa non aveva praticamente aperto bocca: proprio come all'inizio.
Adesso era notte: il celeste era disteso sul grande letto della camera di Karma, a guardarsi attorno tra l'oscurità e come unica fonte di luce la fioca lampada sul comodino, accesa per farlo sentire più tranquillo; la camera era grande, piena di mobili, ed una bagno compreso che non era poi così "piccolo". A quanto pareva, quella era la camera da letto più grande di quel posto, ma dopotutto si stava parlando di Karma, quindi la cosa non sorprendeva più di tanto.
Il piccolo si stringeva sotto le coperte, con addosso una grande camicia bianca datagli dal rosso per coprirlo un po': quel indumento era caldo e aveva lo stesso identico profumo dolce del diavolo rosso.
I lunghi capelli azzurri erano sciolti, dispersi su tutto il cuscino, mentre gli occhi blu erano aperti e vigili, a scrutare ogni singolo punto del posto. Aveva provato a dormire, a chiudere occhio anche solo cinque minuti, ma non ci riusciva, a malapena chiudeva le palpebre: quell'orribile sensazione sul suo corpo e la paura del pericolo erano ancora nella sua mente. Non se la sentiva minimamente di abbassare la guardia, nonostante la porta fosse chiusa a chiave, una luce fosse accesa e ci fosse una pistola sul comodino poco distante da lui, carica, lasciatagli lì da Karma Akabane in persona.
Con le delicate mani stringeva forte il morbido cuscino mentre sprofondava la testa in esso.
Sapeva che non avrebbe chiuso occhio.
Ma non era l'unico: anche il rosso, in salotto, disteso sul divano, stava con gli occhi spalancati e fissi sul soffitto, senza riuscire a prendere sonno.
Era andato in salotto a dormire per non infastidire o mettere a disagio Nagisa, dandogli i suoi spazi ed il tempo di riflettere.
Nonostante le parole del celeste, il diavolo rosso si sentiva ancora in colpa per l'accaduto: era una sensazione che non riusciva a scrollarsi di dosso, oltre al fatto che si stesse immaginando il terribile stato dell'angelo, divagando nel peggio ogni volta nella sua testa.
Non aveva ancora ucciso quel mostro orribile, ma per quello c'era tempo ed era la minor preoccupazione per il rosso in quel momento: l'importante adesso era Nagisa, solo ed esclusivamente Nagisa.
Sapeva bene che quella sarebbe stata una lunga notte, ma dopotutto era abituato a non dormire: era pane quotidiano.
Sospirò in quel buio, sprofondando la testa nei cuscini del divano.
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