Ventitreesimo

«Non torno a casa senza di te, non un'altra volta.» Ringhiò arrabbiato Bucky, ormai dimesso dall'ospedale, sulla soglia della porta della stanza di Steve, che era a letto, con gli occhi bassi.
Le condizioni di Barnes non erano gravi, ed anche il suo stato psicologico era meno precario constatati i risultati delle ultime sedute di terapia. Era strano anche da accettare, ma sembrava proprio che Bucky stesse tornando ad essere se stesso, in una piccola parte, anche se la maggior parte dei suoi ricordi non fosse ancora vivida nella sua mente.
«Invece si, non preoccuparti.» Rispose Steve, severamente.
«No Steve! Cazzo, No! Alzati!» Sbottò il moro ad alta voce, agitando le braccia, fermato da una fitta ai polmoni, ancora tramortiti dal drenaggio che avevano subito.
«Bucky per favore, non rendere tutto più difficile di quanto non lo sia già.»
Bucky si avvicinò a Steve, prendendogli con una mano il mento e sussurrandogli con tono minaccioso;
«Non conosco ancora molto su di te, Steve, ho pochi e confusi ricordi sul tuo conto, ma sai perché continuo a starti accanto? Perché una parte di me prova qualcosa che non ho mai provato, che non riesco a spiegare, quindi non puoi dirmi di andarmene.»
Steve guardò il viso del soldato provando una marea di emozioni contrastanti, limitandosi a godersi la pressione delle sue dita umane contro il suo viso, e a cercare di riflettere su quelle parole.
«Okay. Chiama il fisioterapista.» Mugugnò al maggiore, imbarazzato, che si preoccupò a quell'insolita richiesta.

«Signor Rogers, come andiamo? Perché mi ha chiamato?» Chiese pimpante il medico che quel giorno sembrava davvero di buon umore.
«Bene, tutto sommato... L'ho chiamata perché vorrei prolungare le sedute di terapia...vorrei impegnarmi di più, così da poter tornare a casa...» Disse impietosito Steve.
«Beh... Mi mette abbastanza in difficoltà... Mi faccia vedere fino a che punto può muoversi, e potrei pensare ai tempi per le sue dimissioni.»
«Cosa? Adesso?» Domandò Steve intimorito; riusciva a mal appena ad accennare un minimo movimento, non sarebbe mai riuscito ad assecondare le istruzioni del medico. Era sicuro che sarebbe rimasto chissà quanto ancora in quell'ospedale, abbandonando Bucky a se stesso o in una qualche clinica.
«Si. Avanti, si metta seduto.» Continuò in tono ovvio il vecchio dottore.
Bucky notò subito l'agitazione di Steve, avvicinandosi a lui, e poggiando dolcemente una mano sulla sua spalla.
«Coraggio Steve, è più semplice di quanto pensi.»lo incoraggiò sorridendo.
Cap deglutì, sedendosi con le gambe a penzoloni, sorreggendosi con le braccia sul letto, e guardando il medico.
«Bene, adesso distenda la gamba sinistra.»
Steve guardò terrorizzato Bucky; era sicuro che non ci sarebbe mai riuscito. Mai.
«Ehy, sta calmo. È la stessa identica cosa che hai fatto con me.» Lo rassicurò Bucky.
«Buck, i-io..» Balbettò Steve, non riuscendo a terminare la frase.
«Sono riuscito a prendere il controllo di questa cosa di latta, tu puoi riuscire a muovere le tue gambe.» Affermò scherzosamente riferendosi al suo braccio, mentre teneva la mano di Steve, che stringeva saldamente le lenzuola del letto.
Cap si concentrò, avvinghiandosi con forza alla mano di Bucky, sudando, e guardando le sue gambe, che non accennavano un minimo movimento.
«Steve, sta calmo. Fallo e basta, non avere paura. Io sarò con te fino alla fine, in ogni caso, comunque vada.» Sussurrò Bucky, ricambiando la stretta di mano, dando sicurezza a Cap, con la sua dolce voce, che da troppo tempo non acquistava quel tono umano e rassicurante.
Il medico sgranò gli occhi. James guardò davanti a se con un sorriso ebete. Steve alzò lo sguardo e capì il perché di tanto stupore. C'era riuscito, aveva mosso la sua gamba.
«Fantastico! Provi con l'altra adesso.» Continuò esilarato il dottore, che sembrava quasi un bambino in un negozio di giocattoli.
Steve guardò Bucky, desideroso di aiuto, spaventato che potesse fallire.
«Ci riesci Steve, avanti!» Lo incoraggiò felice il Soldato D'inverno, dando a Steve quello di cui aveva bisogno, la medicina più forte ed efficace di tutte.
Senza molti sforzi, al contrario di prima, distese anche l'altra gamba, lasciando in quella stanza un telo di stupore.
«Dei miglioramenti a dir poco strabilianti signor Rogers! Sono lieto di firmare le sue dimissioni! Però deve comunque venire tutte le settimane per continuare la terapia, a poi, le servirà una badante che lo aiuti in casa...»
«Non ne avrà di bisogno, penserò io a lui.» Interruppe Bucky, con un sorriso fiero e compiaciuto.
«Perfetto! Si prepari, domattina sarà di nuovo a casa.»
La felicità di Steve era immensa, avrebbe potuto contagiare l'universo intero.

Bucky spingeva la carrozzina su cui era seduto Steve, finalmente, verso l'uscita di quella struttura.
«Contento capitano?» Chiese sorridendo Bucky.
«E me lo chiedi anche?» Rispose esilarato Steve, prendendo dalla testa di Bucky il berretto rosso che indossava, scompigliandogli i lunghi capelli castani.
«Ehy!» si lamentò Bucky.
«Dovresti seriamente accorciare quei capelli!» Lo prese in giro Cap.
«Anche i tuoi ciuffetti ribelli fra la fasciatura non scherzano, sembri un deportato di guerra!» Concluse ridendo Bucky.

Finalmente erano a casa. Il calore di quelle mura familiari rassicurò Steve.
«Ti sistemo a letto.» Disse Bucky, spingendolo verso la camera da notte.
«Di già?»
«È stata una giornata abbastanza movimentata, non credi anche tu Rogers?»
«Ma sono stato così tanto tempo a letto...»
«Ti conviene approfittare di tutto questo riposo, da domani si inizia a lavorare sodo!»
«Cosa intendi?»
«Inizieremo gli esercizi! Non vorrai mica rimanere su quella sedia! La vedo dura combattere su due ruote.»
«Faccio già fisioterapia in ospedale...» Steve si lamentò, stando al tono sarcastico di James.
«E il soldato Barnes ti darà le sue personali sedute terapeutiche.» Ammiccò provocatorio lui.
«Buck... Grazie, per tutto. Dovrei essere io quello a prendersi cura di te in questo momento.» abbassò il capo, imbarazzato.
Bucky si inginocchiò difronte a lui, con le mani fra le ginocchia ed un dolce sorriso in volto.
«Esiste una parola in tedesco, sai Steve? Me l'hanno insegnata all'HYDRA, assieme ad altre dozzine... Questo vocabolo è semanticamente intraducibile in altre lingue: Zweisamkeit. È quello stato paradisiaco in cui due anime si ritrovano, formando un alone di solitudine fra loro, isolandosi dal mondo. È questo che siamo noi due, uno bisognoso dell'altro, e non importa come, siamo nati per questo; prendersi cura l'uno dell'altro.»
Cap lo fissò perso in quelle parole, tornando per l'ennesima volta indietro nel tempo, come se quegli occhi verdi fossero un passaporto per i suoi ricordi.
Amava quando Bucky si prendeva cura di lui, quando, da piccolo, la sua asma o i suoi dolori erano più forti. Barnes c'era sempre.
«L'unica cosa che temo, sono io, non voglio più fare quelle cose. Io sono il male.»
Il biondo parve offendersi a quell'affermazione:
«Da tanto male può nascere un gioiello, ricordatelo sempre Bucky.»
«Purtroppo non c'è nulla di prezioso in me, Steve.»
Una smorfia di disaccordo modificò i lineamenti di Rogers; odiava sentir parlare Bucky in quel modo.
«Avrei voluto liberarmi di te, ci ho provato, a dimenticare quello che c'è stato, ricominciare a vivere. Ma non ci sono riuscito. Possiamo creare un piccolo paradiso in mezzo a questo mare di inferno, possiamo ricominciare, come abbiamo sempre fatto.» la parole di Steve tramortirono il moro, che lo focalizzò meglio:
«Tu mi starai accanto fino alla fine?» lo domandò bisognoso, come per cancellare tutto ciò che aveva fatto.
Steve sorrise con sicurezza, annuendo:
«Fino alla fine.»

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top