Trentesimo
Bucky aveva ricordato tutto. Ogni evento della sua vita, ogni cosa, dalla più gioiosa e preziosa, alla più straziante e orribile. Ma soprattutto, aveva ricordato Steve, aveva ricordato il suo amore.
Cap era completamente sotto shock; la felicità aveva persuaso ogni centimetro del suo corpo, una sensazione così pura ed incontenibile. Forse era letteralmente il giorno più bello della sua vita. Quei fogli con righe di frasi scritte dal suo Bucky, le aveva assaporate con ogni suo senso.
«...il tuo Bucky.» Furono le ultime parole che uscirono dalla bocca di Sam. Steve stentò a crederci, ancora.
Guardò con gli occhi lucidi Falcon, che gli sorrise quasi intenerito da così tanta fragilità.
«Adesso dov'è?» Sussurrò fermamente Steve, con un filo di voce, mentre una lacrima di gioia rigò la sua guancia.
«Lo stiamo ancora cercando, Steve. Ha tolto il suo chip di localizzazione, stiamo andando alla cieca, ma ce la faremo.» La voce di Sam era dispiaciuta.
L'espressione di Cap si tramutò improvvisamente in una smorfia di incredulità a delusione; Poteva finalmente riabbracciare il ragazzo di un tempo, ma l'unica cosa che avevano trovato di lui era un quaderno. Spinse lievemente Sam con un braccio, aprendo un varco che gli permise di passare.
Frenato dall'amico, ancora preoccupato per il suo precario stato fisico, Steve si sentì chiamare in lontananza da Wanda, che gli corse incontro.
Con il fiato corto dalla corsa, la ragazza annaspò nel parlare: «Steve!»
Il biondo la guardò confuso, aggrottando la fronte: «Cosa?!»
Gli occhi della giovane vendicatrice si fecero luminosi, il suo sorriso innocente si allargò: «Lui è qui, è tornato.»
Senza aggiungere altro, la ragazza portò i due nella stanza in cui era stato trattenuto Bucky.
Il soldato si era presento di sua spontanea volontà nella struttura ospedaliera, appositamente tenuta sotto controllo per lui.
Dopo quasi dodici ore, James era tornato.
Ma al contrario della benevolenza delle altre volte, era stato messo in sicurezza, chiuso in una cella di isolamento, in attesa che lo psicologo potesse emanare le sue perizie.
Con le labbra semichiuse dallo shock, Steve si fermò in quella stanza dai corridoi lucidi e le pareti di vetro, fisso sullo schermo che mostrava in diretta l'immagine di Bucky.
Seduto dentro una specie di container di vetro, immobilizzato per caviglie e per polsi.
Il capo calato, come fosse imbarazzato.
«Lasciatemi entrare.» disse il capitano, non staccando gli occhi dalla sua immagine.
«Steve.» Natasha cercò di far sentire la sua voce nella totale assenza di Cap;
«No, non mi importa. Devo parlargli.»
Cercando di dare meno all'occhio possibile, la vedova decise di assecondarlo, e portarlo da Bucky.
In quella stanza grigia, riempita solamente dalla grossa gabbia di vetro in cui era chiuso il soldato, Steve entrò a fatica; le sue gambe tremarono peggio del previsto, ed ebbe davvero paura di poter cadere.
La ferita alla testa pulsava all'impazzata, quasi sentiva quel rumore rimbombargli nel cervello.
Sospirò.
Il fiato gli si tranció per colpa dall'espressione di Bucky, che lo focalizzò con dolcezza non appena si rese conto di chi ci fosse davanti a lui. Come un flash, era la stessa identica reazione che aveva avuto quando Steve quando lo aveva salvato dagli esperimenti nel centosettesimo.
«Steve.» disse Bucky, con il tono della voce addolcito infinitamente grazie a quegli occhi azzurri puntati verso di lui.
«Come faccio ad essere sicuro di star parlando con Bucky, e non con il Soldato D'inverno?» domandò Rigers, e gli fece male pronunciare quel titolo da assassino; con voce ferma, fece un passo avanti.
«Sei Steve Rogers, lo stesso mocciosetto scarnito perso fra le caotiche strade di Brooklyn; piangendo mi dicesti "mi sono perso", e poi, mi resi conto che ritrovasti la strada di casa nei miei occhi. Il modo in cui mi hai guardato, lo sento ancora addosso.»
Di certo quello era un particolare che James non avrebbe mai potuto leggere in un museo o in una rivista; ma Steve rimase comunque sulla difensiva.
«Prima di potermi fidare di te, definitivamente, devo avere la certezza che non sarai la mia fine.» era strano da dire da parte sua, ma l'ultima crisi del soldato lo aveva davvero spaventato, lo aveva scoraggiato, come se la realtà lo avesse annegato: Bucky era pericoloso, troppo, per lui.
«Sono rimasto vittima di un incidente in metropolitana da bambino, dove i miei genitori sono morti. Tu mi hai trovato e portato a casa tua, dove ho vissuto per il resto della mia vita prima di partire in guerra. Ero andato in metro per farti una sorpresa, volevo regalarti quei colori che ti piacevano tanto.»
Il cuore di Steve si strinse dolorosamente, quel ricordo, impossibile da cancellare, non lo fece dubitare ancora.
In silenzio, con il capo calato, incredulo e senza parole, la voce dolce di Bucky attirò la sua attenzione:
«Ho voglia di fare l'amore con te, ma non fraintendermi. Non intendo carezze o lingue che si intrecciano, di tutta quella passione che abbiamo mentre ci muoviamo come se non facessimo altro da tutta la vita; non intendo piacere assoluto, qualcosa di proibito, delle mie gambe intorno al tuo bacino, dei miei piedi che si poggiano sulle tue spalle. Non intendo di quando ti tocco, anche se non dovrei, e me ne frego, nemmeno di quando diventiamo troppo erotici per il mondo e ci tocca nasconderci in camera. Non intendo di quando mi sfiori il collo, ti avvicini e mi sussurri che dovremo fare l'amore perché non ce la fai più. Intendo solamente un bacio, quello che viene dopo qualche altro, ogni volta che stiamo insieme.»
Steve scrollò la testa, interrompendolo, con un sorriso ossessivo e la voce rauca:
«Perché te ne sai andato, di nuovo?»
«Avevo bisogno di ricordare, ogni cosa, di controllarmi da solo, di tempo per assimilare ogni cosa.»
«Allora sei tornato?»
Bucky sorrise caldamente: «Si Steve, sono tornato.»
Cap si avvicinò zoppicando alla parete trasparente, poggiando la fronte e le mani contro il vetro, appannandolo con il suo respiro pesante. Bucky chiuse gli occhi, per riuscire a percepire meglio quel suono profondo.
«Staremo insieme fino alla fine.» mormorò Steve.
James chiuse i pugni fra le manette strette, annuendo.
«Fammi una promessa Steve, ti supplico...» domandò bisognoso.
Con dolcezza, sereno e trasportato da quel sogno, Cap sorrise: «Certo, qualsiasi cosa tu voglia.»
«Se dovessi ritornare l'assassino di prima, se dovesse avere un minimo sintomo di ricaduta, ti supplico, ascolta ciò che ti dirò di fare.»
«Cosa mi dirai?» chiese confuso.
«Lo saprai solo se sarà l'ora.»
«Buck...» la voce di Barnes lo interruppe di scatto: «Giurami che mi ascolterai.»
«D'accordo.»
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