Trentatreesimo
Passarono alcune settimane, le giornate trascorse in clinica era piuttosto sostenibili, date le vecchie esperienze di Bucky in posti del genere. Le sue condizioni erano migliorate di netto, l'asportazione di quella protesi di metallo aveva senza ombra di dubbio agevolato il suo stato di salute, sia a livello cardiaco, che psicologico.
Si sentiva più sicuro, più tranquillo e sereno. Steve trascorreva con lui più o meno tutto il giorno, certe volte tornava a dormire a casa, altre ancora invece -la maggior parte- trovava un piccolo posto caldo fra le coperte del lettino ospedaliero di James, che lo implorava ogni sera senza parlare, solamente con il suo sguardo troppo bisognoso, di restare.
E poi c'era quell'enorme particolare, quella promessa fatta a Bucky, quella decisione così importante.
Glie l'aveva detta, la sera stessa del suo risveglio, e Steve aveva dato di matto. Solo per un istante, solamente per un breve momento di rabbia, fermato dallo sguardo del soldato.
Lo aveva giurato, e lo avrebbe fatto. Per Bucky.
In una stanza chiusa da grandi vetrate, il moro era seduto su un lettino bianco, vestito dell'ennesimo colore;
La protesi metallizzata era avvolta da un tessuto nero, che rendeva molto più piacevole la vista di quel residuo di ferro.
L'unica mano ormai rimasta era avvolta da una flebo trasparente, che lo costringeva a tenere il pugno chiuso. Le gambe penzolavano, ed il viso dolcemente rassicurato.
Dei medici si mossero avanti e indietro per la stanza, monitorando parametri e altre diavolerie varie. Steve si avvicinò a lui, completamente vestito di nero.
Il viso di Cap era scuro, marcato dalla stanchezza, quasi i suoi lineamenti avevano adottato gli stessi particolari di quelli del compagno.
Bucky sorrise quando lo vide, sembrava lo stesse aspettando da tutta la vita.
«Ne sei davvero sicuro?» domandò serio Rogers, con le mani in tasca.
«Non posso più fidarmi della mia mente.» sorrise, per rassicurarlo, come aveva sempre fatto, con la stessa modalità che la sua espressione acquistava quando lo vedeva: «Ritornerò quando avrete trovato una cura per la mia testa. Penso che andare sia la miglior cosa.»
Steve abbassò lo sguardo, cercando di trattenersi, ancora, da quel crollo che troppe volte aveva affrontato.
«Per tutti.» concluse Bucky; quella voce fu l'unica cosa in grado di distare Steve, e ciò faceva ancora più male. Perché non l'avrebbe più sentita per molto tempo, quella voce.
«Spero ricorderai tutte le cose dette. Spero che quando ti risveglierai, ed io potrei non esserci più, le rivivrai di notte e le sognerai di giorno. E spero che, se qualcun altro te le farà provare, non avranno lo stesso sapore.» Steve sospirò quella frase, con un nodo alla gola troppo grande da poter mandare giù.
Si avvicinò di più a James, che allungò la sua mano, ostacolata dalla flebo, verso il viso del biondo, accarezzandolo con dolcezza.
Fecero sfiorare i loro nasi, fecero fondere i loro fiati, e si lasciarono solamente trasportare da quella melodia.
«Non mi lascerai ancora una volta, vero?» domandò Rogers, con un filo di voce, cercando di trattenere le lacrime.
«Vero.» Bucky sorrise, mettendosi barcollante in piedi, e dirigendosi verso ciò che i medici stavano controllando negli ultimi dettagli.
Steve lo fissò, ancora, come aveva sempre amato fare. Era come rivivere il passato, come quando aveva pianto ed urlatogli contro in quel pub distrutto, durante la guerra, dopo averlo perso, dopo la caduta dal treno.
Lo fissò.
Mise in tasca un po' del suo respiro, per averlo sempre con se, per avere la certezza che sarebbe dovuto ritornare per riaverlo indietro.
Il vetro intorno al soldato, avvolto da cinghie non troppo minacciose, si chiuse.
Si scambiarono un'ultima occhiata, come quando tornavano a casa dopo un pomeriggio di giochi, come quando andavano a dormire nelle proprie stanze separate, come quando si preparavano a combattere prima di una missione.
«Ti amo.» annuì sicuro Steve, fissandolo con più ostinazione.
Con lo stesso sorriso sereno, il maggiore rilassò il viso: «Anch'io.»
Bucky chiuse gli occhi, il freddo lo avvolse, così familiare e pungente.
Pochi secondi, ed il Soldato D'inverno tornò a dormire.
In silenzio, lo stesso che si ha durante i funerali, perché il capitano vide quel momento come una triste e straziante funzione funebre, si avvicinò alla teca di vetro, poggiando due dita sul vetro che lasciarono un impronta di calore condensato.
Lentamente, chinò il capo, socchiudendo gli occhi, e lasciandosi trasportare da quel silenzio. Lo aveva perso ancora, forse, ma almeno sapeva dove trovarlo, almeno poteva vederlo.
La rabbia nata durante aver appreso la notizia di quella scelta ritornò a galla; era stata una buona idea ascoltare Bucky? E se non avrebbero più trovato una cura? E se sarebbe rimasto lì per sempre? Gli anni sarebbero trascorsi, Cap sarebbe invecchiato, il mondo sarebbe cambiato, e James? James bloccato nel ghiaccio, in quel gelo che lo aveva portato via da Steve.
Rogers avvampò di ira, per quella stupida decisione, a parer suo troppo istintiva. Avrebbero potuto ritornare a Brooklyn, mettere qualche spicciolo da parte e cercare la loro vecchia casa.
Avrebbero potuto ricominciare.
Ma non con i fantasmi nella testa di Bucky.
Steve prese dalla sua sacca a tracolla poggiata sul tavolo sterilizzato, il suo album da disegno.
Frettolosamente, sfogliò le pagine creando un soffio d'aria tiepida, superando tutti i suoi bozzetti con svogliatezza, come se stesse cercando qualcosa in particolare.
Si fermò, sull'ultima pagina impregnata di colore. Piegò indietro la copertina del quadernone, mettendo in evidenza solamente il disegno.
Quell'ultimo schizzo incompleto che Bucky aveva visto, quel contorno di volti non definiti l'uno contro l'altro. Loro, dissolti nella carta.
Il disegno era completo, sfumato e contornato, più vivo.
Lo posò con rabbia sul lettino su cui si era seduto Bucky, in direzione della macchina di vetro in cui era addormentato.
«Avrei voluto mostrartelo prima, ma adesso, hai un motivo in più per svegliarti.»
Aggrottò la fronte, e, a passo sicuro, uscì dalla stanza, troppo infuriato e addolorato, ma non prima di rubare un'occhiata a James. Di rubare da quegli occhi ormai chiusi, la luce più lieve che si celava al loro interno.
•Tutti i diritti del disegno vanno all'artista.
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