Trentacinquesimo

Bucky era riuscito a trovare, in parte, l'aiuto di cui aveva bisogno. Capì il perché di tanta premura e preoccupazione da parte di Steve, solamente quando provò la sua stessa identica sensazione, quando osservó con più sicurezza quello sguardo color del cielo davanti a se, acquisendo a pieno ogni singolo respiro di quel dolore, di quella mancanza.
Fra tutte, forse, la cosa più difficile era tornare a camminare. Con un braccio solo, ritrovare l'equilibrio era un'impresa mastodontica, alla quale nemmeno Steve riusciva ad aiutarlo.
Lo metteva in piedi, lo stringeva sotto braccio, e poi cercava di farlo muovere senza finire con la faccia per terra, ma per quanto potesse essere protettivo nei suoi confronti, James voleva sempre e comunque farlo da solo.
Non lo faceva per essere cattivo, o per sembrare più duro e forte, lo faceva per il semplice fatto di non affezionarsi ancora di più a lui, per la paura di poter fuggire un giorno dalle sue braccia, e non tornare mai più.
Chi gli assicurava che non avrebbe avuto altri attacchi di cuore? Chi gli assicurava che qualcuno non avrebbe cercato di ucciderlo per la sua vecchia reputazione da mercenario?
E Steve?
Qui i suoi pensieri si annebbiavano. Dolore ed amore si fondevano in una sola ed insopportabile sensazione.
Cap gli aveva promesso che lo avrebbe aiutato a controllarsi, che tutto sarebbe andato per il verso giusto, così, con la sua solita ostinazione, portò Wanda da lui.
Bucky la ricordava, e cercò di sorridere quando la ragazza lo salutò.
«Non so se ti ho raccontato la storia di Wanda, ma anche lei ha subito più o meno il tuo stesso trattamento. Ha sviluppato delle doti davvero straordinarie...» Steve si mise al fianco del compagno, sereno.
«Immaginami più o meno come una strega capace di controllare la mente.» rispose timidamente da ragazza, guardando Steve.
Lui scrollò le spalle e continuò a parlare: «Beh, Wanda può leggere nella tua mente e manipolarla, ed abbiamo pensato che, magari, potrebbe aiutarti.»
James si allarmò, cambiando immediatamente espressione: «E se non funzionasse? Se peggiorasse solamente le cose?»
Wanda si avvicinò a lui aggrottando le sopracciglia, quasi confusa: «No, assolutamente no, sta tranquillo. Non sono uno di quei dottori armati di aghi e pillole, ti assicuro che andrà tutto bene.»
Bucky guardò la ragazza, insicuro, chinando il capo verso il basso, e subito dopo, alzandolo velocemente in direzione di Steve, più vicino a lui.
Il biondo poggiò una mano sulla sua spalla, massaggiandola: «Andrà bene, te lo prometto.»
Bucky serrò le labbra, annuendo con espressione rassegnata.
«D'accordo.»
I due vendicatori sorrisero entusiasti, come due bambini eccitati. Nella loro bizzarra reazione sembrava celarsi la certezza che quell'esperimento avrebbe funzionato.
Le bianche mani di Wanda si avvicinarono alle tempie del soldato, che la guardò svogliato.
Fra le sue dita corazzate da piccoli anelli scintillanti, una luce rossa nacque e si sparse intorno alle sue falangi.
Bucky rimase sorpreso da quell'inquietante fenomeno, cercando di imitare la sicurezza e la serenità di Steve vicino a lui.
La ragazza chiuse gli occhi, ed in quel momento Barnes fu costretto a fare la stessa cosa, oppresso da un forte senso di vuoto.
Le sue tempie pulsarono, mentre il respiro della vendicatrice diventò più affannoso, quasi sofferente.
Bucky socchiuse le labbra, lasciandosi trasportare da quella strana forza che iniziò a cullare la sua mente.
Wanda aggrottò la fronte addolorata; ne aveva provato tanto di dolore nella sua vita; quando aveva perso i suoi genitori ad esempio, oppure quando Pietro era morto in battaglia, ma il dolore che provava Bucky, il dolore annidatosi nelle sue viscere, in ogni parte della sua anima, era qualcosa di insopportabile.
La ragazza quasi provò paura dinanzi a tutto quel male, costretta a frenare l'istinto di fuggire via dal pericolo.
Delle gelide lacrime sgorgarono dai suoi occhi, bagnandole le guance rosee.
«Cosa ti hanno fatto?» sussurrò dilaniata dallo stesso dolore di James, rivivendo ogni singolo episodio della sua memoria: la morte dei suoi genitori, la sua partenza in guerra, la caduta dal treno, gli esperimenti dell'HYDRA, ogni singola cosa, mentre sentiva sulla sua pelle ogni tocco straziante di quelle mani malvage.
Come poteva un essere umano sopportare tanta sofferenza fisica?
Bucky mugugnò con un lamento strozzato, anche se lui a tutto quel dolore c'era abituato, era strano riviverlo tutto d'un fiato;
«Mi hanno portato via da Steve.»
Era esattamente quello il dolore più grande di tutti.
Essere stato separato dalla sua anima.
Cos'è un individuo senza anima? Un ammasso di organi e ossa, dotato della capacità naturale di respirare e di far pompare il sangue al cuore. Ma dopo la morte, cosa ne resta?
Senza l'essenza delle sua vita, dove sarebbe andato?
E Steve era la sua anima, la sua essenza di vivere. Non era semplicemente l'amore segreto e sbagliato che cercava di nascondere, era un amico, un fratello, un insegnate, un eroe, era tutto ciò di cui si ha bisogno.
Anche se in quel momento erano insieme, la paura di poterlo perdere ancora, dopo tutte quelle volte, era viva e intesa. Lui lo sentiva, sapeva che non avrebbe mai avuto pace, sapeva che altro dolore si sarebbe aggiunto alla sua esistenza travagliata.
Ma il calore della stretta sulla sua spalla si fece più forte, più rassicurante:
«La nostra storia non finisce mai di finire, Buck. Mai, non ti porteranno mai più via da me.» gli sussurrò Steve.
Quella voce così familiare e serena lo fece tranquillizzare, di colpo, come un anestetico prima di un intervento.
Il rimedio al suo dolore.
La Maximoff non percepì più dolore, d'improvviso, quell'oblio d'oscurità lasciò spazio ad una luce abbagliante, un ricordo che non accennava macchie di nero.
Una stanza con la carta da parati alle pareti, molto antiquata; un letto con le lenzuola sgualcite che accoglieva un ragazzino biondo, a petto nudo a causa della forte afa asfissiante in quella camera. Fra le mani magre, un quaderno aperto, sul quale stava disegnando qualcosa, copiava a memoria il soggetto seduto difronte a lui, ai piedi del letto.
Disegnava Bucky, un ragazzo dai capelli scuri con il sudore che gli colava dalla nuca, intento a fabbricare qualcosa simile ad una cerbottana di carta.
Era un ricordo piacevole, semplice e familiare. Era dolce e sereno, ancor di più, quando il moro si avvicinò verso il giovane Steve, facendogli posare il quaderno di lato per baciarlo con dolcezza, accarezzandogli il viso con le mani mentre entrambi sorridevano complici di quella meraviglia.
Le lacrime di Wanda sparirono presto, accogliendo un grande sorriso emozionato, come se anche lei facesse parte di quel forte scoppio d'amore.
Pensò che quello fosse uno dei ricordi più belli che Bucky potesse avere, e lo sfruttò a suo favore, prendendo quanta più energia possibile da quell'immagine, per costringere la mente di Barnes a sopportare maggiormente il dolore, e concentrarsi su quella dolcezza immensa.
Tolse le mani dalla testa di James, e riaprì gli occhi, guardandolo con serenità.
Bucky sospirò, massaggiandosi le tempie con l'unica mano rimasta, e guardandola con gli occhi semichiusi, intontito da quel trattamento.
«È un ricordo bellissimo, Bucky.» la ragazza sorrise con ingenuità, chinando il capo da una parte.
Lui annuì sereno: «È il primo che ho ricordato. È il mio preferito.»
Steve si fece avanti, per tutto quel tempo era rimasto in silenzio con il fiato sospeso.
«Funzionerà?» domandò.
Wanda annuì con dolcezza, felice: «Senza ombra di dubbio.»

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