Secondo
Steve aveva portato Bucky nell'ospedale più vicino, dove una squadra di medici dello S.H.I.E.L.D. li stava aspettando. Aveva immediatamente avvisato Fury e la squadra del ritrovamento del compagno, che si erano mobilitati senza esitare.
Per tutto il tempo rimasero in silenzio. Bucky fissava lo zaino sporco di polvere sulle sue gambe, stringendolo forte, come se lì dentro ci fosse il suo tesoro più prezioso.
Entrò dentro la struttura, tutto sembrava tranquillo, persino i medici rimasero a bocca aperta quando lo videro andare loro incontro senza opposizioni, ma fu quando uno di loro fece segno di sfilargli lo zaino dalle spalle per visitarlo e portarlo nella sua stanza, che il Soldato D'inverno venne a galla.
Iniziando a dimenarsi e a sferrare colpi a chiunque cercasse di calmarlo. Steve lo bloccò da dietro, stringendogli il collo con il braccio. I loro visi erano attaccati, James respirava a fatica a causa della stretta del biondo, che sussurrò a denti stretti: «Calmati Buck, ci sono io. Il tuo punk.»
Il suono di quell'ultima parola lo fece addolcire, come una chiave che apre un altro lucchetto, un altro ricordo.
Ricordava quella specie di soprannome.
Un pizzico alla gamba, e la vista si annebbiò. Aveva perso i sensi, l'avevano anestetizzato.
Si svegliò legato al letto, con un camice ospedalieri. Si agitò immediatamente, anche se un po' intorpidito. Il suo primo pensiero andò al suo zaino. Dov'era? Ricordava ancora quella parola pronunciata da Steve, doveva immediatamente annotarla, recuperare tutti i suoi ricordi.
Da fuori la porta, la voce familiare di Rogers stava sbraitando:
«Possibile che non sappiate gestirlo?! Cosa vi è passato in mente?! Ha bisogno di essere trattato con più cautela possibile!»
Bucky cercò di origliare meglio, per capire il resto del discorso; l'uomo, che probabilmente era il medico, aveva parlato di problemi psichici e fisici, degli esami che avevano fatto su di lui mentre era anestetizzato, e dei nomi di alcuni medicinali prescritti per lui.
Sentire parlare qualcuno del suo stato di salute gli ricordò immediatamente gli esperimenti che l'HYDRA praticava su di lui. E i demoni ripresero possesso della sua mente.
Bucky era affondato nei pochi ricordi che aveva recuperato, adesso, il Soldato D'inverno si stava dimenando senza tregua contro i lacci in cuoio che lo tenevano legato. Steve e il medico entrarono nella stanza. Gli occhi impazziti di Bucky riuscivano a leggere il terrore nel viso di Cap, prima di chiudersi ancora, sotto l'effetto degli anestetici.
Però, nonostante questo, raramente James aveva dei momenti di lucidità, dove pareva che tutti i suoi ricordi ritornassero, e anche lui ritornasse alla tranquillità. Gli capitava altre volte, quando, rileggendo i suoi quaderni, un flash schizzava nella sua mente, ed il viso di Rogers gli si gelava sotto gli occhi. In quegli istanti era Bucky. Dentro di lui c'erano tre persone:
La prima era Bucky; quel piccolo frammento di lui, l'unica cosa davvero sua che si aggrappava disperatamente alla sua memoria.
La seconda, e la più dominate: un perfetto sconosciuto, senza nome, che viveva nella penombra della confusione e della paura.
Ed infine la terza, la peggiore: Il Soldato D'inverno. Quel fantasma creato in laboratorio per distruggere ogni cosa.
Ma questi momenti speciali duravano poco e niente.
I medici migliori dello S.H.I.E.L.D. volevano sbarazzarsi di quel braccio, quel corpo estraneo che forniva a Bucky un'arma capace di distruggere tutto e tutti nelle condizioni mentali in cui si trovava. Dopo aver esaminato con cura quell'arto di metallo, erano arrivati alla conclusione di tentare di liberarlo da quell'oggetto, magari, aiutando Bucky a sbarazzarsi di una parte del Soldato D'inverno.
Anestetizzare Bucky era un'impresa ardua, per questo gli anestesisti cercarono l'aiuto di Steve; terrorizzato e all'inizio contrario, lui non sopportava vedere il compagno in quel modo, soprattutto in preda alle sue crisi, non riusciva a sopportare il fatto che tutti i ricordi, tutto quello che avevano passato insieme, fossero ormai un miraggio, qualcosa che Bucky aveva perduto per sempre.
Ma alla fine il coraggioso Cap decise di dare una mano, l'idea di levare quella protesi malefica gli dava ancora più speranza.
Bucky era ancora legato al letto, a dire il vero, quelle corde non lo avevano ancora lasciato libero; i capelli castani spettinati e delle profonde occhiaie nere sugli occhi gli scavavano il viso.
Steve entrò in quella stanza ossessivamente sterilizzata con un ridicolo camice verde e una cuffia in testa. Era timoroso, riuscire a sopportare un'altra crisi violenta da parte di Bucky era difficile, e ciò lo faceva star male, lo faceva morire a poco a poco.
Due medici si misero ai lati del letto, iniziando a controllare e a maneggiare tutti quiei tubi e macchine che confondevano il biondo.
Quando James lo vide iniziò subito a dimenarsi, e un nodo alla gola soffocò il povero capitano, che strinse i pugni e si avvicinò lentamente ai piedi del letto.
Forse aveva sbagliato, forse avrebbe dovuto portarlo nel suo appartamento, senza informare lo S.H.I.E.L.D.
I dottori parlarono fra loro, continuando il loro lavoro, ma iniziando ad agitarsi.
«Qualcosa non va?» Chiese fermamente Steve.
«Signor Rogers, anestetizzarlo è troppo rischioso, il fegato è abbastanza sotto pressione per i farmaci che l'HYDRA gli ha somministrato, e il dosaggio dei tranquillanti che gli abbiamo già dato è abbastanza... Con un'anestesia totale potrebbe non svegliarsi più...» Rispose serio uno dei medici in camice bianco.
«E cosa avete intenzione di fare?» Domandò scioccato, in fondo era medici, per l'amor di Dio, avrebbero dovuto aiutare Bucky, non ucciderlo.
«Dovremo optare per un'anestesia locale.»
Steve sbiancò di colpo. Bucky cosciente durante un intervento? Come avrebbero mai potuto gestirlo?
I medici, senza chiedere nemmeno il parere di Steve, anestetizzarono la parte della spalla, in modo tale da non far sentire nulla al martoriato soldato.
Portarono Bucky in sala operatoria con una barella che somigliava più ad un letto, con Cap che li seguì, bianco come un fantasma.
Spostarono il confuso James su un freddo e piccolo tavolo operatorio, legandolo come fosse su una croce. Subito iniziò a dimenarsi e ad opporre resistenza. Quei luoghi così freddi e angusti erano identici ai laboratori dove veniva torturato.
Aveva paura.
Steve prese un respiro profondo, cercando di non crollare, mettendosi una mascherina che gli avevano dato prima di entrare nella fredda stanza, sedendosi sul piccolo sgabello accanto al lettino operatorio.
Bucky voltò la testa verso il compagno, guardandolo con gli occhi pieni di terrore e ira, bagnato dal sudore che gli colava dalla fronte.
«Ehy, andrà tutto bene.» Disse Steve sorridendogli, per poi stringergli timidamente la mano legata.
«Allora, raccontami soldato Barnes, hai per caso visto qualcosa che ti piace in quest'epoca?» Chiese dolcemente e scherzosamente.
Non ricevette alcuna risposta; abbassò la testa, prese un respiro e alzò nuovamente lo sguardo verso Bucky, sorridendo.
«A me piace la TV, sai quegli aggeggi sono davvero straordinari, dovrei farti vedere qualche serie televisiva .» Continuò.
Il moro sembrava essersi calmato, ma continuava ad ignorare il povero Steve, che stava mettendo tutto se stesso per aiutarlo.
Improvvisamente un fastidioso rumore proveniente dalle macchine fece allertare il Vendicatore; i medici iniziarono ad agitarsi e a dire paroloni anatomici che Steve non riusciva a comprendere.
«Cosa sta succedendo?!» Domandò agitato, mentre Bucky iniziava a farsi debole, riusciva a percepirlo dalla mano che continuava a stringere, che si stava facendo sempre più fredda.
«Un'emorragia, signor Rogers, cerchi di mantenerlo sveglio.» Rispose un'infermiera agitata.
Steve stava andando nel panico, ma in guerra gli avevano insegnato a mantenere la lucidità in qualsiasi situazione. Si avvicinò al viso di Bucky, che stava diventando bianco.
«Bucky, resta sveglio, resta con me, non ti azzardare a chiudere gli occhi.» sussurrò dolcemente, mentre agitava la testa.
«Non posso perderti un'altra volta.» Ringhiò stringendogli forte la mano.
«E non accadrà, soldato Rogers.» Bucky si era svegliato. Ricordava il suo Steve.
Cap sgranò gli occhi. James aveva sussurrato con un filo di voce quelle meravigliose parole, che entrarono dentro Steve, che lo fecero sognare. Quello che parlava era davvero Bucky.
Quel frastuono di macchine ospedaliere finalmente si placò, facendo tirare un sospiro di sollievo a tutti.
«Bene, suturiamo.» Sentí Steve da parte di un medico, non riuscendo a capire; il braccio era ancora lì, era riuscito ad alzare in fretta lo sguardo verso l'arto che non era stato coperto da nessun telo, lasciando lo spettacolo in bella mostra a tutti.
La spalla venne fasciata e Bucky riportato nella sua stanza.
Il medico chiamò di lato Steve, levandosi il camice verde sporco di alcuni schizzi di sangue : «È incredibile come quella protesi maligna sia collegata così perfettamente a vene arteriose, che pensare di asportarla è impossibile. Temo che non potremo far nulla, continuare la terapia psichiatrica e aspettare progressi.»
Steve annuì deluso al medico, quando quest'ultimo lo fermò:
«È stato sottoposto a continue terapie estenuanti. Oltre che alla sua mente, anche il corpo è a rischio di un crollo irrecuperabile. L'elettrocardiogramma ha stabilito gravi danni al cuore. Altri violenti crolli mentali potrebbero stroncarlo.»
Rogers non volle pensare a quell'opzione troppo dolorosa. Annuì sicuro e tornò nella stanza di Bucky.
Il soldato era frastornato, quasi sembrava sotto effetto di droghe. Steve gli si sedette accanto, prendendogli timorosamente la mano. Era così stravolto, deluso, demoralizzato. Aveva la fronte sulla mano, quando si alzò di scatto confuso e irritato. Il suo palmo, però, strinse il calore debole della mano pallida di James.
Bucky aveva ricambiato quel gesto, girandosi sorridente verso di lui che lo guardò quasi con le lacrime agli occhi, pienamente sommerso dalla sorpresa.
«Sembrava quasi che mi stessero facendo avere un bambino.» Disse scherzosamente con la voce ancora bassa. Steve lasciò libera una risata commossa, rispondendo:
«Non potevo perderti.»
«Non accadrà, lo prometto.»
Cap era in estasi, finalmente Bucky era tornato, c'era speranza; ma improvvisamente, come un uragano che spazza via ogni cosa, il moro sgranò gli occhi, e Steve colse quell'orribile sguardo infuriato del Soldato D'inverno.
Era punto e da capo. Disperato, lasciò la stanza, andando a sedersi in terra, in uno sgabuzzino con delle siringhe. Si chiuse dentro e tirò un pugno alla parete, facendo cadere alcune ciotole dalle mensole, mettendosi le mani in testa, cercando di trattenere le lacrime.
«Steve?» Era lo voce di Natasha, che lo aveva visto entrare lì dentro.
Steve non ripose, iniziando a singhiozzare silenziosamente.
«Steve puoi parlarne come me se vuoi...»
«Lasciami solo Natasha! Per favore.» Rispose prima urlando e poi con tono dispiaciuto, lasciandosi annegare dalle lacrime.
Sarebbe davvero riuscito a riavere Bucky?
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