Quarto
Cap, dopo essere stato portato a riva dal Soldato D'inverno, che pareva averlo ricordato per un istante dopo la frase così familiare :«Perché io sarò con te fino alla fine», fu prelevato dalle cimici dell'HYDRA, nascosti dal resto degli altri membri, facendo, forse il lavoro più sporco.
Steve riprese conoscenza, svegliandosi in una stanza illuminata da neon, legato ad una sedia con delle cinte di cuoio, a petto nudo, con le ferite dei proiettili ricevuti da Bucky non medicate. Strizzò gli occhi infastidito, lasciato senza fiato dal dolore lancinante proveniente dal suo addome.
Con un lamento strozzato, girò il capo, vedendo Bucky seduto di fianco a lui, vestito di nero, con i capelli castani, un po' crespi e spettinati, sul viso, con un'espressione imbronciata e minacciosa.
«Bucky...» Ansimò debolmente il biondo, sorridendo, dimenticando che di essere legato, ignorando cosa gli stesse succedendo, cosa gli sarebbe successo, attirato solo dagli occhi del soldato; quegli occhi meravigliosi che non vedeva da anni.
Un uomo in camice bianco entrò dalla porta, di fretta e agitato.
«Rogers... Perfetto. Possiamo cominciare anche subito.» Disse mentre maneggiava degli attrezzi, probabilmente operatori, dal lato opposto di Steve.
«Cosa ha in mente di fare?!» Si agitò Cap, finalmente rendendosi conto della situazione, strattonando con forza i polsi e le caviglie legate, ferendosi involontariamente.
«Non preoccuparti, presto farai compagnia al tuo amico...» L'uomo accennò un lieve sorrisetto compiaciuto, avvicinandosi al petto di Steve con quello che sembrava un bisturi.
«Stammi lontano!» Urlò Cap, che adesso stava per strappare le cinghie e liberarsi.
Il maniaco dal camice candido fece un cenno a Bucky, che si alzò in piedi, prendendo serio e un po' insicuro l'attrezzo dalla mano avvolta dal guanto.
Steve lo squadrò confuso, con un tale sguardo bisognoso e dolce.
Bucky incrociò gli occhi spaventati di Cap, sentendo per un istante il cuore palpitare, ma scrollando la testa immediatamente.
Quello che sembrava un medico sussurrò qualcosa, come delle istruzioni, al suo orecchio, prima di uscire con la stessa foga e lasciare i due soli.
«Bucky ti prego.» Disse preoccupato Steve, mentre il suo busto faceva dei movimenti bruschi per il respiro irregolare.
Il Soldato D'inverno non diede ascolto a quelle parole, eseguendo ciò che probabilmente gli era stato detto poco prima; poggiò con mano ferma il bisturi al centro del petto muscoloso del capitano, incidendo di netto la carne, che si aprì lungo l'addome, scoprendo il primo strato di pelle rosea sottocutanea, che in pochi istanti si colorò di un chiaro e liquido sangue rosso.
Steve urlò, ma non oppose resistenza, troppo invaso dal pensiero di veder fuggire Bucky di nuovo.
Il soldato fantasma ripetè quell'insopportabile gesto su tutto il corpo di Steve, lasciandolo urlare in preda al dolore, mentre la sua mano metallica si sporcava del caldo sangue del vendicatore sofferente.
«Perché lo fai?» Chiese esausto Steve, riprendendo fiato mentre Bucky cambiava strumento.
«È difficile da spiegare.» Si limitò a rispondere con voce vuota, ritornando al suo minuzioso lavoro su quel corpo maciullato da solchi profondi.
Bucky si avvicinò al braccio sinistro di Steve, dal polso violaceo per colpa degli strattoni violenti contro la stretta cinta marrone. Con un altro strumento, stavolta più grande, incise la sua carne a partire dalla vena gonfia che sporgeva sopra l'avambraccio, fino al polso. Non una, non due, ma mille e miele volte, finché ogni strato di tendini, epidermide, vena, ogni membrana di carne non fu scavata fino all'osso.
Le urla ormai rimbombavano in quelle mura fatiscenti, su quel pavimento sporco di sangue che continuò a colare dal corpo debole su quella sedia.
Bucky avvicinò a se una sorta di chip, togliendo una linguetta che iniziò a farlo lampeggiare.
Con le dita di metallo scavò dolorosamente nella carne di Steve, divaricandola con l'indice e il medio per dare spazio al chip luminoso.
Cap non riusciva proprio a stare fermo, anche se il braccio pareva ormai smembrato, riusciva comunque a muoverlo, forse grazie l'adrenalina che cercava in tutti i modi di fuggire da quelle mani.
Spazientito, Bucky, aiutandosi con la mano di carne, strinse quella di Steve per tenere fermo quel dannato braccio. Ma qualcosa uscì dalle profondità della sua anima.
"Steven Rogers; Captain Ameica; Stevie; il bacio al luna park; i balli canticchiati a casa; l'amore nello scantinato; le camicie bianche da ragazzino; il ciuffo biondo ben curato; le botte prese per proteggere quel piccolo asmatico; le raccomandazioni di coprirsi bene dal freddo; le calde labbra del Suo Steve."
Il chip cadde dalle mani sporche di sangue di Bucky, che tremava terrorizzato e attonito dalla scena davanti a se'.
«S-Steve...» Balbettò inorridito da quell'immagine, da quel corpo perfetto che aveva torturato.
Sentendosi chiamare il biondo abbassò il capo verso di lui, con gli occhi semichiusi, sudato e pallido, ma con un'espressione serena e priva di dolore al suono di quella voce soave che gli era mancata da impazzire.
«Ti amo.» Sorrisero le bianche e secche labbra di Steve, prima di chiudere gli occhi, e di rimanere immobile con quel sorriso sereno sul volto.
Il respiro del Soldato D'inverno mancò per un secondo, facendolo svegliare di soprassalto nel bel mezzo della notte.
Fortunatamente non era legato, e ciò gli permise di mettersi seduto sul letto e riprendere fiato. Il sudore colava dalla sua fronte, e il cuore stava quasi per esplodere.
Si guardò intorno, e si accorse della sagoma di Steve andargli incontro, spaventato.
Era rimasto con lui, perché?
Incubi così terrificanti ne faceva spesso, ma era la prima volta che uno dei suoi demoni includesse anche quell'uomo.
Steve accese la luce accanto a letto, non troppo forte, ma che fece comunque riparare gli occhi a Bucky.
«Tutto bene?» domandò preoccupato porgendogli un braccio.
Barnes annuì respirando a fatica, passando la sua mano di carne fra i capelli lunghi, e guardandosi intorno.
«Dov'è il mio zaino?»
Steve imitò Bucky, osservandosi introno, e rispondendo: «Lo hanno dato a me, è dentro l'armadio.»
Come un fulmine, il moro scese dal letto, anche se la ferita alla spalla era ancora fresca, e l'equilibrio precario.
Steve si precipitò accanto a lui, costringendolo a mettersi di nuovo a letto: «Non muoverti, lo prendo io. Sta calmo.»
Bucky aspettò impaziente, strappandogli via dalle mani la sacca non appena Cap gliela porse.
Era abbastanza pesante, e dal suo interno uscirono quattro quadernoni e alcune penne e matite.
Senza esitare, Bucky annotò ogni particolare che aveva visto in sogno.
«Cosa sono questi?» domandò con dolcezza il biondo.
James gli lanciò un'occhiata fredda, tornando a scrivere; «Dei quaderni, scrivo tutti i ricordi che mi vengono in mente.»
Steve pensò immediatamente al quaderno che possedevano da bambini. Quel cumulo stracciato di fogli, dove annotavano e disegnavano ogni evento particolare della loro giornata.
Sorrise, ingenuamente. Ma Bucky non se ne accorse.
Terminato il suo lavoro, posò tutto nello zaino, e lo nascose sotto i cuscini bianchi del suo letto.
Si voltò verso le flebo, e agitò i piccoli tubi in cui scorreva il liquido chiaro.
Steve si fece avanti, e lo fermò, confuso, domandò: «Cosa stai facendo? Non toccare.»
«Ho bisogno di morfina.» era in un evidente stato confusionale; l'HYDRA lo sottoponeva a procedure mediche senza anestetici, e adesso, avere a portata di mano quella medicina magica che poteva alleviare tutto ciò che desiderava, lo faceva impazzire.
«Il medico ha detto che non ne hai di bisogno, da domani inizierai una terapia di psicofarmaci...»
Con la mano che tremava, Bucky abbandonò l'impresa di sfilare la flebo per prenderne invano in contenuto, poggiando le spalle sui cuscini e fissando Steve, seduto ai piedi del letto.
«Avrei preferito morire.» lo pronunciò con rabbia, nella penombra della stanza.
«Non dire in questo modo.» Cap si fece serio e severo.
«Se solo sapessi quello che mi hanno fatto.» Bucky ringhiò con disprezzo quella frase, alzando lo sguardo verso il biondo, che più sereno lo incoraggiò: «Allora raccontami, sfogati.»
Il soldato rimase spiazzato, non era una così cattiva idea, ma aveva paura. Paura di poter rivivere quei ricordi tremendi, e dimenticare i pochi frammenti di vita che galleggiavano lentamente nella sua mente.
Rimase in silenzio.
Poi affermò qualcosa che non centrava nulla con il discorso.
«Portami a casa.»
Steve sgarrò gli occhi, colto di sorpresa.
«Non so se posso farlo, devono stabilirlo i dottori...»
Bucky sorrise, quasi senza farsene accorgere; «Voglio che tu sia pronto a spararmi se diventerò troppo violento ed irrecuperabile, se solo provassi a metterti le mani addosso un'altra volta. Io con te mi sento salvo e libero.»
Quello che Bucky aveva detto a Steve era stato in grado di portarlo su, e poi lasciarlo cadere. Era disposto ad ascoltare la sua richiesta?
Il biondo annuì solamente, distratto dalla mano calda e graffiata di James che gli afferrò il polso e lo spinse verso di se.
Dolorante, aprì anche il braccio metallico fasciato, stringendo il busto possente del capitano, che sconvolto, ricambiò l'abbraccio.
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