Prologo
Steve Rogers era tornato a vivere nel ventunesimo secolo. Dopo quasi settant'anni passati sotto il ghiaccio, lo S.H.I.E.L.D. lo aveva trovato e rianimato. La parte più assurda di questa surreale storia, era che il Capitano non voleva niente di tutto ciò. Lui voleva solamente distruggere l'HYDRA.
Eppure eccolo lì, un uomo di quasi novant'anni, che ne dimostrava all'incirca venticinque, a vivere in un'era completamente diversa dalla sua.
Era come quando aveva domandato a Bucky: «Dove stiamo andando?» e il moro gli aveva risposto «Nel futuro.»
Steve era da solo in un mondo in cui non si sentiva a suo agio. Una situazione a dir poco tremenda, ma non quanto il pensiero di risvegliarsi, e dover vivere la sua vita senza Bucky. Ancora una volta.
Era stato scelto da Nick Fury per entrare a far parte degli Avengers, era ritornato nei panni di Captain America, aveva trovato nuovi amici, conosciuto gente nuova, imparato a convivere con le nuove usanze e tecnologie di quel tempo, e tutto sommato, non se la cavava male.
Anche se, non passava sera in cui il ricordo di Bucky non lo accompagnasse prima di chiudere gli occhi. Raramente ci riusciva a dormire; era ormai diventato un vizio troppo caro, dato che il ricordo di James aveva preso possesso di ogni sua parte. Incredibile come, dopo secoli, il ricordo della persona amata non svanisce. Bucky era morto. Ma il suo ricordo in Steve persisteva senza fine.
Barnes era morto, almeno fino al 2014. Una missione di recupero dati, ancora, organizzazioni contro il governo. Natasha lo aveva accompagnato, aveva incontrato un nuovo compagno, Sam, un ex marine ormai congedato, con una straordinaria armatura volante.
La Vedova Nera aveva accennato di un mercenario che da circa cinque anni lavorava al fianco dell'HYDRA; già, perché l'organizzazione che il capitano credeva di aver distrutto settant'anni prima, era ancora attiva.
Un uomo con un braccio metallico, un super soldato invincibile. Un fantasma. Lo chiamavano il Soldato D'inverno.
Aveva ucciso Fury. Aveva fatto irruzione nell'appartamento di Steve. E fu in quell'episodio, che il biondo trovò qualcosa di estremamente familiare in quegli occhi contornato di nero, che lo aveva fissato sul terrazzo, prima di sparire nel caos della città.
Due occhi verdi, con delle sfumature di azzurro, lo stesso azzurro del cielo. Del suo cielo.
Aveva incontrato ancora una volta quell'assassino, incaricato per ucciderlo. Combattere contro di lui era strano, perché ogni volta che la mano di carne colpiva o semplicemente, stringeva il suo corpo, quel calore morbido faceva drizzare i peli di Steve, che conosceva quel calore a memoria.
La maschera nera che copriva il viso del fantasma cadde, quando Steve lo scaraventò sull'asfalto. I lunghi capelli castani, color del cioccolato, gli solleticarono il viso per pochi secondi, prima di rendere visibile i suoi tratti somatici al biondo.
«Bucky?» Steve lo domandò con shock, aggrottando la fronte. Era davvero lui. Era vivo.
Farsi domande non lo avrebbe aiutato. Avrebbe solamente voluto corrergli incontro, toccarlo, baciarlo, stringerlo forte e non lasciarlo mai più. Aveva così tante cose da raccontargli, così tante domande da fargli. Chiedere perdono. Recuperare ogni cosa.
Ma la voce che non sentiva da quasi un secolo pronunciò le parole che mia avrebbe voluto sentire: «Chi diavolo è Bucky?»
Un silenzio di un istante, gli occhi del Soldato D'inverno si persero, come se in quel corpo non ci fosse anima.
Poi sparò, scappando, lasciando arrestare Cap.
L'HYDRA si era infiltrata nello S.H.I.E.L.D., agenti come Rumlow, dopo aver programmato l'omicidio di Fury, avevano preso il controllo.
Steve era dentro il furgone, assieme a Nat e Sam. Era tutto troppo surreale. Finalmente aveva la certezza che fosse vivo, ma non ricordava nulla.
«Zola lo sottopose ad esperimenti nel centosettesimo, gli ha fatto il lavaggio del cervello.» lo raccontava agli altri con gli occhi fissi nel vuoto e la voce seria.
«Non è stata colpa tua, Steve.» la voce sofferente della Vedova cercò di consolarlo, come aveva fatto Peggy.
«Anche quando non avevo niente avevo Bucky.» si limitò a dire Steve, nel suo vuoto silenzioso.
Grazie a Maria Hill, riuscirono a nascondersi e a scappare dal temporaneo controllo dell'HYDRA, soccorsi in un quartiere generale nascosto, dove si nascondeva anche Fury, in realtà vivo.
Dopo aver organizzato il piano d'attacco, Steve uscì fuori. Il rumore del vento fra le foglie gli trasmetteva serenità. Il suo stomaco era in subbuglio per tutta quella situazione. Davvero Bucky non si ricordava di lui?
Alla sua mente tornò uno dei loro tanti ricordi. Quello del funerale di sua madre, quando Bucky gli strinse la spalla e gli disse: «Io sarò con te fino alla fine, amico mio.» e poi si era corretto più tardi, in casa, con il suo torno ingenuo e scherzoso; «Sai che per "amico mio" intendevo "amore mio", non è vero?»
Sam lo raggiunse, cercando di farlo ragionare su quello che il capitano aveva in testa: recuperare il suo Bucky.
Ma Steve lo sentiva, lui lo avrebbe riconosciuto. Ad ogni costo.
Bucky era in ricognizione nei laboratori dell'HYDRA, dove per anni aveva subito esperimenti che gli avevano cancellato la memoria.
Stavano riparando la sua protesi, il suo braccio sinistro perduto durante la caduta dal treno.
Quando vide il capo, non esitò a chiedere, senza ascoltare i suoi resoconti sulla missione, con voce persa e confusa;
«L'uomo sul ponte...» nella sua memoria martoriata sfuggì l'immagine del biondo che chiamava il suo presunto nome; «Chi era?» non ricevette risposta, e aggiunse: «Lo conoscevo.»
L'uomo anziano rispose : «Una tua missione.»
Bucky non lo ascoltò, continuando a sussurrare con le labbra semichiuse e i lunghi capelli che si impigliavano sulla sua barba incolta, serrando le labbra:
«Ma io lo conoscevo.»
Senza pietà, il capo ordinò di sottoporlo nuovamente alla vecchia terapia del lavaggio del cervello del soldato, legandolo, e lasciandolo torturare da quelle scariche elettriche insostenibili.
Steve ara partito in battaglia con la sua piccola squadra, alla fine, occupandosi, oltre che all'ultima fase della sua missione, anche alla faccenda di Bucky.
Lo vide difronte a lui, con i capelli scuri contro il viso, vestito di nero.
«Ti prego, non costringermi a farlo.» lo affermò sospirando, incantato da quegli occhi spenti, da troppo tempo via dai suoi ricordi.
Bucky fece tutto il contrario, combattendo contro Steve, sparandogli addirittura. Non erano i proiettili a ferirlo, tanto più la persona che li scagliava contro di lui.
Dopo aver compiuto la missione, Cap tornò dal soldato, intrappolato sotto delle lamiere, aiutandolo a liberarsi.
«Tu mi conosci.» disse stanco, con il vento che entrava dagli sportelli rotti del mezzo volante su cui erano, che stava andando in pezzi.
«NON É VERO!» urlò Bucky scaraventando un pugno con il suo braccio di metallo contro lo scudo. Avevano cancellato ogni cosa di quell'uomo dai suoi ricordi.
«Ti chiami James Buchanan Barnes»
«ZITTO!» colpì ancora lo scudo a stelle e strisce, stanco.
Lo stesso oggetto venne gettato via dal proprietario, stremato, ma ancora non arreso.
«Non combatterò con te. Sei mio amico.» pensò che dire quello pseudonimo fosse la cosa più giusta, senza peggiorare ulteriormente la situazione. E poi, era lo stesso modo in cui lo chiamava quando si trovavano difronte ad altra gente.
Infuriato, Bucky si lanciò su di lui, immobilizzandolo, e iniziando a colpirlo sul volto, mentre con una mano, lo teneva fermo per il petto.
Sul volto di Steve, persuaso dal dolore dei pugni gelidi del moro, c'era un ridicolo sorriso sereno. Se quello era davvero il modo in cui sarebbe morto, non aveva paura o rimpianti. Esalare gli ultimi respiri sotto il corpo di Bucky, con il suo tocco sul cuore. L'ossigeno che gli era mancato per anni.
«TU! SEI! LA MIA! MISSIONE!» ogni parola era urlata era preceduta da un colpo sul viso di Steve, che diventava gonfio e sanguinolento.
Il mercenario si fermò a guardarlo, sentì il suo respiro sotto di lui farsi più sofferente, come se volesse parlare.
«Allora concludila. Perché io sarò con te fino alla fine.» il sangue cremisi colò lungo le flebili labbra del capitano, che sorrise, e perse i sensi, cadendo dal veicolo, finendo nel fiume. Bucky si aggrappò ad una lamiera, guardano il corpo di quel ragazzo sparire, e sentendo qualcosa dentro, come se quelle parole gli avessero fatto mancare il respiro. Quelle parole così familiari pronunciate da quella voce così dolce.
Ormai il capitano era sott'acqua, quando una gelida mano di metallo afferrò la sua, e lo fece riemergere.
Gli strinse la gola, tenendogli le labbra aperte, per farlo respirare. Bucky lo portò a riva.
Si fermò un istante prima di voltare le spalle e andare via. Vide che dalle martoriate labbra ferite di Cap uscì dell'acqua, rassicurandosi del fatto che fosse vivo, che quell'uomo così speciale fosse salvo.
Si chinò piano su di lui, guardandolo freddamente e, con voce autorità sussurrò : «Non fare nulla di stupido finché non torno.»
Il fantasma era sparito di nuovo, ma stavolta, libero, senza il controllo di nessuno. Aveva bisogno di recuperare i suoi ricordi, di combattere con se stesso, da solo.
Steve si svegliò in ospedale, con Sam al suo fianco. Scherzando, subito dopo, perdendosi nei suoi pensieri, sorridendo con gli occhi lucidi, e affermando:
«L-lui, mi ha ricordato.»
Passò un altro anno, nessuna notizia di Bucky, anche se la sue ricerche continuavano senza sosta, dopo la battaglia contro Ultron, quando Stark fece riflettere con delle semplici parole il capitano, riguardante la famiglia.
Steve su convinse che avrebbe dovuto trovare al più presto la sua famiglia, la sua casa. Avrebbe dovuto trovare al più presto Bucky.
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