Nono

Con un colpo secco ed inaspettato, Steve spinse di lato le braccia di Bucky, che fece cadere per terra la pistola, per colpa della troppa forza messa in quel gesto istintivo. Cap afferrò senza esitare l'arma, alzandosi in piedi e tenendola bassa, stretta in mano, lungo i fianchi.
I due si guardarono ansimanti, tremavano per lo spavento, gli occhi terrorizzato di James iniziarono a farsi lucidi, in fondo non voleva farlo davvero, non voleva togliersi la vita, al solo pensiero di lasciare ancora una volta Steve, il fiato gli si tranciava. Ma ne valeva davvero la pena, continuare a vivere in quel modo, dopo tutto il dolore subito, continuare a lottare sarebbe servito a qualcosa?
Continuarono a fissarsi negli occhi, quegli occhi così pieni di paura e tristezza, quando Bucky disse singhiozzando, mettendosi seduto sul freddo pavimento: «Perché cazzo faccio questo?»
Steve si bagnò le labbra, e poi, senza pensarci due volte, lo strinse forte a se. Lo abbracciò stretto, quasi in una morsa indistruttibile. Bucky stringeva la forte schiena del soldato, mentre cercava di trattenere le lacrime, cercava di trattenere un ennesimo crollo. Steve prese il suo viso fra le mani, inginocchiato fra le sue gambe, stringendo con le dita la sua nuca; poi, lo spinse istintivamente sul suo viso.
I loro volti si unirono, le loro labbra fuse insieme, i loro nasi si sfregarono dolcemente, mentre sudavano, e ogni tanto, riprendevano fiato. Quello era il loro primo vero bacio, dopo anni.
Bucky poggiò la schiena contro la cucina, nell'esatto istante in cui continuavano a baciarsi con foga, massaggiandosi il viso e il collo.
Steve infilò una mano sotto la maglietta di Bucky, ma il maggiore, continuando ad ansimare e a baciarlo, lo respinse, mugugnandogli: «N-no. Non adesso.»
Steve, un po' deluso e tremendamente imbarazzato, tolse la mano dalla tartaruga del compagno, e si staccò da lui, sorridendo; lo prese per mano, e lo condusse in camera da letto. Aiutò Bucky a prepararsi per la notte, lui era ancora troppo sotto shock per poterlo fare da solo. Dopo averlo sistemato, Steve lo fece sdraiare a letto e gli rimboccò le coperte.
Era stata una giornata pesante, Rogers aveva bisogno di andare a dormire, ma prima di uscire dalla stanza Bucky gli domandò bisognoso: «Steve, potresti rimanere?»
Ormai era diventata come un'abitudine, ma che non dispiaceva affatto al biondo. Tremendamente su di giri per tutto ciò che era accaduto nell'arco delle ventiquattr'ore, anche se sfinito, Cap non riuscì a dirgli di no; avrebbe passato un'altra notte su quella scomoda e polverosa poltrona, ma per Bucky avrebbe fatto questo e altro.
«Vieni.» Lo invitò ingenuamente il moro. Steve rimase sorpreso; l'ultima volta che avevano dormito insieme c'era stata la seconda guerra mondiale, e quel letto era stato per troppo tempo vuoto.
Un po' intimorito, si infilò sotto le coperte del suo piccolo letto matrimoniale, dietro Bucky, che gli dava le spalle imbarazzato.
«Non farlo mai più, capito?» gli disse Steve duramente, in tono minaccioso.
«Perdonami.» Rispose Bucky sottovoce, sentendosi tremendamente in colpa, un lurido parassita, arrivato al punto tale da volersi levare la vita.
«No, non devi chiedermi scusa. Voglio solo che per qualsiasi problema tu ne parli con me o chiunque altro.» Aggiunse Cap serio.
«Sono davvero tanti problemi, non basterebbe un esercito.» sorrise sarcasticamente fra se e se, nel buio.
«Io valgo più di un intero esercito, non per questo sono il primo vendicatore.» Rispose Steve scherzando dolcemente.
Bucky sorrise, ancora, stavolta con sincerità. Quelle parole lo stavano tirando su di morale, ma non bastavano, niente sarebbe mai bastato per quel residuo di anima spenta.
Bucky sentì il calore del braccio di Steve che si infilava sotto di lui, pensando che per quel patetico gesto il braccio gli sarebbe andato in cancrena.
Steve allungò il braccio fino a stringere la mano metallica di Bucky, era quello il suo obbiettivo. Il soldato rimase spiazzato. Nessuno aveva mai toccato quell'arma che aveva causato tutto quel male, nemmeno lui aveva il coraggio di sfiorarla, e adesso, l'uomo che aveva cercato di uccidere si stava fidando ancora una volta di lui.
La fredda mano ricambiò la stretta, creando un intreccio quasi perfetto.
«Sai cosa dovremmo fare?» Sussurrò Steve dietro Bucky, con il viso sul suo collo, ed un entusiasmo quasi infantile.
«Cosa?» Domandò divertito Bucky.
«Modificare quel braccio, intendo, cambiare il disegno... La stella rossa non mi convince per niente.»
Bucky voleva sbarazzarsi in tutti i modi di quella cosa, ma non potendolo fare, forse modificarla in meglio lo avrebbe aiutato. Affermò entusiasta come un bambino; «Sarebbe fantastico.»
A quelle parole, il biondo scattò fuori dal letto, senza spiegare.
Il tempo di accendere la luce, e Bucky trovò difronte a se' Cap seduto a gambe incrociate con in mano una scatola di legno, piena di pennelli e colori.
Steve esaminò quella stella sul braccio metallico, lucida e accesa, impregnata di dolore e ricordi terribili.
Bucky lo guardò confuso mentre il biondo studiava gli ultimi dettagli del disegno con gli occhi, puntando lo sguardo sul ragazzo, sorridendo.
Steve gli chiese: «Nulla che io non possa trasformare, ti dispiace se...?» si avvicinò timidamente alla sua spalla con in mano un sottile pennello con la punta bagnata dal colore, mentre James annuiva goffamente, fissando quel piccolo bastoncino fra le sue dita.
Non staccava gli occhi di dosso dal movimento perfetto della mano di Steve mentre sfumava e calcava dolcemente la punta umida del pennello sulla superficie lucente di metallo, che lasciava asciugare freddamente la tempera.
Non ci impiegò molto a finire il lavoro, Steve era sempre stato bravo nel disegno, e questo Bucky non lo ricordava. Un'altra cosa da aggiungere alla lunga lista delle cose rimosse totalmente dal suo cervello.
Alla fine, gli porse uno specchio e gli lasciò osservare la sua opera terminata.
Il cuore di Bucky palpitò come quando un ragazzino innamorato riceve attenzioni. A pensarci bene, era la prima cosa bella che qualcuno faceva per lui con sincerità.
La stella rossa era stata coperta da un colore azzurro chiaro, che lasciava intravedere i bordi neri che contornavano la forma, ricaricati da un colore giallo acceso, che sbavava fuori, come se il tocco del pennello fosse stato personalmente azzardato in qualcosa di diverso ma bello da vedere e ordinato.
Il colore sfumava dall'azzurro al blu man mano che si avvicinava agli spigoli della stella, che all'interno aveva delle sottili linee nere, simili a delle spighe di grano.
Era semplice, colorato e originane, ma soprattutto, era stato fatto da Steve.
Dopo quel tremendo susseguirsi di eventi estremi, un piccolo ricordo pizzicò la mente del soldato, che senza annotare nulla sui suoi quaderni disse:
«Tu disegnavi su un quaderno... Vero o falso?»
Steve annuì serenamente: «Vero.»
«Era...il nostro quaderno?» aggrottò la fronte ricordandosi di alcune pagine stracciate e coperte da disegni e parole.
«Si.»
Bucky fece silenzio per un secondo, guardando con gli occhi brillanti di ingenua felicità i colori sul suo gelido braccio, sorridendo, e alzando il capo verso Rogers:
«Grazie, è davvero... bello.» era talmente confuso e stanco, da doverci pensare due volte prima di finire una frase, dovendo riprendere fiato.
Steve posò i colori sul comodino, rivolgendosi a Bucky: «Domani andremo dal dottore, mi ha detto di portarti da lui se saresti stato male... Che ne dici, va bene?»
Un po' restio, e intimorito, James annuì, in fondo, non si trattava dei medici dell'HYDRA, poteva fidarsi, Steve voleva solo il suo bene.
Si sdraiò di nuovo a letto, dopo essersi assicurato che il colore fosse completamente asciutto, con il biondo accanto, provando una sensazione tremendamente familiare, come se quella presenza al suo fianco ci fosse sempre stata, anche quando era solo, Steve c'era sempre stato.

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