Dodicesimo
I giorni erano passati, e si erano trasformati presto in settimane. Fino a che Bucky non raggiunse il primo mese di totale dipendenza. Era diventato furbo, sapeva che i medici potessero accorgersi dei suoi eccessivi dosaggi, così, nascondeva una o due pillole quando poteva, per poi prenderle di nascosto. Era impressionante il modo in cui il suo corpo, in così poco tempo, fosse completamente assuefatto da quelle pillole bianche. I suoi incubi erano spariti, ma non poteva dirlo con esattezza, dato che dormire ormai era diventato un lusso. Poche ore di sonno alla settimana, perché nel suo corpo rimurginava così tanto medicinale che chiudere gli occhi era diventato impossibile.
E davanti a Steve, silenzio. Dal bacio con Sharon non avevano avuto granché da discutere, i fatti si erano lasciati susseguire senza troppi problemi, ma Bucky notò che la presenza di Carter era totalmente scomparsa. Forse Cap le aveva parlato, forse lei aveva capito, ma, pur avendo una ciò come certezza, e simulando serenità, non riusciva a smettere di prendere i suoi farmaci.
Rogers non era così stupido, sapeva che qualcosa non andava in lui, ci avrebbe messo la mano sul fuoco.
Sospettoso, aspettò che Bucky uscisse dal bagno, per poter chiarire ogni dubbio, ma, dopo quasi mezz'ora trascorsa in quella stanza, Steve decise di non aspettare un altro minuto ed andò da James. Rogers spalancò la porta, quando sentì dei lamenti provenire oltre, e nessuna risposta.
Bucky era rannicchiato accanto la vasca, pallido e sudato, con le labbra sporche di conati di bile, ed un barattolo vuoto di pillole accanto. Tremava come se delle scariche elettriche gli passassero lungo la spina dorsale, ma più di tutti, sentiva il suo cuore esplodergli in petto.
«Bucky, cosa diavolo è successo?!» Steve si inginocchiò difronte a lui, prendendogli le spalle e alzandogli la testa.
Il respiro affannoso di James venne seguito da dei mugugni doloranti, iniziò così a vacillare, scrollando la testa e piagnucolando: «Mi dispiace Steve, mi dispiace, ti prego, non volevo...io ho provato a smettere, ma non ci riuscivo, i-io.» il biondo gli prese il viso con le sue morbide mani, fermando il suo movimento compulsivo.
«È tutto okay, Buck.» lo guardò spaventato, poi, pensò al piccolo ragazzino di Brooklyn che riusciva a sorridere e ad andare avanti in ogni situazione. Anche quando James aveva perso i genitori, aveva rischiato di morire, aveva subìto anche la più stupida delle punizioni della vita, riusciva sempre ad essere felice, per Steve, ci riusciva.
Il biondo sorrise stanco, scrollando la testa: «Ma che dico, basta idiozie, non va bene affatto.» Bucky lo guardò sorpreso, con le labbra umide semichiuse, ed un debole sorriso in procinto di spegnersi.
«È tutto troppo difficile per una persona sola, per questo ci sono io, insieme ce la faremo, te lo assicuro. Guardami negli occhi e promettimi che ti fiderai di me; vinciamo anche questa volta, Buck, possiamo riuscirci.»
Bucky annuì, perdendosi in quegli occhi azzurri, che a guardarli meglio, avevano delle sfumature verdi, delle meravigliose imperfezioni.
«Facciamo una cosa, non diciamo nulla ai dottori, altrimenti non ci penseranno due volte a rinchiuderti in un buco di ospedale, quindi, sbrighiamocela noi due insieme.» continuò Steve. Prese fra le mani la boccetta vuota, scuotendola: «Di questo ne facciamo a meno per un bel po'.»
Steve bagnò una tovaglia, pulendo con la superficie umida, le labbra martoriate di Barnes, che socchiuse gli occhi per quel gesto delicato.
Prese Bucky sotto braccio, e lo portò in camera da letto, facendo stendere il soldato fra le coperte morbide e profumate.
Le prime ore sembrarono trascorrere tranquillamente, ma quando l'eccessiva assunzione delle pillole iniziò a mancare, Bucky non riuscì più a controllarsi.
Il senso di nausea ed il vomito erano la cosa che lo facevano star peggio. I tremolii incontrollati ed il cuore che batteva all'impazzata. Non disse nulla di quel particolare a Steve, in fondo, se davvero il suo cuore avesse ceduto, finalmente avrebbe detto addio a quella vita tremenda.
La prima notte la trascorse rigurgitando bile, ma con accanto la calda presenza di Rogers, che si occupò di lui come fosse un bambino. Vederlo così vulnerabile era straziante.
Il giorno successivo, dopo non essere riuscito a prendere sonno, il temperamento di James degenerò:
«MI HAI TRADITO!» urlò senza controllo, accecato da qualcosa che non aveva nemmeno una certezza.
«DOVEVI LASCIARMI MORIRE! BASTARDO!» Steve cercò di calmarlo, di non far sfociare quelle grida animalesche in qualcosa di fisico e violento.
«TI ODIO! ODIO TUTTI IN QUESTA VITA DI MERDA! VOGLIO SOLAMENTE MORIRE!» facevano male, quelle parole ferivano più di una coltellata, ed anche se Rogers sapeva che non fossero concrete, ma frutto di un'astinenza auto indotta, ci soffriva comunque. Non rispondeva, lasciava sbraitare Bucky, lo faceva sfogare da qualsiasi fardello lo tenesse in pena.
«VATTENE! LASCIAMI SOLO!» scattò in piedi e si chiuse in camera da letto, sbattendo sonoramente la porta alle sue spalle. Stanco, Cap assecondò quel suo scatto di ira.
«STEVE!» la voce disperata di Bucky rimbombò nella notte, forse erano le 3:00, ma il buio così spaventoso e impenetrabile cancellava ogni cognizione di percepire il tempo che trascorreva.
Steve corse da lui, aprendo la porta della stanza in cui aveva lasciato andare il Soldato D'inverno non molte ore prima.
Accendendo la luce, terrorizzato da quel disperato richiamo d'aiuto, e trovandosi davanti un essere talmente fragile che mai avrebbe pensato potesse essere il suo Bucky.
Rannicchiato al centro della stanza, sul tappeto strappato, con le mani strette alla testa e le ginocchia salde al petto. Terrore e disperazione, ecco di cosa era fatto Bucky, non di carne, né di ossa, di semplice e pura desolazione.
«Dio, Buck.» sussurrò stanco Steve, sedendosi al suo fianco, e cerando di liberarlo da quella corazza che si era creato con le sue braccia.
«H-Ho fatto un incubo. L-Loro mi legavano, l-loro mi t-torturavano.» balbettò in completo stato di shock, ansimando con il fiato mozzato dalla paura.
«È tutto finito, sei al sicuro.» lo rassicurò la dolce voce di Cap, cullando quel corpo tremante con le sue braccia forti e calde, come una nuvola grigia di notte che nasconde e protegge le stelle, quelle stelle che sono troppo belle per star a vista di tutti.
«NO! ERANO QUI! MI TENEVANO! MI TOCCAVANO!» riprese a sbraitare, adesso singhiozzando.
«Basta piangere.» bisbigliò Bucky a se stesso, serrando gli occhi, mentre Steve premeva la sua testa al petto.
«Basta piangere.» ripeté ancora, un pensiero detto ad alta voce, come un rimprovero, un comando a cui era abituato sottomettersi.
«A loro non importa. Basta piangere.» strizzò gli occhi, premendo con le dita sulla cute, quasi tirandosi i capelli.
«Steve.» alzò il viso verso gli occhi pieni di angoscia di Cap, rimasto in silenzio per tutto il tempo, non trovando parole per consolarlo. In fondo non ne avrebbe trovate mai, per un essere umano torturato in quel modo, per una vita stroncata dal male, non esisteva consolazione.
«Bucky.» con la manica della sua giacca il vendicatore gli asciugò le lacrime.
«Non lasciarmi.» mugugnò James con un filo di voce.
Steve strinse la nuca di Bucky, che sussurrò: «Non potrei mai farlo.»
Il silenzio, solo quello rimbombava fra i due soldati, ormai da ore, immobili sul pavimento.
«Buck.» Finalmente Cap parlò, con voce roca.
«Steve.» Rispose sussurrando lui, ancora.
«Non sopporto più questo silenzio. I pensieri mi stanno uccidendo.»
«Stanno uccidendo anche me.» concordò Bucky.
«Parliamo, ti prego.» Chiese Steve in tono quasi ingenuo.
«Di cosa vorresti parlare.» Lo assecondò freddamente Barnes, accasciato di peso sul corpo di Rogers.
«Facciamo un gioco.» Propose Steve.
«D'accordo....» Lo accontentò intimorito Bucky, sentendo, in verità, anche lui un bisogno essenziale di distrarsi, di interrompere quell'oceano di incubi che gli schizzavano in testa.
«Allora...io dico un colore, e tu dimmi a cosa ti fa pensare....» Disse con un pizzico di entusiasmo Steve.
«Okay, inizia...»
«Blu...»
«Vediamo... Blu come i tuoi occhi....come la tua uniforme, come il mare; come i tuoi occhi....» Rispose incantato Bucky, ripetendo con dolcezza l'ultima frase.
«Tocca a me... Bianco.» Continuò il moro, voltando la testa verso il Steve.
«Bianco come i fogli su cui disegnare, come le lenzuola su cui dormire, come la neve...come la neve in cui ti ho perso.» Concluse malinconico Cap, facendo calare ancora una volta il silenzio in quella casa, senza volerlo.
«Rosso.» Aprì bocca nuovamente, non volendo far star peggio Bucky.
«Rosso come tue labbra, come la tua uniforme, come....come il sangue, come la stella sul mio braccio, come la mia missione...» James cambiò tono, facendo comparire nei suoi occhi una luce strana, una luce familiare.
Steve si allarmò immediatamente, mettendosi seduto dritto e avvicinandosi difronte verso di lui.
«Buck?» Chiese a bassa voce porgendo una mano sul suo viso.
Bucky fissò il nulla davanti a se, ignorando la voce di Cap, al contrario, focalizzandosi su quella dolce mano che si stava avvicinando a lui.
Con un movimento improvviso e veloce afferrò forte con la sua mano robotica il polso di Steve, facendolo lamentare di dolore.
«Bucky!» Steve lo chiamò ad alta voce mentre le sue dita tremavano, e lo sguardo di Bucky si faceva sempre più minaccioso.
Con un mezzo sorrisetto maligno il Soldato D'inverno posò gli occhi sul polso che stava diventando viola fra la sua mano.
Di colpo Bucky mollò la presa, fissando terrorizzato il viso di Steve, che si massaggiò il polso dai segni arrossati.
«Bucky?» Si avvicinò ancora di più allo scosso compagno, chiamandolo ancora e ancora; non si sarebbe mai stancato di pronunciare il suo nome.
«S-Steve, sta succedendo di nuovo...» Bisbigliò sotto shock.
«No, no, ti sbagli, non succederà più nulla, okay?» Lo tranquillizzò confuso Steve, mentre continuava a tenersi il polso.
«Ti ho fatto male?» Chiese allarmato Bucky, premurandosi a sfiorare le mani di Cap.
«No, non è niente.» Disse con voce serena Steve.
«Non è vero, non è vero! Oh Dio, sono così sbagliato!» Urlò Bucky stringendo i pugni.
«Sbagliato? Come puoi dire questo, ma mi hai visto? Sono un disastro.» sorrise Steve per sdrammatizzare e farlo calmare.
«Il mio disastro...» Sussurrò tristemente James.
«Bene, che ne dici di mettere da parte per un po' tutta questa storia e pensare a qualcos'altro?» Steve decise a reagire, rendendosi conto che se avesse continuato a mostrare il suo dolore avrebbe perso Bucky, una volta per tutte.
«Steve, ho freddo.» Si lamentò ancora sotto shock Bucky, intenerendo Cap, che accompagnò il maggiore lungo il letto, avvolgendo così con le sue braccia il corpo del soldato, poggiando le spalle contro i cuscini, e il mento sulla testa capelluta del moro.
«Steve...»
«Che c'è?» Chiese sorridendo Cap, con gli occhi semichiusi e la testa adagiata sulla spalla del suo soldato, senza pensare a ciò che stava facendo, guidato da un istinto di amore puro.
«Ho i piedi gelati...»
Steve allungò le gambe e avvicinò i suoi piedi a quelli scalzi di Bucky, scaldandoli con le vecchie e bucate calzette bianche. Non poteva lasciarsi sfuggire quell'opportunità di un contatto fisico così intimo, che forse non gli sarebbe ricapitata per molto tempo.
«E la mano gelata...»
Cap strinse con la mano ancora per metà intorpidita dalla forte stretta, quella di carne del suo Bucky, che era effettivamente fredda, trasmettendogli non solo calore, ma anche l'amore ed il coraggio di cui aveva bisogno.
«E le labbra gelate...» Disse a bassa voce voglioso, chiudendo gli occhi e posando la guancia sulla spalla di Steve, che non gli diede il tempo di mettersi comodo, voltandosi verso di lui, e baciandolo. Le loro secche e stanche labbra si unirono, in qualcosa di indissolubile, forte, molto più forte del dolore, della rabbia, della tristezza. Più forte di ogni cosa.
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