Chapter 29
Allyson's Pov
Isabel e Niall erano spariti da un po', e qualcosa mi diceva che ci sarebbe voluto ancora del tempo. L'aria era tesissima. Nessuno aveva osato aprir bocca.
Guardai Harry tendere la mascella, e strofinarsi le cosce con le mani con fare nervoso. Avrei voluto poter fare qualcosa per calmarlo, ma qualcosa mi diceva che non avrei potuto fare molto.
La verità era che tutta quella tensione mi stava facendo innervosire, e non sapevo davvero come gestirla.
Mi abbassai il velluto rosa della maglia lungo i fianchi, quando la voce tremante di Virginia ruppe quel silenzio insopportabile.
«Non capisco perchè Niall mi tratti in questo modo dopo aver saputo che in realtà sono viva. Dovrebbe essere felice per me..di riavermi di nuovo.» mormorò con tono alquanto stizzito.
I miei occhi schizzarono sul suo volto pallido. Al suono della sedia che strisciava sul pavimento i suoi occhi furono nei miei.
«Davvero ti chiedi il motivo per il quale Niall stia così male, Virginia? No, ma sul serio? Magari è perchè il tuo atto osceno di fingerti morta ha causato dolore a lui e ai tuoi genitori? Davvero non ti rendi conto di che assurdo senso di vuoto abbia provato tutti quegli anni, credendo di aver perso una sorella? Davvero non ci pensi? Sei così egocentrica?»
Ormai avevo l'attenzione di tutti i presenti a tavola, cameriera compresa, che si era fermata col vassoio fra le mani ad osservarmi dalla soglia della porta.
«Qualcuno ti ha per caso interpellata?» ribatté invece lei.
«Non ho bisogno del permesso di nessuno per parlare, tesoro. Sei così convinta di quello che hai fatto?»
«Avevo i miei motivi per fare quello che ho fatto, Allyson.»
«Quale buon motivo esiste come giustificazione per fingersi morti? Io davvero non riesco a concepire come hai potuto essere così stupida. Io non sopporterei il dolore nel sapere che mia sorella è morta, è l'unica cosa che mi è rimasta. Ed il tuo atteggiamento egoista e il fatto che non ti penti minimamente di ciò che hai fatto ti rende solamente ancora più stupida e infantile. Una persona orribile.» sputai fuori, con tutto l'astio che avevo in corpo.
La madre di Harry, Anne, si alzò a sua volta dalla sedia, lanciandomi un'occhiata glaciale.
«Come osi parlare di affari che non ti riguardano affatto in una casa che non è tua?» mi ammonì. Il suo volto che sembrava così dolce si tramutò in una smorfia di rabbia, e la sua voce divenne tagliente come coltelli.
«Niall è mio amico, e il suo dolore mi riguarda.» replicai senza pensarci due volte sopra, e lei non ci mise molto a rispondermi a tono.
«Sei una gran maleducata, Allyson.»
«Mamma.» la interruppe Harry, alzandosi.
«Figlio mio, non capisco come tu abbia pensato solo un secondo di sostituire Elizabeth con questa-»
«Questa, con il dovuto rispetto, ha un nome, signora Styles.» risposi. Cercai di non far notare che le sue parole mi avevano perforato il petto come pugnali.
«Elizabeth era tutt'altra cosa. Aveva un'educazione eccellente. Era così dolce e premurosa, e non si sarebbe mai permessa di fare tutto ciò davanti a-»
«Per favore, non le permetto di dire che non ho educazione. Questo davvero non glielo permetto. I miei genitori mi hanno educata forse anche meglio di quanto lei abbia potuto fare.» La interruppi bruscamente. Il bruciore allo stomaco iniziò a divampare.
«Allora non ne sono stati in grado.» sbottò lei.
Aprii la bocca per replicare. Avrei voluto così tanto risponderle. Avrei voluto tantissimo. Ma quando la forte mano di Harry si scontrò contro il marmo della tavola, la voce mi morì in gola. Temevo potesse crollare da un momento all'altro tanta la forza con la quale era stato colpito il tavolo. Le posate tremarono e un bicchiere si rovesciò. La madre di Niall non perse tempo a raccoglierlo. Anche Anne, per un secondo, rimase senza fiato.
«Non parlare così di lei, cazzo.» sibilò fra i denti. Grazie alla sua solita maglia nera a mezze maniche, riuscivo a vedere le vene sui suoi bicipiti gonfi. La mascella era serrata e gli occhi cupi. Fossi stata in Anne avrei chiuso la bocca.
Senza che potessi nemmeno rifletterci, agii di istinto. Le mie dita cautamente sfiorarono le sue sul tavolo, poggiando la mia mano sulla sua non appena fui certa che non avrebbe ritirato la mano. Sembrò apprezzare il mio gesto, sfiorandomi il dorso della mano col pollice, senza staccare gli occhi dalla madre, che rimase invece impassibile.
«Stai sbagliando tutto, Harry.» sentenziò.
«Cosa starei sbagliando esattamente? Starei sbagliando a provare di stare bene? Starei sbagliando a riprovare a ricominciare dopo aver assimilato la morte di Elizabeth? Ah. Quasi dimenticavo, Elizabeth è viva e vegeta.» una risatina amara lasciò le sue labbra piene.
Il padre di Harry, Des, spalancò gli occhi verdi, mentre si bloccò con il bicchiere di vino a pochi millimetri dalle labbra.
«È viva?» sussurrò incredula Anne.
«A quanto pare Virginia non è l'unica bugiarda.» sorrise sarcastico, lanciando un'occhiata alla sorella di Niall.
Nella sala da pranzo nessuno osò più aprir bocca. Harry scoppiò a ridere. Una risata delusa. Quasi minacciosa. Si voltò, raccolse la giacca dalla sedia e se la infilò. Imitai i suoi movimenti.
«Come immaginavo. Noi ce ne andiamo.»
«Harry.» lo chiamò il padre. Harry lo fermò con un cenno della mano, mentre con l'altra afferrò saldamente la mia.
Mormorai un 'Buona giornata' mentre lasciammo velocemente quella casa senza voltarci indietro.
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L'aria nella Ranger Rover nera di Harry era davvero insostenibile. Era cosí pesante che abbassai il finestrino sperando che almeno un po' di quella tensione uscisse dall'abitacolo. Lo guardai di sfuggita, non volendo che si sentisse osservato per innervosirlo ulteriormente. Una situazione del genere con la mia famiglia, potevo solo immaginare cosa si provasse. Immaginavo quanta delusione, amarezza e sconforto provasse in quel momento. Non servivano parole per consolarlo, non avrebbero risolto nulla.
In quella macchina regnava il silenzio ormai da circa 20 minuti. Non riuscivo più a sostenerlo.
«Sei arrabbiato con me?» mormorai, senza guardarlo.
Non rispose. Continuò a guardare la strada davanti a sè.
«Accosta.» dissi, guardando la strada davanti a noi e notando un punto di sosta. Si voltò verso di me per qualche attimo guardandomi com confusione. «Fermati.» dissi con più decisione.
Per fortuna non se lo fece ripetere una terza volta. Accostò frenando bruscamente, e sbattè le mani sul volante, per poi guardarmi.
«Sono fermo. Cosa vuoi?» era impossibile non notare l'astio nella sua voce, ma cercai di fingere non notarlo e mantenni la mia espressione impassibile.
«Guido io.» dissi solamente, alzando le spalle e aprendo la portiera della macchina.
«Cosa? Non se ne parla cazzo.» sbottò, ma era troppo tardi. Ero già dal lato del guidatore ad aprirgli la portiera. Restò a fissarmi con nervosismo e curiosità al tempo stesso. Sembrava una gara di sguardi, perdeva chi distoglieva lo sguardo. C'era solo un dettaglio, non avrei perso io stavolta.
Con uno sbuffo e con mia grande soddisfazione, scivolò al posto del passeggero, infilandosi la cintura. Salii in macchina, con un enorme sorriso e mi infilai velocemente la cintura. Era la prima volta che guidavo la macchina di Harry. Girai le chiavi nella serratura e spinsi leggermente i piedi sui pedali.
«Allyson, una sola cosa, va piano. Se mi distruggi la macchina io-»
«Dio, sta calmo. Mi sottovaluti così tanto?» sghignazzai, sistemando lo specchietto. Non rispose, girò il volto verso il finestrino, e partimmo.
Quella macchina era fantastica. Avevo sempre desiderato di avere una macchina come quella, ma che per un motivo o per un altro non avevo mai avuto occasione o la possibilità di permettermela. Sapevo Harry non sarebbe stato d'accordo, ma non potevo farne a meno. Accelerai improvvisamente.
«Allyson. Cazzo, rallenta.» poggiò una mano sul cruscotto per sostenersi a causa dell'accelerazione improvvisa. «Potresti ascoltarmi una buona volta? Ti farai male.»
Una risata spontanea uscì dalle mie labbra. Riusciva a preoccuparsi per me invece che della sua adorata macchina. Incredibile. Rimase in silenzio ad osservarmi, quando un lieve sorriso crebbe sul suo volto bellissimo. I ricci andavano al vento, disordinati lungo il suo viso bellissimo. Guardai le sue labbra, sulle quali fece scivolare la lingua in un movimento delicato e veloce. Mi avrebbe fatta impazzire.
«La smetteresti di guardarmi e pensare un po' di più a guidare? Non vorrei ritrovarmi all'ospedale con qualche osso rotto giusto perchè la mia ragazza non riesce a contenersi quando sta con me.» ora il suo sorriso era ampio e mostrava i suoi perfetti denti bianchi.
Risi più forte, mentre svoltai poco dopo in una stradina nascosta dagli alberi alti.
Mi domandò un paio di volte dove lo stessi portando, accusandomi di volermi nascondere per poi stuprarlo e nascondere il suo corpo in un cespuglio, o di volerlo stuprare e basta in un posto più appartato. Non potei far altro che ridere e zittirlo ogni volta, sino a che non fu in grado di capire dove lo stessi realmente portando.
«E così mi porti in spiaggia, mh?» disse divertito scendendo dalla macchina quando fummo fermi. Sorrisi, e guardai il suo volto stupendo illuminato dai raggi del sole che iniziava a tramontare. Sentii i suoi occhi su di me e una piccola risata quando mi tolsi le scarpe lasciandole in un punto poco lontano dalla macchina, beandomi della sensazione dei piedi che affondavano nella sabbia tiepida.
«L'ho fatto per farti sentire meglio.» dissi tenendo lo sguardo basso.
Un sospiro pesante uscì dalle sue labbra, mi afferrò improvvisamente il polso facendomi voltare verso di lui. I nostri petti si toccavano, e la sua grande mano era dietro la mia schiena pressando il mio corpo contro il suo. Non c'era niente di malizioso nel suo gesto. Aveva disperatamente bisogno di avermi vicino il più possibile. E anche io.
Poggiò la fronte contro la mia, respirando profondamente e tenendo gli occhi chiusi.
«Sono un fottuto disastro, Ally. Non ti merito. Non c'è una cosa buona che abbia combinato nella tua cazzo di vita da quando mi conosci.»
Aggrottai le sopracciglia alla sua confessione.
Ma si rende conto di quello che sta dicendo? Ha almeno la minima idea di cosa mi fa?
«No, non ti permetto di dire questo, Harry.» gli presi il viso fra le mani facendo in modo che i nostri occhi si incontrassero.
Cazzo i suoi occhi. Quando si incrociarono, il mio cuore fece un salto.
«Non sei un disastro. Sei la cosa più bella che mi sia capitata da quando..» presi un respiro «da quando sono morti i miei. Tu non hai la minima idea di come mi fai sentire. Di quanto mi rendi viva. Non ti cambierei con nulla al mondo. Non sei di certo quello che mi aspettavo per il mio futuro-»
«E questo dovrebbe essere un incoraggiamento?» mi schernì con un sorriso triste, ma che non metteva in mostra quelle bellissime fossette.
«Lasciami finire.» scossi la testa «Ho sempre avuto la stupida abitudine di programmare ogni cosa nei minimi dettagli. Anche la mia vita. Un ragazzo perfetto. Voti perfetti. Un lavoro perfetto. Qualsiasi cosa pur di rendere i miei fieri di me. E poi sei arrivato tu. Mi hai sconvolto la vita Harry. Così premuroso, altruista, ti dai da fare in tutto ciò che fai, e ti faresti uccidere per le persone a cui tieni. Ma molte volte non mostri questo lato di te. Indossi come una maschera, sei sempre così tenebroso, misterioso..e cazzo sei tutto ciò che una ragazza desidererebbe. E da quando ti conosco mi sono resa conto che io non ho bisogno di nessuna di quelle cose perfette. Ho bisogno di te che mi sconvolgi la vita, per sempre.» terminai il mio discorso non accorgendomi di avere gli occhi stracolmi di lacrime. Una risatina nervosa mi sfuggi dalle labbra mentre mi strofinai gli occhi con la manica della felpa.
Harry rimase ad osservarmi. La pressione sulla mia schiena ormai era scomparsa. Non mi toccava più. E la mia pelle bruciava nel punto in cui mi aveva toccata reclamando ancora il suo tocco. Perché non dice niente?
«Dio. Mi sento una stupida.» ridacchiai nervosamente mentre i sensi di colpa iniziarono ad invadermi lo stomaco. Ora se ne sarebbe andato via ritenendomi ridicola. Non avrei dovuto aprirmi così tanto con lui.
Improvvisamente si mosse. Le sue braccia mi avvolsero e intrappolarono come una gabbia, incatenandomi al suo petto. Le sue labbra pressarono sulla mia testa, indugiando qualche secondo di troppo.
«Non ti merito.» ripeté a bassa voce. Mi strinsi maggiormente a lui, riuscendo a sentire il battito frenetico del suo cuore. Un piccolo sorriso crebbe sulle mie labbra, e alzai la testa per guardarlo. Ormai il sole stava tramontando, e la luce rossastra del tramonto mischiata ai suoi occhi di un verde luccicante, mozzava il fiato.
«Ti amo.» sussurrai sulle sue labbra, prima di sfiorarle con le mie. Sorrise. Dio come sorrise. Lo amavo. Ed era mio.
«Ti amo anch'io, White A.» rise, sfiorandomi dolcemente una guancia con un dito.
Sorrisi al nomignolo con cui mi chiamava all'inizio. Quando tutto ebbe inizio. Poggiò le sue labbra sulle mie con tale naturalezza e delicatezza che sentii le gambe tremare. Le mie mani furono subito fra i suoi capelli, stringendoli leggermente in tentativo di avvicinarlo il più possibile a me, e le sue mani sui miei fianchi stringendoli, mentre un senso di protezione mi pervase. Volevo lui. Con tutta me stessa. Per sempre.
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