Chapter 27

Allyson's Pov.

La luce del sole mi illuminò il viso quando le tende della finestra vennero spalancate. Un piccolo sbuffo lasciò le mie labbra, e portai la testa sotto il cuscino. Sospirai di sollievo quando il buio mi permise di nuovo di rilassarmi. Ma la pace non durò a lungo. Qualche secondo dopo, sentii il materasso sprofondare sotto di me, e un respiro caldo sul mio collo, sostituito poi da piccoli e casti baci.
Il cuscino venne spostato dalla mia testa. Le labbra che un secondo prima avevano baciato il mio collo adesso si erano poggiate sulle mie.
Aprii leggermente gli occhi, strizzandoli un paio di volte per focalizzare meglio il volto del ragazzo di fronte a me. Era un sogno. Non poteva essere reale.
I suoi occhi verdi scintillavano dalla gioia, e un sorrisetto compiaciuto era stampato sul suo viso.

«Ma buongiorno.» Mi sussurrò all'orecchio, mentre piccoli brividi mi percorsero la pelle.
Sorrisi ampiamente, specchiandomi in quei due smeraldi verdi. Se fosse stato un sogno, tanto valeva viverlo bene.

«Buongiorno.» mormorai allungando una mano verso il suo volto, sfiorandogli quei ricci ribelli che gli ricadevano sugli occhi, per poi vederlo sorridere. Mi misi a sedere stiracchiandomi.
«Se è un sogno non voglio svegliarmi.» mormorai trovandomi con il volto a qualche centimetro dal suo petto caldo. Il suo petto vibrò alla sua risata calma. Mi baciò lievemente la fronte prima di rispondere.

«Già, è un sogno. A questo punto perchè non lo rendiamo migliore?» sussurrò stendendomi, sedendosi a cavalcioni su di me, cercando di impiegare il minor peso possibile sul mio corpo minuto.

Una risatina divertita lasciò le mie labbra. Allungai un braccio poggiandogli una mano dietro la nuca, tirandolo verso di me facendo scontrare le nostre labbra in un bacio bisognoso. Le sue mani furono sui miei fianchi stringendoli, per poi iniziare a muoversi accarezzando ogni centimetro della mia pelle.

Quanto mi mancavano quelle mani?

I suoi ricci solleticarono la pelle delle mie clavicole quando mi baciò il lobo dell'orecchio. Risi nuovamente, prendendogli il viso fra le mani.

«È ora di svegliarsi Rambo.» gli baciai la punta del naso, ignorando un suo piccolo sbuffo. Rise scuotendo la testa subito dopo con fare rassegnato.

«Era un sogno così fottutamente bello.» disse
con sarcastica tristezza, alzandosi finalmente.

Scrollai le spalle sorridendo. «Pazienza.»
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Quando finalmente scendemmo in cucina,  Harry, come era solito fare ogni volta che veniva a casa mia, mi aiutò a preparare la colazione. Sapeva amassi i pancake, e ogni volta me li preparava. Non so come facesse a fare i pancake più buoni che avessi mai mangiato, magari perché erano fatti da lui, o magari perché utilizzava qualche ingrediente che non voleva dirmi.
Mi sedetti comoda sullo sgabello dell'isola, poco distante da lui che aveva insistito tanto per cucinare. Lo osservai stringersi il grembiule da cucina e soffocai una risata, guadagnandomi un'occhiataccia da parte sua.

«Sai, sono fortemente convinta che saresti una casalinga perfetta.» dissi giocherellando con una forchetta. Rise in risposta, magari cercando di trattenere un commento inopportuno. Aveva imparato a conoscermi per fortuna.

«Cosa non darei per poterti dimostrare che sono più uomo di quanto credi.» disse invece, facendomi poi un occhiolino.
Deglutii. Come non detto. Abbassai lo sguardo, sentendo le guance accaldarsi, guadagnandomi una risata sonora da parte sua. Affondai il viso nel tessuto profumato della sua maglia nera, adoravo indossare i suoi vestiti, erano il doppio di me.

Quando Harry finì di mettere a tavola, l'acuta voce di Isabel risuonò nella casa, mentre un forte rumore di passi la seguì subito dopo.
Isabel arrivò correndo in cucina, andando a sbattere contro la mia sedia. Puntai i piedi al suolo per non cadere, e la guardai, ma prima che potessi aprire bocca, un Niall a torso nudo corse in cucina, continuando a rincorrere Isabel per tutto il tavolo, mentre la ragazza lanciava piccoli urletti supplicandoci di aiutarla.

«Oh mio Dio.» Portai una mano in fronte, mentre Harry rise di gusto alla scena. Quando Isabel si fermò appena ebbe notato i pancake, guardò Harry con la gioia di una bambina negli occhi, e si sporse per abbracciarlo con un po' troppa contentezza, quando Niall la afferrò per la maglia tirandola verso di sè.

«Non ci pensare nemmeno, tesoro.» la ammonì. Lei scoppiò in una fragorosa risata, abbracciando poi il biondo e stampandogli un caloroso bacio sulla guancia.

«Beh, a quanto pare è vero che il sesso fa bene all'umore.» sentenziò Harry, guadagnandosi un'occhiata glaciale dalla ragazza dagli occhi castani e una grossa risata da Niall.

«Che cosa ci fai tu qui?» si imbronciò Isabel guardando il ragazzo al mio fianco.
Harry rimosse con calma il grembiule prima di guardarla e sorriderle con quel sorriso abbagliante.

Oddio, quel sorriso.

«Diciamo che avevo molto per cui farmi perdonare.» rivolse un occhiolino a Niall prima di poggiare una mano sul fondo della mia schiena e tirarmi a sè. Sentì le sue labbra calde premere contro la mia tempia, gesto che mi fece inaspettatamente arrossire. Merda, sei così fragile vicino a lui.

«Ma quanto posso amarvi?» esultò eccitata mia sorella saltellando.

«Suppongo questi siano nostri.» ammiccò Niall sedendosi al tavolo dove erano stati serviti i pancakes caldi.

Scattai afferrandogli il polso con il quale aveva impugnato una forchetta.

«Oh no, tu il mio cibo non lo tocchi, Horan.» dissi decisa.

Inarcò un sopracciglio, avanzando verso di me con superiorità.
«Ah davvero? E chi me lo impedisce?» disse conficcando la forchetta in un pezzo di pancake.

«Non fate i bambini, andiamo.» borbottò Harry, e anche se non lo vedevo, dandogli le spalle, sapevo si stesse passando una mano fra i capelli con fare frustrato.

«Niall. Giuro che se lo fai..»
Non ebbi nemmeno il tempo di finire la frase, che il mio adorato cibo fu nel suo stomaco.

«Niall.» lo ammonì Isabel sfinita, portandosi una mano alla fronte.

«Oops.» Mormorò il biondo, alzando le spalle.

«I-io..» guardai Harry, che provò con tutto se stesso a trattenere le risate. «Non ridere. È grave! Quel maiale ha mangiato la mia colazione!» Mi imbronciai, incrociando le braccia al petto. Quando i suoi occhi furono nei miei, scoppiò a ridere.

Non potevo farne a meno della sua risata. Era il suono più bello che avessi mai sentito.

«Cos'è questo?» domandò improvvisamente Isabel. Ci voltammo, vedendola strappare un post-it dal frigorifero.

«Siamo qui.» lesse ad alta voce. Portò una mano alle labbra, lasciando cadere il foglietto che aveva fra le mani. Niall le fu immediatamente vicino, accarezzandole le spalle. Raccolsi il foglio da terra, sentendo gli occhi di Harry bruciare addosso. Sul fondo del foglio c'erano due nomi.
Jess, Brook .

Oh mio Dio.

Restai ad osservare quel foglio per qualche secondo, cercando disperatamente di metabolizzare quello che credevo che fosse.

«Chi sono Jess e Brook?» sobbalzai quando avvertii il respiro caldo di Harry sulla spalla e la sua voce troppo vicina al mio orecchio.
Un improvviso calore mi pervase lo stomaco prima di iniziare a parlare.

«Dovresti dirmelo tu.» dissi, sperando con tutta me stessa di non aver sbagliato a tirar fuori quell'argomento.

Harry sbatté le palpebre un paio di volte prima di guardarmi con fare interrogativo. «Non so di cosa tu stia parlando.»

«Ti prego.» sbuffai sarcastica sollevando gli occhi al cielo. «È evidente che Jessica e Brooklyn hanno a che fare con voi.» mi poggiai al tavolo cercando di non prestare attenzione al freddo del marmo a contatto con le gambe scoperte.

Niall, che fino ad allora era stato fermo al suo posto accanto ad Isabel senza dire una parola, si drizzò in piedi.

«Non ci stai davvero incolpando.» disse quasi come a convincere se stesso.

«Non vi sto incolpando, vi sto semplicemente chiedendo una spiegazione. Chi sono?»

Nessuno dei due aprì bocca. Restavano fermi lì su due piedi, aspettando una qualsiasi mossa da parte nostre, o magari perché non sapevano cosa dire. Isabel sospirò, ormai tornata dal suo stato di trance.
Fece un cenno a Niall col capo, mantenendo un'espressione neutrale, andando nel soggiorno, seguita a ruota dal biondo.

«Dobbiamo parlare.» sospirai, lasciandomi cadere le braccia lungo i fianchi. Stanca ormai di provare tutto quello stress mentale.

«Lo stiamo facendo.» disse semplicemente, tenendo gli occhi fissi nei miei.

«Intendo seriamente, Harry.»

«Non lo sono?»

«Harry, ascolta, ti ho fatto una sola domanda. Conosci ragazze che si chiamano Jessica o Brooklyn? Non lo so, magari ci hai avuto a che fare e hanno preso una sbandata per te o per Niall.» mantenni la calma gesticolando casualmente. Evitando il suo sguardo, non riuscivo a sopportare tutta quella situazione.
Rimase in silenzio per un po', grattandosi la leggera barbetta sul suo mento, riflettendo su quello che gli avevo appena detto, fissando un punto indefinito del soffitto.

«No, non conosco nessuno che si chiami in quel modo.» disse con espressione convinta.

«Non so cosa diamine sta succedendo.» sbuffai crollando sulla sedia, poggiando i gomiti sulle gambe, e prendendomi la testa fra le mani, avvilita.

«Puoi dirmi che cazzo sta succedendo Allyson?» sbottò, senza perdere quel velo di dolcezza nella voce.

«I-io..» sospirai. Aveva il diritto di sapere.
Lentamente si mosse dal suo posto, avvicinandosi a me con cautela. Si inginocchiò, portando le mani sulle mie ginocchia, e puntò gli occhi color smeraldo nei miei. Sembrava così sincero e innocente da sentirmi male.
«Ricordi quella foto che ti mostrai quando..sì, beh..quando-»

«Sì, mi ricordo.» mi incoraggiò.

«Louis è riuscito a risalire ai nomi delle ragazze che hanno mandato quelle foto. Sembrano perseguitarci. Hanno qualcosa a che fare con voi, anche se non ho la più pallida idea di cosa, so solo che questa situazione mi sta uccidendo.» un nodo formatosi in gola mi impedì di proseguire oltre, e mi costrinse a rimanere a fissare inerme, sull'orlo di una crisi isterica il ragazzo bellissimo inginocchiato davanti a me.

Lui sembrò capire con un solo sguardo le mie emozioni. Una mano mi strinse il ginocchio, mentre l'altra arrivò alla mia guancia accaldata, o che almeno io pensavo stesse sul punto di bruciare, e ci strofinò il pollice sopra. Si sporse di poco verso di me, lasciando una distanza di pochi centimetri fra i nostri volti.

«Fidati di me e basta.» queste parole uscirono dalle sue labbra in un sussurro, mentre i suoi occhi viaggiavano dai miei occhi alle mie labbra.

Harry era così. Era complicato, dannatamente sicuro di sé in ogni occasione, giusta o sbagliata che fosse. Era egoista, insensibilmente stronzo, probabilmente diceva più parolacce che cose carine. Ma era anche l'opposto di tutto quello. Era la persona col cuore più grande che avessi mai conosciuto, in tutto quel tempo non aveva fatto altro che mettere gli altri prima di lui, a volta era incomprensibile sì, probabilmente aveva più difetti che pregi. Ma Harry era Harry. Era così spudoratamente lui, con il suo modo di essere contorto e allo stesso tempo affascinante, con le sue carezze delicate e i baci bisognosi. Era insensatamente l'unica cosa di cui avevo bisogno.

Mi sporsi a mia volta, quasi completamente azzerando quella distanza che ci separava.
Ormai i miei occhi erano del tutto schiavi delle sue labbra.

«Sai cosa credo?» sussurrai, consapevole che riusciva a sentirmi.

«Cosa?» le sue mani mi strinsero leggermente le gambe, diminuendo ancora di più la distanza fra i nostri volti.

«Credo di starmi follemente innamorando di te.» E lo dissi così, senza pensarci troppo. Portavo quel peso da talmente tanto che mi era uscito senza nemmeno rendermene conto. Così facilmente che sembrava avessi raccontato una semplice barzelletta.

Ormai i nostri nasi si accarezzavano. Gli occhi socchiusi, sperando solo di colmare definitivamente quei pochi millimetri rimasti. Lui rimase in silenzio, magari metabolizzando quello che gli avevo appena detto. Certo, entrambi sapevamo che c'era qualcosa di forte fra noi, ma non avevamo mai avuto il coraggio per aprirci realmente.

«Ti amo.» furono le uniche parole che uscirono dalla sua bocca. Quelle due semplici parole che scatenarono un'apocalisse nel mio stomaco.

«Da impazzire.» avrei voluto aggiungere. Non lo feci. Perchè nel frattempo eravamo già persi lì, mentre le nostre labbra, baciandosi, si dicevano tutto ciò che non era stato detto in quelle poche parole.
Avremmo trovato una soluzione. Me lo sentivo.
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«Le ho trovate, le due puttanelle.» esultò soddisfatto Niall. Scrivendo a penna l'indirizzo di quelle due ragazze.

«Gli insegnamenti di Louis a quanto pare ti sono serviti a qualcosa, allora.» sorrise soddisfatta Isabel, schioccando un sonoro bacio sulla guancia del ragazzo che la teneva sulle gambe.

«Sei sicuro sia quello giusto?» la voce stanca di Harry interruppe quel momento fra i due.

«Dubiti di me?» Niall si finse offeso, portandosi una mano al petto, suscitando una risatina di Isabel.

«Ho i miei motivi per farlo.» borbottò Harry, alzando gli occhi al cielo.

Eravamo nel soggiorno. Dopo aver raggiunto Niall e Isabel, li avevamo trovati al computer, mentre discutevano su quale fosse il giusto modo per arrivare all'obbiettivo. E alla fine Niall aveva ragione. Incredibile come quella finta testa bionda riuscisse a fare cose così complicate spiegategli una volta sola.
«Non ci resta che scoprirlo.» sentenziò Isabel, gettandomi il cappotto, dopo aver indossato il suo.
E qualche minuto dopo, fummo in macchina.

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Dopo un'ora, eravamo finalmente riusciti a trovare la casa e a nasconderci dietro le mura bianche di questa. Avevamo ben pensato di dividerci, nel caso fossero passate in direzioni diverse. Niall e Isabel sul retro, le porte sul retro sembravano sempre la soluzione migliore. Harry ed io, seduti sull'erbetta del giardino, con la schiena poggiata alla parete, in attesa di qualche rumore che ci indicasse la presenza di qualcuno.

Passò un'altra ora, e noi rimanemmo sempre in quel posto ad aspettare. Harry iniziava ad agitarsi.

«Sapevo non fosse il posto giusto, cazzo.» una pietrina con la quale stava giocando, fu scagliata sul suolo poco lontano dalle nostre gambe.
Poggiò la testa al muro, chiudendo gli occhi e respirando a fondo.

«Magari non sono in casa.» mormorai «fra poco arriveranno.» cercai di tranquillizzarlo, ma le mie parole non fecero altro che irritarlo ancora di più.

La sua mascella si tese, le mani strette in due pugni. Riuscii a notare che ogni parte di lui era tesa, cercando di darsi un contegno.
«Non riesco a capire come faccia a stare dietro a delle vostre fottute paranoie del cazzo, solo perchè non ti fidi di me!» sbottò, la vena sul collo che gli pulsava.

Mi stupii del fatto che riuscissi ad ammirare la sua bellezza anche in quei momenti.

«Io mi fido di te. Cerco solo di-» sospirai cercando di trovare le parole, allungando una mano verso la sua per calmarlo.

«Non dirmi queste stronzate per favore, ho capito tutto. Se entro mezz'ora non lasciamo questo posto io-» venne interrotto da un rumore di tacchi a spillo che calpestavano l'asfalto.

Mi irrigidii. Le nostre dita si sfioravano, e riuscivo a percepire che anche lui fosse nella mia stessa situazione. Immediatamente mi guardò, stringendomi la mano. Lo guardai negli occhi, annuii per poi alzarmi. Lo fece anche lui subito dopo. Era il momento della verità.

«Chi c'è?» una voce squillante ci avvisava che chiunque fosse dall'altra parte non era poi così distante da noi.

Senza lasciarmi la mano, Harry cammino avanti. Con la sua solita sicurezza e con fare protettivo, tenendomi dietro di lui.
Girò l'angolo, a pochi passi dalla misteriosa ragazza, ma si fermò di botto. Si fermò così improvvisamente che urtai contro la sua schiena. Mi sporsi dalla sua spalla, trovando a poca distanza da noi una ragazza minuta. Con un candido vestito bianco. Attillato e corto. Fasciava ogni singola curva perfetta. I capelli mossi scuri le scivolavano lungo le spalle, mentre gli occhi di un tenuo color viola contrastavano con la sua pelle chiara e con le labbra piene e scure. Quella ragazza sembrava così familiare.

Mi aspettai Harry dicesse qualcosa con la sua solita arroganza. Mi aspettavo che lei vedendoci fosse sorpresa, ma non con le lacrime agli occhi.
La guardai senza parole. Gli occhi violacei erano stracolmi di lacrime, il naso iniziò ad arrossarsi appena, mentre la bocca si curvò in una smorfia di tristezza.
Poi passai ad Harry. Aveva gli occhi spalancati. Le labbra serrate in una linea dritta. Ormai aveva lasciato anche la mia mano. Ogni singola parte di lui era tesa.
Come se fosse inchiodato al pavimento, come se provasse a muoversi disperatamente, ma non ci riuscisse in nessun modo. Avrei voluto dire qualcosa. Avrei voluto così tanto riuscire a capire cosa stesse succedendo. Peccato che me ne sarei pentita all'istante, quando la voce rauca di Harry, così forte e profonda, risuonò debole e flebile da essere a malapena udibile.

«Elizabeth.»

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