Chapter fifty-six
Mi catapulto fuori dall'edificio, correndo verso la mia destinazione. Il vento scompiglia i miei capelli e asciuga le lacrime che mi scorrono lungo il viso. Affondo i piedi nella sabbia e sento ritornare l'aria nei polmoni. Rallento la mia corsa e mi dirigo verso un punto isolato della spiaggia.
È questo il bello di vivere a un passo dal mare, puoi correre qui in qualsiasi momento per provare a mettere ordine tra i tuoi pensieri e avere un po' di tranquillità per la tua anima distrutta. È sempre stato un rifugio per me, l'unico posto in cui mi sento in pace con il mondo. Ma oggi anche lui, proprio come il mio cuore, è in tempesta. Non me ne curo, lo amo in ogni sua sfaccettatura e l'unica cosa di cui ho bisogno in questo momento è che il suo rumore sovrasti quello dei miei pensieri.
Prendo posto sulla sabbia, perdendomi nella bellezza del tramonto. Ogni volta è come se fosse la prima, resto sempre incantata da questo spettacolo della natura. I suoi colori, le sue sfumature, fanno sembrare questo panorama un quadro dipinto con cura che ti permettere di cogliere ogni singolo particolare.
Mi ricordo ancora una frase che mi disse mia madre l'anno scorso, in uno dei miei momenti no. Avevo chiuso con il mio ex fidanzato da qualche giorno e la malattia era fuori controllo. Tutta la mia vita sembrava andare a pezzi, ma quella frase mi diede la forza di prendere in mano la situazione e stravolgere tutto. Da quel momento, ricominciai a vivere. Bastò una semplice frase, detta dalla persona più importante della mia vita, a farmi rivedere la luce dopo un buio durato fin troppo a lungo.
«Sii forte come le onde del mare che infrangendosi contro gli scogli, trovano sempre la forza di riprovarci» era una citazione di Jim Morrison, perfettamente adatta a quel momento. Proprio come lo è ora.
Dicono che non importa quante volte cadi, l'importante è che tu riesca a rialzarti sempre, ma io ho perso il conto di quante volte sia caduta negli ultimi anni. E se una volta che hai toccato il fondo, restarci è una scelta, tu prova a cadere da un dirupo e dimmi quanta forza ti rimane, per risalire ancora una volta. Io tutta questa forza non ce l'ho, non più, perché a stento riesco a respirare.
«Becks» sento urlare più volte alle mie spalle, ma non mi giro. Riconoscerei quella voce roca e profonda tra mille altrettanto simili, dal modo in cui reagisce il mio corpo quando siamo a un passo l'una dall'altro. Riesce a captarlo prima ancora della mia mente.
Continua a gridare il mio nome, mentre mi raggiunge. Dopo una manciata di secondi si posiziona davanti a me, torreggiando con la sua altezza.
«Ti sto chiamando, sei diventata sorda per caso?» appoggia le mani ai fianchi, serrando la mascella per il nervosismo.
«No, semplicemente non ho voglia di parlare con te» rispondo acida.
«Che cazzo significa quello che hai detto poco fa?» continua, infischiandosene del mio volere.
«Quello che hai sentito» confermo, alzando il viso verso di lui.
«Non stai più prendendo la pillola?» chiede rabbioso.
La pillola?
«Non l'ho mai presa» dico con fare ovvio.
«Stai scherzando spero» mi rivolge uno sguardo che mi fa raggelare il sangue «Ti ho detto fin da subito che avresti dovuto iniziare a prenderla!»
«Ne abbiamo parlato mezza volta» ribatto, iniziando a capire cosa sia successo «E questo non ti dà il diritto di arrabbiati con me ora, mi sembra che anche tu non abbia più messo il preservativo!» gli faccio notare, alzando di molto il tono della mia voce.
«Perché pensavo che fossi protetta!» sbraita, gesticolando con le mani in aria «Perché non mi hai detto di usare le precauzioni?»
«Vuoi davvero far ricadere tutta la colpa su di me?» mi alzo, spingendolo all'indietro «Abbiamo sbagliato entrambi, abbiamo sottovalutato una cosa importantissima e ora ci assumeremo le conseguenze delle nostre azioni!» gli do un'altra spinta, facendolo vacillare meno di quando avrei voluto.
Siamo stati due stupidi a sottovalutare una cosa del genere, questo tipo incomprensioni non dovrebbero proprio esistere per il rischio che ne comportano. Ci siamo comportati da immaturi e irrespirabili. Ognuno faceva affidamento sull'altro, senza pensare minimamente a ciò che sarebbe potuto succedere.
«Il fatto che tu abbia un ritardo non significa che sei incinta, potrebbe essere causato anche dalla tua...» si interrompe all'istante, non permettendo a quella parola di uscire dalla sua bocca.
«Per la mia cosa Travis?» mi avvicino, sostenendo il suo sguardo «Per la mia malattia?» chiedo con tono di sfida.
«Non intendevo dire quello» prova a giustificarsi, ma ormai è troppo tardi.
«Invece si, ma non fa niente. È la verità, sono malata» ammetto, provando un dolore indescrivibile «Ma tanto tu già lo sapevi, mi hai solo preso in giro per tutto questo tempo».
«Non è così Becks, lasciami spiegare» riesco a vedere la mia espressione dai suoi occhi e stento a riconoscermi, sembro un'altra persona. Sono vuota, distrutta, persa, arrabbiata.
«Stronzate Travis, sono tutte stronzate» ringhio tra i denti «Ma dimmi, riesci ancora a guardarmi ora che sai ogni cosa di me?» lo sorpasso, dandogli una spallata, non riuscendo più a scontrarmi con quegli occhi che sanno leggermi dentro.
Incrocio le braccia al petto, osservando le onde infrangersi sugli scogli più e più volte. Ma la mia visuale viene nuovamente coperta dalla figura alta e massiccia di Travis. Mi afferra saldamente per le spalle, incatenando i nostri sguardi.
«La mia opinione su di te non è cambiata, non smetterò mai di guardarti e pensare che sei un'anima rara» sussurra, con un sincerità che mi procura brividi lungo la schiena «Non so più come farti capire che sei perfetta così come sei. Con tutti i tuoi piccoli difetti, le tue cicatrici, le tue grandi paranoie. Io lo so che c'è della forza in te, devi solo farla uscire fuori e permetterti di brillare come meriti. Sei l'unica luce della mia vita Becks e io ho bisogno di te per combattere le mie tenebre».
«Travis io...» provo a dire, ma mi blocca.
«Non ho finito. Questa assurda idea di spingerti a parlare è stata di Jack, ma ho anche io le mie colpe. Avrei dovuto lasciarti il tuo tempo, avere un po' più di tatto, ma credimi se ti dico che non c'è nessuno che può capirti meglio di me!» le sue parole mi confondono e non glielo nascondo «Tutti i miei problemi sono iniziati all'età di cinque anni. Sono sempre stato un bambino obeso e questo era motivo di ingiustizie da parte dei miei compagni. Non ho mai saputo gestire la situazione nel modo giusto, sfogavo la mia rabbia su di loro e questo non ha fatto altro che rendermi sempre più aggressivo. Allo stesso tempo, però, continuavo a rifugiarmi nel cibo e ad ingrassare a vista d'occhio. I miei genitori hanno provato a mandarmi da uno strizza cervelli, ma non ha funzionato. Erano loro la causa del mio malessere, nel momento in cui hanno capito che il cibo mi faceva stare calmo, mi davano tutto ciò che chiedevo per non essere disturbati» scorgo ancora del dolore in lui, segno che la ferita è ancora aperta.
Questa sua confessione mi lascia sbalordita. Tutto avrei detto di Travis, tranne che in passato fosse stato in sovrappeso. Come hanno potuto i suoi genitori sapere che si facesse del male e non intervenire? Sono consapevoli di essere stati la sua rovina? Tutto questo mi sembra così assurdo. A guardarlo ora mi sembra un Dio greco, scolpito alla perfezione.
«E come ne sei uscito?» domando curiosa, sistemandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
«Non l'ho mai fatto. Ho iniziato a sfogare la mia frustrazione con il basket. È stata la mia ancora di salvezza e lo è ancora tutt'oggi. Passavo ore ad allenarmi e questo mi ha aiutato a perdere peso. Ma nonostante sia passato del tempo, il bambino che c'è in me spesso chiede ancora di uscire per potersi ribellare. Non ho mai risolto veramente le questioni che mi hanno portato ad essere quello che sono oggi, le ho semplicemente messe da parte. So che è sbagliato, ma non voglio più soffrire. Ho imparato a gestire le cose in questo modo e continuerò a farlo finché sarà possibile» è così vulnerabile in questo momento, totalmente distante dal ragazzo che mi urlava contro fino a qualche minuto fa.
Sento dentro di me crescere tanta rabbia nei confronti di queste persone che neppure conosco. Non era altro che un bambino che aveva bisogno di affetto, ma soprattutto di essere capito. Aveva bisogno che i genitori fossero delle presenze forti nella sua vita e non avere la consapevolezza di essere solo un peso per loro. L'hanno lasciato solo a se stesso e ora ne paga le conseguenze. Forse è per questo che non sa amare, perché non sa neppure che cosa significhi essere amato. Mi si stringe il cuore al solo pensiero di quanto abbia sofferto. Ha tanta rabbia dentro che non sa come gestire e se solo qualcuno gli avesse dedicato un po' del tempo che meritava, la sua vita sarebbe stata molto più semplice, ma soprattutto più serena.
«Io non lo sapevo» mi lascio sfuggire.
«Come potevi?» mi sorride dolcemente «Nessuno lo sa».
«Nessuno, nessuno?» chiedo titubante.
«No, solo tu» afferma, accarezzando la mia guancia con le nocche della sua mano destra «Te l'ho detto milioni di volte che sei speciale».
«Si, ma pensavo di essere una qualunque per te» confesso, abbassando lo sguardo per l'imbarazzo.
Nonostante siamo fidanzati, non posso fare a meno di ricordare l'elevato numero di ragazze che Travis ha avuto prima di me. E più volte mi sono chiesta se non mi vedesse proprio come una di loro, una che ha ceduto alla sua bellezza alla prima occasione e che in fondo non ha nulla di diverso dalle altre.
«Non lo saresti neppure se lo volessi» posa l'indice sotto il mio mento, alzandolo verso di sé «Affronteremo tutto questo insieme, intesi?»
Annuisco, non riuscendo a distaccare lo sguardo da quelle iridi che sono come una calamita per me. Perché i suoi occhi, sono l'unica strada che conosco per tornare a casa.
«Io e te?» questa volta sono io che lo chiedo a lui.
«Io e te» ripete, piegandosi sulle ginocchia per prendermi in braccio.
Stringo le mie gambe attorno al suo bacino, mentre le nostre labbra si muovono senza sosta tra di loro. Si volta verso il mare, e inizia a camminare in quella direzione.
«Ma dove vai?» domando, distaccandomi con fatica.
«Non hai voglia di fare un bel bagno?» ghigna divertito.
«Ma il mare è agitato e fa pure freddo» gli faccio notare, ricambiando il suo sorriso contagioso.
«E che ce ne importa?» scrolla le spalle, procedendo verso la riva con passo deciso.
Scuoto la testa incredula, prima di ritornare a baciarlo. Come ogni volta, siamo riusciti a medicarci le ferite a vicenda e questo perché all'amore non ci si abitua mai, riesce a sconvolgerti costantemente.
#Spazio autrice🌹🖤
Ecco spiegato anche il significato della copertina, ci stiamo veramente avvicinando alla fine e tutto sta inziando a prendere sempre più forma. Non so ancora bene quanti capitoli manchino esattamente, ma ci siamo molto vicini. Cosa ne pensate di questa nuova confessione di Travis, lo avreste mai detto?
Take me home è arrivata a più di 11000 visualizzazioni e non me lo sarei mai aspettata, vi ringrazio di cuore per il tempo che dedicate alla mia storia. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e mando un forte abbraccio sia ai veterani che ai nuovi arrivati, senza di voi questa storia non avrebbe senso di esistere! Vi voglio bene.
-Juls.
Profilo Instagram della storia: juls.stories
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