16. La dichiaro in arresto

Era passato circa un mese dal fatidico pomeriggio in cui Klaus Rogers era piombato in casa nostra e, quando a tarda sera era andato via, aveva portato con sé i musi lunghi e le espressioni cupe che per molti giorni avevano albergato sul viso di papà.

I pensieri che l'avevano attanagliato - si erano arrampicati sul suo viso e avevano adombrato i suoi occhi, solitamente allegri e disponibili - non li aveva mai condivisi con noi, nemmeno con la mamma. L'unica cosa che ci era dato sapere era che tutto sembrava essersi risolto.

Almeno fino al Ringraziamento.

Nel periodo in cui eravamo stati ospiti a casa dei nonni insieme a zia Jane e la sua famiglia, papà - a seguito di una telefonata di Klaus - era tornato di nuovo nevrotico e intrattabile. Aveva piluccato appena il tacchino ripieno con grande sdegno della nonna, che preparava quella specialità fin da quando lui e zia Jane erano piccini, e non c'era stato verso di cavargli un cecio di bocca.

Probabilmente una statua sarebbe stata più collaborativa di lui, che invece perseverava nel dire che non stava succedendo nulla e che dovevamo smetterla di stargli addosso. In realtà nessuno gli stava addosso, il che dimostrava che la sua sanità mentale era partita per le Cayman insieme alla sua capacità di giudizio.

Il culmine era stato raggiunto quando aveva anticipato il ritorno in città per costringere l'intera famiglia a partecipare alla festa organizzata dallo studio legale per cui lavorava. Solitamente le famiglie non presenziavano a eventi del genere, riservati ai soci e ai dipendenti dello studio quando si vincevano processi importanti o quando si ottenevano grandi finanziamenti.

Ci avevamo provato a protestare, chiedendo che almeno noi potessimo rimanere dai nonni un giorno in più mentre lui e la mamma sarebbero partiti immediatamente, ma era stato tutto vano. Lucas aveva persino azzardato un «Perché?» senza ottenere alcuna risposta, per cui ci eravamo limitati a metterci in tiro per recarci nella sede del Kolman Team.

Dall'espressione assorta e tesa che gli deturpava il viso, con gli occhi ormai perennemente segnati da profonde occhiaie e l'espressione serena sostituita da una smorfia contriva, avevamo compreso che non poteva essere l'evento a preoccupare in quel modo papà ma doveva esserci qualcos'altro sotto.

Quando poi, arrivati all'ingresso del palazzo, Klaus Rogers l'aveva praticamente braccato e portato via, avevo smesso di temere per la salute mentale di mio padre e avevo iniziato a preoccuparmi per la mia.

Sì, perché se Klaus Rogers era lì, doveva esserci anche Meredith e, con lei da qualche parte, Austin e Kimberly. Non parlavo con lui dal giorno in cui avevamo esposto la tesina di storia a Foster, un lavoro da A+ per cui avevamo ricevuto una immeritata B-, come Amelia aveva sottolineato a chiunque le capitasse a tiro.

In effetti, dopo l'interrogatorio nel salotto di casa, avevo fatto di tutto per evitarlo come la peste. Mi sentivo terribilmente in imbarazzo ricordando le domande che mia sorella gli aveva rivolto e, al solo pensiero di lui che parlava di me con i suoi amici - di loro, sconosciuti, che parlavano di me - mi sentivo avvampare.

Insomma, timida non lo ero mai stata, ma non mi sentivo a mio agio sapendo che altri discutevano di me, specialmente immaginando in quali termini potessero farlo. Quando io e Amy commentavamo i ragazzi, in genere, ci andavamo giù pesante, facendoci prendere la mano. Sperai che fossero meno espliciti della mia gemella, ma ne dubitavo fortemente.
Tutti i miei timori, le elucubrazioni che mi stavano paralizzando sul posto, vennero spazzati via quando notai Austin camminare nella mia direzione con un ampio sorriso a illuminargli il volto. I suoi magnetici occhi blu mi attirarono verso di lui, quasi costringendomi ad andargli incontro mentre anch'io sorridevo di rimando.

Bastarono pochi passi affinché fossimo faccia a faccia ma furono più che sufficienti ad alleggerirmi il cuore, dimostrandomi per l'ennesima volta come il mio benessere sembrava triplicarsi nelle sue vicinanze. Addirittura mi sentii una stupida per aver rimuginato così tanto su un evento che l'aveva scalfito a malapena.

«Ciao Sam» mi salutò con un bacio. Lo schiocco delle labbra sulla mia pelle fu accompagnato dai suoi riccioli biondi che, dispettosi, scivolarono via dal suo orecchio per solleticarmi la guancia e il collo, facendomi sorridere ancora.

Non seppi mai se avrebbe voluto dire qualcosa a proposito dell'ordine restrittivo che mi ero autoimposta per girargli alla larga perché non appena si fu staccato alle sue spalle comparvero Meredith e Kimberly e, quasi in contemporanea, fummo raggiunti dalla mamma e dai miei fratelli.

I convenevoli furono brevi, ci limitammo ai saluti di cortesia, dopodiché le due donne si incamminarono verso gli ascensori parlando in maniera concitata di qualcosa che non compresi mentre noi ci trattenemmo ancora qualche minuto a chiacchierare.

«Dov'è il cibo? Già mi sono rotto le palle» Lucas esordì comunicandoci il suo malcontento e beccandosi, per i suoi modi sgarbati due identiche occhiate ammonitrici.

«Smettetela di guardarmi così, siete inquietanti quando lo fate insieme» ci folgorò, indietreggiando di qualche passo come se davvero avessimo potuto colpirlo.

In effetti con gli occhi non avevamo ancora imparato a uccidere, ma nulla ci vietava di tirargli uno scappellotto. In effetti, la possibilità non era così remota.

«Siete particolarmente belle stasera» disse Austin mentre batteva una pacca sulla spalla di Lucas per sostenerlo in quella sfida persa in partenza contro noi due. Si soffermò appena a guardare i nostri abiti lunghi, differenti solo nel colore - l'uno blu e l'altro nero - dopodiché qualcosa parve attirare la sua attenzione alle nostre spalle.

«Grazie, Austin, ma è lei quella devi adulare» ringraziò Amelia beccandosi una gomitata. Stranamente, e dico stranamente perché stavo per farlo di persona, era stato Lucas a metterla a tacere. Purtroppo non l'aveva fatto per difendere me bensì per attirare l'attenzione di noialtre.

Papà e Klaus Rogers uscirono insieme da un ascensore mentre confabulavano tra loro in maniera fitta e accorata, prestando attenzione alle persone che gli ronzavano intorno. Erano talmente assorti nei loro problemi da non accorgersi della nostra presenza, che eravamo sì distanti ma non abbastanza da farci passare inosservati.

«Chissà cos'è che nascondono...» borbottò Lucas mentre cinque paia di occhi li seguivano, incuriositi e sospettosi circa quella situazioni che non ci quadrava affatto.

«Mio padre sta dando di matto in questi giorni» Austin rafforzò la nostra teoria del complotto, aggiungendo carne al fuoco e raccontandoci di quanto anche Klaus fosse stato particolarmente nevrotico e intrattabile in quei giorni.

«Secondo me ci sono problemi allo studio, ho visto una pratica nel suo ufficio con la scritta Caso Kolman a caratteri cubitali» soffiò Kim flebilmente, aprendo bocca per la prima volta da quando le nostre madri si erano allontanate e ricordandoci della sua presenza.

Era una ragazzina talmente docile e silenziosa che non mi sarei meravigliata troppo di me stessa se avessi dimenticato che fosse con noi e l'avessi involontariamente abbandonata all'ingresso da sola.

A quel punto, comunque, non avevamo motivi per trattenerci ancora all'ingresso, dunque ci incamminammo verso un ascensore per raggiungere l'attico dove si sarebbe svolta la festa.

Non appena le porte si aprirono, Lucas si fiondò sul buffet con l'ardore di un profugo che vede finalmente cibo dopo un lungo digiuno. Amelia lo seguì a ruota, bacchettandolo ogni volta che infrangeva una regola del galateo.

Erano piuttosto comici in effetti: somigliavano a una di quelle vecchie coppie sposate in cui la moglie rimprovera il marito ventiquattro ore su ventiquattro e lui non fa altro che brontolare, ma l'uno senza l'altra non potrebbero mai vivere.

«Fanno sempre così, bisticciano tutto il giorno...» ammisi senza remore mentre Kim si lasciava sfuggire una risatina e anche Austin sorrideva, intenerito dalla scena. Vedere Amelia così corrucciata, presa da qualcuno, era uno spettacolo a cui era concesso di assistere solamente a pochi eletti.

«... e poi succede questo» aggiunsi mentre i miei fratelli tornavano da noi con due espressioni soddisfatte sul viso, Lucas che avvolgeva le spalle di Amelia con un braccio mentre con l'altro reggeva il piatto per entrambi e lei che poggiava amorevolmente la testa sul suo petto.

«Andiamo Kimberly, vieni a fare un giro con noi» Amelia non le diede tempo di rispondere che le afferrò la mano e la trascinò delicatamente via. Ed ecco spiegate le espressioni beate.

C'era sempre da preoccuparsi quando quei due andavano d'amore e d'accordo perché solitamente erano in combutta contro qualcuno. E solitamente quel qualcuno ero io.

«Secondo te hanno bevuto? Faranno ubriacare anche mia sorella?» domandò Austin, un'espressione corrucciata sul viso a causa di quel repentino cambio d'umore, mentre guardavamo le loro schiene allontanarsi per raggiungere i tavoli in fondo alla sala.

«Mi duole ammetterlo, ma sono sobri... e nel pieno delle loro facoltà» biascicai mentre promettevo loro vendetta, meglio se condita di torture lente e dolorose.

In quel momento di sicuro stavano indottrinando la piccola Kim riguardo qualche piano malefico riguardante me e il fratello, magari qualcosa che comprendesse chiuderci a doppia mandata in qualche sgabuzzino della scuola.

Avrei dovuto ricordarmi di spifferare a mamma e papà che l'altra notte Amelia era sgattaiolata via dalla sua stanza senza permesso e che Lucas aveva preso una nota dal professor Foster per essersi fatto beccare a dormire a lezione. In realtà non stava dormendo davvero, ma a lui è bastato il sentore per accusarlo e marchiare il suo curriculum scolastico.

Io e Austin rimanemmo in silenzio per un po', prendendo un paio di stuzzichini dal buffet e intercettando un cameriere con due bicchieri di champagne. Se c'era un merito che dovevo riconoscere a quei ricconi era che, alle loro feste, c'era sempre dell'ottimo vino.

Poco importava che non avessimo l'età per bere, metà della gente in sala era molto più che brilla e nessuno sembrava far caso a due minorenni facevano un brindisi tra loro.

«Allora... che si fa a eventi del genere?» domandò a un certo punto, interrompendo il silenzio. Teneva lo sguardo basso mentre faceva oscillare il bicchiere tra le dita, osservando il liquido frizzantino roteare al suo interno da sotto la coltre di ricci che gli coprivano il viso.

«Beh...» iniziai, sorseggiando un po' del mio drink prima di avere la sua totale attenzione. «Ci si annoia parecchio, si mangia a sbafo, e si applaude a discorsi inutili.»

Come se mi avesse letto nel pensiero, mio padre fece tintinnare il suo bicchiere, proponendo un brindisi che attirò l'attenzione di Klaus e del signor Kolman. Entrambi recuperano i bicchieri e si avvicinarono a lui, facendoli tintinnare anch'essi affinché potessero catturare l'attenzione di più persone possibili.

Fu però un boato assordante e la porta che sbatteva contro il muro a interrompere l'attività degli ospiti, che sussultarono voltandosi verso l'ingresso.

Tutti si irrigidirono sul posto, incerti e spaventati, mentre degli agenti dell'FBI facevano irruzione con i giubbotti antiproiettile e le pistole puntate e si dirigevano al centro della sala, dove si trovavano mio padre, Klaus e il signor Kolman.

Il mio cuore perse un paio di battiti prima di cominciare a pulsare all'impazzata, la tachicardia era tale che lo sentivo rimbombare nella gola, nelle orecchie, nella testa. Senza accorgermene avevo artigliato il braccio di Austin, conficcando le unghie sulla sua camicia e sostenendomi a lui come se non avessi più forza.

Sembrava una situazione surreale, quasi da film dell'orrore. Nella sala era calato il silenzio, persino l'aria pareva immobile, e si udivano solamente le suole dei loro scarponi calpestare all'unisono il pavimento. Infine, uno degli agenti parlò.

«La dichiaro in arresto. Ha il diritto di rimanere in silenzio, tutto ciò che dirà potrà essere usato contro di lei. Ha diritto a un avvocato, se non può permetterselo gliene sarà assegnato uno d'ufficio.»

Finalmente un po' d'azione! Non ve l'aspettavate da una storia così eh 🤓

Chi è l'accusato? Dichiaro aperte le ipotesi 🪄

Vi chiedo scusa per eventuali refusi nel capitolo, non ho avuto tempo di rileggerlo. In effetti sto pubblicando solo perché quella santa di s_lotusflower_ me l'ha ricordato...

A lei vanno i ringraziamenti pubblici perché senza davvero sarei persa (e non perché mi ricorda quando devo pubblicare) 💖

Spero di riuscire a pubblicare la seconda parte entro il fine settimana perché dovrei avere giornate meno intense, vi aggiorno come sempre su Instagram flyerthanwind_ 🦋

Luna Freya Nives

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