Capitolo Sei
Io entrai tra gli ultimi in mensa.
Al mio tavolo c'erano già seduti Milos, Edoardo e Micciarella.
Mi andai a sedere accanto a Micciarella, ma appena mi sedetti, lui si alzò e senza nemmeno guardarmi in faccia andò a sedersi in un altro tavolo, con Pino e gli altri.
"Ma che ha?" Chiesi incredula dal suo atteggiamento, poco prima eravamo attaccati e ora mi evitava.
"Vabbuo è che noi non sapevamo che era tutta preparata quella scenetta, ci eravamo davvero spaventati. Però io sono nella paranza da un po' e quindi lo capisco, questo ed altro per gli affari. Invece lui è ancora nu criatur, non si aspettava che tu fingessi uno stupro per un affare di Ciro." Milos fu diretto e sincero.
Aveva ragione, quella era la versione che gli era stata raccontata ed io agli occhi suoi ero proprio una puttana disposta a tutto per gli affari. Mi misi in silenzio in coda a prendere da mangiare ma invece di tornare a sedermi da loro mi sedetti sola in un tavolino in fondo.
Se non fosse entrato in quel momento mi sarei quasi dimenticata della sua assenza.
Ciro entrò in tutta la sua fierezza e con un sorriso stampato in volto.
Sicuramente la chiacchierata con Pietro era andata molto bene, alzai lo sguardo verso di lui e lo riabbassai immediatamente appena lui mi incrociò con i suoi occhi nero pece ma pieni di vita.
"Ciùciù vie' qua forza!" Indicó il tavolo in cui si era seduto con Milos ed Edo.
Mi alzai controvoglia, sbattei il vassoio sul suo tavolo e mi sedetti accanto a Milos.
"Crè che succier? Non sei felice? Pietro è fier i te e dice ca fuor i ca ha grandi progetti per te."
"Quali e' Ci? Famm annà cu tutt chell cu cui tien un impiccio?" Battei il pugno sul tavolo e lo guardai aggressiva.
Edoardo mi fece cenno di calmarmi e Milos mi guardò sbigottito ed anche un po' preoccupato per la reazione imminente di Ciro.
"O' nennè porta rispetto! Annanz a tutti nu me può parlá accussì!"
Mi alzai e infastidita uscì dalla mensa senza nemmeno dare retta a Beppe che mi diceva di non uscire.
"Ciùciù ja forz! Andiamo in cella a parlare!"
Lo seguì in cella, da come aveva inarcato il sopracciglio capivo che era incazzato e non poco.
Una volta arrivati chiuse la porta e mi fece cenno di sedersi, io lo feci e lui si sedette su una sedia posizionandosi di fronte a me.
"Che succede ah? Non hai parlato con Edo? Non ti ha spiegato perché abbiamo agito così?"
"Si..."
"E allora perché ti stai comportando così?"
"Perché dici sempre che sono sort e poi? Mi lasci violentare e lo giustifichi pure! E se fosse stata Rosa al posto mio? Tu e Pietro non lo avreste mai permesso! Ti sei approfittato di me!"
"Non ti permettere proprio! Patm t'ha voluto bene come na figlia, tutto quello che dava a noi cercava di darlo a te! Ti amiamo, sei mia sorella! Ma cosa pensi che posso mettere scuorno alla famiglia mia e dire che ho lasciato violentare una ragazzina! In questo modo ne traiamo entrambi vantaggio."
Non era così, l'unico ad averne tratto beneficio era Mimmo. Era lui che alla fine aveva preso solo quattro mazzate ma mi aveva violentato.
Doveva morire, ero schifata da quell'essere.
"Vabbuo Ci' se non ci pensi tu troverò qualcun altro che mi faccia vendicare di Mimmo."
Mi alzai per andarmene ma mi afferrò dal polso.
"Giaduzza mia niente tarantelle dentro al carcere. Te la faccio avere io la tua vendetta ma fuori di qua. Appena st'infame esce ci penserò a farlo accir."
Lo sapevo che forse non mi dovevo fidare più di Ciro e dei Ricci, ma alla fine erano tutto quello che mi era rimasto come famiglia.
"Ciro promettimelo? Promettimi che se dovesse riprovarci sto schifoso lo uccidi pure qua dentro."
"Vedi che non si azzarderebbe mai più, l'ha capito."
"Ciro promettimi che non mi accadrá più nulla qui dentro, sotto la tua protezione."
Lui mi guardò a lungo per poi alzarsi e abbracciarmi.
"Ciùciù te lo prometto. Niente più tarantelle per te, voglio che stai serena. Lo dirò pure a Pietro, niente più affari per te finché non sarai pronta."
Lo baciai sulla guancia e lo ringraziai.
"Ora possiamo tornare dagli altri?"
"Tu scendi, io mi devo cambiare, metto qualcosa per far capire che song na Ricci e arrivo."
Lui annuì sorridendomi e mi lasciò sola.
Aprì il mio borsone, mi faceva ridere la cosa, ancora non lo avevo svuotato; presi una gonna di jeans che arrivava al ginocchio, una maglia bianca leggermente trasparente e mi cambiai.
Legai i capelli in una coda alta e scesi a raggiungere gli altri.
"Ciuciu! Ma che mi combini, accussì t'agg proteggere da tutti!" Rise un po' Ciro, stringendomi a lui, dal quale mi scostai essendo tutto sudato dato che stava giocando a calcio.
Entrammo nel campetto e ci sedemmo assieme su una panchina.
Avevo gli occhi di molti addosso.
Tutti stavano giocando ed io incitai Ciro ad andare con gli altri, ma lui non voleva lasciarmi sola.
"Cirù va a pazziá, stong i cu ess." Edoardo si sedette al posto di Ciro, dandogli il cambio come se fossi una bambina.
"Vedi che non ho bisogno che stiate con me, me la cavo e se ho bisogno vi chiamo."
Gli diedi un bacio sulla guancia e lo spinsi giù dalla panchina.
"Nun poss pccrè, guarda come ti stann mangiann cu l'uocchi tutti." Si risedette sulla la panchina e mi afferrò dal braccio tirandomi a se.
"Ja ma che fai Edoá."
"Sal ngopp a me, forza ascoltami fidati. Ci!" Fischiò a Ciro e tutto il gruppo si avvicinò. Io mi sedetti su di lui, non capivo cosa stesse succedendo, ma appena mi sedetti su di lui vidi il gruppetto dei ragazzi neri che si avvicinavano.
Edoardo strinse il suo braccio sulla mia vita, il suo sguardo divenne teso, Ciro si sedette accanto a noi si accerchiarono dobermann, Cucciolo e Micciarella.
Tutti i loro visi erano molto tesi, non capivo.
"Pccrè mo mi devi reggere il gioco."
Annuì, non sapevo nemmeno che gioco dovevo reggere ma mi fidavo ciecamente di lui e Ciro in quel momento.
"Comm'è bella la ragazza vostra... sappiamo che gli avete già fatto fare un giro nel gruppo dei Di Salvo, possiamo approfittare anche noi di questa gentilezza? Abbiamo qualcosa da darvi in cambio ovviamente."
Edoardo mi strinse maggiormente a se; Ciro parò un braccio davanti a me, Dobberman e Cucciolo si strinsero su di me ed Edoardo e Micciarella passò avanti accanto a Ciro che si era sollevato.
"Questa non è una femmina del vostro calibro, lasciate perdere."
"Secondo me si divertirebbe molto con noi, non è vero piccola?"
Io mi strinsi ad Edo un po' spaventate.
"Mo pccrè vasm, digli ca song i l'omm tuo."
Avrei ferito Micciarella, avrei rovinato la vita ad Edoardo e poi Ciro? Sarebbe stato d'accordo? Ma non avevo altra scelta mi girai verso Edoardo e lo baciai. La sua mano mi stringeva il fianco e ricambiava il bacio.
"Mo tien n'omm al suo fianco." Disse Edoardo.
"Avete visto? Deve essere chiaro a tutti!" Ciro si alzò in piedi sulla panca e proseguì "da oggi è cosa di Edoardo e nisciun l'á guardare, si nun vulit fa a fine del caro Mimmuzzo."
Tutti si allontanarono, lasciandoci soli.
"Guagliù di sta cosa ne parliamo arop in cella. Mo jamm a pazziá!"
Tutti si alzarono e rimanemmo io ed Edoardo.
"Pccrè mo stamm assieme, dobbiamo accordarci su delle cose, devi diventare la mia donna, ho bisogno di una donna con tutti i punti giusti. Mi stai seguendo si?"
Aveva ragione, ora non potevamo tornare più indietro.
"Certo Edo, non preoccuparti dopo in cella ne parliamo bene."
Lui si mise a fumare ed io mi misi a guardare gli altri giocare a pallone.
Immaginavo come doveva esserci rimasto male Micciarella e come adesso tutto sarebbe cambiato per me.
Ero ufficialmente di Edoardo Conte.
La compagna di uno dei futuri boss di Napoli.
Ero spaventata solo all'idea, ero preoccupata per me stessa perché non sapevo come comportarmi con Edoardo, si lo amavo ma forse più come un fratello che come uomo.
Nessuno di noi due parlò per il resto del tempo, io rimasi in braccio a lui, guardandomi attorno e lui rimase con lo sguardo fisso e serio sui ragazzi di prima, fumando una sigaretta.
"Guagliù forza in sala ricreativa!"
Finalmente ci riunivano con le ragazze e potevo guardare la mia amata Silvietta.
"Arò vai?"
Edoardo non mi si scollava, appena avevo provato a sollevarmi mi aveva bloccata.
"In sala ricreativa, vado da Silvia."
"No Gia, amma parlà. Jamm rint a cell nuje."
Ma non potevamo parlare dopo? Che pesantezza.
Mi sollevai e mano nella mano ci incamminammo verso le celle, da soli, senza nessun altro.
"Edo ma non possiamo parlarne dopo? Pure con gli altri?"
Non mi rispose nemmeno continuò a camminare.
Una volta arrivati in cella mi fece sennò di sedermi, chiuse le porte alle sue spalle e si sedette accanto a me.
Ed ora sì che iniziavano le vere tarantelle.
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