Cap 2
Yunho POV
«É arrivato?»
«No, non ancora.»
Sospirai e congedai il servitore di mia madre o meglio il suo schiavo.
Ero tornato da due giorni, dopo un lungo viaggio, da un villaggio lontano.
Avevo portato ciò che potevo offrire ed ero ritornato a casa con diversi tessuti e gioielli preziosi del luogo.
Nel Regno ero uno dei mercanti più ricchi ed anche temuto. La mia generazione lo era: mio padre, mio nonno, il padre di mio nonno... Nessuno era mai stato sottovalutato e, la maggior parte dell'economia del Regno, andava avanti grazie alla famiglia Jung.
Stavo ancora attendendo che arrivasse ciò che aspettavo da tempo, almeno la risposta da qualche messaggero o schiavo che sia uscito per la città, ma nulla, a parte il ritorno dello schiavo di mia madre, Kyuhun.
«Mio Signore, non hanno sentito ancora nulla. Il mercante di schiavi sta ritardando oggi. Ma se asp-...»
«Non importa, vai pure.»
Quello era uno delle cose che non tolleravo molto. Jaejoong mi aveva promesso che avrebbe trovato uno schiavo adatto a me, per me, ma i giorni erano passati ed eravamo quasi alla quarta giornata di riposo.
Kyuhyun si inchinò ed usci dalla mia stanza, chiudendo la porta.
«Meglio se vada direttamente.»
Avevo anche imparato che, se vuoi che le cose vadano veramente bene, te ne dovevi occupare personalmente e non gli altri.
Mia madre aveva insistito tanto che ci andasse uno dei suoi servi, visto che per lei ero stanco e non potevo dire di no.
Lasciai la mia camera, vestito e pronto per uscire, ma andai prima da mia madre.
Dalla scomparsa di mio padre, non usciva molto di casa, se non per andare al mercato e sorvegliare alcuni affari, mentre io ero via.
Mi fermai davanti alla sua porta e bussai.
Due colpi.
«Avanti.»
Entrai nella sua stanza. Era grande e decorata con motivi antichi ed arredata con mobili dello stesso valore e di lusso.
Lei era in piedi davanti alla grande finestra che dava al giardino pieno di fiori e rose, soprattutto rose rosse e bianche. Mi avvicinai e mi fermai a pochi passi da lei, facendo un piccolo inchino.
«Buongiorno madre. Ha riposato bene?»
Era una donna sui cinquanta anni, ma ne dimostrava trentotto da quella sua bellezza. Il viso minuto e candido e i capelli neri, raccolti in una treccia lunga e ben sistemata, che le arrivava alle spalle.
Mi guardò, accennando un sorriso.
«Dal abito azzurro che indosso, direi di si, figlio mio.»
Aveva un abito azzurro con dei ricami bianchi sul colletto e sulle maniche. Abito costoso che le donai dopo uno dei miei viaggi.
«Le sta d'incanto.»
«Ti ringrazio. Ma come mai nelle mie stanze?»
«Sono venuto a dirle che sto uscendo. Jaejoong tarda nel trovare ciò che mi spetta e preferisco andare personalmente a vedere dove sia il mercante adesso.»
«Siete stanco. Andateci domani.»
«No, madre. Domani non ci sarà, visto che di solito è oggi che mostra la sua mercanzia. E vorrei anche che mantenesse la parola data.»
Anche Jaejoong era un uomo ricco, ma aveva avuto diversi problemi con la legge e lo aiutai. E mi aspettavo, come aveva detto, che ricambiasse il favore.
«Come desideri, figliolo.»
Non aggiunse altro e, dopo un altro inchino, mi congedai ed uscì dalla lussuosa stanza.
Le cameriere e alcuni schiavi si inchinavano al mio passaggio.
«La scorterò io, signorino.»
Kyun era sempre lì e non potevo dire di no. Accettai che mi accompagnasse, finché un altro degli schiavi di mia madre non mi fermò davanti alla porta, prima che uscissi.
«Signorino, c'è il calzolaio con le sue scarpe riparate.»
«Dite a mia madre di pagarlo e di lasciare le scarpe nelle mie camere.»
«Mio signore è proprio qui e potreste rimettere le vostre scarpe preferite.»
Sospirai.
«Conducilo qui.»
Lo schiavo si inchinò e sparì, ricomparendo poco dopo con un ragazzo alto e di bell'aspetto. Per un attimo pensai fosse il figlio di qualche soldato, ma da come camminava e dai suoi modi abbastanza goffi, fecero affondare la mia idea.
Si fermò e mi scrutò, come se avesse visto qualcosa di nuovo.
«Ebbene?»
Dissi rompendo quel silenzio e facendogli distogliere lo sguardo. Si avvicinò e mi porse le scarpe che avevo mandato a riparare. Erano come nuove, un lavoro eccellente.
Cercai di non apparire sorpreso, del resto non era nulla di che.
«Vi ringrazio, ha fatto un ottimo lavoro.»
Uno dei servi prese le scarpe e le posò ai miei piedi.
Tolsi quelle che avevo indossato e misi le mie. Perfette. Non potevo che sorridere soddisfatto.
«I miei più cari complimenti al calzolaio.»
Feci un cenno a Kyu che prese un sacchetto con dei soldi e lo porse al ragazzo.
Lui li prese ed inchinò il capo.
«La ringrazio, mio signore e riferirò le sue parole.»
«A voi per l'ottimo lavoro.»
Lo congedai e lui se ne andò.
Incalzate erano perfette, come se solo mani esperte avessero potuto ripararle, renderle nuove e non avevo mai visto nessuno riuscire così nel suo lavoro alla perfezione.
Non mi divulgai molto in quei pensieri, ad ognuno il suo lavoro e, una volta fuori, salì sulla carrozza, seguito da Kyu.
I cavalli vennero spronati a partire e si misero in marcia, verso il centro del villaggio. La gente prendeva il loro posto di lavoro, man mano che i minuti passavano.
I profumi che invadevano la carrozza erano molti e familiari. Kyu era al mio fianco e teneva la testa appena bassa, guardando di tanto in tanto fuori.
Anche lui era stato comprato, non per pietà, non per bontà, ma solo per eseguire il suo lavoro: servire i più potenti.
«Hai visto qualcosa?»
Chiesi senza guardarlo e giocherellando con un sacchetto di monete.
Lui tenne il viso basso, ma i suoi occhi erano posati sul mio viso, lo percepivo.
«No, mio signore, nulla.»
Chissà se rimpiangeva il suo vecchio stato sociale o la sua famiglia che non lo aveva mai cercato.
«Bene.»
Dissi, ritornando nel mio silenzio osservatore.
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Il mercato brulicava di gente di ogni età e di alte voci che esponevano le loro mercanzie, accompagnate dai loro odori e profumi.
Quel posto era un luogo dove i poveri compravano o scambiavano beni con i loro simili.
Tirai su il cappuccio, avvolto in un mantello leggero, affiancato da Kyu che, in quel momento, aveva lo sguardo perso sulle merci esposte sulle bancherelle.
"Gioielli" grezzi, abiti fatti a mano ma con stoffa scadente, pesce, selvaggina, frutta e verdura. Erano questi i beni di cui disponeva la piazza brulicante di mercanti.
Camminai senza badare molto alle bancarelle e scansai un gruppetto di bambini che correvano urlanti e allegri, evitando e sfuggendo dalle loro madri.
Svoltai un vicolo e mi ritrovai in un'altra strada, piena di bancarelle, ma con le solite cose.
Più in là, c'era una piccola capanna chiusa con una grande carrozza di legno che veniva utilizzato per portare gli animali.
Era lì che mi stavo dirigendo.
Mi guardai attorno prima di entrare, seguito da Kyu e la porta si richiuse dietro di noi.
Quel luogo era pieno di lamenti ed il corridoio era fiancheggiato da delle piccole celle da ambedue i lati.
Prigionieri di guerra, ragazze e ragazzi venduti dai loro stessi familiari per ripagare debiti accumulati.
Non mostrai interesse verso di loro, mentre si avvicinavano alle sbarre di legno chiedendo aiuto e pietà. Kyu sembrava nervoso, ma era anche ovvio, lui era stato lì.
Arrivai alla fine del corridoio e bussai alla porta di legno massiccio chiusa.
«AVANTI!»
Kyu aprì la porta e fece un inchino, lasciandomi passare per primo.
Quella stanza non era molto arredata: una scrivania, un piccolo armadietto e due poltrone vicino ai quali stava un tavolino con una bottiglia di vino.
Jaejoong era seduto sulla poltrona, una pipa in bocca e i capelli legati in una lunga coda nera. Aveva un lungo abito blu simile alla notte.
Chiunque lo avesse visto, lo avrebbe scambiato per una nobile donna.
I suoi occhi si posarono su di noi, mentre avanzavo e mi fermai davanti al tavolino, affiancato da Kyu.
Buttò fuori un po' di fumo per poi posare la pipa accesa sulla scrivania ed accogliermi con un ampio sorriso.
«Yunho! Il mio vecchio compare! Lo sapevo che ti mancavo e sei gentile a venire fin qui per farmi visita.»
Si avvicinò, posando lo sguardo su Kyu. Sembrava quasi lo esaminasse, gli occhi pieni di malizia che non nascondeva mai.
Correva voce che alcuni schiavi venivano violentati da lui, solo per il puro gusto di divertimento e, come diceva, per metterli in "riga" e far capire loro chi comandava.
«Jae. Penso che tu sappia ciò che mi manca. Sei sparito da molto, dopo l'ultimo aiuto che ti offri. Hai un debito e spero tu lo ripaghi.»
«Kyuhyun, guarda un po' come sei diventato... attraente. La famiglia Jung ti tratta bene a quanto vedo.»
Jae non mi calcolò ed alzò una mano, accarezzando la guancia di Kyu che rimase immobile, anche se notavo che tremava leggermente.
Alzai una mano e presi il polso di Jae, abbassandolo.
«Mi hai ascoltato?»
Ero serio, mentre lo sguardo di Jae si posò sul mio viso.
«Si, ho ascoltato e sai che ripagherò il mio debito, ma...»
«Ma...?»
Lasciai la presa dal suo polso e non spostai lo sguardo dal suo, attendendo che continuasse.
«Ma sono dispiaciuto nel dire che...»
Jaejoong venne interrotto dallo spalancare violento di una porta secondaria da cui uscì un ragazzo giovane e mal messo che, scappando da alcuni aguzzini di Jae, mi finì addosso.
Si era quasi aggrappato a me e, quei brandelli, coprivano appena il corpo slacciato ed alto, snello... sinuoso.
I suoi occhi incontrarono i miei, grandi e spaventati, come quelli di un cerbiatto che cercava di scappare dai cacciatori, ma che finiva inconsapevolmente tra le fauci di un lupo.
Il tempo sembrò fermarsi, in quel attimo in cui i suoi occhi supplicavano aiuto, dove entrarono pure gli aguzzini di Jae, sbraitando con delle fruste in mano agitandole per la stanza e Kyu fece un passo indietro, spaventato da quei due omoni, mentre Jae rimase sbalordito e sorpreso da quella interruzione.
«... Sei dispiaciuto che sia arrivato prima che me lo portassi a casa.»
Finì io, guardando il giovane cerbiatto arrivato e stringendolo con un braccio al mio corpo.
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