Cap 16
Note autrice
Ebbene sì, ho pensato di dedicare un capitolo anche al caro Siwon.
Almeno capiremo come sia fatto davvero e che è, in realtà un... Beh, sta a voi scoprirlo leggendo. E colgo anche l'occasione per ringraziare tutti voi che state leggendo la fanfiction. ❤
Siwon Pov
Non avevo la minima idea di arrendermi. Se quell'essere mi avesse ucciso, ben venga.
Avevo fatto un grandissimo torto all'unica persona a me cara, rendendola schiava di una persona così perfida e senza cuore.
Dopo essere stato buttato fuori senza muovere nemmeno un muscolo, la mia testa iniziò ad escogitare un modo per liberarlo dalle mani di quel mercante.
Avevo scoperto dalla famiglia del riscatto, ma non avevo osato dir loro che, dietro a tutto questo, c'era stato anche un mio aiuto.
« Ho commesso io l'errore e io devo rimediare. »
Iniziai a camminare lungo le strade del villaggio, incurante degli sguardi delle persone che mi osservavano per via delle ferite che avevo sul viso.
Dovevo rimediare e sapevo chi poteva aiutarmi in questo momento.
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Mi ritrovai davanti al grande cancello della dimora. Avevo messo solo piede una volta sola, solamente per lasciare le scarpe che Changmin aveva riparato al proprietario e non avevo più fatto ritorno.
Il mercante di schiavi mi rivelò dove era Changmin e, grazie anche alla sua famiglia, compresi che Min non era schiavo di quell'uomo. Era trattato con gentilezza e protetto e gli avevano anche concesso l'istruzione alla lettura e scrittura, cosa che Min aveva sempre desiderato, ma che non aveva potuto terminare, rimanendo analfabeta per provvedere alla famiglia.
Posai le mani su quel ferro freddo, facendomi scorgere da alcune guardie della casa che vigilavano in quell'ora.
« Chi siete? Cosa volete? »
Ricordavo bene le loro facce. Erano gli stessi che mi aprirono i cancelli quando venni per consegnare le scarpe del loro padrone.
« Sono il calzolaio del villaggio. Vi prego, aprite i cancelli. Ho un messaggio urgente da dare al vostro signore. »
I due uomini si guardarono tra di loro e si avvicinarono senza aprire.
« E cosa avresti d'urgente da chiedere, calzolaio? Non ti hanno pagato abbastanza? » avevano notato che non avevo nulla da consegnare e che ero anche mal messo.
« Non è come pensate, ma vi prego, aprite questi cancelli. »
« Non penso che possiamo accontentarti. Sparisci e non recare disturbo al nostro signore. »
« Ma vi ho appena detto che ho un messaggio urgente da riferirgli! »
Per la rabbia, scossi i ferri, facendo avanzare le due guardie con i loro bastoni. Ero una persona abbastanza calma, ma quando c'era qualcosa di importante o grave in mezzo, tutto il mio autocontrollo spariva.
« Se non lasci i cancelli e non sparisci, ti arresteremo per insistenza e danni al ben- » la guardia che stava parlando si interruppe, sentendo la voce di qualcuno che si avvicinava ai cancelli, qualcuno che aveva una posizione più alta di loro.
« Cosa state facendo? Quest'uomo è qui per ordine del Padrone. Lasciatelo entrare. »
A proferire quelle parole era un ragazzo curato e ben nutrito con una veste un po' malandata, ma che aveva qualcosa in più da fermare i due uomini.
« Dici? Non ci era giunta voce che sarebbe arrivato qualcuno. »
« Non tutto corre nella casa, vi ricordo. Ora lasciatelo entrare. »
I due uomini non dissero altro, limitandosi ad aprire i cancelli e lasciarmi entrare.
Non conoscevo quel ragazzo, ma probabilmente era stato mandato da qualcuno di davvero alto per avermi permesso di entrare con quella bugia. Aveva il viso un po' paffuto e gli occhi grandi e, da come era vestito, potevo immaginare che forse era uno schiavo o uno dei servitori di quella grande casa.
« Seguimi. Il Padrone vi attende. »
Non mi diede modo di dirgli nemmeno grazie che si voltò e mi invitò a seguirlo, camminando davanti a me per mostrarmi la strada.
Lo seguii, guardando i due uomini che avevano persino smesso di guardarmi con il loro sguardo da superiorità.
Il ragazzo davanti a me continuò a camminare senza fermarsi, salendo i pochi gradini che separava la porta dal giardino che avevamo percorso. Solo una volta arrivato alla porta e con la mano posata sul pomello, si voltò verso la mia direzione, mentre salivo giusto gli ultimi due gradini per raggiungerlo.
« Dovresti prima medicarti quel labbro. Rischi di averlo gonfio, dopo e Changmin non se lo perdonerebbe. »
« Sapete di Changmin? Lo conoscete? » domandai, continuando a guardare quel ragazzo davanti a me, evidentemente aveva la stessa età di Changmin dalla sua corporatura e dalla sua pelle gioviale.
« È mio amico. E posso dedurre che tu sei Siwon, giusto? » accennò un piccolo sorriso, mentre annuì e fu allora che aprì la porta, entrando nell'ingresso che già conoscevo.
Mi avviai con lui fino ad una scala che portava verso le cantine, ma non erano le cantine, bensì gli alloggi degli schiavi di quella casa e dei servitori. Era un corridoio un po' lungo, con alcune porte alla destra e sinistra. Almeno, in quel posto, c'era un bel calduccio ed alcune stanze disponevano di letti e non di paglia dove dormivo io.
« Entra qui. Vado a prendere dell'acqua e della pomata. Il Padrone sarà a casa a momenti, dato che è andato a parlare con la Padrona. » disse, aprendo una porta che rivelò dietro una stanza con un letto, un armadio ed una scrivania dove c'erano alcuni fogli riposti in modo ordinato.
« La ringrazio, ma... Sarei scortese se le chiedessi il nome, visto che sa già il mio? » domandai, una volta entrato e voltandomi verso di lui, ancora vicino alla porta e fuori dalla stanza.
« Dammi pure del tu, hyung e no. Mi chiamo Khyuhyun. »
« Khyhyun... » ripetei, constatando che quel nome aveva una dolce melodia al solo pronunciarlo.
« Nae. E ora vado a prendere le cose. Tu puoi accomodarti sul letto, torno subito. »
Khyhyun richiuse la porta dietro di sé, dopo avermi rivolto un sorriso e io mi ritrovai da solo in quella camera piccola, ma ordinata. Iniziai ad osservarmi attorno, pensando che gli schiavi di questa casa non vivevano così male, eccetto l'avere la libertà negata e dover lavorare e servire il proprio padrone in ogni maniera, ma sul fatto di vitto ed alloggio, avevano quel poco di confort in più a noi negato.
Camminai attorno a quella stanza e notai una piccola finestra in alto sull'angolo che mostrava il giardino. Era rettangolare e piccola, giusto per far filtrare un po' di luce ed aria. I miei passi mi portarono davanti alla scrivania e non riuscì a non posare lo sguardo sui fogli che erano sistemati sulla sua superficie.
Incuriosito, spostai alcune di queste e notai alcuni disegni che mi lasciarono senza parole per quanto fossero realistici. Alcune di queste raffiguravano la natura ed i servi a lavoro nella casa, mentre due rappresentavano Changmin da solo e poi in compagnia di un uomo, il signore a cui avevo consegnato le scarpe.
Quindi era lui Yunho.
In quel disegno percepivo negli occhi di Changmin e in quelli dell'uomo una luce che Khyhyun era riuscito a catturare e riportare su quel foglio bianco.
Una luce che sapeva di amore e di desiderio puro.
« Ma... Cosa... Cosa fai? » mi ero così immerso nel disegno che non mi accorsi che il padrone di quella camera fosse rientrato con una piccola bacinella d'acqua in una mano e nell'altra una piccola pomata per le ferite. Mi guardò con i suoi occhi sorpresi per il mio gesto maleducato e dovetti rimettere i foglio a posto e spostare veloce la mano.
« Perdonami, avevo notato qualcosa e... »
« Ti eri incuriosito tanto da guardare tutti i miei disegni, eh? » concluse lui, chiudendo la porta ed avvicinandosi al letto, dove si sedette e mi fece cenno di prendere posto al suo fianco.
Sospirai con un po' di imbarazzo e mi avvicinai per accomodarmi vicino a lui e guardarlo, lasciando che iniziasse a pulire e medicare quel mio viso e labbro.
« Sei stato dal mercante di schiavi, vero? » chiese, rompendo il silenzio e tamponando con delicatezza un favoletta umido all'angolo delle mie labbra. I suoi tocchi erano molto delicati, simili a quelli di mia madre quando, da piccolo, mi medicava ogni volta che cadevo e tornavo a casa con qualche ginocchio sbucciato od il labbro spaccato per le zuffe con gli altri bambini.
« Nae... Ho sentito che Changmin era lì e... »
« E pensavi di liberarlo così? Jaejoong non si lascia mai scappare qualcuno in modo così facile. È già un miracolo che ti abbia lasciato andare e non ti abbia tenuto con lui e venduto come schiavo. È stato anche così meschino da... Da usare la famiglia di Changmin per portarlo fuori di qui, proprio quando il padrone era in viaggio per affari. »
Lo guardai, scorgendo il suo sguardo lucido di chi stava per piangere.
« Non so nemmeno come abbia fatto Jaejoong a scoprire dove vivesse la sua famiglia... Quel lurido... »
Sentì una morsa allo stomaco alle sue parole, ma stetti in silenzio, preparandomi alla pomata che aveva preso in mano.
« La colpa... È solo mia... » il cattivo senso mi disse di tacere, ma quello buono mi consigliò di dirlo. In ogni caso, Khyhyun l'avrebbe scoperto, quando lo avrei detto a Yunho.
Il ragazzo si fermò, trattenendo la mano a mezza aria con quel piccolo unguento sull'indice, ma poi si mosse ed iniziò a passare delicato quella pomata sulla mia ferita lavata e pulita.
« Quindi l'hai tradito? E cosa ti ha dato in cambio, il mercante di schiavi? »
« Non l'ho tradito. » bloccai la sua mano, tenendo per un polso e guardandolo furente negli occhi. Non sembro intimorito, ma sostenne il mio sguardo con i suoi occhi castani e profondi.
« Quel farabutto mentì dicendo che l'avrebbe liberato e riportato a casa. Che stava male e doveva parlare con la sua famiglia. Mi ha ingannato, Khyhyun. »
Ed era vero. Aveva ingannato tutti noi per arrivare a lui in quel momento senza la protezione del suo padrone.
Khyuhyun continuò a scrutarmi con i suoi occhi, spostando infine lo sguardo sulla mia mano e lasciai la presa, spostando lo sguardo altrove. Le sue dita tornarono nuovamente a medicare le mie labbra ed iniziò a parlare piano.
« Da come l'hai detto, non mi resta che crederti. È sei qui per dirlo al padrone? Sai che non sarà clemente... »
« Sono pronto anche a questo, pur di pagare il mio errore per la mia stupidità. Vorrei solo che qualcuno lo liberi... E non ho altri se non questo tuo padrone. » dovetti ammettere, serrando le mani in pugni.
Lui finì di medicarmi e spostò la bacinella e l'unguento per terra, liberando le proprie gambe da quel peso.
« Spero per te che non ti punisca, anche se... Lo dubito. Sei venuto di tua volontà e non l'hai fatto apposta. Il padrone non è come sua madre, anche se comincio a pensare che ci sia anche la mano della mia Padrona in mezzo. » assunse un'aria pensierosa e guardò l'acqua con il fazzoletto sporco di sangue che galleggiava sulla sua superficie, mentre tornai ad osservarlo.
« Come fai a dirlo? »
« Lei non ha mai amato la presenza di Changmin qui. Penso che temesse che il padrone si innamori di lui... Ma è successo e non può più fare nulla. Almeno... È ciò che penso. »
Spostò i suoi occhi sul tavolo, alzandosi per recuperare il disegno che raffigurava Changmin e Yunho.
« Lei è molto diversa da suo figlio... »
« Tu sei per caso... Il suo... »
« Nae, sono il suo schiavo personale. Anche io, prima di venire qui, ero stato dal mercante di schiavi, da Jaejoong... Mi umiliò e fece di me ciò che voleva, finché non venni comprato da questa famiglia. Però non posso lamentarmi... Qui non vengo... »
Si fermò, mordendosi il labbro e capì a cosa si riferisse. Mi alzai, raggiungendolo ed avvolgendo le braccia al suo corpo, in un abbraccio silenzioso così che potesse sfogarsi.
« Non ci pensare... » l'avvenimento di prima, mescolato a quello di ora doveva avergli dato un brutto colpo e, da com'era, doveva essere una persona davvero sensibile.
Si rifugiò fra le mie braccia, reggendo il disegno con una mano e singhiozzando con il viso posato sul mio petto.
« Se stesse facendo lo stesso a Changmin... Io... Io... »
« Ehi... Non accadrà. Sono venuto prima qui per chiedere aiuto e lo tireremo fuori da lì. Dobbiamo. » cercai di calmarlo con quelle parole, ma nemmeno io ero così sicuro. In quel lasso di tempo, quel bastardo poteva fare tutto ciò che voleva con Min, ma non volevo pensarci e dovevo essere forte.
Forte anche per poter affrontare e parlare con Yunho e trovare con lui un modo per portar fuori Changmin da quel covo.
Khyuhyun si spostò, tirando su con il naso ed asciugandolo con la manica della sua veste.
« Hai ragione... Scusami... » sussurrò, voltandosi per posare quel foglio sugli altri e cercando di calmarsi. Probabilmente non era riuscito a sfogarsi con qualcuno e quello era stato il momento in cui si era lasciato andare.
« Sai... Che sei bravo a disegnare? Dovresti provare a ritrarre qualcosa del nostro villaggio. Penso rimarrà per sempre nella storia. » iniziai a dire, per distrarre quel giovane ragazzo dai suoi pensieri.
« Dici...? Non potrei uscire da qui... Ma vorrei poter mettere sul foglio quei momenti in cui riesco ad andare al mercato. »
« E perché non ci provi? Non è detto... Magari un giorno potrò portarti in un posto dove potrai disegnare serenamente... » dissi senza pensarci, trovandomi il suo sguardo sul mio viso e quel leggero rossore comparire sulle sue guance.
« Vorrei crederlo... »
« E sarà così... Se lo chiederò al tuo padrone. »
Sapevo che lui corrispondeva alla padrona, ma volevo dargli quella speranza e volevo anche davvero portarlo fuori da lì e lasciargli disegnare quell'angolo del mio villaggio mai visitato.
« Me lo prometti...? » sussurrò, gli occhi ancora sul mio viso e quel suono prodotto dal naso che tirò all'insù.
« Te lo prometto, Khyuhyun. Dopo tutto questo, ti prometto di portarti a disegnare quell'angolo del villaggio. »
E da quella promessa che la mia mente iniziò ad immaginare, un riquadro di me, lui e Changmin insieme a Yunho in uno di quei fogli.
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