(8)
Sì.
Quell’unico e semplice monosillabo le era scivolato fuori dalle labbra carnose senza il minimo tentennamento, senza che ci fosse il bisogno di rifletterci; all’affermazione secca del suo coinquilino aveva ribattuto con una risposta altrettanto secca, ed ora entrambi si trovavano nel loro appartamento, in attesa di qualcosa di cui Cora non aveva la più pallida idea.
Era rimasta sorpresa e confusa quando, dopo aver risposto con decisione, Rich aveva acceso di nuovo il motore della macchina ed erano tornati indietro; era certa che sarebbero entrati nella graziosa abitazione in legno bianco per dare al suo proprietario la lezione che meritava, e quando, sulla strada del ritorno, aveva chiesto a Rich perché stavano tornando indietro, lui le aveva semplicemente risposto che dovevano aspettare il momento giusto, e non aveva aggiunto altro. Ed una volta rientrati nel loro appartamento, le aveva detto di farsi una doccia e d’indossare degli abiti scuri. Anzi, le aveva categoricamente detto di mettersi addosso solo vestiti neri.
Lei si era limitata ad annuire, ma una volta in bagno non era più riuscita a trattenersi; sotto il getto dell’acqua calda, protetta dal rumore, era scoppiata di nuovo in lacrime ed aveva perfino vomitato. Quand’era uscita dal bagno, dopo essersi sfogata, il suo coinquilino le aveva suggerito di chiudere per un po’ gli occhi. Ci avrebbe pensato lui a svegliarla al momento giusto. Lei aveva annuito, non aveva pronunciato una sola parola per timore che capisse che aveva pianto di nuovo, e poi si era chiusa nella propria camera da letto. Si era sdraiata sul materasso e da quel momento non aveva fatto altro che rigirarsi e fissare il soffitto, ed ancora lo stava facendo.
Cora provò a lanciare un’occhiata alla sveglia sopra il comodino, ma non riuscì a leggere i numeri fosforescenti a causa della vista appannata dalle lacrime; avrebbe voluto correre da Rich e chiedergli di farle compagnia, ma per quel giorno era stata fin troppo debole. Il suo stesso gioco le si era rivoltato contro, per cercare di suscitare una reazione in lui si era infilata da sola in una situazione pericolosa ed ora ne stava pagando le amare conseguenze.
Rich non aveva tutti i torti a definirla in continuazione una stupida ragazzina, perché lo era. Solo una stupida ragazzina poteva seguire un ragazzo sconosciuto in un posto isolato e non capire che il suo unico interesse non sono solo i baci e le carezze. Solo una stupida ragazzina non era in grado d’imparare dagli errori del passato.
Cora scalciò via il lenzuolo; dormire era un’opzione impensabile, così si tirò su col busto, appoggiò la schiena alla parete a destra, strinse le gambe contro il petto e girò il viso verso l’unica finestra presente nella camera da letto. Rimase a fissare il panorama notturno della città finché non sentì bussare alla porta. Il segnale che stava aspettando.
“Arrivo subito”.
La giovane distolse lo sguardo dalla finestra, scese dal letto ed indossò i vestiti scuri che in precedenza aveva trovato nel proprio scarno guardaroba; quando uscì dalla stanza, vide che Rich la stava già attendendo davanti alla porta d’ingresso dell’appartamento. Anche lui indossava, come sempre, dei vestiti neri, ed addosso aveva perfino una giacca in pelle che strideva col caldo soffocante di quell’estate. Cora si chiese perfino com’era in grado d’indossarla senza ritrovarsi madido di sudore in pochi secondi.
“Sei pronta?” le chiese lui, dopo essersi accorto della sua presenza “è ora di andare”.
Cora avrebbe voluto rispondere nello stesso modo deciso di qualche ora prima, invece quando provò a parlare le labbra presero a tremare violentemente e prima di rendersene conto si ritrovò a singhiozzare nuovamente, ancora sopraffatta dalle emozioni che sentiva e che non sapeva come gestire.
“Scu… Scusami” balbettò, cercando di riprendere fiato ed il controllo di sé stessa “ma quello che… Quello che è successo mi ha riportato alla mente cose che preferirei dimenticare”
“Che genere di cose?”
“Cose da cui sono scappata. Cose che paragonate alla vita che faccio ora sono loro che risultano essere un vero inferno. Cose di cui non voglio parlare, ma di cui non riesco nemmeno a liberarmene. E se continuo a tenerle dentro, credo che prima o poi finirò per impazzire” rispose la ragazza, tirando su col naso ed asciugandosi le lacrime con il dorso della mano destra.
“Se hai bisogno di sfogarti, fallo in macchina. Qui stiamo solo perdendo tempo prezioso”
“Potresti dimostrare un po’ più di tatto. È tutto questo ciò che hai da dirmi dopo quello che è successo?”
“Ohh, scusa tanto se non ti sto dando il supporto emotivo che ti aspetti, ma io sono abituato a preferire i fatti alle parole e finché resterai qui a crogiolarti nelle lacrime e nell’autocommiserazione non risolverai un bel niente. Io ti sto dando la possibilità di ripagare quel tipo con la sua stessa moneta. E, Cora, vuoi che ti dica davvero quello a cui sto pensando da quando ti ho trovata da sola in spiaggia? Qualunque altra ragazza al posto tuo avrebbe capito che quella del tramonto non era altro che una scusa, ed anche piuttosto stupida. Te la sei andata a cercare e la colpa è tutta della tua stupida ingenuità” le rispose Rich nella più brutale onestà; le sue parole colpirono Cora come uno schiaffo in pieno viso, lasciandola senza fiato, ma non ribatté in alcun modo.
Il suo coinquilino non aveva avuto il minimo tatto, ma aveva detto la verità. Quello che lei stessa aveva pensato per prima.
Non disse nulla mentre scendevano con l’ascensore, ma una volta in macchina spezzò il silenzio riprendendo il discorso laddove era stato interrotto, mentre Rich guidava. Era più semplice parlargli quand’era concentrato al volante, perché il suo sguardo era rivolto altrove e non era costretta ad affrontarlo. Forse doveva approfittare di uno di quei momenti per confessargli cos’era successo tra lei ed Austin e perché gli aveva rifilato un due di picche, ma adesso quella faccenda era passata in secondo piano. Per colpa di un coglione la giornata che aveva organizzato era stata rovinata in modo irreversibile, e quello la faceva incazzare ancora di più.
“Hai ragione, sai? Su tutto quanto. Ho sbagliato e non posso fare altro che incolpare me stessa per essere stata così stupida ed ingenua per l’ennesima volta, ma avrei potuto difendermi. Tu mi hai insegnato tutto a riguardo ed io non sono riuscita a muovere un muscolo. Ho gridato, ho provato a dibattermi, ma non ci ho provato veramente. In quel momento mi sono sentita bloccata e la colpa è stata dei ricordi, che scelgono sempre il momento sbagliato per tornare alla mente” la giovane si fermò un momento per prendere un respiro tremolante prima di continuare; alla sua sinistra, Rich aveva lo sguardo fisso sulla strada davanti a sé “quella in cui sono nata e cresciuta è stata tutto tranne che una famiglia convenzionale. Disastrata, orrenda, un vero schifo… Scegli tu la definizione che preferisci, tanto il concetto è questo. Non ho avuto un’infanzia ed un’adolescenza da sogno come quelle di quei ragazzi in spiaggia. Non ho avuto feste di compleanno, cene di ringraziamento e pranzi di natale con tutta la famiglia felice radunata attorno allo stesso tavolo. Mia madre viveva sottomessa per evitare la sua dose giornaliera di botte, e comunque serviva a ben poco perché la maggior parte delle volte arrivavano lo stesso, e lei non poteva fare altro che tacere e chinare la testa in avanti. E quello che dovrei chiamare padre…”.
Cora si fermò di nuovo.
“E quello che dovrei chiamare padre ha iniziato molto presto ad entrare nella mia camera di notte. Avevo appena sei anni quand’è successo per la prima volta, ma lo ricordo ancora molto bene come se fosse ieri. Non ne ho mai parlato con mia madre, ma sono certa che sapesse tutto quanto. Ma anche in quel caso non poteva fare altro che tacere e girare il viso da un’altra parte” il viso di Cora si contrasse in una smorfia che era un misto di emozioni. Rabbia, dolore, disgusto “io non capisco e non riuscirò mai a capire come una persona possa arrivare a fare questo. Ero solo una bambina, ed ero sua figlia”
“Non lo so. Non me lo sono mai chiesto” rispose Rich con voce piatta, dopo aver ascoltato il racconto in silenzio “ma il passato è passato e devi smetterla di farti ancora condizionare da esso. Prima, in spiaggia, non sei riuscita a difenderti come avresti voluto perché i ricordi ti hanno fatta sentire vulnerabile come quando avevi sei anni, ma adesso hai la possibilità di rimediare. Quando riuscirai a liberarti da quella paura, allora nemmeno il passato potrà più farti niente”
“Hai sentito quello che ti ho raccontato prima? Non sono scesa nei dettagli, ma non sei stupido. Hai capito perfettamente quello che succedeva. Come credi che sia possibile lasciarsi alle spalle un passato simile?”
“Non pensare di essere l’unica al mondo ad avere trascorsi disastrosi. A casa mi costringevano ad andare a messa ogni domenica, ma ti assicuro che l’uomo che mi ha tirato su era tutto fuorché un santo”.
Cora si girò verso Rich con un’espressione sorpresa. Da quando era iniziata la loro convivenza per convenienza quella era la prima volta che si sbilanciava a dire qualcosa riguardo sé stesso.
“Anche tu sei cresciuto in un ambiente tossico?” domandò, incuriosita, sperando di ottenere qualche informazione in più, ma il giovane anziché rispondere parcheggiò la macchina vicino ad un marciapiede e scese senza dire una parola. Si trovavano nei pressi di una stazione dei bus e Cora lo vide, perplessa, allontanarsi verso un’area verde e sparire dal suo campo visivo. Così come si era allontanato, con la stessa rapidità tornò indietro e si rimise alla guida della vettura senza dire una parola “che cosa hai fatto? Dove sei andato?”
“Non qui. Da un’altra parte” rispose lui, riaccendendo il motore. Si allontanarono di pochi metri, per poi infilarsi con la macchina all’interno di un vicolo cieco, lontano da occhi indiscreti. Solo lì Rich spense di nuovo il motore e mostrò a Cora cosa aveva fatto nel breve tempo in cui si era allontanato senza dare spiegazioni: da una tasca interna della giacca in pelle che indossava tirò fuori una pallina di stagnola accartocciata.
La giovane reagì spalancando gli occhi. Anche in quel caso non aveva mai visto nulla di simile di persona, ma aveva ugualmente capito di che cosa si trattava.
“No” disse, difatti, in tono categorico, scuotendo la testa “non ci voglio avere nulla a che fare con quella roba lì”
“Perché?”
“Perché fa schifo, ti rovina la vita. Ho visto persone perdere tutto e trasformarsi in morti viventi. Ti rende schiavo e ti porta a fare qualunque cosa pur di procurartene ancora”
“E questo chi l’ha detto, i bigotti tutti casa e chiesa? Non puoi nemmeno lontanamente immaginare lo sballo che ti procura roba come questa se non l’hai mai provata in prima persona. Lo descriverei come uno dei massimi piaceri della vita”
“E gli altri quali sono?”
“Uno è senza alcuna ombra di dubbio il sesso”
“E poi?” domandò Cora, dato che Rich non aggiunse altro; lui, anziché rispondere, si tolse la giacca in pelle. Sotto indossava una maglietta nera a maniche corte, e gli occhi della giovane indugiarono sui segni che aveva su entrambi gli avambracci. I lividi viola si alternavano a dei piccoli buchi più o meno recenti “è vero che quando subentra una forma grave di dipendenza è così difficile trovare le vene sugli avambracci e bisogna bucare la pelle altrove?”
“Sì, è vero” confermò il ragazzo, allungandosi verso i sedili posteriori per prendere un oggetto. Un vecchio marsupio logoro “ho visto gente così disperata da bucarsi nei talloni o direttamente nelle vene del collo”
“E tu non hai paura di finire come loro? I segni che hai sugli avambracci sono aumentati notevolmente dall’ultima volta che li ho visti”
“Non mi buco ogni giorno, non sono dipendente. Lo faccio solo quando ne ho voglia e riesco a stare anche per diverso tempo senza sentirne il bisogno”
“Questo è un classico discorso da una persona dipendente” commentò Cora con una smorfia; dubitava fortemente delle parole di Rich, anche se lui aveva risposto con sicurezza e senza la minima esitazione: i segni che aveva su entrambi gli avambracci erano troppi e troppo freschi per dare credibilità alla sua risposta “cos’è quella polvere bianca?”
“Cocaina”
“Ti fai di cocaina?”
“Sì”
“Da quanto?”
“Abbastanza. Da quando avevo diciotto anni”
“E quanti ne hai adesso?”
“Venticinque”.
Venticinque, pensò Cora, lui ed Austin avevano la stessa età.
“Dovresti smetterla finché sei ancora in tempo, prima di trasformarti in uno di quei morti viventi che vagano per le strade della città durante la notte… O prima di comprare una dose sbagliata. Non hai mai pensato al rischio di andare incontro ad un’overdose?”
“No, perché il piacere che ti dà supera di gran lunga il rischio a cui vai incontro. Adesso fà silenzio perché ho bisogno di concentrazione” tagliò corto Rich; Cora si zittì all’istante, consapevole che nulla di quello che avesse detto avrebbe fatto cambiare idea al suo coinquilino.
Lo guardò in silenzio tirare fuori dal marsupio tutto ciò di cui aveva bisogno e preparare la dose con gesti esperti: prima sciolse la polvere bianca con dell’acqua e la scaldò con un cucchiaio ed un accendino, quando apparvero le prime bolle spense la fiamma, e con l’ago di una siringa aspirò tutto il liquido biancastro; infine, strinse un laccio emostatico attorno al braccio sinistro, cercò una vena in rilievo ed una volta trovata la bucò. La giovane sussultò quando vide l’ago penetrare nella pelle, e distorse la bocca quando vide il suo coinquilino premere fino infondo tutto lo stantuffo.
Una volta conclusa l’operazione, Rich tolse l’ago, il laccio emostatico e si appoggiò allo schienale del sedile con gli occhi chiusi. Cora non sapeva se doveva rimanere ancora in silenzio o se poteva parlare.
“Come ti senti?”
“Meravigliosamente, l’effetto è quasi immediato”
“E… Com’è?”
“Ohh, come posso spiegartelo? È come con l’orgasmo, la sensazione cambia da persona a persona” mormorò il giovane; prese un profondo respiro, piegò la testa verso di lei e riaprì gli occhi “adesso è il tuo turno. Quale braccio preferisci?”.
Nell’udire quelle parole, la ragazza sentì il sangue ghiacciarsi nelle vene.
“Non ho mai provato la droga finora e non ho alcuna intenzione di iniziare proprio adesso, a diciannove anni”
“Hai diciannove anni?” Cora vide Rich inarcare le sopracciglia. Non le capitava spesso di vederlo sorpreso “viviamo sotto lo stesso tetto da due mesi e scopro solo ora che non sei maggiorenne?”
“Ti crea qualche problema?”
“No, affatto. Semplicemente credevo ne avessi almeno ventuno. Non dimostri diciannove anni, non sembri così piccola”
“Te l’ho detto che sono scappata di casa molto presto perché non riuscivo più a sopportare l’inferno che era stare lì dentro. In confronto alla vita che facevo prima preferisco quella di adesso, è comunque degradante ma almeno l’ho scelta io. E non ho alcuna intenzione di toccare il fondo iniettandomi in corpo quella schifezza. Mettila via, è già tanto che sia rimasta a guardare te senza fare nulla”
“Cora, non fare la stupida per l’ennesima volta e smettila di far perdere tempo ad entrambi, altrimenti tra poco non riuscirò a centrare il tuo braccio nemmeno se lo avessi a pochi centimetri dal viso”
“Molto rassicurante visto che sei al volante”
“Una dose non ha mai ucciso nessuno”
“Sicuro? Dillo a tutti quelli che sono incappati in una dose tagliata male o mischiata ad altre schifezze. Una sola dose basta per uccidere e basta anche per cadere nella dipendenza. Non voglio che accada”
“Non accadrà. Non ti ucciderà né ti farà diventare dipendente, ma adesso ne hai bisogno per quello che stiamo per fare. Ti farà vedere tutto più chiaro e, soprattutto, ti farà scivolare via la paura di cui non riesci a liberarti. Guarda, mi sono appena fatto una dose e non è successo nulla di catastrofico. E se ora non segui il mio consiglio, presto finirai per pentirtene. Sai benissimo con quanta facilità vai nel panico”.
Cora si morse l’interno delle guance, combattuta.
Era vero. Era tutto vero. Aveva dimostrato già in diverse occasioni come si lasciava trascinare dalle proprie emozioni, e non era stato proprio a causa di esse che quello stesso pomeriggio non era riuscita a dare già al ragazzo in spiaggia quello che si meritava? Ed i consigli di Rich si erano sempre rivelati preziosi, ed ogni volta che non li aveva seguiti ben presto aveva finito col pentirsene.
Per esempio, lo aveva dimostrato quando aveva insistito perché avesse un coltello con sé. Se non lo avesse avuto la notte in cui era stata aggredita dalla prostituta coi capelli rossi avrebbero nascosto il suo corpo in una buca fuori città. Dunque, se Rich diceva che non doveva temere nulla da una dose di cocaina sparata in vene, che senso aveva opporsi? Ormai si fidava ciecamente di lui proprio perché non le aveva mai raccontato una bugia.
Alla fine, dopo un lungo tentennamento, la giovane allungò il braccio sinistro, ma in contemporanea girò il viso dalla parte opposta perché non voleva vedere il suo coinquilino preparare una seconda dose, l’ago bucare la pelle e la sostanza biancastra sparire sotto la pelle.
“Non te ne pentirai, Cora” dal tono di voce di Rich, Cora capì che stava sorridendo; non disse nulla, sperava solo di non doversene pentire per davvero, e non sentì altro che la stretta del laccio emostatico sul braccio ed il pizzicorio dell’ago quando bucò la pelle, simile alla fastidiosa puntura di una zanzara. Non era stato molto diverso da un normale prelievo del sangue, e la ragazza si ritrovò a ripensare a quando da piccola aveva fatto delle analisi di controllo.
Quando si era ritrovata da sola nello studio del medico era stata più volte sul punto di raccontare tutto quello che succedeva tra le mura di casa, ma ogni volta che era stata vicinissima ad aprire bocca il pensiero di non essere creduta e di dover affrontare la furia paterna l’aveva sempre bloccata; ora, invece, si domandò se in realtà non avesse solo sprecato la possibilità di vivere una vita migliore.
Ma, ribatté prontamente un angolino della sua mente, se fosse andata in quel modo lei e Rich non si sarebbero mai incontrati. Erano stati proprio i loro passati disastrati a far incrociare le loro strade.
“Ecco fatto. Non è stato poi così orribile, ehh?” commentò il giovane, riponendo di nuovo tutti gli oggetti nel vecchio marsupio e lanciandolo sui sedili posteriori della vettura “come ti senti?”
“Bene” rispose lei, dopo averci pensato per qualche istante “stranamente bene. Devo preoccuparmi?”
“No, per te è la prima volta, quindi ci metterà un po’ ad entrare in circolo. Nel frattempo mettiamo della buona musica e partiamo”
“E come farò a capire quando inizierà ad entrare in circolo?”
“Come mai stanotte fai tutte queste domande? Non hai smesso di parlare un solo istante, anche se ti ho chiesto espressamente di fare silenzio perché ho bisogno di concentrazione” ribatté Rich “te ne renderai conto da sola, senza bisogno che qualcuno te lo dica. Adesso taci, sul serio. E goditi la musica ed il viaggio in auto”.
Cora si zittì all’istante per non irritare ancora di più il suo coinquilino, ma in realtà avrebbe voluto porgli molte altre domande; era preoccupata e già pentita per lo schifo che si era lasciata iniettare in vena. Sentiva il cuore battere velocemente e non aveva idea se era a causa dell’agitazione, della droga o del mix di entrambe. Iniziò a giocherellare nervosamente con le dita ed il suo atteggiamento non passò inosservato agli occhi di Rich.
“Rilassati” le disse lui continuando a fissare la strada “guarda che te lo dico sul serio. Le sensazioni che ti procura la droga dipendono moltissimo dall’umore che hai nel momento in cui le assumi. Con gli allucinogeni come l’LSD funziona proprio in questo modo: se sei di buonumore, puoi ritrovarti nel paese delle fiabe, ma se sei di pessimo umore, puoi avere allucinazioni che sembrano uscite direttamente dal tuo peggior incubo. C’è gente che si è buttata da non so quanti piani d’altezza perché era convinta di essere inseguita da un mostro”
“E me lo dici solo adesso?” domandò la giovane spalancando gli occhi scuri “e come fai ad essere così informato anche sugli allucinogeni? Hai provato anche quelli? Quante droghe hai provato finora?”
“Forse farei prima a dirti quello che non ho provato rispetto a quello che ho provato, ma adesso non ha importanza. Chiudi gli occhi e prendi dei respiri profondi. Se può aiutarti, pensa a qualcosa in grado di calmarti”.
Cora provò a seguire il consiglio di Rich. Chiuse gli occhi e riportò subito alla mente quello che era l’unico ricordo felice della propria infanzia: la casa della nonna materna, circondata dal verde rigoglioso di una folta vegetazione; lì dentro aveva trascorso i suoi unici momenti spensierati, ma anche con lei non aveva mai avuto il coraggio di confessare quello che accadeva in famiglia. E quand’era diventata grande abbastanza per riuscirci, sua nonna era morta prima che riuscisse a trovare l’occasione. Chissà, se aveva mai sospettato di qualcosa.
Rich aveva detto che avrebbe capito da sola quando la droga avrebbe iniziato a fare effetto, e Cora si ritrovò costretta a dargli ragione per l’ennesima volta: all’improvviso si sentì pervadere da una sensazione totale di euforia che non aveva mai provato prima in tutta la propria vita; una sensazione indescrivibile, così forte che avrebbe voluto scendere dalla macchina in corsa per correre e saltare lungo la strada deserta a quell’ora di notte. Tutto il resto era sparito: la vergogna, l’imbarazzo, la rabbia, l’ansia, la paura, erano tutte scivolate via come se non fossero mai esistite; anche il pentimento se n’era andato, ora era solo grata al suo coinquilino per avere insistito sulla dose da assumere.
Riaprì gli occhi, che fino a quel momento aveva tenuto ancora chiusi, ed osservò meravigliata da dietro il vetro del finestrino il paesaggio che si era fuso in una moltitudine di luci colorate che sfrecciavano velocemente, inseguendosi l’una con l’altra, per nulla preoccupata dalla velocità sostenuta della macchina; anche la musica rock alla radio era perfetta, non faceva altro che rendere più suggestivo tutto quanto. La giovane sentiva il sangue ribollire nelle vene ed il cuore battere a tempo. Non riusciva a vedere il proprio riflesso in quel momento, altrimenti avrebbe subito notato le pupille visibilmente dilatate.
Quando arrivarono a destinazione, emise un brontolio contrariato perché non poteva più godersi lo spettacolo delle luci colorate che si rincorrevano, ma in compenso quando scese dalla macchina s’incantò a guardare le foglie di alcune palme smosse dalla brezza marina che soffiava dalla spiaggia.
“Guarda, Rich, guarda che meraviglia. Hai mai visto nulla di più bello?” domandò ad alta voce “sembrano muoversi a rallentatore. Oppure sembra che ci sia qualcuno a scuoterle, magari tanti piccoli omini”
“È il vento. Vedo che la dose ha iniziato a fare effetto, come ti senti?”
“Meravigliosamente, proprio come hai detto tu. Che stupida che sono stata a dubitare. Se lo avessi saputo prima, non ti avrei fatto perdere così tanto tempo. Sai che mentre eravamo in macchina ho visto la città trasformarsi in tante luci colorate che si rincorrevano?”
“Sì, la dose ha proprio iniziato a fare effetto. Dovresti vedere i tuoi occhi in questo momento: hai le pupille così dilatate che quasi non si vede più l’iride”
“Dovresti vedere i tuoi, invece. I tuoi sono rossi”
“Stai parlando della parte bianca?”
“No, proprio dei tuoi occhi. La parte colorata. Non sono scuri, sono rossi”
“Vedili un po’ come ti pare, ma adesso cerca di stare concentrata. Vieni”
“Che peccato, resterei ore intere a guardare queste palme”
“Cora!”.
L’esclamazione incisiva del suo coinquilino lasciò intendere alla giovane che era arrivato il momento di lasciar perdere definitivamente le foglie delle palme mosse dalla brezza marina; tornò verso la macchina e ricevette l’ordine di aprire il cruscotto e di prendere quello che c’era al suo interno, obbedì e si ritrovò a fissare due coltelli e la pistola che aveva visto settimane e settimane prima.
“Dobbiamo prendere questi?”
“Sì, se vuoi dare a quel tipo esattamente ciò che si merita” Rich prese la pistola, controllò che fosse carica e la mise dentro una tasca dei pantaloni insieme ad un coltello, e l’altro lo passò a Cora; le passò anche un paio di guanti neri che si trovavano sempre all’interno del cruscotto “indossa questi e non toglierli mai finché siamo dentro, per nessuna ragione al mondo. Hai capito? Non devi lasciare impronte”
“Ho capito” rispose la giovane, ed impiegò più secondi del necessario per indossare i guanti perché la droga era ormai entrata in circolo nel suo corpo e le sue reazioni erano tutte alterate; si chiese come Rich riuscisse ad essere così controllato, ma poi si ricordò che lui aveva una lunga esperienza in fatto di sostanze stupefacenti “e adesso qual è la casa? Non mi sembra nessuna di queste”
“Infatti non è qui, è più avanti. Non sono così stupido da parcheggiare proprio di fronte all’abitazione in cui stiamo per introdurci. E poi, un po’ di aria fresca ti aiuterà a scacciare l’euforia iniziale” dopo aver detto quelle parole, il giovane le voltò le spalle e si allontanò in fretta; Cora si ritrovò a dover camminare a passo sostenuto per non restare indietro e quasi col fiato corto.
Non c’era nessuno per strada ad eccezione di loro due, tutti i residenti a quell’ora di notte dormivano profondamente, e la ragazza constatò, incredula, come il suo coinquilino fosse in grado di muoversi senza produrre il minimo rumore. Anche i suoi passi erano perfettamente silenziosi. Era un’ombra come tante altre nella notte.
Arrivarono davanti all’abitazione giusta dopo un centinaio di metri: la graziosa villetta in legno, pitturata di bianco; un generoso regalo di papino e mammina, pensò Cora, magari per i risultati scolastici che li rendevano così orgogliosi. Chissà se lo sarebbero stati ancora se avessero saputo che il loro, senza alcun dubbio, adorato figlio aveva molestato una ragazza in spiaggia.
Ohh, giusto, dimenticava la parte più importante: nessuno avrebbe creduto a lei se avesse provato a raccontare qualcosa, a partire dagli stessi genitori del ragazzo. A chi era più semplice credere, d’altronde? Ad un ragazzo di buona famiglia, sempre gentile ed affabile, con un curriculum scolastico impeccabile, od a una ragazza dal passato disastroso, che era scappata di casa ad appena diciannove anni e faceva la prostituta per vivere?
La macchina sportiva che avevano seguito a distanza ore prima era parcheggiata sul vialetto di casa, e ciò poteva solo che significare una cosa: il proprietario della villetta non si era più mosso da quando era rientrato dalla spiaggia; con un rapido cenno della testa, Rich lasciò intendere a Cora di seguirlo sul retro dell’abitazione, e là trovarono un’entrata secondaria. Rich aprì la zanzariera, girò il pomello della porta verso destra e quando la vide aprirsi si voltò verso Cora, che assisteva alle sue spalle in silenzio, con un ghigno.
“Le persone si preoccupano tanto di chiudere la porta principale, ma non prestano mai la stessa attenzione a quella sul retro. E se anche chiudono quella, qualche finestra la lasciano ugualmente aperta” dopo aver mormorato quelle parole entrò silenzioso come un felino; Cora lo seguì, ma si bloccò subito al di là dell’entrata per abituare gli occhi alla penombra. Dopo alcuni secondi iniziò a scorgere le sagome dei diversi mobili e ben presto vide che si trovava all’interno di un’abitazione lussuosa come quella che lei ed il suo coinquilino avevano visitato in precedenza.
Anche lì, come nell’altra villetta, c’erano numerosi ritratti dei membri della famiglia, ed in quel caso le foto incorniciate erano tutte posizionate con cura sopra un mobile; la giovane si avvicinò al mobile in questione ed osservò le numerose foto: tutte quante raffiguravano una famigliola felice composta da madre, padre e due fratelli, il più grande era il ragazzo della spiaggia.
Dinanzi a quei ritratti da famiglia perfetta, forse anche a causa della cocaina che aveva in circolo, Cora si sentì avvampare dalla rabbia e vide letteralmente un velo rosso scendere davanti ai propri occhi; le procurava una rabbia incontrollabile sapere che quel ragazzo riusciva a sorridere in quel modo ed andare avanti con la propria vita come se non fosse accaduto nulla, e solo il pensiero di essere scoperta la trattenne dal prendere tutti quei quadretti e scagliarli contro il pavimento della stanza.
Tremava da capo a piedi, ma per una volta nessuna lacrima le appannò la vista. Piangere non serviva a niente, aveva ragione Rich, e non aveva nemmeno alcun senso provare vergogna od imbarazzo per sé stessa: aveva detto chiaro e tondo a quel ragazzo che non voleva andare oltre, era stato lui a prendersi ciò che voleva senza il suo permesso. Perché era un arrogante del cazzo, abituato ad avere tutto dalla vita con un semplice schiocco di dita.
E adesso, per la prima volta, stava per avere un assaggio di quella che era la vita reale.
La giovane sentì una mano stringere la spalla destra: era il suo coinquilino che la stava avvisando che era arrivato il momento di spostarsi al piano di sopra per fare gli onori al padrone di casa.
I due giovani salirono le scale senza fare alcun rumore, sulla parete a sinistra non potevano mancare le solite foto sorridenti; c’erano diverse stanze al primo piano della villetta di mare, ma quella in cui scivolarono dentro si rivelò essere subito quella giusta: il ragazzo della spiaggia stava dormendo lì dentro, placidamente sdraiato sul suo letto, l’unico rumore che rompeva il silenzio assoluto era il suo respiro lento e regolare.
Alla vista del suo assalitore, Cora vide di nuovo un velo rosso calare davanti ai propri occhi; era pronta a lanciarsi su di lui, ma venne bloccata prontamente da Rich.
“No, non così in fretta, altrimenti rinunci a tutto il divertimento” le disse il giovane “sta a guardare”.
Si portò l’indice destro alle labbra e poi, senza provocare il minimo rumore, si avvicinò al letto, accese una piccola torcia che aveva portato con sé e puntò il fascio di luce dritto sul viso del ragazzo addormentato; lui si agitò, infastidito, stropicciò le palpebre e socchiuse gli occhi, confuso perché non riusciva a capire che cosa stava succedendo, che cosa aveva interrotto il suo sonno.
Cora vide il momento esatto in cui la consapevolezza di non essere solo si fece strada nei suoi occhi, e la rapidità con cui si trasformò in un terrore cieco ed assoluto; e prima che il ragazzo potesse dire qualunque cosa, o molto più probabilmente gridare, la giovane vide il suo coinquilino coprirgli la bocca con la mano destra e trascinarlo giù dal letto.
“Non provare ad emettere neanche un suono o la tua materia cerebrale finirà per decorare le pareti della stanza, figlio di puttana. Hai capito quello che ho detto?”
“Per favore, lasciami andare. Farò tutto ciò che vorrai, ma non farmi del male” prese a piagnucolare il ragazzo; la sua reazione non fece altro che aumentare il disgusto di Cora. Aveva fatto lo spaccone con lei solo perché era più piccola e più debole, ma era quello che ora stava rivelando a Rich il suo vero volto “che cosa vuoi da me?”
“Qual è il tuo nome?”
“J… Josh”
“Josh. Ohh, ma io non voglio proprio niente da uno come te, Josh, e difatti non siamo qui per me, ma per lei. Guardala” Rich afferrò con forza Josh per il capelli, costringendolo ad alzare la testa, e puntò il fascio di luce della torcia in direzione di Cora, che non aveva più aperto bocca “te la ricordi, Josh?”.
Il ragazzo incrociò solo per qualche secondo lo sguardo di Cora, poi si affrettò a distoglierlo.
“No” disse, ed una nuova ondata di rabbia travolse la ragazza. Quel verme schifoso aveva pure il coraggio di mentire in modo spudorato.
“No? Sicuro? Aspetta, forse è il caso che ti rinfresco un po’ io la memoria” la torcia che Rich aveva in mano si abbatté contro il viso del ragazzo, strappandogli un gemito di dolore e procurandogli un taglio sul labbro inferiore “ecco. Adesso prova a guardarla meglio. È impossibile che non ti ricordi di una ragazza così carina, soprattutto dopo che l’hai invitata a fare una passeggiata sulla spiaggia e ti sei approfittato di lei, mh?”.
Rich mollò la presa dai capelli di Josh, lo spinse a terra e gli assestò un calcio allo stomaco.
“È tutto tuo, Cora” disse poi, allontanandosi dal giovane rannicchiato a terra, dolorante e gemente; si accomodò sul davanzale di una finestra e tirò fuori da una tasca della giacca una sigaretta ed un accendino “dagli quello che si merita. Se posso darti un suggerimento personale, dato che ha espresso il giudizio che si sarebbe divertito di più con un manico di scopa, se io fossi in te esaudirei subito il suo desiderio: andrei a prendere di là una scopa e gli ficcherei il manico su per il culo. Voglio proprio sentire i suoi gemiti di piacere”
“Perché l’hai fatto?” Cora ignorò il suggerimento personale di Rich, si avvicinò al giovane raggomitolato sul pavimento e lo guardò negli occhi, ripetendo di nuovo la domanda “perché l’hai fatto?”
“Ero… Ero ubriaco” gemette quello, tremando da capo a piedi, e la giovane sentì il sangue ribollire nelle vene.
“E questo sarebbe un valido motivo?” gli urlò contro, perdendo definitivamente il controllo; non gli lasciò nemmeno il tempo di rispondere: iniziò a tempestarlo di calci, uno dietro l’altro, sfogando finalmente la rabbia incontrollata che provava da quando lui l’aveva abbandonata in spiaggia. Ad un certo punto le sembrò perfino che il giovane non avesse più il suo volto, ma quello dell’uomo che avrebbe dovuto chiamare padre e lo picchiò con ancora più violenza. Ormai non si stava più vendicando solo di lui, ma di tutti i soprusi che aveva subìto in passato e che aveva sempre taciuto.
Sfogò tutta la propria rabbia a suon di calci e pugni, e quando non erano più abbastanza afferrò un abatjour posizionata sopra il comodino.
“Basta così!” esclamò Rich a quel punto, gettando il mozzicone fuori dalla finestra socchiusa ed alzandosi dal davanzale “basta così, per il momento. Dagli un attimo di tregua, abbiamo ancora bisogno che riesca ad articolare una frase sensata”.
Cora si fermò all’istante; nemmeno si era resa conto di avere il fiato corto, il cuore che batteva forte ed i guanti sporchi di sangue. Rich si avvicinò di nuovo a Josh, e di nuovo lo afferrò saldamente per i capelli.
Quando gli tirò su il viso, Cora vide quello che gli aveva fatto con le mani ed i piedi: il suo viso si era trasformato in una maschera gonfia, ricoperta di sangue. Era irriconoscibile.
“Allora, Josh, cerca di stare concentrato perché adesso ho bisogno che rispondi a qualche semplice domanda: questa casa, di chi è?” il ragazzo bofonchiò qualcosa d’incomprensibile, costringendo l’altro a colpirlo di nuovo con la torcia ed a spaccargli il setto nasale “non farmelo ripetere un’altra volta, altrimenti vado a prendere la scopa: di chi è questa casa?”
“Dei… Miei genitori…” balbettò il ragazzo, sputando un grumo di sangue misto a saliva “è la nostra… Casa delle vacanze”
“Ohh, ma davvero? Hai sentito, Cora? È la loro casa delle vacanze. Hai mai avuto una casa delle vacanze?”
“No” rispose lei, scuotendo la testa “la mia famiglia era troppo povera per potersela permettere”
“E lo stesso vale per la mia. Quindi questo può solo che significare una cosa: se la famiglia del nostro caro Josh può permettersi una casa delle vacanze così bella, è perché i soldi non mancano di sicuro” la stretta sui capelli del giovane aumentò, e Rich avvicinò le labbra al suo orecchio destro “dimmi dove cazzo sono i soldi ed i gioielli, e forse ne uscirai vivo, hai capito? Niente giochetti, Josh, siamo noi ad avere il coltello dalla parte del manico, d’accordo?”
“Quello che state cercando è giù, in salotto. C’è un quadro appeso sopra il divano, e dietro è nascosta una cassaforte a muro. Il codice è: zero, cinque, due, quattro, cinque, otto. È la data del matrimonio dei miei genitori”
“Che gesto romantico. Altro?”
“È tutto lì, ve l’ho detto. Non c’è altro. Quello che state cercando è dentro la cassaforte”
“Ne sei certo?”
“Sì”
“Sarà meglio per te. Se scoprissi che mi stai prendendo in giro non vorrei essere nei tuoi panni” Rich lasciò andare la presa dai capelli di Josh; Cora lo vide aprire una cassettiera, cercare al suo interno e tirare fuori una cintura con cui legò strettamente i polsi del ragazzo dietro la schiena “Cora, prendi questa. Fai attenzione che è carica e non perderlo mai di vista finché non torno. Non mi fido delle sue parole”.
Cora si ritrovò tra le mani la calibro 22 senza averla mai maneggiata prima di quel momento, e prima che potesse aprire bocca il suo coinquilino era già uscito dalla stanza per controllare se dietro il quadro in salotto c’era effettivamente una cassaforte a muro; non sapendo cosa fare, la giovane impugnò l’arma con entrambe le mani, la puntò contro il ragazzo a terra e gli disse di non muoversi altrimenti avrebbe premuto il grilletto.
“Per favore, slegami” la supplicò lui a bassa voce, alternando lo sguardo dal suo viso alla porta spalancata della camera da letto “se non lo fai ora, quando tornerà indietro mi ucciderà”
“Non è un mio problema”
“E farà lo stesso anche con te”
“Questo lo escludo totalmente”
“Tu non hai la minima idea di chi sia quell’individuo, vero?”
“Chiudi subito quella cazzo di bocca, altrimenti te la faccio esplodere” ribatté a denti stretti la giovane; con pochi passi annullò la distanza che c’era tra loro due e per fargli capire che non stava scherzando posò la canna della pistola contro la fronte di Josh “non sono una stupida, ho capito cosa stai cercando di fare e con me non attacca. Ti aspetti davvero che io possa dar retta alle parole del porco che ha approfittato di me in spiaggia? Perché l’hai fatto? Rispondimi adesso”
“Ero ubriaco, te l’ho già detto, non mi ricordo nemmeno quello che è successo in spiaggia”
“Balle!” esclamò la ragazza, furiosa, ripagando le menzogne del giovane con uno schiaffo in pieno volto “queste non sono altro che balle! Vuoi che ti dica io perché lo hai fatto? Lo hai fatto perché sei un arrogante del cazzo, abituato ad avere tutto quello che vuole dalla vita senza il minimo sforzo e per nulla abituato a ricevere una risposta negativa. La tua perfetta famiglia ti ha cresciuto nel lusso più sfrenato, non ti ha mai fatto mancare niente, ha sempre esaudito ogni tuo capriccio e quindi per te è così che funziona la vita: un chiedere ed un avere con un semplice schiocco di dita. E quando non è così, allora ti prendi quello che vuoi con la forza, esattamente come hai fatto oggi pomeriggio. Beh, vuoi sapere una cosa che sconvolgerà la tua visione del mondo? La vita non funziona in questo modo, ed io ora dovrei premere il grilletto e mettere fine alla tua inutile esistenza anziché sprecare il mio fiato, ma sarebbe troppo semplice”
“Non… Non mi sento affatto bene”
“Ohh, sì certo, come no!” Cora rispose con una battutina sarcastica ai gemiti di dolore di Josh “te l’ho detto che non sono così stupida. Questa recita non funziona”.
La giovane si ritrovò costretta a ricredersi nel momento stesso in cui pronunciò l’ultima parola, quando vide il ragazzo contorcersi sul pavimento con del sangue misto a bava che gli usciva dalla bocca; pensò che qualcuno dei colpi che gli avevano inferto doveva avergli provocato un danno a livello cerebrale e, presa dal panico, s’inginocchiò a terra per fare qualcosa. Capì troppo tardi che si trattava di una recita e che le mani del ragazzo non erano più bloccate dalla cintura, ed in un attimo se lo ritrovò addosso, prima ancora che avesse il tempo di gridare il nome del suo coinquilino per richiamare la sua attenzione.
La giovane si divincolò, per nulla intenzionata a farsi sopraffare per la seconda volta, e riuscì ad assestargli un calcio al basso ventre. Si guardò attorno, nel buio quasi più completo, alla ricerca della pistola che aveva perso quand’era stata attaccata a tradimento. Per nessuna ragione al mondo doveva finire tra le mani del suo aggressore, altrimenti per lei sarebbe stata la fine.
La vide poco lontano, vicino all’armadio e provò a raggiungerla per dare al ragazzo quello che si meritava fin dall’inizio; l’aveva quasi raggiunta quando la vide sparire davanti ai suoi occhi e riapparire tra le mani del ragazzo, che si era ripreso dal calcio ed era stato più veloce di lei.
“No!” gridò la giovane, terrorizzata, alzando la mano destra in posizione di difesa e sgranando gli occhi; vide davanti a sé, oltre alla canna della calibro 22 carica, scorrere in fretta tutta la propria vita, e pensò fugacemente che quello era un modo patetico per porre fine ad una vita altrettanto patetica. Ed alla fine aveva dimostrato di essere ancora più stupida di quello che Rich le ripeteva in continuazione.
“Fottiti, troia” sibilò il ragazzo a denti stretti, e premette il grilletto senza alcun tentennamento. In contemporanea, Cora chiuse gli occhi, la mano destra ancora protesa davanti a lei.
Il suono dello sparo riecheggiò tra le pareti della stanza, e con esso la giovane avvertì una fitta lancinante al fianco sinistro; ma era un dolore completamente diverso da quello che si era immaginata, molto più sopportabile, e quando riaprì gli occhi non vide alcun tunnel nero con alla fine una luce accecante, ma bensì la camera da letto e Josh che le puntava ancora contro la canna fumante della pistola.
Capì di essere stata colpita, ma di essere ancora viva. Riguardo a come fosse possibile, non ne aveva la minima idea.
Sentì il rumore di passi concitati sulle scale e vide apparire sulla soglia d’ingresso della stanza la figura alta e magra, ed inconfondibile, di Rich; quest’ultimo vide la ragazza a terra, l’altro ragazzo in piedi con la pistola in mano e capì da solo quello che era successo. E prima che la sua coinquilina potesse gridare di fare attenzione, si scagliò contro Josh, lo bloccò contro il materasso e lo aggredì con uno dei due coltelli che aveva portato con sé.
Cora osservò l’intera scena in silenzio, ancora semisdraiata sul pavimento. Vide Rich pugnalare Josh con una furia cieca, vide la lama abbattersi ripetutamente sul suo petto, sullo stomaco e sul collo fino a perdere il conto dei colpi sferrati, e vide, nonostante la semioscurità, schizzi di sangue finire ovunque. Sul pavimento, sulle pareti, sul soffitto, addosso a Rich. Delle gocce arrivarono perfino al suo viso.
L’omicidio a cui stava assistendo non aveva nulla a che fare con quello della prostituta dai capelli rossi nel vicolo cieco: quello era stato un atto freddo e distaccato, questa invece era una faccenda del tutto diversa, molto più personale.
Dopo aver affondato ed estratto la lama per l’ennesima volta, il giovane si fermò all’improvviso. Aveva il fiato corto come al termine di una lunga corsa, e quando si avvicinò, le narici di Cora vennero pervase dall’odore di sangue misto a quello di sudore.
“Stai bene?” le chiese subito, mentre cercava ancora di riprendere fiato, per poi passarsi il dorso della mano destra sulla fronte “sei ferita?”
“Sì, credo di sì… Mi brucia il fianco sinistro… Io… Sono stata una vera stupida. Mi ha distratta parlando, non mi sono accorta che stava cercando di liberarsi le mani e poi ha finto così bene di stare male che ci sono cascata” cercò di spiegare la ragazza, balbettando di tanto in tanto e tremando “quando mi ha puntato la pistola contro, ho visto passare davanti agli occhi la mia intera vita. Scusami, sono stata ancora una volta una stupida ed ho rischiato di combinare un disastro irreparabile”
“Ciò che conta è che sembra essere una ferita superficiale. Non riesco a vedere bene, ma a quanto pare ti ha presa solo di striscio” commentò Rich, per poi scoppiare in una risatina divertita “non sono ancora riuscito a capire se sei la persona più sfortunata o fortunata del mondo, Cora. Con questa quante volte sono che sei già scampata ad una morte certa?”.
La giovane stava per rispondere, ma venne bloccata da un suono gorgogliante; entrambi i giovani si voltarono in direzione del letto e videro che, incredibilmente ed inspiegabilmente, Josh era ancora vivo. Boccheggiava, stava soffocando nel proprio sangue, ma era ancora vivo.
“Merda, quel figlio di puttana non vuole proprio arrendersi. Questo è da riconoscere” commentò di nuovo il ragazzo; con tranquillità, e del tutto indifferente all’agonia del ragazzo alle proprie spalle, si alzò dal pavimento, recuperò la pistola carica e la porse a Cora “credo che spetti a te l’onore di terminare il lavoro, se te la senti”
“Me la sento, ma metti via quella. Non la voglio usare”
“Ohh, credevo che le lame non ti piacessero affatto. Non eri tu quella ansiosa di provare una pistola?”
“Sì” rispose Cora, alzandosi; non riusciva a vederlo, ma era certa che Rich stesse sorridendo “ma la pistola con lui è sprecata. Questo figlio di puttana non merita una morte così rapida con quello che ha fatto. Merita di soffrire il più a lungo possibile”.
Cora salì a cavalcioni su Josh ed osservò la sua agonia e lo stato pietoso in cui era ridotto senza sentire assolutamente nulla; la stava supplicando con lo sguardo e provò perfino a dire qualcosa, ma dalla bocca non uscì altro che un suono gorgogliante provocato dal sangue che gli usciva dallo squarcio che aveva sulla gola. Non c’era comunque bisogno che parlasse, perché i suoi occhi dicevano già tutto da soli: le stava chiedendo di avere pietà ed era terrorizzato dal pensiero che la sua vita stava per finire in quel modo, nel fiore degli anni, e che non avrebbe mai più rivisto né la sua famiglia né i suoi amici. Non avrebbe visto nemmeno quel futuro luminoso che aveva scritto davanti a sé fin dal giorno in cui era venuto al mondo in una famiglia benestante.
Il ragazzo che quello stesso pomeriggio aveva approfittato del suo corpo e che poco prima le aveva sparato, non uccidendola miracolosamente, le stava chiedendo disperatamente di avere pietà, e lei rispose alla sua supplica muta sollevando il coltello affilato con entrambe le mani e calandolo nel suo petto con tutta la forza che aveva in corpo, gridando a pieni polmoni. Sentì il momento esatto in cui la lama affilata penetrò la carne e lacerò i tessuti come se lei stessa fosse parte del coltello che stringeva tra le mani, ma non provò né disgusto né paura, solo una forte adrenalina che accelerò il battito del cuore e la pressione sanguigna.
Tirò fuori la lama dalla carne e l’affondò una seconda volta, poi una terza, poi una quarta, poi una quinta. Non riuscì a fermarsi fino a quando una mano non le strinse con forza il polso destro, impedendole di affondare il coltello per l’ennesima volta.
“Cora, basta così, non è necessario che continui” l’avvertì Rich “penso che quel figlio di puttana abbia avuto la lezione che meritava. Guarda: ci hai messo così tanta foga che hai piegato la lama del coltello”.
La ragazza si fermò, respirando con le labbra socchiuse per riprendere fiato; sapeva di essere ricoperta di sangue perché sentiva una sostanza viscosa su tutto il corpo, in modo particolare sul viso e sul collo. Guardò in basso, vide il corpo martoriato di Josh per cui non c’era più niente da fare e la lama del coltello così piegata da essere praticamente inutilizzabile. Non si era resa conto di avere usato così tanta forza, e non aveva nemmeno idea di essere così forte.
“Cazzo” mormorò, sconvolta da sé stessa “mi dispiace, Rich, non volevo rovinare il tuo coltello. Scusami”.
Cora sentì Rich ridere divertito per la seconda volta.
“Vuoi scherzare? Chi se ne importa di quel coltello, quello che hai fatto è stato grandioso. Tu sei stata grandiosa, Cora”
“Davvero?” chiese la giovane, voltandosi a guardare il suo coinquilino stupita, perché quella era la prima volta che l’apostrofava con un aggettivo diverso da stupida o sciocca.
“Sì” confermò lui con un ghigno “e personalmente l’ho trovato anche molto eccitante”
“Un po’ mi dispiace per i suoi genitori” commentò la giovane, girando nuovamente il viso verso il massacro che lei ed il suo coinquilino avevano compiuto “ma nulla di tutto questo sarebbe mai accaduto se gli avessero insegnato che quando non riesci ad ottenere qualcosa non bisogna prenderlo con la forza. Pezzo di merda, chissà con quante altre si è comportato in questo modo schifoso per poi aggrapparsi alla scusa di essere ubriaco”
“Non dispiacerti per nessuno di loro, Cora. Alla fine ha avuto solo ciò che meritava. Vieni, c’è un risarcimento da riscuotere”
“Che vuoi dire?”
“Abbiamo una casa da svaligiare. Guarda” Cora seguì Rich prima giù per le scale e poi in salotto, ed il giovane si fermò davanti al divano e puntò il fascio di luce della torcia sulla parete “lo vedi il punto che sto illuminando? Ecco, lì avrebbe dovuto esserci la cassaforte dietro il quadro, ed io non vedo altro che un muro. Quel bastardo figlio di puttana ha provato a fregarci alla grande”
“Prima si è assicurato di allontanare te e poi ha cercato di distrarmi mentre si liberava i polsi. È stata una vera fortuna che avesse una mira orribile. Il padre rimpiangerà amaramente di non aver speso una piccola parte dei suoi soldi per portarlo al poligono di tiro”
“Beh, non so quante speranze avesse dal momento che è riuscito a sbagliare un bersaglio così semplice”.
Cora scoppiò a ridere alla battuta di Rich; il bruciore al fianco sinistro era notevolmente diminuito, segno che era stata ferita solo in modo superficiale, ma era cosciente di essere stata davvero molto fortunata. Se il padre di Josh lo avesse portato a prendere lezioni al poligono di tiro, adesso il suo corpo giacerebbe immobile sul pavimento della stanza, con un proiettile conficcato nella testa e schizzi di materia cerebrale sulle pareti.
“Ha dimostrato di essere ancora più idiota di quello che pensavo”
“Non possiamo che restituirgli il favore. Cerca in giro fino a quando non avrai trovato qualcosa di valore e non preoccuparti di mettere tutto a soqquadro. Sono certo che una famiglia così ricca con una casa delle vacanze avrà di sicuro una donna delle pulizie… Od una squadra di donne delle pulizie”.
La giovane non se lo fece ripetere una seconda volta, e per prima cosa iniziò dal mobile con sopra tutte le foto incorniciate: frugò all’interno di tutti i cassetti e quando non trovò nulla d’interessante rovesciò il mobile e calpestò con cura tutte le foto, rompendo il vetro protettivo. Controllò all’interno di un altro mobile e quando anche quella ricerca si rivelò infruttuosa abbandonò il salotto per spostarsi in cucina, mentre Rich stava cercando in un’altra stanza ancora.
Anche la cucina era più grande di quella della villetta in cui erano stati in precedenza e l’attenzione della giovane venne subito attirata dal frigorifero a due ante; solo in quel momento si rese conto di avere la gola completamente secca ed aprì il frigorifero per cercare qualcosa con cui rinfrescarsi. Scelse una lattina di coca cola tra le varie che c’erano lì dentro e dopo aver mandato giù il primo sorso si sentì subito meglio.
Una volta svuotata la lattina, ricominciò ad ispezionare l’intera stanza; si alzò sulle punte dei piedi per aprire le ante di una credenza e lanciò un piccolo grido alla vista di qualcosa di inaspettato. Subito, dal salotto, si materializzò Rich.
“Hai trovato dei soldi? Qualcosa di valore?”
“No, molto meglio, guarda!” esclamò la ragazza, visibilmente eccitata, mostrando all’altro giovane l’oggetto che aveva in mano; lui lo illuminò con il fascio di luce della torcia e subito corrucciò le sopracciglia.
“È una barretta”
“No, non è una semplice barretta. È uno Snickers. Non puoi capire”
“Infatti non capisco tutta questa euforia per una semplice barretta al cioccolato con caramello ed arachidi”
“Tu non puoi capire” mormorò la giovane, guardando lo snack che aveva in mano come se fosse un piccolo lingotto di oro purissimo “quando andavo a scuola, ogni mattina passavo davanti ad un piccolo emporio che li aveva esposti in vetrina. La mia famiglia aveva a malapena i soldi per arrivare a fine mese la maggior parte delle volte, figuriamoci se mi davano i soldi per prendermi uno snack. Ohh, non ti dico che sofferenza che era passare davanti a quel negozio e non poterci entrare. Molto spesso me ne stavo con il viso incollato alla vetrina a guardare quelle meravigliose barrette con la speranza che qualcuno me ne comprasse una. Nessuno l’ha mai fatto, ovviamente, e qui, invece, ne hanno perfino una scatola intera”
“Cora, quando penso che non possa più succedere, riesci sempre a trovare un nuovo modo per sorprendermi ancora”
“Ohh! Ohh, accidenti!” esclamò la giovane ad occhi spalancati, perché nel frattempo aveva scartato la tanto agognata barretta e le aveva dato un morso “è anche meglio di quello che immaginavo!”
“Bene, sono contento che le tue aspettative non sono state deluse, ma siamo venuti qui per altro. Cerca di non mangiarle tutte” commentò il ragazzo e sparì nuovamente in salotto; Cora non aveva alcuna intenzione di mangiare tutte le barrette, ma di sicuro non sarebbe uscita dalla villetta senza portar via con sé il resto della confezione. Una volta terminato lo snack, gettò la carta nel cestino e riprese con le ricerche. Non passò molto tempo che richiamò di nuovo l’attenzione dell’altro giovane.
“Spero per te che questa volta non si tratti di un’altra barretta, Cora, altrimenti te le faccio ingoiare una dopo l’altra”
“No, molto meglio, guarda” quello che la giovane aveva tra le mani era un banalissimo barattolo di ceramica con impressa la scritta zucchero; v’infilò la mano destra dentro e ne tirò fuori un rotolino spesso di banconote verdi, tutte di grosso taglio “e chi l’avrebbe immaginato che delle persone così ricche avrebbero scelto un posto così banale per nascondere i contanti in casa? Altro che la cassaforte dietro al quadro”
“Più sono ricche le persone e più sono banali e scontate”
“Che cos’hai lì?” domandò la ragazza notando la borsa da palestra che il coinquilino reggeva.
“Non sono riuscito a trovare né contanti né cose di valore, così ho preso degli oggetti che possono essere venduti senza la minima difficoltà e che possono fruttare un po’ di soldi. Peccato, credevo di guadagnarci molto di più”
“Questi non sono male però” ribatté Cora, agitando la mazzetta di banconote “forse non abbiamo trovato molto perché il resto della famiglia deve ancora trasferirsi qui per l’estate”
“Beh, allora possiamo fermarci qui ed aspettarli. Non abbiamo alcuna fretta”
“Stai parlando sul serio?”
“No, Cora, possibile che tu non riesca mai a capire quando una persona parla sul serio e quando, invece, fa una semplice battuta? Dobbiamo andarcene prima che il cielo inizi a schiarirsi, devo solo fare un’ultima cosa”
“Che cosa?” domandò Cora incuriosita, ma Rich non rispose e sparì nuovamente in salotto. Sempre più incuriosita, la giovane lo seguì di nuovo su per le scale e lo vide rientrare nella camera da letto di Josh. Si fermò sulla soglia e lo guardò chinarsi su qualcosa sul pavimento. Capì che stava intingendo l’indice sinistro in una delle diverse pozzanghere di sangue ancora fresco e difatti subito dopo lo vide disegnare qualcosa sulla parete dietro il letto. A causa del buio, e della scarsa illuminazione che proveniva dall’esterno, non riuscì bene a capire di che cosa si trattava.
“Possiamo andare” ad opera conclusa, Rich uscì dalla stanza senza guardarsi indietro. Anche Cora lo seguì senza mai voltarsi: non le importava niente del massacro che avevano compiuto, dell’orrore che avevano lasciato alle proprie spalle e della reazione che il resto della famiglia avrebbe avuto al proprio arrivo; non sentiva assolutamente nulla se ripensava a quello che quel ragazzo aveva passato prima di esalare il suo ultimo respiro. Lui per primo non si era fatto alcuno scrupolo nei suoi confronti in spiaggia. Con ogni probabilità aveva appena salvato chissà quante altre ragazze dal vivere un’esperienza simile alla sua.
In realtà, se ripensava a tutto quello che era appena successo nell’arco di poche ore sentiva ancora l’adrenalina scorrere nelle vene.
Non avvertì né panico né orrore nemmeno una volta salita in macchina, quando nell’abitacolo illuminato vide le condizioni in cui versavano i vestiti che indossava ed il suo coinquilino: aveva il viso ricoperto di sangue ormai raffermo ed era certa che il proprio non versasse in condizioni migliori.
“È stato tutto così… Non so nemmeno come descriverlo a parole” commentò la ragazza, mentre lasciavano la villetta bianca alle proprie spalle insieme ad un intero quartiere ancora ignaro di quello che era successo.
“Te la sei cavata, ma devi imparare a fare più attenzione. Non ti ha fatto impressione?”
“Che cosa?”
“Non lo so… Il sangue… Quello che è successo… Un po’ tutto”
“No” rispose lei, senza la minima insicurezza “ci stavo pensando giusto poco fa, sai? È strano, ma non ho sentito niente, nessun rimorso. Neppure adesso li sento. Penso solo che quel figlio di puttana ha avuto esattamente ciò che meritava, perché è stato lui a cercarsela. E penso anche di avere appena risparmiato a diverse ragazze quello che ho passato io”
“Da prostituta a paladina dei diritti delle donne è un attimo” commentò il ragazzo alla guida con un sogghigno “sei sicura di essere la stessa Cora che conosco? Perché ricordo ancora molto bene il panico e la paura nei suoi occhi quando abbiamo dovuto sbarazzarci della troia dai capelli rossi”
“Acqua passata, anche lei se l’è meritato”
“Te l’avevo detto che una volta lasciato il passato alle proprie spalle niente ti avrebbe più fatto paura. Non è una sensazione meravigliosa? Non ti sembra di avere il mondo intero sul palmo della mano?”
“A proposito di sensazioni meravigliose… Ne hai ancora?”
“Cosa?” alla domanda di Rich seguì il silenzio assoluto “ohh. Ho capito. Ma mi era sembrato di capire che eri contraria a certe cose. Comunque no, non ne ho più, prima l’abbiamo consumata tutta”
“Possiamo fermarci di nuovo in quel posto?” domandò dopo un po’ Cora, sfilando una delle banconote dal mazzetto che teneva in mano insieme alla scatola di snack “questo giro l’offro io”
“Se proprio insisti…” rispose lui, con un sorriso divertito “te l’avevo detto che non te ne saresti pentita. Ci hai già preso gusto, ehh?”.
Cora preferì non ribattere all’insinuazione di Rich perché non aveva detto altro che la verità, e la verità era che sì, ci aveva già preso gusto. Quando la cocaina era entrata in circolo nel suo sistema aveva sperimentato un’euforia che non aveva mai provato prima in tutta la sua breve vita, ed ora che era scivolata via era ansiosa di provarla di nuovo.
Ritornarono prima alla stazione dei bus per acquistare altra droga e poi nel vicolo cieco per consumarla senza essere disturbati da qualcuno, magari proprio da un poliziotto, e questa volta la giovane non girò il viso dall’altra parte quando arrivò il suo turno di bucarsi, al contrario: osservò con attenzione tutto il procedimento, anche il momento in cui l’ago appuntito della siringa bucò l’incavo dell’avambraccio sinistro. Una leggera pressione sullo stantuffo e tutto era finito. La siringa ed il laccio emostatico sparirono e la polvere bianca entrò in circolo molto più velocemente rispetto alla prima volta, poche ore prima.
Quando parcheggiarono la macchina davanti all’hotel in cui alloggiavano, Cora era nuovamente euforica. E non era l’unica: anche Rich era strafatto tanto quanto lei, era solo più bravo a nasconderlo.
I due giovani entrarono nella lavanderia della struttura con l’intenzione di cercare dei vestiti puliti e di buttare nel cesto dei panni sporchi quelli imbrattati di sangue che indossavano; Cora ne approfittò per sedersi sopra una lavatrice spenta e per la prima volta vide le condizioni in cui versava nel riflesso di uno specchio.
“Sembro uscita da un film dell’orrore” commentò ad occhi sgranati, per poi rivolgersi al suo coinquilino “anche tu non hai un aspetto migliore”
“Fammi vedere la ferita al fianco” rispose lui, avvicinandosi. Cora si sfilò la maglietta anziché sollevarla semplicemente, e la buttò nel cesto della biancheria sporca: sul fianco sinistro aveva un taglio obliquo e superficiale, che aveva smesso di sanguinare già da diverso tempo “sei stata davvero fortunata questa volta, te ne rendi conto? Devi ringraziare la pessima mira di quell’idiota, altrimenti adesso non saresti qui”.
La giovane non disse nulla in proposito, e come si era liberata della maglietta allo stesso modo fece sparire anche il reggiseno senza mai staccare lo sguardo da quello di Rich. In quel momento non indossava gli occhiali da sole, ma non riusciva ugualmente a capire se la sua espressione fosse davvero seria o se si sforzava solo di esserlo; doveva approfittarne in ogni caso, altrimenti chissà quando sarebbe ricapitata un’occasione simile.
“Ti piace quello che vedi?” domandò in un sussurro, assumendo quell’atteggiamento provocante che faceva letteralmente impazzire i suoi clienti, e lo vide fare un mezzo sorrisetto.
“Mentirei se dicessi il contrario”
“E dicevi la verità anche prima?”
“Prima quando?”
“Quando hai detto che quello che hai visto è stato eccitante”
“Sì, altrimenti che senso avrebbe avuto dirlo?”
“E allora che cosa stai aspettando? Devo ricordarti che con te il primo giro è offerto dalla casa?”.
Cora vide il sorrisetto sulle labbra di Rich allargarsi e dopo pochi istanti si trasformò nella sua strana risata sgangherata che la riportò bruscamente alla realtà; mai prima di quel momento un uomo le aveva riso in faccia, e quello non era affatto un buon segnale. Non era in quel modo che si era immaginata la scena nella propria mente.
“Il giro gratis dovresti offrirlo al tuo spasimante, con tutti i soldi che ti ha già dato. Questo è tuo” disse il ragazzo, recuperando il reggiseno dal pavimento “d’accordo che dobbiamo lasciare qui i vestiti sporchi, ma non credo che sia una buona idea percorrere la strada da qui all’appartamento completamente nudi. Soprattutto per te”
“Ohh”
“Ma se proprio vuoi, possiamo farlo. Io una volta l’ho fatto, ed è stato piuttosto divertente”
“N… No… Non è il caso” balbettò la giovane, indossando di nuovo in fretta il reggiseno. Sentiva il viso in fiamme ed un imbarazzo che non aveva mai provato prima nella propria vita, e voleva solo chiudersi nella propria camera da letto a rimuginare sulla propria pateticità.
Mentre salivano le diverse rampe di scale, dopo essersi sbarazzati dei vestiti sporchi, continuò a ripetersi che al mondo non poteva esistere una figuraccia peggiore di quella che aveva appena fatto. Di tanto in tanto lanciava qualche occhiata al suo coinquilino e si chiedeva che cosa stava pensando di lei in quel momento. Forse aveva semplicemente frainteso, pensò aggrappandosi ad un esile filo di speranza, forse lui le aveva risposto in quel modo solo perché erano nella lavanderia, un posto in cui chiunque avrebbe potuto entrare in qualunque momento, ed una volta dentro l’appartamento sarebbe stato tutto diverso. Magari sarebbe stato perfino lui a fare il primo passo, sorprendendola.
Si conoscevano da un paio di mesi, ormai, e Cora era convinta che Rich fosse un tipo passionale, sanguigno, come le radici latine che avevano in comune; già riusciva ad immaginare la scena: lui che una volta entrati la prendeva per un braccio, la bloccava contro la porta chiusa e la baciava, afferrandola per il mento e sollevandole il viso. Ancora ricoperti di sangue ormai raffermo. E quello sarebbe stato solo l’inizio: il resto lo avrebbero fatto o sul divano, o su uno dei due letti. O dentro la doccia. O sul pavimento. Od in tutti quanti quei posti. Il dove non aveva alcuna importanza.
Ed invece non accadde nulla di tutto ciò e la flebile speranza a cui la ragazza si era aggrappata svanì quando il suo coinquilino in modo succinto le disse che aveva bisogno di farsi una doccia e sparì nel bagno in comune. E lei rimase impietrita nell’ingresso, con il pomello della porta ancora stretto nella mano destra.
Ma non era intenzionata ad arrendersi, e decise di aggrapparsi ad un’altra speranza, ancora più flebile della precedente: forse Rich voleva essere raggiunto in bagno per fare ‘la doccia’ insieme e spettava a lei il compito di leggere il messaggio fra le righe. Magari aveva frainteso di nuovo.
Anche quell’ultima, ancora più flebile, speranza si spense non appena trovò il coraggio di avvicinarsi alla porta del bagno in comune: quando strinse il pomello e provò a girarlo verso destra non accadde nulla perché era stata chiusa dall’interno. In quel momento capì che non c’era stato nessun fraintendimento tra loro due e nessun messaggio da leggere tra le righe.
Forse, si disse mentalmente. Perché ancora non ci voleva credere.
Aspettò il proprio turno per la doccia immobile in salotto, senza sapere che cosa fare perché nulla stava andando come aveva immaginato ed ormai l’euforia iniziale derivata dalla cocaina era sparita di nuovo, e quando entrò lei in bagno, per la prima volta non chiuse la porta a chiave. Lasciò che la biancheria intima formasse un piccolo mucchietto sul pavimento ed entrò nella doccia. Aprì il getto d’acqua, si strofinò con forza il viso ed i capelli per eliminare qualunque traccia di quello che era successo ed osservò i rivoli di sangue trasformarsi in spirali rosa che sparirono all’interno del tubo dello scarico.
Aspettò sotto il getto aperto dell’acqua che accadesse qualcosa, ma nulla. La porta del bagno non si aprì ed a Cora non rimase altro che uscire dalla doccia, asciugarsi, raccogliere i capelli ed indossare di nuovo la biancheria intima; tornò nello spazio comune della cucina e del salotto e non trovò nessuno. I suoi occhi scuri puntarono in automatico verso la porta della camera da letto di Rich, i suoi piedi la portarono là e stava per bussare, con la mano destra stretta a pugno, quando cambiò idea bruscamente all’ultimo istante.
Che senso avrebbe avuto insistere quando le aveva già fatto capire sia a gesti che a parole che non era interessato? Sarebbe stata solo che un’ulteriore umiliazione, e per quel giorno ne aveva già avute abbastanza.
Allontanò la mano dal legno della porta, lasciò andare il braccio lungo il fianco e si ritirò nella propria camera da letto. Indossò una maglietta pulita e si raggomitolò sotto il lenzuolo, sul fianco sinistro. Incredibilmente, mentre fuori si stava facendo strada il mattino, si addormentò senza la minima difficoltà.
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