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“Passa quando vuoi, tesoro, sai dove trovarmi” Cora salutò con quelle parole e con un sorriso dolce un cliente che era stato particolarmente generoso con lei, ma non appena l’uomo sparì insieme alla sua macchina la sua espressione cambiò completamente. Quelli che si affrettò a nascondere dentro il reggiseno potevano anche essere due biglietti da cinquanta, ma non sarebbe mai riuscita ad abituarsi ai clienti che avevano più del doppio dei suoi anni e che di sicuro avevano delle figlie della sua stessa età.

Ogni volta era costretta a nascondere il disgusto dietro un sorriso ammiccante ed ogni volta sperava sempre che tutto finisse il prima possibile; le prime volte, addirittura, aveva rischiato di vomitare dalla nausea, ma era sempre riuscita a resistere al pensiero della ricompensa, perché in genere i clienti più maturi erano anche i più generosi, e lasciavano delle laute mance. Il prezzo da pagare valeva la ricompensa, ed in fondo non poteva lamentarsi perché ad altre ragazze andava peggio.

A conti fatti, era meglio andare a letto con un vecchio largamente generoso che appartarsi in un vicolo con un uomo più giovane ed attraente per poi ritrovarsi picchiate a sangue e senza un soldo. Di episodi come quello se ne verificavano in continuazione, ed a volte qualcuna non era così fortunata da uscire dal vicolo sulle proprie gambe.

Cora appoggiò la schiena al palo di un lampione e si guardò attorno: la strada era vuota proprio come la notte in cui lei e Rich si erano conosciuti. Era perfino l’unica passeggiatrice notturna in quel momento, e proprio quel particolare così curioso attirò la sua attenzione, e si rese conto che era dalla notte dell’aggressione che non aveva più visto le altre ragazze del quartiere.

Quella con i capelli rossi sapeva che fine aveva fatto, e molto probabilmente a quell’ora il suo corpo brulicava di vermi famelici, ma le altre due che erano con lei?

Nei giorni successivi all’omicidio non le aveva mai viste e nessuna di loro era andata da lei ad avanzare accuse di qualunque genere. Forse dopo la scomparsa della loro amica avevano preferito cambiare zona, optando per una relativamente più sicura, eppure quella sparizione collettiva improvvisa metteva i brividi alla giovane. Forse era solo una coincidenza, ma se si soffermava a pensare a loro, si ritrovava in automatico a pensare anche a Rich.

Possibile che ci fosse lui anche dietro la scomparsa delle altre ragazze?

Il suono di un clacson distolse bruscamente la ragazza dai propri pensieri; con la coda dell’occhio vide che una macchina aveva parcheggiato poco più indietro del lampione e provò ad ignorarla perché non era pronta per andare già con un altro cliente e non ne aveva voglia, ma si ritrovò costretta ad avvicinarsi con un sospiro dopo un secondo colpo di clacson. Indossò il proprio sorriso migliore e si piegò in avanti verso il finestrino aperto del conducente per scoprire che al volante non c’era un altro uomo che avrebbe potuto essere suo padre (o suo nonno, come qualche giorno prima le aveva fatto notare Rich), ma Austin.

Quando lo vide dischiudere le labbra in un sorriso a trentadue denti di pura gioia, il cuore di Cora batté più forte. Non sapeva se il giovane provava qualcosa per lei, non aveva nemmeno mai rivolto quella domanda a sé stessa, ma non poteva negare quanto fosse indubbiamente bello. Austin era il classico ragazzo popolare della scuola per cui tutte le ragazze sospiravano. Quello che tutte avrebbero voluto come accompagnatore per il ballo scolastico.

“Credevo che non ti riavrei più rivisto” disse il giovane, visibilmente sollevato “che fine hai fatto?”

“Lunga storia” rispose lei, sorridendo a sua volta “ma se sei così curioso di ascoltarla te la posso raccontare una volta dentro”.

Austin non se lo fece ripetere una seconda volta: uscì dalla vettura sportiva, prese Cora per mano ed insieme a lei entrarono prima nell’hotel e poi nella solita camera che usavano per i loro incontri.

“Non sai quanto mi sei mancata” mormorò dopo aver chiuso la porta alle proprie spalle, per poi dimostrarlo anche coi fatti; i loro incontri non sembravano quelli tra una prostituta ed un cliente, ma piuttosto quelli tra una coppia di fidanzatini che andava di nascosto in un hotel per avere qualche momento d’intimità, magari perché le rispettive famiglie non erano d’accordo con la loro relazione.

Le piacevano quelle attenzioni, come le carezze sul viso e sui capelli, le ricordavano che non era solo un oggetto sessuale.

“Dio, non sai quanto mi sei mancata” ripeté di nuovo Austin, mentre se ne stavano abbracciati sul letto, con solo le coperte a coprire in parte i loro corpi “ho iniziato a temere che ti fosse accaduto qualcosa di brutto. Che fine hai fatto in questi giorni?”

“Niente di particolare. Sono rimasta bloccata a letto con la febbre alta”

“La febbre alta? Con questo caldo?”

“Sì, incredibile, vero?”

“Non mi stai rifilando una bugia per non farmi preoccupare?”

“Ohh, magari fosse una bugia, non ti auguro quello che ho passato in questi giorni. Credo che sia partito tutto da un cibo guasto”

“Mh-mh, e questo cos’è?”.

Cora si era completamente dimenticata della violenta colluttazione che c’era stata tra lei e l’altra prostituta con i capelli rossi e dei segni che le aveva lasciato sul corpo, ma ad Austin non era sfuggito il livido violaceo che faceva capolino sul fianco sinistro, nel punto esatto in cui la giovane aveva sbattuto quand’era stata spinta a terra nel vicolo cieco. E non era nemmeno il solo. Ne aveva altri di più piccoli su entrambe le braccia.

“Non è niente di serio, lascia perdere”

“Eppure non sembra avere un bell’aspetto. Non dirmi che adesso tirerai fuori la scusa di essere accidentalmente caduta dalle scale”

“Ti posso assicurare che sono una persona molto distratta”

“Chi è stato a ridurti così?” insistette Austin, sfiorando con le dita della mano sinistra il livido sul fianco “un altro uomo?”

“No”

“Guarda che non devi avere paura con me a raccontare la verità, Cora”

“Ti sto già raccontando la verità. Non è stato un uomo a farmi questo, ho avuto un piccolo diverbio con un’altra ragazza della zona, ma ora è tutto apposto. Le altre sono invidiose della nuova arrivata, me lo aveva detto Rich”

Rich? Chi è Rich?”

“Non te ne ho mai parlato? È il mio coinquilino”

“Tu hai un coinquilino?”

“Sì, ormai sono quasi due mesi che condividiamo un appartamento in questo hotel. Lui aveva bisogno di qualcuno con cui dividere le spese ed io di un posto dove stare, così abbiamo fatto un accordo” spiegò Cora senza scomporsi, al contrario di Austin che era allibito.

“Stai dicendo che hai accettato di condividere un appartamento con un tipo che nemmeno conoscevi?”

“Sì”

“Sai che avresti potuto pentirtene?”

“Rich non ha mai avuto nessun comportamento inopportuno nei miei confronti. Lui per primo ha stabilito delle regole ben precise riguardo la nostra convivenza” ribatté immediatamente Cora, prendendo le difese del proprio coinquilino “non si è mai approfittato di nulla”

“Scusami, non volevo offenderti”

“Non saremo qui a parlare se non fosse per lui, perché un paio di mesi fa sono stata aggredita da un uomo a qualche isolato da qui e sono salva solo grazie al suo intervento. È stato in questo modo che ci siamo incontrati. Ed è sempre grazie a lui se sono uscita da altre situazioni poco piacevoli e se riesco a difendermi in qualche modo. Quella purtroppo non è stata l’unica aggressione con cui ho fatto i conti”

“Già, nel giro di pochi minuti me ne hai raccontate già due” mormorò il ragazzo con un’espressione seria. Passò qualche minuto di silenzio, in cui Austin accarezzò i capelli a Cora e Cora rifletté su tutto quello che Rich aveva fatto per lei in poco tempo “ma potrebbe essere tutto diverso se tu lo volessi”.

La giovane spalancò gli occhi, ancora fissi su un punto non definito. Il suo cuore iniziò a battere più forte. Parole simili non promettevano nulla di buono e le riportarono subito alla mente la conversazione tra lei e Rich nel salotto della villetta.

“So che la vita che sto conducendo non è salutare ed è piena di pericoli, ma se mi trovo in questa situazione è perché non ho avuto altra scelta”

“Invece una scelta c’è e te la sto offrendo io” Austin si tirò su col busto e Cora si ritrovò costretta a fare lo stesso. Strinse la mano destra attorno al lenzuolo più per ansia che per coprirsi il petto nudo. L’espressione terribilmente seria del giovane non le piaceva affatto, e quando provò a parlare si rese conto di avere la gola completamente secca.

Così secca che prima di riuscire a spiaccicare delle parole, che le uscirono dalla bocca sottoforma di un sussurro tremolante, si ritrovò costretta a deglutire della saliva.

“Che… Cosa stai dicendo, Austin? Non ti seguo”

“Cora” dio, quant’era terribilmente serio. Troppo, troppo serio. Aveva già capito quello che stava per accadere “è inutile girarci troppo attorno, sarò diretto: tu mi piaci. Mi ero ripromesso di non commettere più l’errore d’innamorarmi, ma poi sei arrivata tu e mi hai letteralmente stregato”.

Cora sentì un macigno cadere sulle proprie spalle. Quella era la fine di un sogno e l’inizio di un incubo, e per l’ennesima volta si ritrovò a pensare che Rich aveva perfettamente ragione. Aveva capito tutto quanto molto tempo prima di lei.

“Mh” nel tentativo di prendere tempo, si alzò dal letto e, con la schiena rivolta verso Austin, iniziò a rivestirsi “e questo… Cosa significherebbe?”

“Significa che ci tengo troppo a te per continuare a vederti fare questa vita senza intervenire in qualche modo”

“I soldi mi servono per pagare l’affitto”

“Non se uscissi da questo posto per sempre” ribatté il giovane, alzandosi a propria volta “Cora, ti sto chiedendo di venire a vivere da me se non lo avessi ancora capito”.

Cora s’immobilizzò con in mano il corto vestito da sera, addosso aveva soltanto il paio di slip neri ed il reggiseno dello stesso colore; sentiva la testa girare, non sapeva cosa dire e non aveva la minima idea di come uscire da quella situazione. In più, anche se non lo vedeva, sentiva addosso lo sguardo speranzoso e supplicante di Austin a cui non voleva spezzare il cuore, ma a cui non voleva nemmeno raccontare una bugia.

“Forse dovresti prenderti un po’ di tempo per riflettere più con calma. Hai detto delle cose fin troppo importanti che non bisognerebbe mai dire con leggerezza. Capisco che sei ancora scottato dalla fine della relazione con la tua ex, ma non è questo il modo di reagire”

“Lei non c’entra nulla in tutto questo, pensi davvero che il mio unico scopo sia di vendicarmi perché l’ho sorpresa a letto con quello che in teoria era il mio migliore amico? Non me ne frega più niente, né di lei né di lui. Da quando ti ho vista per la prima volta la sera del mio compleanno, non esiste più nessun’altra”

“Ci siamo incontrati pochissime volte”

“Ed allora? Che cosa c’entra? Che importanza ha? Non hai mai sentito parlare del colpo di fulmine? Cora” il giovane l’afferrò per il gomito destro, costringendola a girarsi per guardarlo negli occhi. Non era la sola con il cuore che batteva all’impazzata “credo di essermi innamorato di te nel momento stesso in cui ti ho vista entrare dalla porta di quella camera, sono sicuro di quello che sento e non posso lasciarti fare questa vita. Vieni via con me, non hai nulla che ti tiene legata qui”.

Ohh, no, si ritrovò a pensare la ragazza mentre osservava Austin, riguardo a quello non poteva avere più torto. Non era vero che non c’era nulla a tenerla vincolata a quell’hotel.

E mentre formulava quel pensiero le tornò di nuovo alla mente una parte della conversazione che lei e Rich avevano avuto nella villetta: quando avevano parlato di Austin, lui le aveva chiesto in modo diretto se provava dei sentimenti nei suoi confronti e lei non era stata in grado di dare una risposta. Ora, invece, era arrivato proprio il momento di fare i conti con quella fatidica domanda.

Austin era senza alcuna ombra di dubbio un bellissimo ragazzo, con lui avrebbe trovato una stabilità economica che nessuna si sarebbe lasciata sfuggire, non le era indifferente, ma provava davvero qualcosa per lui? Anche per lei il loro incontro era stato un colpo di fulmine? Anche lei si ritrovava a desiderare ardentemente che il loro prossimo incontro arrivasse il prima possibile?

“No” mormorò Cora, scuotendo piano la testa “no, Austin, mi dispiace. Ma non posso”

“Come?” domandò lui, confuso, sbattendo le palpebre. Adesso era arrivata la parte più difficile, perché qualunque cosa avesse detto gli avrebbe comunque spezzato il cuore “ma… Per…”

“Smettila” la ragazza si liberò dalla presa e gli voltò di nuovo le spalle, perché era più facile parlare senza essere costretta a guardarlo negli occhi e vedere la tristezza mista al dolore ed alla disperazione “basta, non voglio più sentire un’altra parola simile. Non so perché ti sei fatto quest’idea, ma è solo una tua fantasia a senso unico, io non ti ho mai incoraggiato in nessun modo e di certo non provo quello che provi tu. Io non ho fatto altro che il mio lavoro”

“Cora, ma… Io… Io credevo che anche per te…”

“Ti sei fatto un’idea completamente errata”

“E tutte le ore che abbiamo trascorso a parlare?”

“Quello non è stato altro che un servizio come un altro”

“Per me non è stato così, non l’ho mai considerato come un servizio e non ho nemmeno mai pensato di fare sesso con te. Per me è sempre stato fare l’amore”

“Sì, con l’unica eccezione che di solito un ragazzo non deve pagare una ragazza per parlare con lei e per fare l’amore insieme. Non ho altro d’aggiungere riguardo a questa questione, quindi è meglio chiuderla qui perché sta diventando abbastanza imbarazzante. Puoi lasciare i soldi sopra il comodino e poi sei libero di andare. Stammi bene”.

Passarono diversi, interminabili, minuti di silenzio assoluto in cui Cora si ritrovò costretta a resistere alla tentazione di girarsi o di alzare lo sguardo sullo specchio che aveva davanti a sé; pregò con tutta sé stessa che Austin non continuasse ad insistere e fortunatamente la sua preghiera venne accolta: sentì il giovane sospirare, poi un fruscìo ed infine il rumore di una porta che si apriva e chiudeva. Aspettò ancora qualche istante, per sicurezza, ed alla fine si voltò e scoprì di essere sola.

Sopra il comodino c’erano delle banconote e nella stanza nessun altro al di fuori di lei; il fruscìo che aveva sentito era stato provocato dai soldi quando lui li aveva posati lì, e dopodiché se ne era andato, obbedendo alla sua richiesta.

Gli occhi le si riempirono di lacrime e per un attimo provò l’impulso di uscire di corsa ed inseguire il ragazzo prima che sparisse per sempre; qualcosa le diceva che non avrebbe mai più rivisto Austin. Si sentiva un mostro per come si era comportata nei confronti di una persona che era sempre stata gentile con lei, ma sarebbe stata ancora più un mostro ad illuderla per niente.

Sì, con Austin tutti i suoi problemi sarebbero finiti, ma al di là dell’attrazione fisica non provava niente per lui. E non sapeva che cosa farsene di un’esistenza vuota e grigia, seppur nel lusso. Presto o tardi si sarebbe ritrovata imprigionata in una gabbia dorata.

Gli aveva spezzato il cuore solo per il suo bene, eppure quel pensiero non la faceva stare affatto bene. Si sentiva comunque una merda.

Anziché vestirsi, la giovane lasciò cadere a terra il corto abito da sera e si diresse verso il bagno. Prima di uscire dalla camera e fare qualunque altra cosa, aveva bisogno di una bella doccia fresca. Forse l’avrebbe aiutata a liberarsi dalla vergogna e dal senso di colpa.










Cora rientrò nel proprio appartamento a mattina inoltrata, ed incredibilmente trovò Rich in cucina.

“Buongiorno” disse lui mentre lei richiudeva la porta e si appoggiava al legno con la schiena “finalmente per una volta ho io l’onore di chiederti dove sei stata per tutto questo tempo”

“Ero qui, con Austin”

“Ahh, il tuo principe azzurro non voleva proprio lasciarti andare questa volta. Ha decisamente voluto recuperare il tempo perduto. Sono sorpreso di vedere che sei in grado di stare in piedi sulle tue gambe e di camminare senza alcuna difficoltà”

“Non abbiamo trascorso tutto il tempo nella camera, mi ha anche portata a fare colazione” mentì Cora, perché per il momento non aveva alcuna intenzione di rivelare al suo coinquilino cos’era realmente accaduto tra lei ed il suo ex cliente “poi, quando ci siamo salutati, sono andata a fare un giro ed ho preso questo per te”.

La ragazza si avvicinò al tavolo della cucina e vi posò sopra il pacchettino piccolo e sottile che fino a quel momento aveva stretto tra le mani, vicino al piatto con uova strapazzate e pancetta che l’altro giovane stava mangiando per colazione.

“Per me?” domandò Rich, spostando lo sguardo dal pacchetto in questione al viso di Cora “e per cosa?”

“Mentre io ed Austin parlavamo, è venuto fuori il tuo nome e gli ho raccontato di te. Non è stato molto contento quando ha saputo che ho accettato di condividere questo appartamento con te poche ore dopo esserci incontrati, ma gli ho spiegato che se non fosse stato per te in quel momento non ci sarebbe stata nessuna conversazione tra me e lui. Mi sono resa conto che non sarei qui se non fosse stato per te in diverse occasioni, e non sono ancora riuscita a ringraziarti in nessun modo”

“Ed io non so se dovrei essere lusingato o sconcertato adesso che so che quando sei con il tuo principe azzurro pensi a me” commentò Rich per poi aprire il pacchetto; strappò la carta da regalo e si ritrovò tra le mani un’audiocassetta.

“Mentre camminavo per cercare qualcosa per te sono passata davanti ad un negozio di musica. So quanto ti piace la musica rock, così ho chiesto consiglio al commesso e lui mi ha suggerito questo. Ha detto che non potevo sbagliare”

“Infatti è il mio album preferito” disse il ragazzo, rigirandosi tra le mani la piccola custodia e soffermandosi a leggere i nomi delle tracce sul retro “e l’ultima canzone è la mia preferita in assoluto. Ho una copia identica a questa in camera. L’ho presa ancora sei anni fa, quando  è stato pubblicato”

“Ohh!” esclamò Cora, senza riuscire a nascondere la propria delusione nei confronti del regalo che non aveva avuto l’effetto sperato “beh, non ha alcuna importanza perché quello a cui ho pensato per ringraziarti non finisce qui. Questo doveva essere solo un piccolo anticipo. Guarda, Austin oggi è stato particolarmente generoso con me e prima di lui ho incontrato un altro cliente altrettanto generoso, ed in una sola notte ho guadagnato tutto questo”.

La giovane mostrò al suo coinquilino il rotolo consistente di banconote che era riuscita a guadagnare, tutte quante da cento, ma lui non si dimostrò particolarmente impressionato.

“E quindi in quale modo hai pensato di spenderli?”

“Divertendomi e divertendoci” rispose lei “oggi è una giornata stupenda, qui dentro si muore dal caldo e non abbiamo alcun impegno. Tanto vale trascorrerla in spiaggia, non sei d’accordo? Ho già comprato tutto io, dai costumi da bagno agli asciugamani, non devi pensare a nulla… A meno che tu non abbia già un altro impegno”.

Detto ciò, la giovane rimase in silenzio, in trepidante attesa di una risposta da parte del suo coinquilino che la stava ancora fissando senza nessuna espressione particolare sul viso; sentiva il cuore battere con forza, come quando Austin le aveva confessato di essersi innamorato di lei, e temeva di ricevere un netto rifiuto da un momento all’altro.

“D’accordo” rispose Rich dopo quella che agli occhi di Cora apparve come un’eternità, suscitando la sincera sorpresa della giovane “lasciami solo il tempo di finire la colazione e di prendere una cosa in camera, poi possiamo partire”

“D’accordo”

“Lo so, questo l’ho già detto io” rispose il ragazzo con un mezzo sorriso che contribuì solo ad accelerare ancora di più il battito di Cora ed a farla avvampare “non è necessario che ripeti le mie stesse parole”

“Sì, lo so, era solo per confermare. Ti lascio il costume e l’asciugamano che ho scelto per te, vado a cambiarmi” Cora parlò velocemente ed altrettanto velocemente si rifugiò nella propria camera; una volta chiusa la porta, appoggiò la fronte al legno e prese un respiro profondo e tremolante. La confessione disperata di Austin le aveva fatto capire che non provava niente per lui perché era già attratta da qualcun altro, e quel qualcuno era proprio il suo coinquilino. Ed ora si stava comportando come una stupida ragazzina alle prese con la sua prima cotta e rischiava di rovinare tutto.

Soprattutto perché non aveva idea se lui ricambiava o meno. Quella giornata doveva servire per chiarire quale era con esattezza la natura del loro legame. In teoria, l’idea era di trascorrere una giornata bella e rilassante, al termine della quale avrebbe trovato il momento adatto per confessare a Rich che non riusciva più a vederlo semplicemente come il ragazzo con cui condivideva lo stesso appartamento. Non dopo il momento d’intimità che avevano avuto.

Non ne avevano mai parlato, e lui si comportava come se tra loro due non fosse accaduto nulla. Come se non gli avesse mai proposto di farle compagnia, come se non avessero mai diviso lo stesso letto, come se non…

“Cora!” la ragazza venne riportata alla realtà da una voce che chiamava il suo nome e da un colpo alla porta “si può sapere che cosa stai facendo lì dentro? È da un’eternità che ti sto aspettando. Muoviti, altrimenti ci ruberanno i posti migliori!”

“A… Arrivo subito!” esclamò lei, lasciando momentaneamente da parte qualunque pensiero; cercò di cambiarsi il più in fretta possibile per non irritare ulteriormente Rich, indossò il costume, una canottiera, degli shorts in jeans, legò i capelli con un elastico ed uscì dopo pochi minuti. Il suo coinquilino la stava aspettando con la schiena appoggiata alla porta d’ingresso dell’appartamento e con un’aria spazientita, e nel frattempo si era acceso una sigaretta. Una semplice sigaretta per una volta.

“Finalmente” commentò lui, dopo aver buttato fuori dalle labbra una boccata di fumo “perché ci hai messo così tanto?”

“Non… Non sapevo cosa indossare”
“Ahh, già, perché immagino tu abbia un armadio così grande e fornito d’avere l’imbarazzo della scelta. Guarda che stai andando in spiaggia, non ad un appuntamento galante con il tuo principe azzurro estremamente generoso”.

Cora non rispose alla provocazione e si soffermò a guardare l’oggetto che il giovane aveva con sé: la cosa in questione che doveva prendere dalla propria camera, menzionata poco prima, consisteva in uno stereo nuovo di zecca, che dava l’impressione di essere appena uscito da un negozio.

“E quello?”

“Vuoi andare in spiaggia senza avere con te della buona musica?”

“Intendevo dire, da dove viene?”

“È stata un’occasione che non ho potuto lasciarmi sfuggire” la spiegazione di Rich non aveva soddisfatto la curiosità di Cora, ma non disse nulla a riguardo, e non disse nulla a riguardo nemmeno quando, fuori dall’hotel, entrarono in una macchina totalmente diversa dalla Chevrolet nera in cui era salita giorni prima; ormai aveva capito che c’erano cose su cui era meglio non fare nessuna domanda, e poi non aveva alcuna voglia di dare inizio ad una discussione. Voleva solo godersi la giornata e trovare in qualche modo il coraggio di confessare i propri sentimenti  a Rich come Austin aveva fatto con lei, sperando in un finale migliore.

E poi, beh, pensò la giovane mentre il suo coinquilino accendeva il motore della macchina e prendeva un’altra sigaretta, lui rubava e probabilmente era immischiato in un traffico di stupefacenti od in qualche altro affare losco, lei vendeva il proprio corpo per soldi a uomini molto spesso ripugnanti. Insieme avevano ucciso una prostituta e nascosto il suo cadavere per non avere guai, e nell’arco della stessa notte si erano introdotti in una villetta e si erano comportati come i padroni di casa, quindi chi era lei per giudicare le azioni di lui?

Non erano poi così diversi loro due, dopotutto.










Fortunatamente, al loro arrivo i posti migliori non erano ancora terminati ed i due giovani si affrettarono a scegliere quello che preferivano ed a distendere gli asciugamani appena comprati prima di essere preceduti da qualcun altro.

Cora si prese qualche istante per osservare l’intero panorama con le labbra socchiuse, meravigliata: davanti a lei c’era la sabbia calda, baciata dai raggi del sole alto nel cielo, l’oceano blu e le sue onde che si abbattevano contro la riva, ed alle sue spalle, invece, a distanza di diversi metri, c’era un largo marciapiede, palme altissime e poi ricominciava la città, coi suoi edifici vertiginosi.

Dinanzi quel panorama da cartolina era impossibile pensare che c’erano quartieri malfamati come quello in cui viveva lei, in cui anche un semplice sguardo di troppo poteva equivalere ad una condanna a morte, eppure era tutto vero. Quella che stava osservando lei non era altro che una facciata patinata della città. Meravigliosa, sì, ma fungeva solo da maschera per coprire quello che davvero accadeva al suo interno.

La giovane si guardò attorno e notò subito un gruppetto di ragazzi attorno alla sua età; era impossibile non notarli col rumore che stavano facendo. Li osservò ridere e scherzare tra di loro ed avvertì una punta d’invidia: poteva anche fingere di essere come loro, ma una volta terminata la giornata loro avrebbero continuato ad essere un gruppo spensierato di amici con famiglie amorevoli ed uno splendido futuro davanti ai loro occhi, mentre lei avrebbe ripreso ad indossare tacchi alti, vestiti succinti ed a battere sul marciapiede davanti l’hotel.

A meno che non avesse dato una risposta diversa ad Austin. Solo in quel caso anche la sua vita si sarebbe trasformata in qualcosa di simile a quelle di quei ragazzi. Aveva avuto la propria occasione, ma l’aveva rifiutata per principio morale; aveva spezzato il cuore ad Austin e lo aveva perso per sempre. Era certa che non lo avrebbe più rivisto nei pressi dell’hotel per trascorrere ancora una notte insieme.

Alla sua sinistra, al contrario di lei, Rich non perse un solo istante e si sfilò subito la maglietta nera che indossava, per poi sdraiarsi sull’asciugamano.

“L’ho sempre detto e continuerò a dirlo: le spiagge qui sono le migliori”.

Quando Cora abbassò lo sguardo si rese conto che Rich aveva solo il costume da bagno addosso e notò anche che aveva il viso rivolto verso lo stesso gruppetto di ragazzi poco lontani da loro. Non ci mise molto a capire che il suo sguardo ed il suo commento erano rivolti in modo particolare alle ragazze che facevano parte di quel gruppetto, ed avvertì un’altra fitta.
“Credevo che le spiagge da queste parti ti piacessero per il panorama”

“Ohh, sì, e difatti è quello che sto ammirando”

“Non vorrei mai essere nei panni della tua ragazza” le parole le uscirono dalle labbra prima che potesse collegare la bocca al cervello; quando si rese conto di quello che aveva detto era ormai troppo tardi, e Rich si voltò a guardarla con un’espressione confusa.

“Non ho mai detto di avere una ragazza”

“Non hai una ragazza?” di nuovo, le parole le uscirono di getto dalla bocca. Non sapeva perché ma non riusciva a controllarsi, col rischio di rovinare tutto.

“No. Mai avuta”

“Perché?”

“Perché sono affari miei, abbiamo finito con questo interrogatorio? Sbaglio o sei stata la prima a dire che volevi trascorrere una giornata rilassante in spiaggia?”

“Era solo per parlare”.

Rich sbuffò, indossò un paio di occhiali da sole, accese la radio e si sdraiò sull’asciugamano; Cora rimase seduta sul proprio, con le braccia avvolte attorno alle gambe e le ginocchia contro il petto. Osservò per un po’ l’oceano e la gente che passeggiava, con la brezza che le accarezzava il viso, e poi abbassò di nuovo il viso verso sinistra. Vide il petto del suo coinquilino che si alzava ed abbassava piano, segno che si era addormentato.

Teneva le braccia piegate dietro la testa per cui non riusciva a vedere se aveva ancora dei segni sugli avambracci, ma in compenso notò che aveva dei lividi che facevano capolino sulla pelle abbronzata. Alcuni sulle gambe, altri sulle braccia ed uno particolarmente grande sul fianco sinistro, come se fosse caduto di peso sul pavimento od avesse sbattuto contro un mobile. Tutti quei lividi dovevano aver a che fare con le sue uscite notturne, e Cora si ritrovò costretta a mordersi l’interno delle guance per resistere alla tentazione di chiedergli qualunque cosa a riguardo. Tanto già sapeva che non avrebbe avuto alcuna risposta in merito.

Sollevò lo sguardo e si concentrò sul viso, sui lineamenti, come aveva fatto nel salotto della villetta, ma non notò nessun particolare nuovo. Desiderava sapere di più sul suo conto, ma Rich era un libro scritto in una lingua che non riusciva a decifrare. E quando lo guardava negli occhi e lui ricambiava lo sguardo, non riusciva mai a vedere oltre le iridi scure, così nere che a volte quasi si confondevano con le pupille.

Si sarebbe accontentata di poco, almeno di riuscire a capire che cosa pensava sul suo conto. Se la riteneva davvero solo una stupida ragazzina, come le ripeteva in continuazione, oppure no. Almeno così avrebbe capito se poteva parlare o se era meglio restare zitta per non fare la peggior figuraccia della propria vita.

“Sei intenzionata ad osservarmi in quel modo ancora per molto?”.

La ragazza sussultò e le sue guance si tinsero di un rosso acceso mentre il ragazzo girava il viso verso di lei, senza togliersi gli occhiali da sole. Adesso non doveva più preoccuparsi di andare incontro alla peggior figuraccia della propria vita perché l’aveva appena fatta.

“Ti sbagli, non ti stavo fissando” era tutto inutile, ma provò lo stesso a negare l’evidenza ed abbassò il viso nella speranza che lui non notasse il rossore sulle guance.

“No? A me è parso tutto il contrario invece”

“Ti sbagli”

“Sei strana oggi. Più strana del solito” commentò Rich, e Cora si sforzò di resistere all’impulso di replicare che tra loro due non era certo lei quella strana “muoviti piuttosto a toglierti i vestiti. Sei l’unica in spiaggia a non essere in costume”

“Mh” mugugnò la giovane, senza però muoversi di un millimetro.

“Qual è il problema?”

“Non c’è nessun problema”

“Allora togliti quei dannati vestiti prima di scioglierti completamente al sole”.

Alla giovane non rimase altro da fare che togliersi la canottiera e gli shorts in jeans che indossava, rimanendo con addosso solo il costume da bagno; nel negozio in cui era entrata ne aveva visti di diversi appesi ad una parete, ed alla fine la scelta era ricaduta su un costume a due pezzi, rosso. La commessa che l’aveva gentilmente aiutata le aveva suggerito quel colore acceso perché si sposava benissimo con la sua pelle abbronzata.

Cora guardò Rich.

Avrebbe dato qualunque cosa perché in quel momento non indossasse gli occhiali da sole. Era impossibile scorgere il suo sguardo dietro quelle lenti così scure.

“Visto? Non è stato niente di così difficile” commentò lui con un mezzo sorrisetto “proprio non ti capisco quando ti comporti in questo modo. Che cosa ti è preso?”

“Li vedi quei ragazzi?” chiese la giovane, guardando per l’ennesima volta il gruppo di amici poco lontano da loro “è già un paio di volte che alcuni di loro mi fissano, uno in modo particolare. Sembra quasi che sappiano chi sono”

“Li hai mai visti prima? Hai mai incontrato qualcuno di loro di notte?”

“No, mai”

“Ed allora stai parlando di una cosa che non ha alcun senso”

“Lo so, ma tu non hai mai l’impressione che quello che fai ti resti in qualche modo appiccicato addosso? A volte, quando cammino per strada e vedo un ragazzo che mi guarda, mi sembra di avere un cartello lampeggiante sopra la mia testa con scritto sono una troia. A te non capita mai?”

“No, perché mi sento apposto con me stesso e con la mia coscienza, ma è carina la storia del cartello lampeggiante”

“Guarda che sono seria”

“Anche io sono serio, Cora, e continuo a non capire perché sei finita a fare questa vita con tutti i problemi che ti fai”

“Te l’ho già spiegato una volta. Perché non avevo altra scelta” mormorò la giovane, stringendosi di nuovo le ginocchia contro il petto; calò il silenzio tra i due giovani, rotto solo dallo stereo che in quel momento stava trasmettendo Rock you like a hurricane degli Scorpions, e Cora si ritrovò a pensare di nuovo ad Austin ed alla possibilità che aveva avuto per dare un taglio netto alla vita ai margini della società che stava vivendo. Si chiese che cosa stava facendo in quel momento, se stava male e quanto stava male. Una parte di lei desiderava rivederlo almeno un’ultima volta per spiegargli meglio tutto quanto, ma non avrebbe fatto altro che prolungare la sua sofferenza.

Le dispiaceva essere stata così fredda, così stronza, nei suoi confronti, ma non era colpa sua se non ricambiava i suoi stessi sentimenti.

“Cora” la giovane girò il viso di nuovo verso il suo coinquilino quando lo sentì pronunciare il suo nome “i ragazzi che incontri per strada e quelli laggiù non ti guardano perché qualcosa in te fa capire quello che fai di notte. Ti guardano perché potresti essere la fantasia erotica di chiunque”.

Cora non sarebbe rimasta affatto sorpresa se il suo cuore fosse esploso in quello stesso momento; le parole di Rich l’avevano colta così alla sprovvista che per qualche istante rimase in silenzio con gli occhi spalancati, e quando finalmente stava per chiedergli se lo stesso valeva anche per lui, le venne impedito da una voce femminile che esclamò un Hey! in forma di saluto. Entrambi i giovani si girarono e si trovarono davanti una delle ragazze che appartenevano al gruppetto di amici. Era alta, più alta di Cora, bionda e teneva un pallone da spiaggia sotto il braccio destro.
Nessuno dei due l’aveva vista avvicinarsi perché troppo presi dalla conversazione.

“Hey, mmh… Spero di non aver interrotto nulla d’importante. Io ed i miei amici stavamo per fare una partita a beach volleyball ma ci siamo resi conto di essere un po’ a corto di giocatori, volete unirvi a noi?”

“No” la risposta secca di Rich lasciò la giovane perplessa e la spinse a ripetere la stessa domanda anche a Cora; quest’ultima lanciò un’occhiata in direzione del resto del gruppetto e vide qualcuno fare dei cenni di saluto verso loro. Vide anche che uno dei ragazzi la stava fissando ancora, con una certa insistenza.

“Perché no?” rispose alla fine con un sorriso, decisa a sfruttare l’occasione che si era creata, per poi voltarsi verso il suo coinquilino che nel frattempo si era di nuovo sdraiato con le mani sulla nuca “per te è un problema?”

“Per quel che mi riguarda sei libera come l’aria” rispose lui, in tono monocorde e con il viso rivolto verso il cielo.

Cora avvertì una punta di delusione. Sperava in una risposta diversa, ma non si lasciò comunque abbattere. Si alzò dall’asciugamano e seguì la ragazza bionda con un sorriso mentre lei sorrideva a sua volta.

“Sono arrivata al momento sbagliato, eh?” domandò mentre si avvicinavano al gruppetto “il tuo ragazzo è di pessimo umore perché stavate discutendo?”

“No, non stavamo discutendo” rispose Cora, lanciando un’occhiata alle proprie spalle. Rich se ne stava sdraiato ad ascoltare la musica ed a prendere il sole, non l’aveva nemmeno guardata allontanarsi “e no, lui non è il mio ragazzo”

“Ohh!” esclamò la bionda, rendendosi conto dell’errore commesso “merda, argomento spinoso, eh?”

“Non so nemmeno io come rispondere a questa domanda” disse la giovane con un sorrisetto tirato sulle labbra.











Cora dimenticò la delusione non appena la ragazza bionda la presentò al suo gruppo di amici; tutti quanti l’accolsero con un sorriso e presentandosi, e subito dopo iniziò la partita di beach volleyball seguita da una battaglia in acqua.

Non aveva mai riso così tanto come con quei ragazzi che aveva appena conosciuto, e per una volta si sentì come qualunque altra ragazza spensierata della sua età con il proprio gruppetto di amici di scuola; nessuno di loro sospettava minimamente della vita che conduceva e lei almeno per un pomeriggio voleva sentirsi una come tutte le altre.

Avvertiva una piccola fitta di delusione solo quando lanciava un’occhiata verso Rich e vedeva che lui non guardava mai dalla sua parte; non aveva mai incrociato il suo sguardo una sola volta perché non si era mai mosso di un solo millimetro. Quando le aveva detto sei libera come l’aria era stato un modo indiretto per dirle che non gl’importava un bel niente di quello che faceva.

Al termine della battaglia in acqua, quando si riunirono per bere delle birre fredde che avevano portato dentro un frigo da campeggio, provò a lanciare un’altra occhiata in direzione del coinquilino soltanto per scoprire che si era tirato su col busto per fumare una sigaretta ed aveva il viso girato leggermente verso sinistra; nonostante avesse ancora addosso gli occhiali da sole, la giovane capì che stava seguendo con lo sguardo due ragazze bionde che stavano chiacchierando e passeggiando vicino all’acqua ed avvertì un’altra fitta.

Guardò meglio le due ragazze, probabilmente due amiche.

Non aveva nulla a che fare con loro: quelle erano alte, bionde e magrissime; avrebbero potuto essere delle modelle professioniste. Anche lei era esile, ma era piccola, con gli occhi scuri, i capelli neri e la pelle olivastra come quella di Rich.

Loro avrebbero facilmente potuto essere la fantasia erotica di chiunque, non lei. Ed era palese, anche se non ne avevano mai parlato, che lui era attratto da quel tipo di ragazza. Bastava vedere come le stava seguendo con lo sguardo in quel momento.

Ed allora perché c’era stato quel momento d’intimità tra loro due?

“Ti piace il tramonto?” Cora sentì un braccio attorno alle proprie spalle: apparteneva al ragazzo che l’aveva fissata diverse volte, e che ora si era seduto a gambe incrociate sulla sabbia vicino a lei “conosco un posto da cui si può ammirare meglio, ti va di venire?”.

Ovviamente era una scusa, ma alla giovane non importava; lanciò un’ultima rapida occhiata in direzione di Rich e poi annuì con un sorriso al ragazzo. Lui si alzò, lei lo imitò e lo seguì lontano dal gruppo che stava ancora bevendo e chiacchierando. Per un attimo avvertì la tentazione di girarsi ancora una volta, ma la scacciò via perché tanto avrebbe visto ancora Rich impegnato a guardare altro.

Camminarono per diversi minuti, coi piedi accarezzati dall’acqua salata dell’oceano che s’infrangeva sulla spiaggia, e ben presto il resto del gruppo si trasformò in un puntino lontano fino a sparire del tutto; anche le loro voci e risate svanirono nel silenzio. Erano rimasti solo loro due, con l’unica compagnia del suono delle onde e del verso di alcuni gabbiani.

Il ragazzo la portò vicino ad alcuni scogli, e lì si fermò e le disse di guardare il mare; Cora obbedì e rimase incantata dallo spettacolo che si ritrovò davanti agli occhi: le sfumature rosse, arancioni e viola si riflettevano sulla superficie trasparente dell’acqua e con esse anche il sole che lentamente stava scendendo al di là della linea dell’orizzonte. Dinanzi a quella meraviglia indescrivibile si lasciò scappare un piccolo mormorìo meravigliato.

“È bellissimo” disse senza riuscire a staccare gli occhi dal tramonto “credo di non avere mai visto uno spettacolo più bello di questo”

“Ti correggo, perché io ce l’ho proprio qui davanti”.

Cora si voltò e si ritrovò il ragazzo alle proprie spalle, che la stava fissando negli occhi; si lasciò prendere il viso tra le mani e baciare, ma quando lo sentì scendere con le mani lungo i fianchi nudi e fermarsi sugli slip del costume allora lo bloccò, interrompendo il bacio e posandogli una mano sul petto.

“No” mormorò, scuotendo la testa con un sorriso imbarazzato “questo no”

“Perché? Dai…” provò ad insistere il ragazzo “non c’è nessuno al di fuori di noi due e lo hai detto anche tu che non hai mai visto un tramonto così bello. Lo hai mai fatto in riva all’oceano?”

“No, magari un giorno ne avrò voglia, ma non adesso” insistette a sua volta la giovane e si ritrovò a dover allontanare le mani del ragazzo una seconda volta. Si era resa conto solo in quel momento che parlava strascicando le parole e puzzava fin troppo di birra. Aveva esagerato con l’alcol e quella situazione non le piaceva affatto. Lanciò un’occhiata alle proprie spalle, ma non vide nessuno. Aveva ragione lui, in quella parte della spiaggia c’erano solo loro due “e poi non ti conosco. Non so nemmeno il tuo nome”

“Però mi hai seguito senza alcun problema. Non dirmi che hai creduto alla scusa del tramonto. Avanti, ho visto come ricambiavi i miei sguardi. Non fare la difficile, so che lo vuoi anche tu”

“Ho detto che non voglio!” quando il giovane provò a toccarla per la terza volta, allungò la mano destra per dargli uno schiaffo. Lo colpì con così tanta forza da graffiarlo con le unghie e lasciargli dei segni rossi; da uno di essi uscirono delle gocce rosse che il ragazzo si ripulì con il dorso della mano destra “questo è stato solo un avvertimento. Se provi a toccarmi ancora, sarò costretta a colpirti ancora più forte. Io me ne torno indietro”.

Cora voltò le spalle al ragazzo, intenzionata a tornare da Rich, senza rendersi conto dell’errore che stava commettendo; se ne rese conto troppo tardi, quando si sentì afferrare per un braccio e si ritrovò a sbattere contro la superficie frastagliata di uno scoglio. Non ebbe nemmeno il tempo di riprendere fiato e di capire quello che stava succedendo che venne raggiunta da due schiaffi, uno sulla guancia destra ed uno su quella sinistra, così forti da farle girare la testa e da ritrovarsi con il gusto del sangue in bocca.

Provò a scappare, correndo, ma venne afferrata di nuovo, questa volta per i capelli. Lanciò un grido di dolore, con la speranza di essere sentita, ma non arrivò nessuno in suo soccorso: erano troppo lontani dagli altri, e qualunque suono si confondeva con quello delle onde dell’oceano e del verso dei gabbiani.

La cruda realtà trafisse la giovane come la lama affilata di un coltello: era sola. Nessuno sarebbe arrivato in suo soccorso, doveva cavarsela solo con le proprie forze. Doveva mettere in atto gl’insegnamenti di Rich, ma tra la teoria e la pratica c’era una differenza abissale.

“Dove credi di andare? Avanti, non fare la difficile, so che lo vuoi anche tu”

Vaffanculo” sibilò la giovane a denti stretti, e quando l’altro allungò la mano destra lo ripagò con un morso sul braccio; provò a scappare di nuovo, era quasi sicura di avercela fatta, ma venne bloccata di nuovo: il ragazzo le si gettò contro, interrompendo bruscamente la sua corsa, facendola cadere a terra, il viso contro la sabbia. La girò bruscamente a pancia in su e la colpì di nuovo in pieno volto, ripagandola per il morso di poco prima.

Troia! Adesso te la faccio pagare. Cerca di startene buona, altrimenti le cose si mettono male per te” la minacciò il ragazzo, rosso in viso, alterato dall’alcol e con il volto contratto in una smorfia di rabbia, ma la ragazza era tutt’altro che intenzionata ad obbedire; iniziò a scalciare ed a dibattersi nella speranza di riuscire scappare, iniziò anche ad urlare nella speranza di essere sentita da qualcuno. Sperava ancora che Rich arrivasse al momento giusto per salvarla, come era sempre accaduto.

Ma quella volta non successe nulla di simile.

Nessuno sentì le sue grida disperate, nessuno andò a salvarla né riuscì a liberarsi perché il suo aggressore era molto più grande e più forte di lei, e la teneva saldamente ancorata alla sabbia col peso del proprio corpo: lui le coprì la bocca con una mano, con l’altra le tirò giù il costume da bagno, abbassò anche il proprio e con un’unica spinta le entrò dentro, strappandole un gemito di dolore.

Quello non aveva nulla a che fare con i rapporti che aveva con i propri clienti. Non si trattava né di nascondere il disgusto né di fingere un piacere che non provava, un orgasmo. Quel ragazzo si era appropriato del suo corpo senza il suo consenso.

A Cora non rimase altro che girare il viso di lato, serrare gli occhi e sperare che finisse il prima possibile.

Il tutto durò appena una manciata di minuti, che agli occhi della ragazza apparvero come ore intere; una volta terminato, il ragazzo si ricompose nella più assoluta tranquillità sistemandosi i capelli sudati, che erano ricaduti sulla fronte, all’indietro, degnandola a malapena di un’occhiata di sufficienza.

“Pensavo meglio. Mi sarei divertito di più con un manico di scopa” dopo averle lanciato quella stoccata, se ne andò come se non fosse accaduto nulla, verso dov’erano venuti, lasciando Cora ancora sdraiata sulla sabbia, troppo confusa, umiliata e dolorante per fare qualunque cosa; dopo alcuni minuti anche lei si tirò su col busto, con mani tremanti indossò di nuovo il costume, ma anziché tornare indietro a sua volta si limitò a stringere le gambe contro il petto ed a fissare l’oceano senza vederlo veramente.

Il sole era ormai quasi sparito del tutto al di là della linea dell’orizzonte, e non c’era più traccia di esso quando la giovane, ancora in quella posizione, venne raggiunta da Rich.

“Finalmente!” esclamò, dopo aver riconosciuto Cora “ti ho cercata ovunque, credevo di averti persa. Che cosa ci fai qui?”.

Cora sollevò il viso, Rich vide la sua espressione, il rivolo di sangue che perdeva dal lato sinistro della bocca e trovò da solo la risposta alla propria domanda; si chinò sulla sabbia, allungò la mano destra e con il pollice pulì il sangue.

“Chi è stato?” chiese semplicemente.

“Uno dei ragazzi del gruppo. Non so il suo nome, quello con i capelli neri” rispose lei, abbassando di nuovo il viso, sopraffatta dalla vergogna “mi ha portata qui con la scusa di vedere il tramonto, mi ha baciata, ma quando ha lasciato intendere che voleva altro, mi sono opposta”

“E così ti ha colpita?” chiese ancora il ragazzo, ma questa volta la giovane non rispose e si limitò a stringere di più le gambe contro il petto, sicura che il proprio silenzio valesse più di mille parole. Non voleva parlare per non ricordare quello che era appena accaduto e perché provava vergogna ed imbarazzo per sé stessa, misti a rabbia. Provava così tante emozioni allo stesso tempo che sentiva di essere sul punto di scoppiare “Cora”.

Rich le sollevò il mento con la mano destra per guardarla negli occhi. Anche se non indossava gli occhiali da sole in quel momento, non era comunque in grado di decifrare il suo sguardo.

“Ti ha stuprata?” le chiese diretto, senza alcun inutile giro di parole per essere delicato, come diretto era anche il suo sguardo, e lei per la seconda volta rispose coi gesti anziché con le parole; distolse lo sguardo da quello di lui e girò il viso da un’altra parte. Per qualche secondo non si sentì altro che il silenzio attorno a loro, poi il giovane emise un sospiro “vieni. Ti aiuto ad alzarti”.

Senza dire una sola parola, la giovane accettò la mano che il suo coinquilino aveva allungato verso di lei, ed insieme a lui tornò indietro nel punto in cui avevano lasciato i loro asciugamani, i vestiti e la radio ancora accesa che stava trasmettendo l’ennesima canzone rock; tutti i loro effetti personali c’erano ancora, ma in compenso non c’era più alcuna traccia del gruppo di amici.

Li ritrovarono nel parcheggio, ed anche se erano lontani Cora s’irrigidì alla vista del ragazzo coi capelli neri e girò d’istinto il viso dalla parte opposta, ma Rich le strinse una mano attorno al braccio destro e la costrinse a guardare dritta verso loro.

“Qual è?”

“Quello con i capelli neri e la maglietta bianca”

“Quello che sta salendo nella Toyota blu?”

“Sì” confermò lei, girando di nuovo il viso altrove “perché?”

“Muoviti a salire in macchina”.

Cora obbedì senza protestare. Salì in macchina, occupò il sedile anteriore destro, ma non partirono subito. Rimasero fermi per qualche minuto, e quando finalmente Rich accese il motore ed imboccò una strada completamente diversa da quella dell’andata, e che conduceva da tutt’altra parte rispetto all’hotel, la ragazza capì che stava seguendo la Toyota blu ed avvertì un brivido freddo lungo la spina dorsale.

“Rich, cos’hai intenzione di fare?” domandò “perché stai seguendo quella macchina?”.

Non ci fu alcuna risposta da parte di Rich, e Cora preferì non insistere.

Non dovettero guidare molto per arrivare a destinazione: il ragazzo dai capelli neri abitava poco lontano dalla spiaggia e rientrò in una casetta di legno bianco senza essersi minimamente reso conto di essere stato seguito da qualcuno; Cora lo vide alzare una mano in un cenno di saluto verso un vicino e sorridere spensierato, come  se non avesse fatto nulla, ed avvertì un moto di nausea e disgusto.

Anche Rich lo guardò rientrare in casa, e quando la porta d’ingresso si chiuse alle sue spalle si girò a guardare Cora. A prima vista sembrava impassibile, ma c’era qualcosa nei suoi occhi neri che procurò alla giovane un altro brivido freddo.

“No, per favore, non parlare” mormorò con voce tremante, anticipando il suo coinquilino “andiamocene via finché siamo ancora in tempo, questa situazione non mi piace per niente”

“Perché? Non vuoi restituirgli il favore?” replicò subito lui “non vuoi vendicarti?”

“Quando gli ho detto di no, mi ha colpita e spinta a terra. Mi ha costretta ad avere un rapporto sessuale con lui benché non volessi, e sai cos’ha detto quando ha finito i suoi porci comodi? Pensavo meglio. Mi sarei divertito di più con un manico di scopa. Quindi sì, gli vorrei eccome restituire il favore, ma non posso. Guarda lui e guarda noi. Di sicuro proviene da una buona famiglia, di sicuro ha le spalle coperte, denunciarlo non servirà a nulla perché non vince mai chi ha ragione, ma chi ha più soldi a propria disposizione. E se invece facciamo a modo tuo, corriamo una serie infinita di rischi inutili. Ci è già andata bene una volta, non può andare così ancora. Cazzo” la giovane sfogò la propria rabbia assestando un forte pugno al cruscotto della vettura “non sai quanto mi fa incazzare tutto questo. Sono incazzata per quello che è successo, perché sono stata così stupida da seguire quel ragazzo quand’era così palese il suo scopo, e sono ancora più incazzata con me stessa perché non sono riuscita a difendermi. E non sono riuscita a difendermi perché sono debole. Mi sembrava di non avere più il controllo del mio corpo e ho lasciato che quel figlio di puttana facesse tutto quello che voleva”.

Cora si piegò in avanti, appoggiò i gomiti sulle ginocchia, nascose il viso tra le mani e scoppiò a piangere, con il corpo scosso da violenti tremiti; singhiozzò e pianse per diversi minuti, tirando su col naso di tanto in tanto. Rich lasciò che si sfogasse senza interferire, guardandola in silenzio; quando finalmente si calmò, le prese il mento con la mano destra e le sollevò il viso.

“Cora” la chiamò con voce calma, ma negli occhi aveva ancora quello sguardo da brividi “non devi fare altro che dire sì, e chi ti ha fatto questo scoprirà letteralmente che cosa significa l’espressione passare le pene dell’Inferno”.

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