(5)

“Credevo di essere stata abbastanza chiara con te l’ultima volta, troietta”.

Cora riconobbe immediatamente la figura che le si parò davanti, bloccandole la strada: era una delle tre ragazze del quartiere che l’avevano aggredita poco tempo prima; quella con i capelli rossi, la leader. Quella che l’aveva minacciata. Quella che le aveva sputato addosso per prima. Quella che le aveva dato un ultimo doloroso calcio allo stomaco che le aveva lasciato uno dei lividi più grandi e brutti. Quella che aveva tirato fuori una forbice per tagliare le trecce.

Le mancavano i suoi lunghi capelli ondulati, folti e neri. Prima dell’aggressione le sfioravano i fianchi, adesso le arrivavano appena alle spalle.

“Smettila, sei ridicola” replicò la giovane, questa volta per nulla intenzionata a lasciarsi intimidire od aggredire di nuovo “Questa zona è abbastanza grande e frequentata per tutte e quattro senza che ci sia bisogno di fare ricorso a queste sceneggiate. E se gli uomini preferiscono venire da me che da te, allora è un tuo problema non mio. Io al posto tuo mi farei qualche domanda”.

Assestò una spinta all’altra giovane e riprese a camminare; per lei la discussione era terminata, ma lo stesso non valeva per la rossa: per quest’ultima si trattava di una questione in sospeso. Una questione in sospeso che non era disposta a tollerare ancora e che doveva essere risolta quella notte stessa. In quel preciso istante.

Venne aggredita alle spalle, trascinata dentro un vicolo per i capelli e spinta a terra. Lo stesso copione che si ripeteva per la terza volta consecutiva.

Cora alzò il viso di scatto verso la rossa; aveva sbattuto con forza il fianco sinistro, aveva la vista appannata dalle lacrime di dolore, ma vide ugualmente in modo fin troppo nitido il coltello che la rossa stringeva nel pugno destro. La lama brillava in modo sinistro sotto la luce fioca  del lampione posizionato sul marciapiede in corrispondenza del vicolo.

“Ti avevo avvertita, troietta” sibilò l’altra giovane, col viso contratto nella stessa smorfia di rabbia che le aveva visto fare attraverso lo specchietto retrovisore della macchina degli amici di Austin “ti avevo dato una possibilità, e adesso ti pentirai di non averla sfruttata meglio”
“Aspetta, pos…”.

Cora venne attaccata senza avere nemmeno la possibilità di replicare, di trovare un possibile accordo. All’altra ragazza non interessava sentire né sue parole né un compromesso, e la più piccola lo capì quando riuscì ad evitare per un soffio che la lama affilata del coltello si conficcasse tra i suoi occhi, rotolando di lato: la rossa voleva la sua testa appesa ad una parete e non si sarebbe fermata fino a quando non l’avesse massacrata di colpi.
Da quel vicolo sarebbe uscita viva solo una di loro due, e questa volta non c’era Rich pronto ad intervenire al momento giusto. Questa volta doveva vedersela da sola, contro un’avversaria armata che bramava il suo sangue, spinta da una furia cieca.
Cora provò a scappare, come aveva fatto durante la prima aggressione da parte di uno sconosciuto; il marciapiede e la strada distavano pochi metri, ma in quel momento ai suoi occhi sembravano chilometri e chilometri. L’altra ragazza dai capelli rossi le fu addosso in un attimo, con un urlo di rabbia: la trascinò di nuovo a terra e si sedette a cavalcioni su di lei per bloccarle ogni possibilità di fuga.

“Dove credi di andartene? Te l’ho detto: è troppo tardi ormai, avresti dovuto pensarci meglio quand’eri ancora in tempo” la rossa calò la lama, ma fortunatamente la più piccola riuscì ad evitarla una seconda volta, rotolando di nuovo di lato; con la forza della disperazione, e con il cuore sul punto di scoppiare, riuscì perfino a ribaltare le posizioni ed a strapparle il coltello dalle mani, ed a quel punto lo affondò. Spinse la lama verso il basso, con tutta la forza che aveva in corpo, si alzò barcollando e scappò via.

Corse più velocemente possibile e rientrò nel vecchio hotel. Spinse qualcuno, ma non vi prestò la minima attenzione e non si fermò fino a quando non raggiunse l’appartamento che condivideva con Rich; aprì la porta nello stesso momento in cui il giovane stava per uscire, e per poco i due non si scontrarono.

“Cora, quand’è che imparerai a fare più attenzione?” sbottò lui “è possibile che tu sia sempre così sbadata?”

“Devi venire immediatamente”

“Sto uscendo”

“No, no, no, devi venire con me. Immediatamente” ripeté la ragazza, scuotendo la testa “Rich, non capisci. È successo un casino”.
Rich corrucciò le sopracciglia e si soffermò ad osservare la giovane, e soffermandosi ad osservarla si accorse degli schizzi rossi che aveva sul viso e sul vestito corto che indossava.

“Cora, perché hai del sangue addosso? Di chi è?”

“Io… è successo tutto così in fretta, Rich. Non sono stata io. È stata lei” tentò di spiegare lei confusa, agitata e spaventata; ogni cosa era accaduta così in fretta da non lasciarle il tempo di assimilarla. Sapeva solo di essere ancora viva per miracolo, tutto il resto era avvolto da una nebbia fitta. Ricordava di essere riuscita a strappare il coltello dalle mani della ragazza dai capelli rossi e ricordava anche di averlo abbassato d’istinto, con un gesto secco, ma non aveva idea se l’aveva colpita o meno “è… Stato orribile”

“Fammi vedere”.

Cora non voleva tornare in quel vicolo, ma davanti a sé non aveva altra alternativa; vi portò Rich ed una volta arrivata trovò la risposta alla domanda che si era posta: la lama aveva centrato l’obiettivo. Il coltello era affondato nel ventre dell’altra giovane e lei era ancora là, sdraiata. Sanguinante, ma viva. La ferita era profonda, ma non mortale, ed ora la rossa si stava contorcendo dal dolore e chiedeva di essere aiutata.

“È viva” mormorò Cora mentre Rich si avvicinava alla giovane sdraiata a terra “è viva, non è ancora troppo tardi. Possiamo por…”.

La voce si spense in bocca a Cora quando vide Rich estrarre con un movimento secco l’arma bianca dal ventre della rossa ed affondarla di nuovo. Una. Due. Tre. Quattro volte. La lama affilata ed ormai scarlatta continuava ad entrare ed uscire dalla carne della poveretta ed alla fine, dopo l’ennesimo colpo, le squarciò di netto la gola, provocando un flusso di sangue più copioso dei precedenti.

Le labbra della giovane erano socchiuse in un muto grido d’orrore; la testa girava, sentiva il bisogno di vomitare e non riusciva a credere a quello che aveva appena visto. Provò a scappare, ma venne afferrata per un braccio ed a quel punto si sbloccò ed iniziò ad urlare, fuori di sé dal terrore.

“Lasciami andare! Lasciami andare immediatamente!”

“Cora, zitta! Smettila di gridare subito o attirerai l’attenzione, calmati!”

“Calmarmi? Come posso calmarmi quando… Quando…” Cora lanciò una brevissima occhiata al corpo della rossa che giaceva immobile e ricoperto di sangue, e tornò a fissare Rich, che l’aveva bloccata contro una parete del vicolo. Anche lui era ricoperto di sangue, ne aveva sia sul viso che sui vestiti. La vista di quello spettacolo raccapricciante le fece ritornare la voglia di urlare e vomitare “hai ucciso una persona, cazzo. Ti ho appena visto uccidere quella ragazza, lo hai fatto davanti ai miei occhi!”

“Non ho avuto altra scelta”

“Non prendermi per il culo perché non è così. Era solo ferita quando siamo arrivati qui. Avevamo un’altra scelta, ed era quella di portarla al pronto soccorso più vicino”

“Cos’è successo esattamente qui? Prima mi hai detto che è stata lei ad attaccarti”

“Lei è… Era una delle tre ragazze che mi hanno aggredita… Lei… Ohh, mio dio, adesso è tutto così confuso. Non riesco a pensare”

“Resta ferma qui, e non gridare ancora” Rich mollò la presa dalle braccia di Cora e si allontanò; lei l’osservò, immobile ed in silenzio, avvicinarsi al corpo senza vita della ragazza dai capelli rossi, trascinarlo infondo al vicolo cieco e nasconderlo con alcuni sacchi della spazzatura. Dopodiché tornò indietro e le fece un cenno con la testa.

Lo seguì all’interno dell’hotel, nonostante la confusione e la paura, ma anziché tornare nell’appartamento lui la portò nella lavanderia della struttura; quando schiacciò l’interruttore della luce, Cora spalancò gli occhi: sotto la luce fredda del neon, il sangue che ricopriva il viso ed i vestiti del giovane era uno spettacolo ancora più raccapricciante. Sembrava uscito direttamente da un film horror splatter.

Eppure lui non dava l’impressione di essere minimamente turbato dalle condizioni in cui versava; con noncuranza e disinvoltura, si tolse la maglietta ed i jeans che indossava e li buttò in una cesta in cui venivano raccolti i vestiti sporchi, il tutto sotto lo sguardo sconcertato di lei.

“Che cosa stai facendo?”

“Ho buttato i vestiti a lavare ed ora sto cercando qualcosa di pulito da indossare perché non posso girare in quel modo. E ti consiglio di fare lo stesso: anche il tuo vestito non versa in condizioni migliori, te ne sei accorta?”

“Hai buttato i vestiti sporchi nella lavanderia”

“Sì, esatto. Di solito si fa così quando hai dei vestiti sporchi”

“Così ben presto tutti quelli che abitano qua dentro sapranno quello che hai fatto. Qualcuno vedrà il sangue, collegherà i vestiti a te, il corpo verrà trovato e sarà la fine”

“Cora, calmati, stai andando nel panico inutilmente. Non accadrà nulla di simile”

“E tu come puoi esserne così sicuro?” ribatté la giovane, per poi abbassare la voce fino a ridurla ad un sussurro “hai appena ucciso una persona. L’hai massacrata di colpi. Te ne rendi conto?”

“E tu ti rendi conto del posto in cui abiti e di come funziona qui dentro? Svegliati, Cora, episodi come questo accadono ogni singolo giorno qui dentro. Perché non cerchi di calmarti una buona volta e di spiegarmi che cosa è accaduto dentro quel vicolo, mh? È stata quella ragazza ad aggredirti per prima? Cos’è successo, avete litigato?”

“Io non ho fatto nulla, è stata lei. Me la sono ritrovata davanti e mi ha minacciata. Ha detto che credeva di essere stata chiara con me, ed io le ho risposto che era ridicola e me ne sono andata. Mi ha attaccata quando le ho voltato le spalle e mi sono ritrovata dentro quel maledetto vicolo ancora una volta. Quando ho visto il coltello che aveva in mano, ho capito che non stava scherzando”

“E poi?”.

Cora si strinse nelle spalle.

“Poi ho provato a parlare, ma non è servito a nulla. Volevo cercare un accordo, ma a lei non interessava e mi ha attaccata. Io… Io non volevo colpirla, ma in quel momento…”

“In quel momento ha avuto la meglio il tuo istinto di sopravvivenza. Dovresti essere grata che sia andata così, altrimenti a quest’ora quello ricoperto da sacchi dell’immondizia sarebbe il tuo corpo”

“Non ci sarebbe nessun corpo punto e basta se tu mi avessi ascoltata” replicò la ragazza “ed a quest’ora anziché essere in lavanderia con i vestiti ricoperti di sangue e nella merda fino al collo potremo essere nella sala d’attesa di un pronto soccorso. E forse saremo riusciti anche a trovare un accordo con quella ragazza”

“Sì, certo, forse nel mondo ideale che esiste nella tua testa, ma non certo in quello reale dove entrambi viviamo a tutti gli effetti. Prima di tutto, io non indosso più dei vestiti sporchi di sangue. Guarda, ne ho già trovati altri di puliti” rispose l’altro giovane, sollevando una maglietta ed un paio di jeans che appartenevano a qualche altro residente dell’hotel “e tu dovresti fare lo stesso prima che entri qualcuno. D’accordo che questo posto è un mondo a parte, ma non per questo c’è bisogno di dare nell’occhio in modo così plateale. E per quanto riguarda un possibile accordo con quella ragazza, beh, anche questa è una faccenda che è fattibile solo nella tua testa, Cora. Quella tizia voleva ucciderti e non si sarebbe fermata fino al raggiungimento del suo obiettivo. Se tu avessi avuto pietà di lei, ti avrebbe comunque ripagata con un coltello conficcato tra le scapole alla prima occasione. Ucciderla è stata la scelta più sensata, ed ora dobbiamo pensare a sbarazzarci del corpo”

Sbarazzarci del corpo?” ripeté Cora, inarcando le sopracciglia. Sperava di avere capito male, ma purtroppo non era così.

“Episodi come questo sono all’ordine del giorno qui dentro, ma ciò non significa che non puoi andare incontro a ripercussioni. Sai che cos’è un regolamento di conti? Quelle ragazze hanno dei protettori alle proprie spalle. Sai almeno che cos’è un protettore o dal mondo in cui vieni non esistono?”

“Lo so cos’è”

“Benissimo. Quindi saprai altrettanto bene che i protettori sono molto gelosi delle proprie ragazze. Prova ad immaginare che cosa potrebbe fare quel protettore se dovesse scoprire il corpo di quella troia nel vicolo. Si metterebbe subito ad indagare per scoprire il colpevole e quanto tempo credi che impiegherebbero le altre due per fare il tuo nome, anche senza alcuna prova dalla loro parte? E sai a quel punto cosa accadrebbe? Verrebbero a bussare alla porta del nostro appartamento per regolare i conti con tutti e due, ed io lo vorrei evitare se possibile. C’era qualcun altro prima? Qualcun altro potrebbe avervi viste o sentite?”

“Non lo so, non mi sembra. È successo tutto così in fretta ed ero impegnata ad evitare di ritrovarmi con un coltello conficcato tra gli occhi, come posso aver visto se c’era qualcun altro in giro?”

“D’accordo, dobbiamo comunque portare il cadavere via da qui. Prima che qualcuno lo scopra” rispose Rich, ed indossò i vestiti puliti che aveva trovato; fino a quel momento era rimasto con addosso solo un paio di boxer, e Cora aveva compiuto un enorme sforzo a mantenere il contatto visivo con lui per tutta la durata della discussione “altrimenti saremo davvero nei guai. E fare le valige non servirebbe a nulla perché gente simile è in grado di trovarti anche dall’altra parte del mondo”.











I due giovani uscirono dall’hotel con addosso dei vestiti puliti verso mezzanotte; l’aggressione e l’omicidio erano avvenuti attorno alle dieci, ma in lavanderia Rich aveva spiegato a Cora che era meglio aspettare che fosse notte inoltrata per muoversi più liberamente.

Controllarono che fosse tutto tranquillo e s’infilarono nel vicolo cieco; il cadavere della ragazza dai capelli rossi era ancora al suo posto. Quando Rich spostò i sacchi neri dell’immondizia, rivelando così il corpo martoriato e con la gola squarciata, lo stomaco di Cora arrivò al limite della sopportazione, e la giovane si allontanò di qualche passo per vomitare.

Una volta ripreso fiato, vide che Rich la stava fissando impassibile.

“Hai finito?” le domandò; lei annuì con il capo, pulendosi la bocca con il dorso della mano destra, e lui sospirò “è meglio se mi aspetti in macchina, qui ci penso io. Tieni le chiavi, è la Chevrolet nera parcheggiata proprio qui davanti. La vedi subito”.

Cora non se lo fece ripetere una seconda volta; non aveva alcuna intenzione di sfiorare anche solo con le dita il corpo ricoperto di sangue di quella povera ragazza, e così afferrò al volo le chiavi e salì sul sedile anteriore destro della vettura. Si guardò attorno per essere certa che non ci fosse nessuno nei paraggi che potesse vedere qualcosa di compromettente e non appena il suo coinquilino occupò il posto del guidatore, dopo aver caricato il loro ingombrante (e sanguinante) problema nel bagagliaio, gli chiese subito qual’era la loro prossima mossa.

“La nostra prossima mossa è trovare il posto giusto per gettare via l’immondizia” rispose lui, mettendo in moto la macchina “e, Cora, semmai dovesse fermarci una macchina della polizia per un controllo, fammi il favore di non aprire bocca a meno che non ti venga rivolta qualche domanda direttamente. Chiunque guardandoti negli occhi in questo momento capirebbe all’istante quello che c’è dentro il bagagliaio. Te lo si legge in viso chiaro come la luce del sole”.

La giovane non disse nulla in risposta; non aveva voglia di parlare, desiderava solo che quella storia da incubo terminasse il prima possibile e senza alcuna ripercussione per loro due.

Rich guidò per circa mezz’ora tra le strade prevalentemente deserte della città prima di fermarsi ad un distributore di benzina; Cora pensò che dovesse fare il pieno al serbatoio, ed invece lo vide entrare nel piccolo supermarket adiacente ed uscire qualche minuto più tardi con due oggetti: uno era troppo piccolo e non riusciva ad identificarlo, l’altro invece anche a quella distanza si vedeva benissimo che era una pala.

Lanciò i due oggetti sui sedili posteriori della macchina e ritornò al posto di guida; solo una volta a suo fianco la ragazza vide che con sé aveva anche una piccola busta marrone che prima non aveva notato.
“Cosa c’è lì dentro?” chiese, curiosa ed al tempo stesso non così sicura di voler sapere che cosa nascondeva lì dentro.

“Due lattine di soda e due panini, vuoi?” per un attimo Cora pensò che si trattasse di uno scherzo, ma si rese conto che non era così quando il suo coinquilino le lanciò la busta sulle gambe: al suo interno c’erano davvero due lattine e due panini avvolti nella carta. Sentì lo stomaco contrarsi, e non era per i crampi di fame.

“E tu credi davvero che possa avere fame dopo avere visto una persona morire davanti ai miei occhi?” domandò sconcertata la giovane “chi riuscirebbe a mangiare dopo aver assistito ad uno spettacolo simile? Al solo pensiero mi viene ancora da vomitare”

“Come vuoi tu, ma abbiamo ancora diversa strada da percorrere. Se cambi idea, una lattina ed un panino sono per te” rispose il ragazzo scrollando le spalle, e sotto lo sguardo incredulo di Cora prese uno dei due panini, lo scartò e gli diede un morso, dimostrandole che era possibile essere affamati dopo aver visto la vita scivolare via dagli occhi di una persona; sempre sotto il suo sguardo incredulo rimise in moto la macchina ed infilò un’audiocassetta nella radio, alzando il volume quando partì la prima canzone. Rock, ovviamente. Cora aveva capito che Rich aveva una spiccata preferenza per quel determinato genere musicale.

Il resto del viaggio in auto proseguì in quel modo, senza che i due si scambiassero un’altra parola, con Rich che mangiava il suo panino e canticchiava una canzone dietro l’altra, tenendo il ritmo sul volante con la mano destra, e con Cora che cercava di non pensare ad una possibile vettura della polizia che faceva loro cenno di fermarsi ed al cadavere che giaceva nel bagagliaio; dopo un’ora abbondante lasciarono la città alle proprie spalle e finalmente il giovane alla guida parcheggiò sul ciglio della strada, in prossimità di un’area desertica.

“Eccoci arrivati a destinazione” disse, come se al posto di dover nascondere un cadavere fossero in procinto di entrare a Disneyland, e scese dalla macchina; la giovane lo imitò, e mentre lui prendeva gli oggetti che aveva lanciato sui sedili posteriori, lei si guardò attorno titubante. Anche se erano lontani dalla città, le cui luci si vedevano in lontananza, non era affatto convinta di quel posto.

“Qui? Ma non è troppo in vista?”

“No”

“Ne sei sicuro?”

“Sì, ne sono sicuro”

“Non c’è il rischio che qualcuno possa passare e vedere quello che stiamo facendo?”

“No, ma se al posto d’iniziare continuiamo a perdere tempo con questa conversazione stupida magari potrebbe anche accadere, chi lo sa? Tieni” Rich le allungò il secondo oggetto che aveva comprato nel piccolo supermarket, mentre lui in mano reggeva la pala “il tuo compito è farmi luce con questa mentre io scavo una buca, pensi di esserne capace, Cora?”.

Cora annuì in silenzio; si sedette a gambe incrociate sul cofano della macchina ed illuminò con il fascio di luce della torcia il punto esatto indicatole da Rich. Lui iniziò a scavare, lei posò il mento sul palmo della mano destra ed il gomito sulla gamba destra.

Il suo coinquilino le aveva ripetuto già diverse volte di calmarsi, ma non ci riusciva. Continuava e continuava ad arrovellarsi il cervello, ripensando a tutto quello che avevano fatto dal momento dell’omicidio, alla ricerca del passo falso che li avrebbe fatti finire o dietro le sbarre o sotto terra. Era troppo giovane per quello, sia per finire in prigione che per ritrovarsi in una buca anonima come quella che Rich stava preparando.

“Credi che abbiano capito qualcosa alla stazione di benzina?” domandò dopo un lungo silenzio, asciugandosi il sudore dalla fronte con la mano destra.

“No, non credo proprio. Il ragazzo dietro al bancone mi ha degnato appena di uno sguardo. Probabilmente era troppo incazzato col turno di notte che sta facendo… O troppo impegnato a farsi seghe mentali sulla rivista porno che stava sfogliando”

“E se invece avesse notato qualcosa? Magari non lui, ma qualcun altro?”.

Rich si fermò, impiantò la pala sul terreno duro e crepato, si appoggiò ad essa e guardò Cora; anche lui era completamente madido di sudore, e la colpa era tutta di quell’estate particolarmente calda e afosa.

“Come devo fare per farti capire che dentro quel supermarket non c’era nessun altro cliente al di fuori di me e che il ragazzo dietro al bancone era occupato con altro? Sono pronto a scommettere che se qualcuno dovesse chiederglielo, non sarebbe nemmeno in grado di descrivermi fisicamente”

“Ne sei sicuro?”

“Sì, Cora” sospirò il giovane ad occhi chiusi “ne sono sicuro. Per quanto tempo ancora vuoi andare avanti con questo giochetto? Qual è il problema?”

“Qual è il problema? Il problema, Rich, è che ho visto una persona morire davanti ai miei occhi, ed anche se ora stiamo cercando di nascondere quello che è successo, lo sanno benissimo tutti quanti che un segreto simile non può essere tenuto nascosto per sempre. Hai mai guardato un film poliziesco? Il colpevole finisce sempre per essere catturato, perché per quanto possa essere attento finisce sempre per commettere un errore. La maggior parte delle volte stupido. E noi… Noi viviamo nella realtà”

“Una realtà parallela a quella delle altre persone” precisò Rich riaprendo gli occhi “Cora, viviamo in un quartiere da cui la polizia se ne sta alla larga. Sanno come funziona, sanno quello che succede, chiudono gli occhi e girano la testa dall’altra parte perché non vogliono casini. In tanti ricevono anche mazzette per far finta di niente. Quella che adesso giace dentro il bagagliaio non era altro che una stupida puttana. Nessun poliziotto indaga per l’omicidio di una puttana o di uno spacciatore. Se anche venisse scoperto il corpo, capirebbero subito chi era e la faccenda finirebbe lì. E smettila con i sensi di colpa, sono inutili, te l’ho già spiegato in lavanderia: non avrebbe mai accettato un accordo, il suo obiettivo era di ucciderti e tu non hai fatto altro che difenderti. Fine della storia”

“Anch’io sono una prostituta”

“Cora, giuro che se non la smetti subito e non chiudi quella bocca, infilo anche te in questa buca” disse il giovane esasperato, e Cora si zittì all’istante; non aveva alcun motivo di dubitare delle sue parole dal momento che solo poche ore prima lo aveva visto commettere un omicidio a sangue freddo, e con la stessa freddezza ora stava scavando una buca per nascondere il corpo “e adesso lasciami scavare e limitati ad illuminare il terreno. Vorrei terminare molto prima che sia mattina e che le strade ricomincino ad essere trafficate, d’accordo?”.

La ragazza non disse nulla, limitandosi ad obbedire in silenzio per non mettere ancora più a dura prova la pazienza già al limite del suo coinquilino; lo guardò in silenzio continuare a scavare, con la testa piena di pensieri, e lo chiamò timidamente per nome quando lo vide fermarsi per asciugare nuovamente il sudore dalla fronte e dal viso. La maglietta nera che indossava, e che aveva rubato in lavanderia, era appiccicata al petto ed alla schiena.

Rich incrociò lo sguardo di Cora, e quest’ultima capì che alla prima parola errata sarebbe finita davvero dentro la buca in compagnia del cadavere martoriato dell’altra ragazza.

“E la tua macchina?” domandò dopo essersi schiarita la gola “non hai pensato che la tua macchina potrebbe essere un problema? Il bagagliaio sarà di sicuro sporco di sangue. Sarà bel problema pulire tutto quanto senza dare nell’occhio”.

Incredibilmente per una volta il ragazzo non s’irritò e non chiuse nemmeno gli occhi sospirando; al contrario, sogghignò. E sotto la luce della luna, la giovane trovò quel sogghigno vagamente inquietante.

“E chi ha mai detto che questa macchina è a tutti gli effetti mia?”.

Fu il turno di Cora di sospirare ad occhi chiusi; inutile dirlo, si era pentita di aver fatto quella domanda e non provò nemmeno ad indagare ulteriormente. Aveva mal di testa, e desiderava solo finire il prima possibile, sdraiarsi sul proprio letto, addormentarsi e dimenticare tutto. Od al massimo catalogarlo come un brutto incubo.

“Per favore, cerca di finire il prima possibile” si limitò, difatti, a dire con voce esausta.

Rich impiegò un altro quarto d’ora per scavare una buca che fosse abbastanza profonda; quando andò a prendere il corpo, Cora girò il viso dall’altra parte, in direzione della città in lontananza, per non vedere ancora quell’orrore, e continuò a fissare le luci con insistenza fino a quando il ragazzo non le comunicò che aveva finito e che potevano ripartire. Solo a quel punto lanciò un’occhiata al terreno solo per constatare che non si vedeva altro ad eccezione della terra smossa che ricopriva la buca. Adesso le sembrava strano pensare che là sotto c’era il corpo senza vita di una ragazza poco più grande di lei, e che fino a poco prima era stato nel bagagliaio della macchina su cui stavano viaggiando. Era strano perfino pensare all’omicidio.

Improvvisamente si rese conto che nulla di tutto ciò aveva più importanza; adesso che l’effetto dell’adrenalina se ne era andato, era subentrata la stanchezza e la voglia di chiudere gli occhi e dormire. Dormire per il resto della notte e per tutto il giorno seguente.

Cora salì in macchina in silenzio, appoggiò il viso di lato sul finestrino e scivolò nel sonno quasi senza rendersene conto; riaprì gli occhi dopo diverso tempo: erano ancora in viaggio e proprio in quel momento stavano passando per una zona residenziale di periferia, con tutte villette ben curate e con piscina interrata.

Le guardò con le labbra socchiuse passare davanti agli occhi e poco dopo si lasciò scappare un commento ammirato, rivolgendosi al ragazzo che stava guidando affianco a lei.

“Ohh, Rich, guarda. Che meraviglia dev’essere vivere in una casa così!"

“Lo pensi davvero?”

“Certo che sì, chi non desidererebbe abitare in un quartiere come questo? Fortunati quelli che se lo possono permettere, chissà quanto devono costare… Ohh, giusto, ma le persone che abitano qui non hanno di certo problemi dal punto di vista finanziario”

“Mh” si limitò a mugugnare l’altro, e per un po’ rimase in silenzio, con uno sguardo pensieroso “vorresti vedere che cosa si prova a vivere in una villetta come queste per una notte?”

“Che vuoi dire?” domandò Cora confusa, voltandosi a guardare Rich.

“Te lo faccio vedere subito” rispose lui, parcheggiando la macchina vicino ad un marciapiede; i due giovani scesero e Cora, ancora confusa, seguì Rich. Camminarono per un po’, lungo il marciapiede, le uniche due persone nel cuore della notte, finché il giovane non si fermò all’improvviso per indicare un’abitazione pochi metri più avanti “la vedi quella villetta?”

“Sì, la vedo” rispose lei mentre si avvicinavano.

“Adesso guarda la cassetta della posta, che cosa noti?” domandò Rich, raggiungendo la cassetta per primo; Cora era sempre più confusa. Non riusciva a capire dove il suo coinquilino volesse andare a parare “c’è così tanta posta che lo sportello nemmeno si chiude, e sai questo cosa significa? Le persone che vi abitano dentro non ritirano la posta da diversi giorni, molto probabilmente perché al momento si trovano in vacanza”

“E quindi?”.

Il giovane sbuffò e con un cenno della testa indicò alla giovane si seguirlo; girarono attorno alla villetta, ed una volta sul retro, dopo essersi guardato attorno con attenzione, Rich si avvicinò ad una finestra. Cora lo vide, sconcertata, forzare la serratura senza la minima difficoltà e lo vide ancora più sconcertata introdursi nell’abitazione deserta e sparire.

“Rich!” lo chiamò a bassa voce, allarmata, guardandosi a sua volta attorno per essere sicura che nessun vicino li stesse guardando “Rich, ma sei impazzito? Cosa stai facendo? Esci subito!”.

La testa ed il busto del giovane ricomparirono dal buio della stanza, e si appoggiò con i gomiti al davanzale.

“Sei stata tu a dire che ti piacerebbe tanto abitare in una casa come questa, adesso puoi provare quel brivido per qualche ora. Muoviti ad entrare prima che qualcuno ti veda, qui dentro non c’è nessuno”
“Ma non posso farlo! Questa è infrazione di domicilio, e tu dovresti uscire subito prima di finire nei guai!”.

Il giovane sbuffò di nuovo, e di nuovo sparì nel buio della stanza; Cora riprovò a chiamarlo, ma non ottenne alcuna risposta e si ritrovò costretta ad entrare a sua volta nella villetta. Mentre scavalcava il davanzale, notò che sotto la finestra c’era un pezzo di terreno bagnato, e la scarpa da ginnastica destra di Rich aveva lasciato un’impronta perfettamente integra.

“Rich!” con un piccolo salto si ritrovò all’interno di una stanza completamente buia. Un salotto, forse “Rich, avanti, dobbiamo uscire. Non sto scherzando, finiremo nei guai così!”.

Cora riuscì appena a percepire una presenza alle proprie spalle che subito si sentì afferrare da dietro; d’istinto aprì la bocca per urlare, ma una mano glielo impedì.

“Questo è per lo scherzo di qualche giorno fa. Lo vedi quanto è poco piacevole sorprendere una persona alle spalle? Anche se ovviamente dipende dal punto di vista”le sussurrò il giovane a poca distanza dall’orecchio destro “ti ho spaventata? Sento il tuo cuore battere forte fin qui”.

Sì, effettivamente il suo cuore stava battendo forte, ma non era per lo spavento. Era il suo braccio attorno al busto ed il suo viso così vicino a provocarle quell’effetto, e non era nemmeno la prima volta che accadeva quand’erano insieme.

Una parte di lei, data la situazione che si era creata, desiderava stuzzicarlo, ma l’altra, quella più razionale, prese il sopravvento e le impedì di dire qualunque sciocchezza.

“Sì, sono spaventata e preoccupata perché questa situazione non mi piace affatto e rischia in qualunque istante di prendere una brutta piega. Mentre entravi dalla finestra hai lasciato un’impronta sul terreno”

“E allora? Quale sarebbe il problema? Ora che i proprietari di questa casa torneranno indietro non ci sarà più alcuna traccia dell’impronta, ed in ogni caso è impossibile collegarla a me. Rilassati, Cora, sai che cosa vuol dire rilassarsi? E fa come se fossi a casa tua. Per questa notte sarà effettivamente così” Rich lasciò andare la presa e si allontanò per cercare un interruttore; qualche istante più tardi le luci si accesero, Cora si coprì per un momento gli occhi e quando scostò la mano vide che si trovavano proprio nel salotto dell’abitazione.

“La luce accesa non attirerà l’attenzione di qualcuno nel vicinato?”

“La gente dorme a quest’ora, soprattutto quelli che abitano in un quartiere come questo. Per permettersi delle villette così lussuose, con piscina, fanno dei lavori impegnativi e stressanti. Fidati, nessuno si accorgerà di nulla fino al rientro dei proprietari”

“Parli come se ne fossi un esperto”

“Ohh, sì. È perché lo faccio spesso, sai? Adoro infilarmi nelle case delle persone durante la notte. Adoro osservarli mentre dormono ignari, ed adoro ancora di più quando si svegliano perché capiscono che c’è qualcosa che non va. Le loro urla non hanno prezzo” dopo un attimo di silenzio il ragazzo si girò verso la ragazza, che lo stava fissando ad occhi sgranati, e sospirò “Cora, sto scherzando. Possibile che tu non capisca mai quando una persona è seria e quando sta facendo una battuta?”

“E questa dovrebbe essere una battuta? Non fa affatto ridere”

“Perché?”

“Perché trovo semplicemente inquietante l’idea di qualcuno che potrebbe entrare in casa mentre stai dormendo e… Ed aprire gli occhi e ritrovartelo in camera. È una scena da film dell’orrore”

“Beh, ed allora le persone dovrebbero imparare a chiudere le porte e le finestre, od a prendere precauzioni migliori” replicò Rich, voltando le spalle a Cora per osservare degli oggetti sopra un mobile “hai visto con quanta facilità siamo riusciti ad entrare qui dentro? È questa la cosa veramente inquietante. Rifletti un momento: chiunque potrebbe introdursi facilmente in un’abitazione come questa, come abbiamo appena fatto noi due. Potrebbe limitarsi a rubare le cose di valore, oppure con la stessa facilità potrebbe massacrare l’intera famiglia nei loro letti, e…”

“Smettila, Rich, non è divertente. Hai un senso dell’umorismo malato” Cora aveva sentito abbastanza e non aveva ancora digerito quello che era accaduto poche ore prime; non importava se il loro problema era risolto e giaceva all’interno di una buca lontana dalla città, già sapeva che nonostante qualunque sforzo non sarebbe riuscita a cancellare dalla mente il ricordo dell’omicidio e che quelle immagini l’avrebbero tormentata puntualmente ogni volta che provava a chiudere gli occhi. Nemmeno il pensiero che erano stati costretti a prendere una decisione così drastica l’aiutava a sentirsi meglio.

Abbandonò la stanza perché aveva bisogno di staccare un po’ la spina ed i discorsi strani e per nulla divertenti del suo coinquilino non l’aiutavano affatto; si ritrovò a camminare lungo un piccolo corridoio che divideva la zona giorno da quella notte della villetta, ed osservò incuriosita le numerose foto incorniciate che adornavano la parete a destra: scoprì che lì dentro viveva una coppia di genitori con due figli adolescenti, un ragazzo ed una ragazza, e che sembravano essere una famiglia affiatata e felice.

Perfetta era il termine esatto: in tutte le foto i quattro membri erano ritratti sorridenti e felici, in svariate occasioni; alcune provenivano da viaggi fatti all’estero, altre da feste di compleanno ed altre ancora da occasioni scolastiche. Si soffermò in modo particolare a guardare una foto in cui la ragazza, la figlia, stava spegnendo le candeline di una torta di compleanno ed attorno a lei c’erano i suoi famigliari e le persone a cui doveva essere più legata. Dovevano avere all’incirca la stessa età.

Un velo di tristezza scese negli occhi di Cora mentre continuava ad osservare quel ritratto felice: lei non aveva mai vissuto un momento simile mentre quella ragazza sconosciuta aveva solo il meglio dalla vita e sarebbe stato lo stesso per il suo futuro. Quella ragazza avrebbe continuato a studiare ed avrebbe trovato prima un lavoro redditizio e poi la persona giusta con cui costruire una famiglia, mentre lei avrebbe continuato a battere in strada con la speranza di non incappare mai nella persona sbagliata.

E la sua unica colpa, se così poteva chiamarla, era di essere nata nell’ambiente e nella famiglia sbagliati.

Distolse lo sguardo da quei ritratti dolorosi per lei e proseguì per il corridoio; entrò nella prima porta che trovò sulla destra per scoprire che era proprio la camera da letto della ragazza sconosciuta e sentì una fitta allo stomaco, dettata dalla tristezza ma anche dall’invidia: quella camera da letto era tutto ciò che aveva sempre desiderato avere e che non aveva mai avuto, era la camera di una qualunque adolescente che viveva in una famiglia agiata ed amorevole. C’erano un letto, una scrivania, un televisore, diversi poster attaccati alle pareti ed un grande armadio bianco.
La ragazza si avvicinò all’armadio, aprì la prima anta e s’incantò a vedere tutti i vestiti che erano appesi al suo interno. Uno in particolare attirò la sua attenzione: era corto, con le spalline, blu a pois bianchi. Lo prese in mano e lo guardò ammirata, mormorando un piccolo wow.

Chissà quant’era costato e come le sarebbe piaciuto avere un vestito simile.

“Ti piace?” Cora girò il viso verso il corridoio ed incrociò lo sguardo di Rich. Il ragazzo l’aveva raggiunta e se ne stava appoggiato con il lato sinistro del corpo allo stipite della porta “se ti piace così tanto quel vestito, prendilo”

“Non posso, non è mio. Magari è proprio il preferito della ragazza che abita qui dentro”

“Se anche fosse il suo preferito, con tutti i soldi che di sicuro hanno papino e mammina sai quanti altri di simili se ne può permettere? Almeno provalo, no? Provare non costa nulla. Potrebbe starti così bene addosso da convincerti a cambiare idea”.

C’era anche un grande specchio all’interno della camera da letto. Cora si girò verso la superficie riflettente ed appoggiò il vestito blu a pois bianchi al proprio corpo. La tentazione di provarlo era forte, ed era altrettanto forte anche quella di rubarlo. Dentro di sé sapeva che Rich aveva perfettamente ragione: alla ragazza che abitava lì non avrebbe fatto alcuna differenza ritrovarsi con un vestito in meno perché coi soldi che possedeva la famiglia poteva permettersene un’infinità di altri.
Magari non le piaceva neppure così tanto.

“No, non posso” ripeté alla fine la giovane, resistendo alla forte tentazione e riponendo il vestito al suo posto, nell’armadio “e addosso a me risulterebbe volgare”

“Come preferisci” commentò l’altro ragazzo, senza insistere “vieni, ti faccio vedere una cosa”.

Cora seguì Rich in cucina, ed una volta nella stanza il giovane spalancò l’enorme frigo a doppia anta, completamente pieno.

“Guarda, hai mai visto così tanta roba?” domandò lui, servendosi di una lattina di soda “devono avere davvero tanti soldi se sono partiti per una vacanza senza preoccuparsi che qualcosa possa andare a male qui dentro. Dato che siamo qui, è meglio evitare che succeda, che ne dici? E guarda, non è ancora finita. Ho trovato un’altra cosa interessante”.

Il ragazzo si spostò in salotto, aprì il cassetto di un mobile e mostrò alla ragazza che nascondeva un doppio fondo; all’interno della cavità nascosta c’era un sacchetto di plastica dal contenuto inequivocabile e tutto il necessario per preparare uno spinello.

“Non so a chi appartenga della famiglia, ma qui dentro sanno proprio come divertirsi”
“Vuoi approfittare anche di questo?”

“Assolutamente sì. La roba buona non si spreca” rispose il giovane senza la minima esitazione e con un ghigno; prese la busta trasparente e tutto il resto dal cassetto e lo sistemò sopra un basso tavolino che troneggiava al centro del salotto. Rollò uno spinello con gesti esperti, se lo portò alle labbra e lo accese con un accendino che aveva trovato sempre dentro al cassetto col doppio fondo. Aspirò la prima boccata di fumo, la trattenne in bocca e poi la lasciò andare fuori dalle labbra socchiuse, con un’espressione soddisfatta “sì, è proprio roba buona. Di prima qualità”.

Dopodiché si sdraiò su un divano, Cora si sedette su quello di fronte e ne approfittò per osservarlo attentamente per la prima volta, mentre continuava a fumare in silenzio, percorrendo tutto il suo corpo con lo sguardo.

Si soffermò in modo particolare sul viso, sulla pelle dal colore abbronzato; i suoi occhi passarono in rassegna le labbra carnose, gli zigomi sporgenti, il naso proporzionato e dritto ed i capelli corti, neri ed ondulati che ricadevano più lunghi sulla fronte. Dopo un po’ il giovane piegò il viso verso di lei, sentendosi osservato. Aveva degli occhi così scuri, dalla forma a mandorla, che il colore dell’iride quasi si confondeva con quello della pupilla.

“Che cosa c’è?” chiese, corrucciando le sopracciglia, parlando con lo spinello stretto tra i denti “perché mi stai guardando in quel modo?”

“Stavo osservando il tuo viso” rispose la giovane, senza staccare gli occhi da lui, per poi aggiungere “dicono che basta semplicemente osservare con attenzione il viso di una persona per capire molte cose sul suo conto”

“Mh” l’altro ragazzo buttò fuori dalle labbra dell’altro fumo “e cosa pensi di dedurre dal mio viso, dato che mi stai osservando con così tanta intensità?”

“Beh” iniziò Cora, per poi fare una pausa “a giudicare dal colore della tua pelle credo che le tue origini siano latine come le mie”.

Rich rimase per qualche secondo in silenzio, per poi scoppiare a ridere. Era una risata strana e scomposta la sua, Cora non sarebbe riuscita a descriverla. Sguaiata, che metteva quasi a disagio.

“Accidenti, Cora, hai sbagliato proprio lavoro, lo sai? Con un acume come il tuo avresti dovuto fare la detective nella polizia e non la prostituta, ed a quest’ora avresti già risolto tantissimi casi d’omicidio con il tuo spirito d’osservazione. Non finisci mai di sorprendermi”

“Sarò anche stupida, ma non fino al punto da non riconoscere il sarcasmo” mormorò la giovane, abbassando lo sguardo sulle proprie unghie. Tormentò una pellicina prima di ricominciare a parlare “ti ricordi quei tre ragazzi che mi hanno convinta a salire in macchina e che volevano fare una sorpresa ad un loro amico per il suo compleanno?”

“Sì, me lo ricordo. È stata la prima volta in cui non hai dato retta ad uno dei miei consigli”

“Quel loro amico è tornato da me diverse volte. Anzi, viene praticamente ogni notte e saliamo sempre nella solita stanza. E mi paga per stare con lui tutta la notte. Ormai è il mio unico cliente”

“Mh-mh”

“Non scopiamo tutta la notte, a lui interessa molto parlare… Ecco, in realtà trascorriamo la maggior parte del tempo proprio in questo modo. Semplicemente parlando”

“Ohh, ma guarda un po’, a quanto pare qualcuno si è preso una bella cotta per te. Adesso voglio darti un altro consiglio. So già che sto per sprecare fiato inutilmente, ma per una volta faresti meglio ad ascoltarmi. Fa attenzione ai tipi come questo: possono diventare un bel problema se capiscono che i loro sentimenti non sono ricambiati e che sono stati usati solo per i soldi. Può subentrare l’ossessione, e l’ossessione a sua volta può portare a commettere azioni impulsive… Capisci cosa intendo? O mia o di nessun altro

“Perché sei sempre così cupo?”

“Perché questo è il mondo reale, Cora, non quello magico delle fate che esiste nella tua mente. Non riuscirò mai a capire come una ragazza che vende il proprio corpo per strada possa essere così ingenua come una bambina” commentò Rich sbuffando; aveva terminato il primo spinello, e sotto lo sguardo in parte contrariato di Cora se ne preparò un secondo “a meno che i sentimenti di questo ragazzo non siano ricambiati. Da quello che mi hai accennato è palese che per te prova una vera e propria attrazione, ma per quanto riguarda te? Ricambi?”

“Non lo so. È un bel ragazzo, è anche molto gentile, ma non mi sono mai soffermata su questo. Ad ogni modo, tra le varie cose mi ha detto di chiamarsi Austin e di avere venticinque anni. E proviene da una famiglia molto ricca. Non so con esattezza che cosa facciano i suoi genitori, ma i soldi non sono un problema per lui e sono certa che vive in una casa ancora più bella e lussuosa di questa”

“Interessante” commentò di nuovo Rich con un tono di voce che lasciava intendere tutto il contrario “ed il punto della questione in tutto questo sarebbe?”

“Il punto della questione sarebbe che conosco più cose sul conto di un mio cliente che sulla persona con cui divido l’appartamento da un mese” rispose Cora dopo aver preso coraggio e dopo una breve pausa, sollevando gli occhi dalla pelliccina che stava ancora tormentando per combattere l’ansia “hai notato tutte le foto appese lungo il corridoio che porta alle camere? Io sì, mi sono soffermata a guardarle e mentirei se adesso ti dicessi che non ho provato invidia per la vita che conducono i due ragazzi che abitano qui dentro. Ho pens…”

“Vai dritta al punto, Cora” tagliò corto l’altro giovane, interrompendo il suo monologo “i tuoi giri di parole mi stanno facendo venire il mal di testa”

“Vedere alcune foto di questa ragazza con quelli che devono essere i suoi amici mi ha fatto tornare in mente il periodo in cui sono andata a scuola. Ricordo in modo particolare un mio compagno di classe. Era malato, poverino. Soffriva di crisi epilettiche. Un giorno ha avuto un episodio nel bel mezzo di una lezione ed è stato uno spettacolo orribile ed indimenticabile” mormorò la ragazza, facendo un’altra pausa “so che ti piace tanto ripetere in continuazione che sono stupida, ma non lo sono fino al punto che credi tu. Purtroppo so riconoscere una crisi epilettica quando ne vedo una, e so riconoscere anche i segni di una persona che si buca. Il giorno in cui hai avuto quella brutta crisi ho visto i lividi che avevi sull’avambraccio destro”.

Nel salotto calò il silenzio assoluto. Cora poteva sentire benissimo sia il proprio respiro che quello di Rich. Avrebbe voluto vedere l’espressione che aveva in volto, ma il ragazzo aveva girato la testa dall’altra parte, evitando stoicamente qualunque contatto visivo.

“Tu fai uso di droghe” continuò la giovane dopo aver aspettato invano una risposta che non arrivò “non voglio dirti quello che devi o non devi fare, ma a maggior ragione nelle tue condizioni di salute non è una buona idea iniettarsi roba in vena”

“E tu ti fai sbattere da uomini che potrebbero essere tuo padre o tuo nonno per soldi, eppure non mi sembra di averti mai fatto la morale a riguardo, mh?” ribatté lui. Lo aveva irritato. Senza volerlo aveva fatto centro al primo colpo, inoltrandosi in un terreno minato. Un solo passo falso e rischiava di saltare in aria “una delle regole alla base della nostra convivenza prevede che ognuno pensi ai propri affari senza immischiarsi in quelli dell’altro”

“Sì, lo so, me lo ricordo bene…” mormorò la giovane lentamente, soppesando ogni singola parola per non peggiorare la situazione “ma al tempo stesso credevo che…”

“Ahh, certo. Te lo ricordi bene come ricordi altrettanto bene tutti gli altri consigli che ti ho dato? Peccato solo che finora hai sempre fatto il contrario. Se mi avessi veramente ascoltato, questa notte non avremmo seppellito nessun cadavere fuori città. Avanti, continua: che cosa credevi al tempo stesso? Coraggio, sono curioso di sentire quale sarà la prossima stronzata ad uscire dalla tua bocca”

“No, non voglio. La tua risposta mi ha fatto perdere qualunque voglia di finire la frase”

“Mh, interessante, sai? Credo che questa sia la prima volta che sento uscire dalla tua bocca qualcosa di sensato ed intelligente”

“Va bene, d’accordo. Torniamo indietro, non mi sto più divertendo e non ho alcuna intenzione di cedere alle tue provocazioni”

“Come vuoi” rispose il ragazzo, tirandosi su dal divano con un sospiro “tanto ormai l’atmosfera è stata rovinata”.

Cora non aggiunse altro, ma quando uscirono dall’abitazione chiese a Rich se non era il caso di richiudere la porta d’ingresso che aveva lasciato spalancata, e lui scrollò le spalle con noncuranza.

“A cosa servirebbe richiuderla? Lasciala così aperta e chissà che sia un monito per i proprietari di prendere qualche accorgimento in più in fatto di sicurezza. Coi tempi che corrono, la prossima volta potrebbero anche non essere di nuovo così fortunati” commentò poi, incamminandosi verso la macchina ed ordinando alla giovane di fare lo stesso; Cora non ribatté di nuovo, ed una volta in macchina continuò a rimanere in silenzio, limitandosi di tanto in tanto a lanciare qualche fugace occhiata al suo coinquilino.

Continuava a darsi della stupida per non aver avuto maggior tatto, desiderava rimediare perché non voleva trascorrere il resto del viaggio in quel silenzio che metteva a disagio, ma al tempo stesso aveva paura di peggiorare ulteriormente la situazione se si fosse azzardata ad aprire la bocca. Forse da quel punto di vista Rich aveva ragione: era una stupida ragazza che non aveva ancora imparato a collegare la bocca col cervello. E forse, se non fosse stata così troppo diretta, quasi accusatoria, lui le avrebbe risposto in modo differente.
Alla fine, dopo diversi tentennamenti e dopo essersi schiarita la gola, decise di fare un tentativo.

“Scusami per prima, non volevo essere invadente e la mia non voleva essere una predica, è solo che… Come ti ho già detto, conosco di più uno dei miei clienti che la persona con cui condivido lo stesso appartamento. E vorrei solo…” Cora si fermò a metà di quel discorso senza capo né fine e si girò a guardare Rich, che guardava dritto la strada davanti a sé “potresti dire qualcosa… Per favore? Qualunque cosa, basta che non continui a stare in silenzio in questo modo”

“È stata una notte lunga e stressante per entrambi. E tu, soprattutto, hai bisogno di riposare” tagliò corto il giovane alla guida, e Cora capì che quello era un modo gentile per dirle sono incazzato con te, non rompermi i coglioni; lasciò perdere qualunque altro tentativo per il resto del tragitto di ritorno, e non disse nulla nemmeno mentre salivano i diversi piani dell’hotel.

Avrebbe voluto riprendere l’argomento una volta rientrati in appartamento, ma Rich si chiuse subito nella propria camera da letto; sbatté la porta con forza e Cora lo sentì girare più volte la chiave all’interno della serratura per essere certo di non essere disturbato. La giovane avrebbe voluto dirgli che non era il caso dato che avrebbe potuto avere un altro attacco di epilessia, ma ci rinunciò all’istante perché sapeva che dall’altra parte della porta non avrebbe ricevuto alcuna risposta.

Si ritirò a sua volta nella propria camera, senza prima mangiare nulla e con il sole che stava sorgendo all’orizzonte, e si lasciò cadere sul letto; era incredibile pensare che fosse accaduto tutto nel giro di una sola notte, eppure era così: dall’aggressione all’omicidio, dal cadavere nascosto all’intrusione nella villetta deserta, era avvenuto tutto nell’arco di cinque/sei ore.

Cora ripensò alla villetta in cui lei e Rich si erano introdotti, a quanto era bella e quanto era perfetta la famiglia che abitava al suo interno; ripensò alla camera della ragazza che aveva all’incirca la sua stessa età ed al bellissimo vestito blu a pois bianchi che aveva catturato la sua attenzione all’interno dell’armadio. Chiuse gli occhi, esausta e stremata, pensando di essere lei la proprietaria di quella stanza e di quel bellissimo vestito, ma proprio quando stava per scivolare nel sonno, la sua mente le giocò un brutto scherzo e davanti agli occhi rivide i momenti dell’aggressione e dell’omicidio.

Provò a girarsi dall’altra parte, ma non funzionò e ben presto si ritrovò a rigirarsi sul letto, incapace di levare dagli occhi della mente quelle orribili immagini; sapeva di non avere avuto altra scelta, sapeva che se non avesse agito per prima si sarebbe ritrovata ad essere lei il cadavere in un vicolo cieco, eppure non riusciva a liberarsi dall’immagine del corpo martoriato della ragazza dai capelli rossi. Le ferite lungo il corpo, il sangue ed il profondo taglio alla gola erano particolari così vividi che aveva l’impressione di trovarsi ancora dentro il vicolo cieco con il cadavere davanti a sé.

Cora scalciò via il lenzuolo, si alzò dal letto ed uscì dalla stanza; ormai era mattina inoltrata, come testimoniava la luce che entrava dalle finestre ed il cielo azzurro e limpido, dal resto dell’appartamento non proveniva alcun rumore, includa da camera da letto di Rich, e la giovane si fermò proprio lì davanti. Si morse l’interno delle guance. Non voleva farlo arrabbiare ulteriormente, non voleva bussare ma si ritrovò a farlo ugualmente perché non aveva altra scelta.

Attese, in silenzio e tesa come una corda di violino, ma non ricevette alcun segnale dall’interno; ma quando stava per tentare per la seconda volta, sentì il rumore di una serratura scattare e la porta si aprì di pochi centimetri, quel tanto che bastava per intravedere la parte destra del viso stanco del giovane.

“Che cosa vuoi?” domandò lui con voce assonnata. Non era stanco, era anche ancora arrabbiato. Ed ora lo era sicuramente di più perché aveva disturbato il suo sonno “Cora, muoviti a rispondere perché non ho alcuna voglia di…”

“Non riesco a dormire”

“Beh, non sono un esperto in materia, ma di solito dicono che aiuta molto appoggiare la testa sopra un cuscino e chiudere gli occhi”

“Il problema arriva proprio a questo punto. Non riesco a dormire perché ogni volta che provo a chiudere gli occhi rivedo tutto quanto. Quello che abbiamo fatto. Quello che tu hai fatto”

“Io non ho fatto altro che finire quello che tu hai iniziato perché eri troppo nel panico per farlo da sola. E ti ho anche dato un grosso aiuto per risolvere un problema che, altrimenti, avrebbe trascinato entrambi nella merda fin sopra i capelli. Adesso non dirmi che devo spiegarti per l’ennesima volta che…”

“Lo so. Lo so. Lo so!” ripeté esasperata la ragazza “lo so che sia tu che io non abbiamo avuto scelta e tutto il resto, ma non riesco comunque a togliermi dalla mente quelle immagini. Non riesco comunque a non pensare che entrambi abbiamo ucciso una persona ed abbiamo nascosto il suo corpo fuori città”

“D’accordo, ed io cosa dovrei fare? Perché non ho ancora capito che cosa sei venuta a fare”

“Volevo chiederti se…” Cora si bloccò perché era arrivata la parte più difficile. Anche quella più imbarazzante “se puoi farmi compagnia… Per favore”

“Mi stai chiedendo di dormire insieme?”.

Cora si limitò ad annuire con la testa, troppo imbarazzata per aprire bocca; Rich la fissò per qualche istante attraverso la porta socchiusa prima di rispondere in modo secco.

“No”

“Per favore” come se la situazione non fosse già abbastanza imbarazzante, la giovane si ritrovò a dover insistere e supplicare l’altro giovane “solo per questa volta. Sono stanca, vorrei solo riposare, ma non ci riesco perché continuo a rivedere tutto quanto”

“Anche io sono stanco e vorrei riposare, ma sono ancora più stanco di doverti ripetere in continuazione quelle che sono le regole di questo posto. In comune ci sono la cucina, il salotto ed il bagno. Non ti farò entrare in camera mia, nemmeno per una sola volta”

“Allora vieni tu nella mia”

“Se necessiti così tanto di compagnia, perché non la chiedi a quel cliente che si è preso una cotta per te? Sono sicuro che sarebbe molto contento di trascorrere il resto della giornata in tua compagnia”

“Per favore, Rich” insistette di nuovo Cora, per nulla intenzionata ad arrendersi; alla fine si ritrovò costretto a fare un passo indietro il suo coinquilino, che uscì dalla propria stanza sospirando ed entrò in quella della giovane controvoglia.

“Io proprio non ti capisco, Cora, e penso che non riuscirò mai a farlo” disse poi, sedendosi sul bordo del letto “perché una come te è venuta in un quartiere come questo?”

“Tu prima ti sei arrabbiato con me perché ho detto che conosco di più un mio cliente che il mio coinquilino, e adesso ti aspetti che risponda ad una domanda così personale?”

“Non c’è bisogno di entrare nei minimi dettagli, basta una spiegazione generica. Non capisco perché una ragazza così sensibile ed impressionabile è venuta ad abitare nel peggior quartiere della città, che è un mondo a parte con regole proprie. Lo sai tutto quello che succede qua dentro ogni giorno e quante persone vengono fatte fuori ogni settimana per i motivi più svariati? Pensa a quello che avrebbe potuto accaderti se non mi avessi incontrato”

“Ne ho avuto un assaggio proprio quella notte” mormorò la giovane, appoggiandosi con la schiena alla porta chiusa e stringendosi nelle spalle “una spiegazione generica? D’accordo. Era diventato impossibile continuare a vivere a casa mia, così ho deciso di andarmene. Ma per vivere una persona ha bisogno di soldi, e cosa può fare una ragazza come me? Ecco come sono finita qui. Adesso tocca a te”

“A me?”

“Io ho risposto ad una tua domanda, sarebbe equo che tu rispondessi a tua volta ad una mia”

“Non mi ricordo di avere acconsentito a giocare a questo gioco. Ascolta, Cora, da quando dividiamo lo stesso appartamento ti ho mai chiesto qualcosa del tuo passato? Ho mai insistito per sapere qualcosa? Oppure, mi sono mai permesso di criticare la vita che stai conducendo in questo momento?”

“No”

“Esatto. L’unica cosa che so è il tuo nome… Ammesso che Cora sia davvero il tuo nome”

“Lo è per davvero” replicò la giovane “e nel tuo caso? Rich è davvero il tuo nome?”

“Sì, è davvero il mio nome. Quello che sto cercando di dirti è che quando ti ho proposto di condividere l’appartamento ti ho semplicemente detto quali sono le regole da seguire, e basta. Non ti ho chiesto altro perché non ha la minima importanza con tutto questo. Prima, quand’eravamo dentro la villetta, hai detto che basta osservare attentamente una persona che capire già molte cose sul suo conto. Non lo dico per vantarmi, ma anche io sono un ottimo osservatore”

“E cosa credi di avere capito su di me?”

“Che la vita a casa tua doveva essere un vero e proprio schifo se hai preferito scappare qui ed iniziare a prostituirti. Fa schifo anche questo. È umiliante e degradante il più delle volte, ma è comunque meglio di quello che dovevi sopportare là. Scommetto che a volte ti senti proprio fortunata di avere trovato il coraggio di fare il grande passo, anche se il prezzo da pagare è vendere il proprio corpo ad estranei ogni notte. Ma è un prezzo che sei disposta a pagare in cambio della libertà. Ed io non ti giudico per questo, perché anche io vivo qui. E se provenivo da un ambiente benestante, mica mi ritroverei ad abitare nel peggior quartiere della città, non credi?”

“Io…” la ragazza si bloccò subito e si stropicciò gli occhi con la mano destra “non lo so. Mi fa male la testa, non riesco a pensare in questo momento”

“Beh, è abbastanza comprensibile, Cora. È tutta la notte che sei sveglia, faresti meglio a provare a riposare un po’ altrimenti il mal di testa che hai non farà altro che continuare a peggiorare. Starò qui se servirà a farti sentire più tranquilla, ma dovresti davvero smetterla di pensare a quello che è successo stanotte. Se continui di questo passo, non riuscirai mai ad abituarti alla tua nuova vita” disse il giovane, per poi alzarsi dal bordo del letto; Cora sospirò, abbassò la persiana della finestra affinché la stanza fosse in penombra e si lasciò cadere sul materasso. Era esausta, ma la paura di chiudere gli occhi e rivedere ancora tutto quanto non l’aveva ancora abbandonata.

“Devo abituarmi, non ho altre alternative”

“Questo non è assolutamente vero. La professione che ti sei scelta, al contrario, ti fornisce moltissime alternative. Se giochi le giuste carte puoi trovare la persona che ti sistemerà a vita, e nel tuo caso sei già a buon punto. In poco tempo hai fatto cadere ai tuoi piedi un ragazzo giovane, a quanto pare molto ricco e da come hai detto anche di bell’aspetto, che hai da lamentarti? Ma lo sai quante ragazze che vivono la tua stessa situazione vorrebbero incappare in un colpo di fortuna come il tuo?”

“Ci siamo visti poche volte. E non mi ha mai detto di essere innamorato”

“E c’è davvero bisogno che lo dica a parole con tutto quello che fa già per te? Dopo la prima notte che avete trascorso insieme ha fatto qualunque cosa per cercarti e non si è arreso fino a quando è riuscito a trovarti, ti paga per stare insieme l’intera notte, ti offre cifre molto superiori alle tue normali e, per giunta, vuole parlare e non solo scopare. È la tua gallina dalle uova d’oro”

“Stai dicendo che se dovesse dichiararsi apertamente dovrei accettare le sue avances?” domandò la ragazza con gli occhi rivolti verso il soffitto e la mente verso Austin, che non vedeva dalla notte prima. Chissà se durante quella appena trascorsa l’aveva cercata “anche se non dovessi provare lo stesso per lui?”

“Che t’importa dei sentimenti, pensaci bene: tutti i tuoi problemi sarebbero risolti, no? Vivresti in una villetta come quella che hai visto stanotte, magari perfino in una molto più lussuosa, e avresti un’infinità di vestiti come quello che ti piaceva tanto e che non hai voluto prendere. I soldi non sarebbero più un problema, e per giunta non saresti nemmeno costretta ad andare a letto con un vecchio grasso e disgustoso. Che cosa vuoi di più?”

“Sì, tutti i miei problemi sarebbero risolti” mormorò la ragazza, immaginandosi come sarebbe stata un’ipotetica vita insieme ad una persona ricca come doveva essere Austin “ma ho sempre immaginato il mio matrimonio come un matrimonio d’amore, non d’interesse”

“Ohh, sì. Dimenticavo che tu vivi nel mondo delle fiabe. Dove tutto è rosa, pieno di brillantini e tutti sono felici e contenti”

“Perché sei lì?” anziché rispondere alla battutina provocatoria, Cora notò che il suo coinquilino si era seduto sulle assi del pavimento, con la schiena appoggiata alla porta chiusa “non sei scomodo?”

“Sono stato in posizioni peggiori”

“Non riuscirai mai a riposare finché te ne starai seduto sul pavimento. Vieni qui”.

Nonostante nella camera regnasse la penombra, Cora riuscì comunque a vedere l’espressione sorpresa di Rich.

“Mi stai chiedendo di sdraiarmi sul letto vicino a te?”

“Sì” mormorò Cora; si aspettava in risposta un’altra battuta provocatoria, ed invece il ragazzo si alzò dal pavimento e si sdraiò sulla parte rimasta libera del materasso. Pensò che non aveva ribattuto in alcun modo perché era esausto e desiderava solo dormire, nel suo caso invece il sonno e la stanchezza se ne erano andati via parlando. E adesso riusciva solo a pensare che non erano mai stati così vicini come in quel momento. Il suo braccio sinistro toccava quello destro di Rich, e quella vicinanza non era affatto spiacevole e le provocò un brivido.

Ma per lui? Valeva lo stesso anche per lui o era totalmente indifferente a quel contatto fisico? A che cosa stava pensando in quel momento? Il suo coinquilino era un mistero sotto qualunque punto di vista. Non lasciava trasparire mai nulla dalle iridi nere.

“Mi sono appena resa conto di una cosa”

“Mh, cosa?”

“Questa è la prima volta da tanto tempo che sono a letto con un ragazzo senza essere stata prima pagata”

“Vuoi dire che il primo giro lo offre la casa? Meglio per me allora”.

Cora rise, ma dentro di sé era confusa. Non riusciva a capire se Rich era serio o se quella non era altro che l’ennesima battuta, a metà strada tra il sarcastico e lo scherzoso. Capì solamente che quella era la sua occasione per spingersi oltre.

Poteva rispondere a quella battuta con un’altra battuta simile, stuzzicarlo nello stesso modo in cui lui si divertiva sempre a farlo con lei, ma la paura di aver frainteso tutto quanto e di ricevere una risposta raggelante la bloccò ancora prima di aprire bocca. Passò qualche minuto nel silenzio assoluto, tempo che la giovane trascorse a fissare ininterrottamente il soffitto della stanza, finché non decise di parlare di nuovo.

“Rich?” sussurrò nella penombra “Rich, stai dormendo?”

“No” il monosillabo secco arrivò da sinistra “credimi, vorrei tanto chiudere gli occhi, ma fino a quando non la smetterai di parlare e di rivolgermi domande è un po’ difficile. Che altro c’è adesso?”

“Ma come fai ad essere così tranquillo? Abbiamo ucciso una persona, abbiamo seppellito il suo corpo fuori città e ti comporti come se non fosse accaduto nulla del genere. Da un momento all’altro potresti addormentarti e dormire tranquillamente per il resto del giorno. Come ci riesci?”

“Vivo qui da più tempo di te. Devi solo farci l’abitudine”

“E se non riuscissi a farci l’abitudine? E se quelle immagini non smettessero mai di tormentarmi ogni volta che proverò a chiudere gli occhi?” sussurrò ancora la ragazza, girandosi verso il suo coinquilino “non voglio andare fuori di testa”

“È esattamente quello che accadrà se continuerai in questo modo. Tu andrai fuori di testa ed io non riuscirò a chiudere occhio” sospirò lui, per poi girarsi sul fianco destro, verso Cora “sai qual è il tuo problema? Sei troppo tesa in questo momento. Vedresti tutto in modo diverso se fossi più rilassata, ed io so come potresti rilassarti”

“Non voglio fumare uno spinello” lo bloccò immediatamente la giovane, dal momento che sapeva bene in che modo all’altro ragazzo piaceva rilassare i nervi tesi “non mi sono mai piaciute quelle schifezze. E non voglio… Mi hanno raccontato che il trip dipende sempre dall’umore della persona, quindi non vorrei pentirmi di quello che potrei vedere in questo momento”

“Beh, come vuoi tu. Non sai quello che ti perdi, ma in effetti nel tuo caso è meglio evitarlo. Temo che finiresti per buttarti giù da una finestra per scappare da chissà quale mostro… Però esistono altri modi per rilassare i nervi tesi”

“Quali sono?”

“Io ne conosco un altro, per esempio. Ma devi dirmi tu se posso procedere o se prima devo pagarti”.

Cora si ritrovò di nuovo nella stessa situazione di poco prima, ma questa volta decise che non poteva sprecare un’altra occasione.

“Pensavo lo avessi capito che il primo giro lo offre la casa”

“Allora questa è la mia serata fortunata”

Giorno fortunato, vorrai dire. La notte è passata da un bel pezzo”

“Sdraiati sulla schiena” quella non era una richiesta, ma un ordine. Un comando. E stava facendo sul serio. Ubbidì all’istante, girandosi nuovamente sulla schiena e rimase in attesa, chiedendosi come fosse possibile che nel silenzio della camera da letto lui non sentisse il battito del suo cuore. Era così forte che il rimbombo nella gola e nelle orecchie era quasi fastidioso.

“Con quanti clienti sei stata, finora?”

“Non lo so” rispose candidamente la giovane. Il suo corpo tremava leggermente, e non riusciva a smettere “non li ho mai contati”

“Ma scommetto che nessuno di loro si è mai soffermato a chiedersi che cosa ti piacesse, mh? Nemmeno quello che ha palesemente preso una cotta per te” Rich aveva fatto centro, ed il silenzio di Cora ne era la prova. Era vero. Aveva perfettamente ragione. Per tutti i suoi clienti era solo un pezzo di carne da maneggiare a proprio piacimento per tutto il tempo per cui avevano pagato; un pezzo di carne che doveva soddisfare tutti i loro capricci. Alcuni schifosi ed irripetibili. Austin non era come la maggior parte di loro, ma nemmeno lui si era mai soffermato sulle sue esigenze. Neanche una volta “proprio come immaginavo. Nemmeno lui è migliore degli altri. Sono tutti uguali, alla fine, quelli che rientrano nella categoria dei tuoi clienti: disprezzano, ma poi comprano sempre. Rilassati”.

La ragazza prese un profondo respiro, ed aspettò. In silenzio, trepidante, incapace di rilassarsi veramente.

Rimase sorpresa quando sentì la mano destra di Rich sfiorarle la guancia destra; era un gesto delicato che non gli apparteneva. Sentì poi le dita lunghe ed affusolate scendere sul collo e soffermarsi sulla gola, nel punto in cui rimbombava il suo cuore.

“Dovresti davvero provare a calmarti. Se continui così il tuo cuore rischia di esplodere da un momento all’altro”.

Cora non rispose; aveva la gola troppo secca per parlare e desiderava solo che Rich non si fermasse ancora. Il cuore rischiò davvero di esploderle dal petto quando le dita del giovane si fermarono all’altezza del bordo dei pantaloni presi in prestito dalla lavanderia dell’hotel. Inutile precisarlo, ma la persona a cui appartenevano non li avrebbe mai più rivisti. Ma non era un problema. Cora era abbastanza sicura che quella fosse un’altra pratica comune all’interno dell’hotel in cui abitava da un mese e mezzo ormai.

“Devo continuare?” mormorò a quel punto il ragazzo; Cora non riusciva a vedere bene il suo viso nella penombra, ma dal tono di voce che aveva era certa che avesse un sorrisetto soddisfatto sulle labbra “ho il tuo permesso per farlo?”

“Sì” sussurrò in risposta lei, tremante, rendendosi conto solo in quel momento quanto davvero desiderava che lui continuasse senza più interrompersi.

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