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Cora spense il phon e si guardò allo specchio. La tintura bionda richiedeva continui trattamenti a causa della ricrescita scura: ogni volta che iniziava ad apparire il colore dei suoi veri capelli in cima alla testa, era costretta a comprare ed usare un nuovo flaconcino di colorante e lei ormai non poteva più sopportarlo. Il colore era bello, ma non era certa che stesse così bene sul suo viso e con la sfumatura della sua pelle, in più il biondo seccava terribilmente i capelli. Lo vedeva fin troppo bene sulle punte.

La ragazza prese in mano una ciocca, ne guardò sconsolata l’estremità e poi la lasciò andare con un sospiro. Sollevò di nuovo lo sguardo sullo specchio del bagno e sussultò nel vedere il riflesso della madre sullo sfondo. Non l’aveva sentita arrivare, ed ora lei la stava fissando dalla porta aperta. Cora si voltò a sua volta per ricambiare lo sguardo, ma non osò aprire bocca. Aveva troppa paura di beccarsi uno schiaffo in volto per qualunque parola avesse pronunciato.

“Anche io alla tua età trascorrevo non so quanto tempo davanti allo specchio a guardare il mio riflesso. Non è stato altro che uno spreco perché qualunque cosa tu faccia, niente può fermare lo scorrere degli anni. Un attimo prima hai sedici anni e quello dopo più del doppio. Ti ricordi che cosa ti ho detto quando siamo arrivati qui, mentre ti coloravo i capelli per la prima volta?” le parole della donna fecero corrucciare le sopracciglia alla ragazza ed al tempo stesso la misero in guardia. Quello che era iniziato come un normale discorso qualsiasi stava già prendendo una piega che non le piaceva affatto “te lo ricordi?”

“Mi hai detto che d’ora in avanti il mio nome sarebbe stato Nancy Avila, e così è. Tutti a scuola mi conoscono così. Nessuno sospetta minimamente che sia una bugia” rispose Cora dopo essersi presa un po’ di tempo per riflettere, soppesando attentamente le parole per non andare incontro ad uno schiaffo in pieno volto. La madre si staccò dallo stipite della porta ed entrò nella stanza, raggiungendo la giovane.

“No, prima di questo” disse scuotendo la testa “che cosa ti ho detto prima di questo? Te lo ricordi?”.

Questa volta Cora rimase in silenzio e basta, un po’ per paura ed un po’ perché davvero non ricordava quello che la madre voleva sentirsi dire.

“No… No, certo che non te lo ricordi, altrimenti non avresti disobbedito” avrebbe dovuto prevederlo, invece lo schiaffo la colse del tutto impreparata e la lasciò senza fiato. Aveva ancora il phon in mano, e le cadde a terra dalla sorpresa “ti avevo detto che non avrei accettato nessun’altra cazzata da parte tua e che ne avresti pagato le conseguenze. Ti avevo detto di stare lontana dai ragazzi, e tu che cosa hai fatto? L’esatto contrario, come ogni volta. Ogni volta che ti do un ordine, tu devi fare l’opposto, stupida ragazzina che non sei altro!”.

Cora spalancò gli occhi ed il suo cuore iniziò a pompare sangue più velocemente. Lo sentiva in modo particolare soffermarsi all’altezza delle guance, che dovevano essere di sicuro incandescenti. Sua madre la stava guardando furiosa, pronta a colpirla di nuovo da un momento all’altro. Com’era possibile che avesse scoperto quello che c’era stato tra lei e quel ragazzo quando aveva sempre prestato la massima attenzione a non essere scoperta?

“Ti sbagli, non c’è nessuno” ribatté, a proprio rischio e pericolo “non c’è mai stato un ragazzo in passato e non c’è nemmeno ora”.

Quella non era del tutto una bugia. Sì, lei e lui erano stati qualcosa per una breve parentesi, ma ora era tutto finito. Erano solo amici, per proprio volere.

“Non mentirmi!” urlò la donna, colpendola una seconda volta. Cora l’aveva previsto, e riuscì a coprirsi il viso in tempo per schivare il peggio “non provare a mentire a tua madre, ragazzina, perché non sono stupida come te. Qualcosa lo sospettavo già da tempo, e la prova l’ho avuta ieri notte, quando ti ho vista tornare qui con qualcuno”

“La persona che hai visto non è il mio ragazzo, è solo un mio amico”

“Ohh, certo, e credi che io sia così stupida da crederti ciecamente dopo quello che è successo in passato?”

“Non è mai successo nulla in passato e quel ragazzo è solo un mio amico. Mi ha riaccompagnata a casa dopo che abbiamo trascorso la serata insieme e non è successo nulla, perché non puoi credermi?”

“Perché sei una ragazzina bugiarda, Cora, una ragazzina bugiarda che sa solo raccontare bugie su bugie. Oltre ad essere una grandissima troietta che non sa tenere le gambe chiuse quando invece dovrebbe. Io lo sapevo che una stupida come te non poteva trascorrere tutte quelle ore consecutive in biblioteca ogni giorno, ed alla fine ho avuto ragione. Io da qui non mi muovo, tu non vedrai più quel ragazzo e d’ora in avanti te ne starai chiusa a chiave nella tua camera per tutto il tempo, uscirai solo per andare in bagno ed a scuola, e guai se provi a scappare. Fallo, e pagherai conseguenze ancora peggiori di queste”.

Cora spalancò gli occhi dinanzi allo spettro di ritrovarsi a trascorrere tutte le proprie giornate chiusa letteralmente nella propria camera e ricordò la notte in cui era stata vicinissima a lanciarsi nel vuoto dalla finestra.

“Non puoi farlo!” urlò nel panico più assoluto “non puoi parlare sul serio!”

“Posso farlo, invece, ed è proprio quello che sto per fare adesso!” gridò a sua volta la donna, afferrandola per un polso e trascinandola fuori dal bagno. Cora rivide nuovamente quello che l’aspettava, la prigionia ancora più ristretta in cui si sarebbe ritrovata, e ciò la spinse a ribellarsi, cosa a cui prima d’allora non aveva mai pensato.

Tirò indietro il braccio destro di scatto e riuscì a liberarsi dalla presa.

“No!” urlò a sua volta, fermandosi e rifiutandosi di muovere un solo passo in più. La madre si voltò a guardarla con gli occhi spalancati “non mi chiuderai in camera mia, altrimenti sarai tu a pagarne le conseguenze”

“Che cosa hai detto?” la voce della donna si era trasformata in un sussurro minaccioso, ma la giovane non si lasciò intimidire.

“Ho detto che non farai niente del genere perché altrimenti sarai tu a pagarne le conseguenze, e da questo momento in poi non devi permetterti mai più di darmi uno schiaffo. Credi di essere l’unica attenta osservatrice qui dentro? Non sono intelligente, ma non sono nemmeno così stupida come continui a ripetermi. Ho notato che da diverso tempo quando papà non c’è sei sempre in compagnia dello stesso uomo. Lui è diverso da tutti quelli venuti prima, vero? Non è solo un’avventura, altrimenti non andresti subito a chiamarlo non appena papà torna a lavoro e non trascorreresti anche giorni interi in sua compagnia chissà dove. Poco fa hai detto che non hai alcuna intenzione di lasciare questa città come le altre, scommetto che il motivo che c’è dietro è proprio quell’uomo con cui ti vedi sempre”.

Cora vide l’espressione della madre cambiare completamente e le sue guance arrossire, particolare che non ricordava di avere mai visto. L’aveva presa alla sprovvista, ed anche se se ne stava in silenzio la sua risposta l’aveva data comunque.

“Ne ero sicura” mormorò, spingendosi a fare un sorrisetto. Adesso, per la prima volta, era lei ad avere in mano il coltello dalla parte del manico “toccami ancora o prova a chiudermi in camera e giuro che alla prima occasione che papà torna a casa gli racconto tutto quanto di te e del tuo amichetto speciale”

“Non lo faresti mai”

“Ahh, davvero? Vogliamo scommettere? Sei pronta a rischiare? E secondo te a chi crederebbe papà, a te od a me?” la ragazza superò la madre ed entrò nella propria camera da letto. Quando la donna la raggiunse, vide che stava mettendo alla rinfusa qualcosa nello zaino di scuola e le chiese che cosa stesse facendo “me ne vado, almeno per questa notte. Papà non tornerà per diverso tempo, ed io non voglio stare qui. Tranquilla, non scappo da nessuna parte e domani mattina andrò a scuola come sempre. Tornerò dopo le lezioni. Tu divertiti con il tuo amico, goditi il tempo insieme a lui e pensa, con quello che ti ho detto, se ti conviene davvero sfiorarmi ancora o minacciarmi. Sai benissimo che qui dentro sono io ad avere più potere di te, mi basta solo aprire la bocca al momento giusto e sei rovinata”

“Saresti rovinata anche tu se parlassi. Se tu distruggi me, io distruggo te. Se lui sa di me, in automatico verrebbe a sapere anche di te”

“Lo so, per questo ti sto dicendo di studiare attentamente le tue prossime mosse, in caso contrario rischiamo di rimetterci entrambe” la ragazza chiuse lo zaino, se lo caricò sulla spalla destra ed uscì di casa più in fretta che potè, lasciando la madre immobile alle proprie spalle, a pensare. Riuscì a tirare un sospiro di sollievo solo quando si lasciò definitivamente alle spalle anche la sagoma della propria casa. Non riusciva a credere a quello che aveva fatto, ma avere fronteggiato la madre per la prima volta in vita propria e avere vinto una discussione con lei le avevano dato un’enorme scarica di adrenalina. Era certa di avercela in pugno, era certa che d’ora in avanti non le avrebbe torto nemmeno un capello e la sua vita sarebbe migliorata almeno di poco. E non doveva più preoccuparsi di uscire di nascosto e di essere scoperta.

Ed era altrettanto certa che non avrebbe fatto il doppiogioco, vista la posta che c’era in palio.

Cora non aveva molte opzioni davanti a sé su dove trascorrere la notte, dal momento che era uscita senza un soldo perché non ne possedeva di propri. Camminò per le strade della città fino a raggiungere la casa di lui. Vide la sua macchina nera parcheggiata fuori dal garage e pensò che quello era un buon inizio, a meno che non fosse andato da qualche parte a piedi. Lanciò un rapido sguardo all’albero che sorgeva sul lato sinistro del giardino e si avviò verso l’ingresso principale della casa. Si aspettava di vedere lui aprire la porta, invece apparve la madre.

La giovane s’irrigidì e spalancò gli occhi. Non si erano più viste da quando era entrata nella camera del figlio senza alcun preavviso e li aveva trovati a letto insieme, e lui per giunta aveva ancora i pantaloni abbassati, e sentì subito le guance calde.

“Salve, signora” mormorò, ancora più imbarazzata dal fatto che non conosceva il suo nome, per poi chiederle se il figlio era in casa perché voleva vederlo. Non sapeva nemmeno se lui le avesse accennato qualcosa riguardo a come il loro rapporto aveva fatto un enorme passo indietro dopo che lo aveva visto appartarsi in un vicolo insieme ad una prostituta. Si chiese quale sarebbe stata la sua reazione se glielo avesse raccontato, se avesse creduto a lei oppure le avrebbe dato della bugiarda.

“Mi dispiace, ma non può venire qui. Sta riposando in camera adesso. Non voleva, l’ho costretto io dopo quello che è successo. Anche l’altra volta non ha voluto farlo e poi a poche ore di distanza c’è stato un altro episodio”

“Episodio?” ripeté la giovane, corrucciando le sopracciglia, perché non aveva la minima idea di che cosa stesse parlando la madre del ragazzo “sta male, per caso? È malato?”

“Non ti ha detto nulla a riguardo?”

“No… Non mi ha detto niente di niente riguardo a qualcosa del genere, perché?” adesso stava iniziando a preoccuparsi “che cos’è che dovrei sapere? È malato? C’è qualcosa che non va?”

“Soffre di crisi epilettiche, ma pensavo che iniziasse ad andare meglio. Era da tanto tempo che non aveva più un attacco”.

Cora inarcò le sopracciglia in un’espressione totalmente stupefatta. Non aveva il minimo sospetto a riguardo, non le aveva mai dato l’impressione di essere malato ed ogni volta che erano stati insieme non era mai accaduto nulla di strano; ma poi ripensò all’albero, alla caduta di entrambi ed a come lui era impallido dopo aver sbattuto a terra la schiena e la nuca. Gli aveva chiesto se andava tutto bene, lui aveva ovviamente risposto in modo affermativo ed ora non riusciva a non collegare insieme i due episodio ed a non sentirsi responsabile della sua ricaduta. Non aveva alcuna certezza, ma qualcosa le diceva che se non avesse sbattuto la nuca per colpa sua, perché si era sporta su un ramo che non poteva reggere il suo peso, non avrebbe nemmeno avuto un nuovo attacco epilettico.

“Mi dispiace” mormorò abbassando lo sguardo e stringendo una cinghia dello zaino “non avevo idea di niente di tutto ciò. Spero che si riprenda presto. Quando si sente meglio può dirgli che sono passata? Grazie”.

La giovane si voltò con l’intenzione di ritornare sui propri passi, ma venne subito richiamata dalla voce della donna.

“Puoi andare da lui se ti va”

“Davvero? Ma non ha detto che sta riposando?”

“Sì, ma sono sicura che sarà molto contento quando aprirà gli occhi e vedrà te” rispose la donna per poi sorridere ed aggiungere “è difficile che possa essere diverso visto il modo in cui parla di te”.

Cora ebbe la conferma che la madre del ragazzo non era stata messa a corrente di quello che era successo tra loro due nell’ultimo periodo, e lei stessa preferì non farlo limitandosi ad un sorriso tirato. Entrò mormorando qualche parola di ringraziamento e domandò di nuovo se davvero poteva andare da lui.

“Certo, ma fai piano perché sta dormendo. La strada dovresti conoscerla molto bene”.

La ragazza sorrise di nuovo imbarazzata e si affrettò a salire le scale senza fare rumore; la porta della camera da letto di lui la conosceva fin troppo bene, era vero, e la socchiuse facendo nuovamente attenzione a non disturbare il suo sonno. Infilò la testa dentro, aspettò che gli occhi si abituassero alla penombra e poi entrò richiudendo la porta alle proprie spalle ed abbandonando lo zaino sul pavimento lì vicino. Dopodiché, il suo sguardo cadde sul letto da una piazza e mezza.

Il ragazzo era sdraiato lì e non si era minimamente mosso quand’era entrata nella stanza. Quando si abituò definitivamente alla penombra che regnava lì dentro, riuscì a distinguere meglio i tratti del viso e vide che era profondamente addormentato. C’era una sedia posizionata davanti al letto, ed andò ad occuparla facendo attenzione a non far scricchiolare le assi del pavimento od a calpestare qualcosa. Cora lo guardò con più attenzione dal momento che era girato verso di lei, e pensò che se le cose tra loro due non fossero cambiate così drasticamente in così poco tempo, in quel momento lo avrebbe di sicuro svegliato con un bacio.

Era rimasta enormemente sorpresa quando aveva rifiutato il suo bacio e gli aveva fatto la proposta di restare amici; aveva visto il suo sguardo cambiare, ma stranamente aveva accettato subito, senza protestare né tentare in alcun modo di farle cambiare idea. Non avevano nemmeno discusso, e da quella notte avevano ricominciato a vedersi come avevano sempre fatto, ma non era più stata la stessa cosa. Le cose che avevano ricominciato a fare erano le stesse di sempre, ma al tempo stesso qualcosa era profondamente cambiato. Anche per lei, per esempio, era strano andare a prendere da mangiare al solito fast food nella città affianco e consumare il pasto senza appartarsi sui sedili posteriori della macchina; come era strano fare lunghe passeggiate senza prendersi per mano o senza che lui le passasse un braccio attorno alle spalle.

C’erano stati diversi momenti in cui si era sentita vicina a cedere per prima ed a dirgli che era pronta a rimangiarsi le proprie stesse parole, ma ogni volta che era quasi arrivata al punto di muovere quel passo, i ricordi di quella notte erano sempre tornati in mente e l’avevano frenata in tempo. Non poteva stare con lui con la consapevolezza che quando non erano insieme probabilmente era in compagnia di una prostituta. Anche se diceva di avere i propri validi motivi.

Anche adesso era dura resistere, perché guardare il suo viso faceva venire solo voglia di allungare una mano ed accarezzarlo o di sporgersi in avanti e di baciarlo sulle labbra. Probabilmente, se tra loro due non fosse accaduto nulla, se quella notte non ci fosse mai stata, si sarebbe infilata a sua volta sotto le coperte e gli avrebbe sussurrato ad un orecchio di svegliarsi e nel mentre gli avrebbe baciato il collo.

Le dispiaceva che la madre di lui fosse ancora così convinta che loro due fossero una coppia (anche se non lo erano mai stati veramente), ma le cose non erano cambiate per volere suo. E le dispiaceva, e la faceva arrabbiare, sapere che la propria madre stava vivendo una situazione completamente opposta alla sua. Quella donna, che non nutriva un briciolo di amore nei suoi confronti e lasciava che il marito le facesse tutto quello che voleva, era riuscita a far cadere ai propri piedi un uomo che di sicuro non l’avrebbe mai tradita con nessun’ altra. Lo aveva ammaliato, Cora lo aveva capito tutte le volte in cui li aveva visti insieme e si era soffermata sullo sguardo di lui.

Sua madre stava vivendo una relazione extraconiugale fantastica mentre lei doveva sempre sperare che il padre tornasse a casa il più tardi possibile e che si trattenesse il meno a lungo possibile, ed era stata tradita dal ragazzo con cui si frequentava per una puttana. Per del sesso a pagamento. E perché? Perché non era ancora riuscita ad avere un rapporto completo con lui.

A scuola non si era mai integrata del tutto perché si sentiva e sapeva di essere diversa da tutti gli altri suoi coetanei, invidiava la sua unica amica perché aveva una famiglia ed una vita che lei non avrebbe mai avuto, ed era stanca di continuare a tingersi i capelli di biondo perché stavano diventando secchi e stoppacciosi.

La sua vita faceva schifo; più i giorni passavano e più tutto sembrava condurre ad un’unica strada che portava ad un’unica soluzione: la finestra della propria camera da letto. Certo, aveva ancora lui a cui poteva aggrapparsi, ma per quanto sarebbe durata adesso che gli aveva espressamente detto di voler essere solo amici? Lo vedeva che quando stavano insieme non sorrideva più spesso come fino a qualche settimana prima, quindi per quanto tempo ancora poteva durare prima che le loro strade si separassero in modo definitivo?

La ragazza si alzò in piedi ed iniziò a guardarsi attorno per non continuare a riflettere su quanto fosse misera e senza senso la propria esistenza; se avesse continuato a farlo, avrebbe finito col deprimersi ancora di più e scoppiare a piangere. Forse sarebbe stato meglio tornare a casa, ma non aveva alcuna voglia di vedere così presto la madre dopo aver discusso con lei ed averla minacciata, per cui iniziò ad esplorare, incuriosita, la camera del ragazzo, per ingannare il tempo mentre aspettava che aprisse gli occhi.

Aprì le ante dell’armadio e si soffermò a guardare i pochi indumenti che aveva, tra cui la maglietta che le aveva prestato poco tempo prima, tutti rigorosamente neri. Aveva capito da tempo che avevano diverse cose in comune; aveva capito che erano poveri, ed aveva capito che non andava affatto d’accordo con il padre, ma non gli aveva mai rivolto nessuna domanda nello specifico perché anche una stupida come lei aveva capito che si trattava di un argomento troppo delicato. Ed oltre a quello, aveva anche capito che non aveva mai finito la scuola e che non svolgeva alcun lavoro onesto.

Dentro l’armadio non c’era nient’altro che la prova di quanto fosse povera anche la sua famiglia; Cora richiuse ben presto le ante e si concentrò su un mobile poco lontano. Aprì il primo cassetto e lì dentro trovò una situazione completamente diversa: se l’armadio era vuoto, quel cassetto era pieno e terribilmente in disordine. E la penombra non aiutava affatto. C’erano tantissimi oggetti messi alla rinfusa che andavano dalle audiocassette a dei vecchi pacchetti di sigarette. C’erano perfino dei dolciumi, tra le varie cose, ed una bottiglia per metà vuota di liquore.

La giovane, dopo un attimo di esitazione e dopo essersi accertata che il ragazzo fosse ancora profondamente addormentato, allungò la mano destra per pescare qualcosa e tirò fuori da tutta quella confusione un oggetto che si rivelò essere una rivista. Le bastò una seconda occhiata alla copertina per capire che si trattasse di una porno, e non ne rimase affatto sorpresa; qualunque ragazzo adolescente aveva almeno qualche giornalino simile nascosto nella propria camera da letto, quello che la lasciò veramente perplessa fu la grafica estrema delle immagini che erano contenute al suo interno. Non era una semplice rivista porno con donne nude ed in pose provocanti; lì dentro c’erano frustre, corde, lattice e molto altro di molto più spinto. E violento. Ad un certo punto si ritrovò costretta a chiudere la rivista perché non riusciva ad andare più avanti e si voltò di nuovo a guardare il ragazzo. Ripensò a quando lo aveva visto consumare un rapporto sessuale con una prostituta e della storia del suo licenziamento che Julia le aveva raccontato mesi prima, ma poi ripensò anche a tutti i momenti d’intimità che loro due avevano avuto. Non era mai stato violento e non le aveva mai chiesto nulla di così spinto ed estremo, tutt’altro: nei suoi confronti si era sempre dimostrato dolce e premuroso, e quando non se l’era più sentita di andare a letto insieme, l’aveva subito tranquillizzata senza insistere. Era così strano far coincidere quelle due immagini insieme, aveva quasi l’impressione che fossero due persone completamente diverse.

Cora rimise la rivista al suo posto e tentò di nuovo. Questa volta si ritrovò tra le mani un piccolo sacchetto di plastica trasparente con dentro delle caramelle. Lo stava per rimettere subito al suo posto quando si ritrovò ad osservarlo con maggior attenzione e si rese conto che quelle che in un primo momento aveva scambiato per delle caramelle erano in realtà delle piccole pastiglie colorate, con incisi sopra dei piccoli simboli. Sapeva benissimo cos’erano anche se quella era la prima volta che le vedeva di persona, e di nuovo provò una strana sensazione. Lo aveva visto diverse volte preparare e fumare degli spinelli, ma non aveva mai avuto il minimo sospetto che facesse davvero uso di altre droghe più pesanti come gli allucinogeni. Quando Julia le aveva riportato anche quella voce, lei aveva negato categoricamente.

Adesso le proprie certezze iniziavano a vacillare.

Rimise al proprio posto anche il sacchettino di plastica trasparente, e stava per chiudere il cassetto quando il suo sguardo venne attirato da un libro. Quello che aveva catturato in modo particolare la sua attenzione era stato lo strano simbolo inciso sulla copertina, ma non riuscì a prenderlo in mano perché sentì il ragazzo sospirare e muoversi. Chiuse immediatamente il cassetto e tornò a sedersi sulla sedia prima che potesse aprire gli occhi.

Ci riuscì appena in tempo, esattamente l’attimo prima che lui si passasse la mano sinistra sugli occhi e si tirasse su col busto. Cora rimase in silenzio ad osservarlo e non appena i loro sguardi s’incrociarono, sul viso di lui apparve un’espressione così sorpresa che le strappò quasi un sorriso. Probabilmente qualche settimana prima l’avrebbe non solo fatta sorridere, ma anche scoppiare a ridere.

“Ehi” disse per prima, dal momento che lui non parlava “ben svegliato”

“Ehi” disse di rimando il ragazzo, continuando a fissarla con uno sguardo corrucciato “sei qui veramente, sei un sogno o che altro?”.

Con ‘che altro’ la ragazza ripensò immediatamente alla bustina trasparente trovata nel cassetto, ma non chiese nulla a riguardo altrimenti avrebbe dovuto ammettere in automatico di avere curiosato tra i suoi effetti personali senza il suo consenso. Scosse la testa.

“No, sono reale. In carne ed ossa”

“Sarebbe stato tutto meno confuso se mi avessi detto che si trattava di un sogno, che cosa ci fai qui? Da dove sei entrata?”.

Cora vide il ragazzo girare il viso in automatico verso la finestra e scosse di nuovo la testa.

“No, niente follie questa volta. Sono entrata dalla porta principale. È stata tua madre ad aprirmi, ed è stata sempre lei a dirmi che potevo salire in camera tua. Sono qui da un pezzo, ma ho preferito aspettare che fossi tu a svegliarti per non disturbarti… Mi ha detto quello che è successo. Perché non mi hai mai detto nulla dell’epilessia?”

“Perché avrei dovuto farlo? Per essere guardato con occhi diversi? Tu lo avresti fatto se fossi stata al posto mio?” rispose lui; allungò la mano sinistra verso la parete e dopo un attimo la stanza era illuminata. La ragazza si ritrovò costretta a sbattere le palpebre per abituarsi all’improvviso a tutta quella luce, e notò i segni di quello che era successo ancora visibili sul volto del ragazzo. Era stanco e spossato come mai prima d’ora lo aveva visto.

Mentre si stropicciava di nuovo gli occhi, per abituarsi a sua volta alla luce nella stanza, Cora notò un altro particolare che prima le era sfuggito e s’irrigidì: al collo portava la collanina che aveva rubato per lui poco tempo prima e che quella famosa notte gli aveva tirato addosso con disprezzo. Non immaginava che l’avesse raccolta e che l’avesse con sé, e vedergliela al collo rendeva il tutto ancora più difficile.

“È colpa mia, vero? Tua madre mi ha detto che non capitava più da tanto tempo, e mi è subito tornata in mente la notte in cui mi sono arrampicata sul ramo. Quando mi hai presa sei caduto a terra ed hai sbattuto la testa. Eri pallidissimo quando ti sei alzato. È stata colpa mia se hai avuto un altro attacco?”

“È successo giorni e giorni fa, non lo so. Non credo. Non pensare nemmeno queste cose”

“Ne sei sicuro? Perché da quando tua madre mi ha detto quelle parole non riesco a smettere di pensare che non sarebbe accaduto nulla se quella notte non avessi sbattuto la testa. Magari, ecco… Non so come funziona, ma la botta può avere azionato un meccanismo che…”

“Ti prego, smettila, d’accordo? Mi fai facendo venire il mal di testa”

“Forse è la luce a farti questo effetto”

“Può essere, ma smettila di dire cose assurde e di darti colpe che non hai, d’accordo? Non so come funzionano questi episodi, non ho mai capito da che cosa dipendono. Accadono e basta. Sai quando mi è successo la prima volta? A undici anni, a scuola, mentre ero semplicemente seduto in classe a fare lezione” rispose lui con un sospiro, chiudendo gli occhi.

Cora si mosse a disagio sulla sedia per poi alzarsi.

“Scusami” mormorò mentre recuperava il proprio zaino affianco alla porta chiusa. Era strano che fosse proprio lei a scusarsi per qualcosa dopo quello che lui aveva fatto “hai ragione. Sei ancora stanco e provato da quello che ti è successo ed io non ti sto affatto aiutando. Avrei dovuto dire a tua madre che non era il caso che salissi in camera e che me ne andassi via… Forse non è ancora troppo tardi per andare da Julia e chiedere se mi può ospitare lì stanotte”

“Perché? Sei scappata di casa?” domandò lui riaprendo gli occhi.

“No, ma… Sai… Ho litigato con mia madre” rispose lei, scrollando le spalle e restando sul vago “è stato un litigio piuttosto acceso e non ho voglia di passare la notte lì. Sono passata di qui per vedere se eri a casa e se in qualche modo… Non so… Potessi aiutarmi col mio problema, ma non importa. Hai bisogno di riposare ancora. Tolgo il disturbo”

“Non corri il rischio che a casa tua possano chiamare qualcuno che venga a cercarti?”

“Chi? La polizia?” replicò la giovane, inarcando le sopracciglia “mio padre è lontano per lavoro, ed a quest’ora mia madre sarà già impegnata con il suo amico speciale. No, non c’è proprio alcun pericolo che possa preoccuparsi per me e rivolgersi alle autorità. Si vede che parli così perché non la conosci affatto”

“Lascia stare la tua amica. Puoi restare qui, posa quello zaino”

“Ne sei sicuro? Ma nelle tue condizioni…”
“Sto benissimo” replicò a sua volta il ragazzo, senza lasciarle il tempo di terminare la frase ed alzandosi in piedi. Cora inarcò il sopracciglio destro; aveva i suoi dubbi a riguardo, ed il viso di lui ne era la dimostrazione. Quando si alzò in piedi, poi, le sembrò che per un attimo fosse sul punto di perdere l’equilibrio “sono stato a letto anche fin troppo tempo. Visto? E poi mi hai pure chiesto perché non ti ho mai accennato a questo? Hai già cambiato atteggiamento nei miei confronti ed io non ho bisogno della compassione di nessuno. È odioso quando la gente fa così”

“Mi sto solo preoccupando per te perché sei mio amico” rispose la giovane, ed alle sue parole seguì un lungo silenzio imbarazzante che spezzò lei per prima, dopo essersi schiarita la gola ed aver sistemato una ciocca di capelli dietro l’orecchio destro “e… Con tua madre come facciamo? Non penso che le puoi semplicemente chiedere se posso passare qui la notte”

“No, no di certo… Ma non è un problema” replicò lui scrollando le spalle “va sempre a letto presto alla sera, dopo mangiato, perché alla mattina si sveglia molto presto per andare a lavoro. E per riuscire a dormire senza problemi prende una pastiglia già da diversi anni. Fidati, quella pastiglia la fa dormire così profondamente da non sentire nemmeno un terremoto. Od una sparatoria, se mai ce ne fosse una in strada. Vieni, ormai sarà quasi ora di cena”

“Ma non posso scendere ed invitarmi a mangiare a casa tua all’ultimo secondo!” replicò a sua volta la giovane ad occhi spalancati, guardando il ragazzo che le passava accanto per andare ad aprire la porta; nel mentre posò di nuovo a terra lo zaino che aveva portato con sé da casa “ascolta, tra me e tua madre non è iniziata nel migliore dei modi. Non posso collezionare l’ennesima figuraccia. Che cosa penserà di me se adesso avessi la faccia tosta di scendere di sotto e dire con così poco preavviso che voglio restare qui per cena? No, mi vergogno troppo!”

“Quanti problemi che ti fai sempre inutilmente” sospirò lui, chiudendo di nuovo gli occhi per un momento “glielo dico io che resterai qui a mangiare, così sembrerà che sia stata una mia idea, d’accordo? E mia madre non ti odia e non potrebbe mai odiarti, te l’ho già detto. Ti adora e pensa che sei molto carina. E poi che ci vuole per preparare dei tacos di carne? Le dirò di fare quelli”

“Non ho mai mangiato i tacos” mormorò Cora, facendo girare di nuovo il ragazzo verso di lei con gli occhi spalancati “che cosa sono?”

“Non hai mai mangiato i tacos?” ripeté lui, e lei scosse la testa sentendosi all’improvviso in imbarazzo. Dal suo tono di voce, sembrava quasi che fosse l’unica al mondo a non conoscere quel piatto “stai forse dicendo che pur vivendo qui, e pur essendo latina, non hai mai mangiato il nostro cibo?”

“No” rispose la giovane, soffermandosi per la prima volta su quella curiosa osservazione. Non ricordava una sola volta nella propria vita in cui avesse mangiato un piatto tipico della sua cultura. Ma prima di ogni altra cosa la sua non era una tipica famiglia, e non esistevano cose come il pranzo della domenica cucinato dalla madre e mangiato tutti insieme attorno allo stesso tavolo. Cose come quella le aveva viste sempre e solo attraverso lo schermo della tv e sognate di notte “è così grave?”

“Ohh, è gravissimo” rispose il ragazzo, e Cora non riuscì a capire se fosse serio o se la stesse prendendo in giro “motivo in più per cui ti devi assolutamente fermare qui a mangiare. Credimi, i tacos che prepara mia madre sono i migliori che tu possa mangiare in tutta la tua vita, e non lo dico solo perché sono di parte”.










Cora scoprì che il piatto che non aveva mai assaggiato né sentito nominare prima consisteva in delle tortillas di grano morbido ripiene con carne, formaggio, verdure e salsa a proprio piacimento. Lasciò che fosse il ragazzo a preparargliene una con quello che preferiva, e quando addentò il primo boccone le sembrò di non aver mai mangiato nulla di più buono in tutta la propria vita. L’unica altra cosa che vi poteva tenere testa erano i panini che lei e lui prendevano nel fast food della città vicina.

Non riusciva a capire se erano quelle piccole piadine ad essere davvero così buone oppure se a contribuire al loro gusto era anche l’atmosfera attorno a sé. La cucina era piccola, il tavolo e le sedie erano un po’ traballanti, ma la giovane non ricordava di avere mai fatto un pasto rilassante e cordiale come quello. E la madre del ragazzo era così gentile e premurosa nei suoi confronti che ben presto si dimenticò della figuraccia legata al suo ritorno a casa anticipato di diverse settimane prima.

Cora si rilassò ben presto ed iniziò a parlare ed a rispondere con piacere alle domande della donna, laddove poteva farlo sinceramente; per quanto riguardava quelle più in particolare, era costretta a stare sul vago perché non se la sentiva di raccontare bugie alla prima donna che la stava trattando con così tanta gentilezza. Osservandola attentamente per la prima volta, si rese conto che lei ed il figlio si assomigliavano molto fisicamente. Gli occhi e gli zigomi sporgenti erano gli stessi.

Lui non aprì quasi mai bocca, se non per rispondere con qualche monosillabo alle poche domande che gli vennero rivolte. Mangiò la propria porzione, mandò giù la propria lattina di coca cola e si alzò subito da tavola dicendo che doveva uscire per qualche momento e che sarebbe tornato subito. Cora lo guardò andare nell’altra stanza senza dire niente e poi sentì il tonfo della porta d’entrata che si chiudeva; per un attimo si ritrovò indecisa se seguirlo, ma cosa gli avrebbe detto? Aveva già fatto abbastanza con le parole in camera, quando gli aveva detto che si preoccupava per lui perché era suo amico ed aveva ottenuto in risposta un silenzio imbarazzante che era durato un’eternità.

Però, cazzo, non era stata lei a rovinare tutto. E lui non poteva pretendere che quello che aveva visto coi propri occhi si cancellasse dalla mente con un battito di ciglia. Magari fosse stato così semplice.

Alla fine la giovane si alzò, ma per chiedere alla madre del ragazzo se poteva aiutarla con la tavola da sistemare e con i piatti da lavare. Lo faceva volentieri in quel caso, anche se a casa propria lo detestava terribilmente perché le era imposto, a volte anche con la forza.

“Non è necessario, vai in salotto a guardare la tv”

“Insisto” replicò lei, iniziando ad impilare i piatti e le altre posate “è stata così gentile a preparare la cena anche per me, in qualche modo devo sdebitarmi per ringraziarla”.

La donna annuì e lasciò che la ragazza la aiutasse, per poi riprendere il discorso mentre lei lavava i piatti e Cora si occupava di asciugarli con uno strofinaccio.

“Sono io che in realtà dovrei ringraziarti per tutto quello che stai facendo, Nancy”
“Per cosa?” mormorò la giovane, facendo finta di non capire ed ignorando la morsa che le chiuse tutto d’un tratto lo stomaco. Quella stessa morsa l’aveva percepita di tanto in tanto anche durante la cena, ogni volta che aveva visto come la donna fissava lei e lui.

“Per tutto quello che stai facendo per lui. Da quando ti ha conosciuta è diverso, è cambiato. In positivo. Ed almeno ora so dove passa il suo tempo quando esce di casa”

“Lui non…” Cora si fermò un momento per cercare le parole migliori, per non offendere la donna. Lo sguardo incollato al piatto che stava pulendo fin troppo affondo. Aveva capito benissimo a cosa si stava riferendo in modo indiretto, e nella propria mente rivide il sacchetto che aveva trovato per caso “non ha mai fatto nulla di strano in mia presenza. Sul serio. Parliamo tanto, andiamo in giro… Cose così…”.

Ovviamente, non fece alcun accenno a quello che aveva visto nel vicolo.

“So quello che dicono in giro di mio figlio, ma sono tutte bugie. Nient’altro che una lunga serie di bugie. Alla gente piace parlare solo perché ha la bocca per farlo e non presta la minima attenzione a quello che dicono. Siamo una famiglia tranquilla, che sta sulle sue, e questo ci fa apparire strani agli occhi degli altri. E da qui nascono le voci”

“Sì, lo capisco, per me è lo stesso” sospirò la ragazza, passando al piatto successivo da asciugare “sono qui da mesi ormai e ancora mi trattano come una straniera. A volte, a scuola, ho l’impressione di essere guardata come un animale raro allo zoo. Alle mie orecchie non è mai giunto nulla, ma sono sicura che devono girare voci su di me”.

Dopo aver detto quelle parole, Cora si soffermò a pensare proprio a quello. L’avevano vista insieme a lui quando si era presentato davanti al cancello della scuola per giorni e giorni di fila, quindi chissà che cosa dicevano anche di lei tra i corridoi. Magari quello era uno dei tanti motivi per cui non riusciva ad avere nessun’altra amica al di fuori di Julia. O forse c’era qualcosa nel proprio aspetto che teneva le persone a distanza, come se in qualche modo riuscissero a vedere dentro di lei quello che faceva.

“Mio figlio non è un cattivo ragazzo, non lo è mai stato. È solo… Non lo so… Perso. È perso” la donna si fermò dal lavare gli ultimi piatti; dal sospiro che le uscì dalle labbra, Cora capì quanto fosse disperata e quanto si sforzasse di trattenere tutta la propria disperazione “io e suo padre abbiamo avuto dei problemi anche con i suoi fratelli, ma lui… Nessuno mi ha mai preoccupata così tanto. È da quando è nato che non riesco a tirare un sospiro di sollievo. Ho paura che se mi rilasso un attimo, ecco che qualcosa è pronto ad accadere… Non posso abbassare la guardia nemmeno un momento. Abbiamo rischiato di perderlo già due volte”

“Per la malattia?” la giovane si girò un momento verso il salotto. Sperava che lui non rientrasse proprio in quel momento, non ora che finalmente riusciva a scoprire qualcosa di più sul suo conto. Ed era certa che non sarebbe ricapitata tanto facilmente un’altra occasione simile.

“No, non per quello, anche se ci ha fatto prendere lo stesso dei grandi spaventi. Quando aveva due anni, la babysitter che abbiamo  pagato non lo ha sorvegliato con la dovuta attenzione e si è rovesciato addosso una cassettiera. Ha preso una brutta botta proprio qui, sulla fronte. Poi, a sei anni, è andato al parco con i suoi fratelli e si è avvicinato troppo di corsa all’altalena su cui era seduta sua sorella. Lei non è riuscita a frenare in tempo e lo ha colpito di nuovo in fronte. In entrambi i casi lo abbiamo portato in ospedale che non rispondeva e non riuscivamo a svegliarlo, ed in entrambi i casi pensavo fosse morto. Poi è arrivata la malattia, che ha fatto tutto il resto. Era il più bravo ed il più veloce della squadra scolastica di rugby, suo padre era così orgoglioso quando andavamo a vedere le partite. Poi ha avuto un attacco in campo e l’allenatore lo ha buttato fuori perché non voleva prendersi la responsabilità in caso fosse accaduto di nuovo. Dopo quell’espisodio è iniziato a cambiare, l’ho visto subito”.

Cora non sapeva cosa dire. Preferì rimanere in silenzio ad ascoltare lo sfogo della madre del ragazzo. Chissà da quanto tempo aspettava anche lei un’occasione come quella, avere qualcuno disposto ad ascoltare e basta il suo sfogo.

“Prima è sempre stato un bambino solare e sorridente. Era buonissimo, bravissimo… Ha sempre adorato la musica. Già a due anni mi chiedeva in continuazione di accendere la radio per ascoltare la musica e ballare. Era così bravo che s’intratteneva da solo a giocare per ore ed ore. Gli piaceva giocare agli indiani ed ai cowboy fuori in giardino. Tirava su delle vere e proprie scene da film. Una volta una vicina è venuta a bussare alla porta preoccupata, perché lo aveva visto mimare una scena in cui veniva colpito da un proiettile e cadere a terra. Per lei c’era qualcosa che non andava, ma io non vedevo altro che un bambino con una fervida immaginazione. Vedi? La gente vuole vedere a tutti i costi il marcio anche laddove non c’è” sospirò la donna “è stata dura quando ha dovuto abbandonare per forza la squadra di rugby, ma è stata ancora più dura quando c’è stato l’incidente che ha coinvolto suo cugino”

“Quale incidente?”

“Gli è partito un colpo di pistola per sbaglio ed ha colpito sua moglie. È morta quasi sul colpo” tagliò corto la donna, senza aggiungere altri particolari in merito alla faccenda, e Cora non chiese altro “ha sempre avuto un debole per suo cugino. È il suo eroe. Quando lo hanno arrestato, ne è stato distrutto. Si è chiuso così tanto in sé stesso che io e suo padre abbiamo deciso che era meglio per lui trascorrere l’intera estate da suo fratello, lontano da qui, così si sarebbe distratto un po’. Non è servito a molto. Quando è tornato indietro era diverso e le cose hanno iniziato a peggiorare, soprattutto tra lui e suo padre. Il momento peggiore è stato quando ha deciso di abbandonare la scuola. Sono passati anni, ma si parlano ancora di rado”
“Una mia amica… La mia amica in realtà, perché è l’unica che ho, mi ha detto che lavorava in un albergo, ma che è stato licenziato a causa di un…” Cora si ritrovò di nuovo a soppesare con attenzione le parole “incidente”

“Mio figlio non ha nulla a che fare con quella storia, è stato incastrato. Non so quello che la tua amica ti ha raccontato, ma posso immaginarlo e non è vero niente. Era irriconoscibile quando sono andata a trovarlo in ospedale, aveva gli occhi così gonfi e neri che non riusciva quasi ad aprirli ed hanno dovuto mettergli dei punti in bocca perché aveva un taglio enorme. Mi ha detto che è stata quella donna ad invitarlo nella sua stanza, ed io gli credo. Parliamo di un ragazzino di quindici anni, che per giunta è anche mio figlio. Lo conosco da quando è nato e so riconoscere quando mi dice una bugia o la verità”.

La ragazza non rispose subito e ripensò agli oggetti che aveva trovato in camera di lui. Al sacchettino di plastica con le pasticche colorate. Allo strano libro che non era riuscita a prendere in mano per osservarlo più da vicino. Alla rivista porno a sfondo sadomaso. Ripensò anche a tutti gli spinelli che gli aveva visto rollare e fumare, ed a tutte le volte che avevano sparato nel deserto. Ripensò al giorno in cui si erano incontrati, al portafoglio che aveva rubato con facilità ed a tutte le volte che gli aveva visto afferrare qualcosa dallo scaffale di un minimarket.

Ovviamente, fra tutto quello, ripensò anche di nuovo al vicolo cieco di notte.

Non era affatto sicura che quella donna conoscesse così bene suo figlio, ma quel pensiero preferì tenerselo per sé. Aveva capito che parlava in quel modo perché era il più piccolo della famiglia e perché provava rimorso.

“Ho voluto sapere la sua versione a riguardo, ed è quella a cui credo. Come le ho detto poco fa, lui non ha mai fatto nulla di strano in mia presenza. E non ha mai avuto comportamenti strani. Anzi. È stato il primo ragazzo a dimostrarsi gentile nei miei confronti, ed ancora non riesco a capire il perché. Non… Non ho assolutamente nulla di speciale”

“Invece per lui lo hai, eccome. Anche se non parla molto ed è difficile ottenere qualche risposta da lui, ho visto subito com’è cambiato da quando vi siete conosciuti” la donna si girò a guardarla; il suo volto teso si rilassò finalmente e sulle sue labbra apparve un sorriso “sai cosa chiedo ogni volta che vado in chiesa a pregare? Che possa trovare anche lui la sua strada. E finalmente credo d’iniziare a scorgerla”.

Cora riusciva bene a leggere quali erano i pensieri dietro le iridi scure della donna: per lei erano una coppia, e già li vedeva vivere insieme sotto lo stesso tetto, sposarsi ed avere dei figli. Si ritrovò a rispondere al sorriso con un nodo in gola perché al momento quello scenario non era altro che un miraggio lontano. Aveva l’impressione d’ingannarla e quello la faceva sentire una pessima persona.

Il rumore della porta d’ingresso che si apriva e l’arrivo di lui salvarono la ragazza dalla conversazione che aveva preso una piega imbarazzante e difficile per lei. Il ragazzo si appoggiò allo stipite della porta della cucina e la guardò intenta ad asciugare l’ultimo piatto.

“Ti va di guardare un po’ di tv?” le chiese indicando il salotto con un cenno della testa e lei annuì dopo essersi accertata che la madre di lui non avesse più bisogno del suo aiuto; i due giovani si spostarono nella stanza vicina e presero posto sul divano. Era vecchio e logoro, ma così spazioso e profondo da permettere di distendere le gambe. All’occasione poteva essere usato anche come letto. C’era una coperta lì vicino, e Cora la prese e la posò sulle gambe di entrambi. Lui la guardò con le sopracciglia inarcate “sul serio? Con questo caldo?”

“Sei ancora un po’ pallido” rispose lei, per poi aggiungere “che fine hai fatto? Sei stato via un’eternità. Ho iniziato a pensare che…
“Che avessi avuto un altro attacco e fossi chissà dove, in preda alle convulsioni? Magari in un fosso sul ciglio della strada?”

“Non dirlo nemmeno per scherzo” mormorò la giovane, senza riuscire a reprimere un brivido al solo pensiero che uno scenario simile potesse concretizzarsi. Lui la sentì tremare e sulle sue labbra apparve un ghigno.

“Mi dispiace deluderti, dovrai aspettare una prossima occasione. Sono andato a prendere queste” disse, tirando fuori da una tasca due lattine di coca cola. Erano così fresche da essere ricoperte di goccioline di condensa “e questa”.

Da un’altra tasca dei pantaloni tirò fuori una piccola bottiglietta di whisky. Cora riconobbe immediatamente la bottiglia e la marca. Era una delle preferite del padre. In diverse occasioni l’aveva costretta a berlo a sua volta. Il solo ricordo di quei momenti orribile le provocò dei crampi allo stomaco.

“Dove hai preso questa roba?”

“In un minimarket qui vicino”

“E quanto l’hai pagata?”

“Ohh, secondo te? Ti do un piccolo indizio per facilitarti la risposta: sono uscito di casa senza portafoglio”

“Lo sai che mi stai dicendo questo dopo che tua madre, per tutto il tempo in cui sei stato via, non ha fatto altro che ripetere in continuazione quanto tu sia un bravo ragazzo?”.

Lui ghignò di nuovo senza dire nulla in risposta; aprì entrambe le lattine di coca cola, ne porse una alla ragazza e poi si girò un momento verso la cucina per controllare che la madre fosse impegnata in altro e che non stesse prestando attenzione a loro due ed a quello che facevano.

“Sbrigarti a berne un po’, così posso svuotare questa” mormorò poi, riferendosi alla bottiglietta che aveva posato sul divano tra loro due, sotto la coperta, in modo che fosse ben nascosta. Cora sentì di nuovo i crampi allo stomaco, come la mattina in cui avevano pagato la camera di un hotel e non erano riusciti a consumare nessun rapporto sessuale. Quando lui l’aveva rassicurata riguardo la discrezione di quel posto, aveva letto tra le righe quello che intendeva dire, ma in quel momento credeva davvero che la cosa non la toccasse minimamente. Ovviamente era stato prima di vedere tutto quanto coi propri occhi e capire che non era proprio così.

“Io passo” mormorò a sua volta in risposta, dopo aver mandato giù della saliva per ricacciare indietro un vago senso di nausea. L’ultima cosa che le mancava, ora, era di lasciarsi trasportare troppo dai ricordi e finire per vomitare l’intera cena addosso a lui, con la madre nella stanza accanto.
“Perché? L’hai mai bevuto con la coca cola? Guarda che è buonissimo”

“Ci credo, ma non fa per me. Odio gli alcolici. Di qualunque genere” rispose Cora con una smorfia, evitando perfino di posare lo sguardo sulla bottiglia.

“Come preferisci” sospirò lui, senza insistere ulteriormente. Mandò giù un lungo sorso della propria bevanda e riempì di nuovo la lattina con una buona parte di whisky. Cora vide il livello della bevanda alcolica ambrata scendere vertiginosamente fino a metà bottiglietta e spalancò gli occhi.

“Non ti sembra di avere esagerato un po’?” chiese inarcando le sopracciglia “ormai c’è più quello che coca cola nella lattina”

“Questo ti sembra troppo? Non è niente, fidati, solo un riscaldamento. Sono abituato ad altro. Posso svuotarla tutta e restare perfettamente lucido, vuoi vedere?”

“No, grazie, non mi piacciono le persone che bevono e non credo che sia il caso che tu beva un’intera bottiglietta di whisky a poche ore di distanza da un attacco epilettico. E credo anche che non dovresti guardare troppa tv. In realtà, non dovresti fare altro che riposarti”

“Sei proprio un palo nel culo quando fai così, te l’ho già detto?”.

Cora rimase a bocca aperta per la brutalità della frase che il ragazzo le aveva rivolto. Non se l’aspettava, e lo ripagò dandogli un pizzicotto sul fianco sinistro, sotto la coperta.

“Smettila di fare gratuitamente lo stronzo, lo sto dicendo solo per il tuo bene. Perché mi preoccupo per te. Possibile che tu non lo capisca?”

“E possibile che tu abbia già la voce che trema per una semplice battuta sarcastica? Guarda, hai perfino gli occhi lucidi… Sei così suscettibile perché sei in quei giorni del mese di voi ragazze?”.

Gli occhi scuri della ragazza si sgranarono. Se prima era rimasta senza parole, adesso era semplicemente allibita.

“L’unico motivo per cui non ti ho ancora dato un pugno è perché sei stato male. Farò finta di non aver sentito nulla, ma è meglio se la smetti di fare lo stronzo. No, non fare quel sorrisetto, dico davvero. Dì un’altra cosa simile e te lo mollo davvero lo schiaffo, non m’interessa se tua madre è nell’altra stanza e mi vede toccare il suo bambino adorato che non è così perfetto come pensa. Odio quando ti comporti così da stronzo. Non ti sopporto” Cora distolse lo sguardo dal viso del giovane e lo concentrò sullo schermo acceso della tv, anche se non le interessava minimamente il programma che stavano trasmettendo. Mandò giù un sorso di coca cola per calmarsi, ma non servì a molto. La voglia di dargli lo schiaffo che si meritava non era ancora passata e stava iniziando a rimpiangere la decisione di essere andata da lui per trascorrere là la notte.

Per un po’ nessuno dei due parlò. Lei era immersa nei propri pensieri ed al tempo stesso si domandava in quali fosse immerso lui.

Si sentiva a disagio dopo quello che lui le aveva detto, anche se si trattava di una battuta pessima. Tutto il suo atteggiamento di quel giorno era strano fin da quando aveva aperto gli occhi, e le sembrava peggiorato da quando era rientrato. Forse stava viaggiando un po’ troppo con la fantasia, forse il suo pessimo umore non era altro che una conseguenza dell’attacco epilettico che lo aveva colpito dopo tanto tempo dall’episodio precedente… Era pronta ad accettare qualunque spiegazione tranne quella che appariva la più ovvia: si stavano allontanando sempre di più l’uno dall’altra.

“Ehi”.

Cora vide apparire un sacchettino davanti ai suoi occhi. Ripensò a quello che poche ore prima aveva visto dentro al cassetto, ma in questo non c’erano pasticche colorate dall’aria sospetta, bensì caramelle. Gelatine, per la precisione.

“Ho preso anche queste prima, al minimarket. Vuoi?” chiese lui, rivolgendole quella che era un evidente tentativo di riappacificazione. Lei si voltò a guardarlo senza dare una risposta “eddai, scusa per prima. Le parole mi sono uscite di bocca in malo modo. Non intendevo dire quello in quel modo… Hai capito, no? È solo che…”

“Sei nervoso per quello che ti è successo?”.

Il ragazzo rimase in silenzio per un po’, ricambiando semplicemente il suo sguardo. Dal modo in cui muoveva la bocca, era evidente che si stava mordendo l’interno delle guance.

“Sì” disse alla fine, accompagnando la risposta con un sospiro “non è molto piacevole, ma non ho voglia di parlare di questo adesso. Allora, vuoi una gelatina?”

“Ci sono quelle alla fragola?” domandò lei, accettando in modo indiretto la richiesta di riappacificazione “sono le mie preferite”.

Il ragazzo infilò la mano sinistra nel sacchetto e ne tirò fuori una caramella rossa e trasparente.

“Tipo questa?” replicò con un sorrisetto “a meno che non sia ciliegia. Vuoi che provi io per primo?”

“No, voglio rischiare”

“Apri la bocca, allora. Te la do io”.

Cora s’irrigidì dinanzi all’ordine che non si aspettava. Avrebbe voluto dirgli che non era il caso, che non era in vena di fare giochetti come quello perché non aveva ancora dimenticato cos’era accaduto alcune settimane prima, ma poi pensò alla madre che in quel momento doveva essere in compagnia del suo amante a divertirsi, e si ritrovò in automatico a socchiudere le labbra. Lui allungò la mano e le lasciò cadere la caramella in bocca, come le aveva detto. Senza fare nient’altro. Chiedendole semplicemente se era buona e che gusto aveva.

“Fragola” rispose lei, con un sorriso “proprio come speravo. È buonissima. È da una vita che non le mangio”

“A casa tua non comprano mai caramelle?”

“No, i soldi servono per altro di più importante” tagliò corto la ragazza, e fu il suo turno d’infilare una mano nel sacchetto di carta  e di prendere una gelatina “adesso tocca a te. Verde. Cosa può essere?”

“Spero sia melone. È uno dei miei gusti preferiti”

“Allora vediamo se sei altrettanto fortunato. Apri la bocca”.

Lui obbedì e lei allungò la mano destra timidamente. Lasciò cadere la gelatina nella sua bocca e non accadde nient’altro, di nuovo. In compenso, avvertì un brivido nel momento in cui gli sfiorò le labbra piene con il polpastrello dell’indice. Lo vide masticare la caramella con un’aria pensierosa, e prima di parlare si ritrovò costretta a mandare giù della saliva.

“Allora?” chiese per rompere il silenzio “il verdetto? È melone?”

“No, niente melone. Mela verde. Peccato” rispose lui, scrollando le spalle “ho perso. Questo significa che devo pagare un pegno”

“Pegno? Non abbiamo stabilito nessuna regola a riguardo. Non abbiamo mai detto che fosse un gioco”

“Lo so, peccato. Avrei dovuto farmi venire prima in mente quest’idea, ma non è ancora troppo tardi per rimediare” il ragazzo si fermò e si girò, richiamato dalla madre che era entrata in salotto. Gli disse che stava per ritirarsi a letto e gli consigliò di fare lo stesso il prima possibile perché aveva ancora bisogno di riposo. Salutò Cora con un sorriso e sparì in direzione delle scale. Quando iniziò a salire gli scalini cigolanti, lui si girò di nuovo verso la ragazza “aspettiamo un po’ prima di salire. Il tempo necessario per essere sicuri che la pastiglia abbia iniziato a fare effetto”

“Però tua madre ha ragione. Tu hai bisogno di riposare e lo stesso vale per me. Domani ho scuola e non voglio saltarla proprio ora che mancano pochi giorni alla pausa estiva”

“Solo il tempo di mangiare qualche altra gelatina, poi andiamo a dormire anche noi e domani mattina ti sveglierai riposata  e pronta ad andare a scuola” rispose lui, pescando nuovamente dentro il sacchetto senza guardare. Cora avvertì un altro brivido, quello sembrava a tutti gli effetti l’inizio di uno dei loro soliti giochetti che facevano quando si appartavano nel parcheggio posteriore del fast food, e non sapeva come sentirsi a riguardo “rossa. Wow. Sei proprio fortunata”

“Beh, almeno lo sono in qualcosa. La mia vita non è altro che una serie continua di sventure su sventure, è consolante sapere che almeno riesco a trovare tutte le mie gelatine preferite all’interno di un sacchetto senza guardare. Davvero consolante”

“La vuoi?” l’espressione di lui era diventata improvvisamente seria, e così di rimando diventò anche quella di Cora. Si sentì di nuovo a disagio perché non aveva idea di quello che stava per accadere. O meglio, sapeva esattamente quello che stava per accadere e, di nuovo, non sapeva come sentirsi a riguardo. Se fosse successo qualche settimana prima sarebbe stato tutto più semplice. Ora, invece, si ritrovava combattuta tra una parte di lei che non desiderava altro e l’altra che non voleva essere presa in giro di nuovo.

Annuì, alla fine, dopo averlo fissato per un po’ in silenzio, e lo vide stringere la gelatina tra i denti.

“Prendila, allora” disse poi, muovendo appena le labbra. Si aspettava qualcosa di simile, ma rimase comunque interdetta ed inarcò le sopracciglia. Stava per dirgli che quel giochetto non avrebbe cambiato nulla e di sicuro non avrebbe riportato indietro le cose tra loro due, ma poi si ricordò di nuovo di quanto di sicuro la madre si stesse divertendo e pensò che lei era la prima, in realtà, che meritava di divertirsi.

Cora si sporse verso di lui, piegò il viso leggermente verso destra ed affondò i denti nella caramella, strappandone una parte. Rabbrividì nel momento in cui le loro labbra si sfiorarono, e tornò al proprio posto masticando la gelatina.

“Non ci posso credere” commentò mentre assaporava il gusto “devi ritirare quello che hai detto poco fa perché questa è ciliegia. La mia fortuna è durata ben poco”

“Già. Vediamo se adesso sarò io quello più fortunato”

“Ohh beh, ho pescato una verde!” esclamò la giovane, guardando la caramella che aveva preso alla cieca e che ora aveva sul palmo della mano destra “è già un buon inizio”.

Imitò quello che lui aveva fatto: strinse la gelatina verde tra i denti ed aspettò, coi nervi un po’ tesi. Lui si sporse a sua volta in avanti, le posò la mano sinistra sulla guancia destra e piegò leggermente il viso di lato. Sembrava sul punto di strapparle un bacio a tradimento, invece affondò a sua volta i denti nella caramella e si allontanò subito dopo, masticandola.

“Non ci posso credere!” esclamò di nuovo lei “è melone!”

“Wow, sono davvero un ragazzo fortunato”.

Non c’era nulla di particolarmente divertente in quella frase, ma Cora scoppiò lo stesso a ridere come se fosse stata la battuta più spassosa al mondo. Continuò a ridere finché non si accorse che lui non stava ridendo a sua volta, ed era intento a fissarla in silenzio. Serio come quando aveva iniziato il gioco con le gelatine.

“Che c’è?” gli chiese d’istinto, a bassa voce “qualcosa non va? Ti stai per sentire male?”

“No, non c’è niente che non va. Ti sto solo guardando” mormorò a sua volta lui; sembrava sul punto di aggiungere qualcosa, ma cambiò idea all’ultimo minuto e pescò un’altra gelatina. Questa volta era arancione “adesso socchiudi le labbra e chiudi gli occhi”.

L’espressione di Cora diventò a sua volta seria. Quelle parole l’avevano riportata improvvisamente alla realtà.

“No” disse scuotendo la testa “il gioco è bello finché dura poco. Lo so quello che sta per succedere: se adesso chiudo gli occhi, tu mi bacerai”

“Allora posso rimettere nel sacchetto questa, dato che ormai è inutile, e passare direttamente al punto della questione” disse lui, riferendosi alla caramella, per poi avvicinare il viso di qualche centimetro a quello di lei. Cora si tirò indietro, schiacciando la schiena contro lo schienale del divano “se in questo momento, mentre siamo qui da soli, quasi al buio più totale, provassi a baciarti… Tu cosa faresti?”

“Ti direi di fermarti perché non è il caso”

“La pastiglia avrà fatto effetto ormai. Mia madre non riaprirà gli occhi prima di domani mattina, quando suonerà la sveglia”

“Non mi stavo riferendo a tua madre. Se mi provassi a baciare ti direi di fermarti perché non è una serata trascorsa insieme, stare seduti sul divano a guardare la tv e fare uno stupido gioco con delle gelatine a cancellare tutto quanto quello che è successo. No!” Cora girò il viso dall’altra parte quando lui provò a baciarla nonostante ciò che gli aveva appena detto “forse non lo hai ancora capito, o forse non sono stata io abbastanza chiara quando ne abbiamo parlato, ma ero seria quando ti ho detto che voglio che siamo solo amici”

“Sì, lo avevo capito” rispose lui, con un sospiro, allontanandosi “ma dovevo comunque provarci. Vieni. Hai detto che domani devi alzarti presto perché non vuoi saltare la scuola, no?”.

Sempre sospirando, il ragazzo si alzò e subito dopo Cora lo imitò. Salirono di nuovo nella sua camera da letto e lui le chiese se avesse qualcosa da indossare per la notte.

“Ho portato un pigiama con me”

“Bene, allora buonanotte”

“Aspetta!” lo fermò subito lei, con un’espressione corrucciata “non… Non rimani qui? Dove dormi tu?”

“Il divano in salotto è abbastanza grande per due persone, figuriamoci per una. Se non rimanessi qui, se non lo avessi notato, dovremo dividere lo stesso letto e non è altrettanto spazioso. Direi che non è il caso… Soprattutto dopo quello che hai appena detto, no?”.

La ragazza aprì la bocca per poi richiuderla in silenzio. Non poteva ribattere in alcun modo perché il suo ragionamento non faceva una piega, però al tempo stesso non voleva dormire da sola.

“Ma non sarai scomodo?”

“No, ci sono abituato. E poi non dormo più di quattro ore a notte, quindi il letto serve più a te che a me”

“Davvero?”

“Sì, davvero. Non so il perché, è così dacché ne ho memoria” rispose lui scrollando le spalle “il letto è sfatto, non ho un altro cuscino e delle coperte da cambiare, ma penso che per una notte possa andar bene così”

“Sì, è perfetto, non preoccuparti” mormorò Cora prima che lui se ne andasse. Quando rimase da sola, lasciò ricadere le braccia lungo i fianchi, sconfitta. Lo aveva ferito con le proprie parole, ma lei era la prima ad essere stata ferita dalle sue azioni. E poi l’aveva ferita anche con le parole, quando aveva cercato di spiegare perché si era appartato in quel vicolo. Come se potesse davvero dare una spiegazione a cui credere.

La giovane si lasciò andare ad un sospiro e recuperò da dentro lo zaino il pigiama corto che quello stesso pomeriggio aveva gettato dentro; adesso che era da sola nella sua camera da letto avrebbe potuto approfittarne per aprire di nuovo il cassetto del mobile e curiosare più attentamente là dentro, ma non ne aveva la minima voglia. E non era nemmeno così curiosa di vedere cos’altro avrebbe trovato là dentro.

Cora infilò il pigiama e s’infilò sotto le coperte per poi spegnere la luce. Pensava che il buio ed il silenzio l’avrebbero aiutata a rilassarsi, invece servirono solo a creare l’effetto opposto, sottolineando la solitudine di quel momento. Ed il cuscino su cui aveva posato la testa e le coperte che stringeva impregnati dell’odore di lui non aiutavano affatto. Si ritrovò a girarsi e rigirarsi nella vana speranza di chiudere occhio senza però riuscirci, finchè mezz’ora più tardi scalciò via le coperte e decise di scendere di nuovo al pianoterra.

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