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Non sapeva con esattezza quand’era accaduto, forse negli istanti in cui la guardia se ne era andata dal reparto e lei era rimasta a fissare l’altra stanza illuminata, ma lui aveva aperto gli occhi e si era seduto sul bordo del lettino senza fare il minimo rumore ed ora la stava fissando. E lei, di rimando, lo stava fissando a sua volta, con gli occhi sgranati, chiedendosi se quello che stava vedendo era vero od un sogno.
Rimasero cristallizzati in quel modo finchè lui non socchiuse le labbra per primo, rompendo lo strano incantesimo.
“Ehi” la sua voce era molto più profonda di quello che ricordava, ma era comunque la sua; lo aveva conosciuto come ragazzo, ora invece erano passati otto anni ed era anche lui un giovane uomo come Austin. Si aspettava qualcosa di maggior effetto, e invece non aggiunse altro, lasciando che l’unica parola che aveva pronunciato si spegnesse nel silenzio della stanza.
Trascorse un intero minuto prima che la giovane riuscisse a ritrovare la propria voce.
“Non è possibile, non puoi essere sveglio” mormorò, stentando a riconoscere la propria voce. Era tornata ad essere stridula come quando aveva provato a convincere la collega a restare “Emma mi ha assicurato di averti dato un forte tranquillante e che stavi dormendo da un pezzo quando sono arrivata. Ti ho visto anch’io dormire, coi miei stessi occhi”
“Stai parlando dell’altra infermiera, quella con i capelli biondi?” replicò lui, inarcando le sopracciglia “beh, lei ha visto solo quello che i suoi occhi hanno creduto di vedere. Ha visto che mettevo la pastiglia in bocca e che mandavo giù l’acqua che mi ha dato. Non ha visto che la posizionavo sotto la lingua e quando l’ho nascosta in una tasca dei pantaloni”.
A dimostrazione che quel che diceva corrispondeva al vero, infilò la mano sinistra nella corrispettiva tasca dei pantaloni rossi e quando la tirò fuori, posata sul palmo c’era una piccola pastiglia bianca che mostrò a Rosa.
“Non dovresti averla” rispose lei, mandando giù della saliva per ammorbidire la gola. Era strano parlare di nuovo con lui dopo otto anni, e per giunta in modo così normale. Sembrava non essere cambiato nulla, a parte il fatto che era cambiato tutto “devi ridarmela indietro, altrimenti possono esserci conseguenze”
“Allora prendila” ribatté lui, allungando la mano verso di Rosa, e quest’ultima, d’istinto, mosse un passo indietro “guarda che non mordo. Sono ammanettato al lettino se non lo avessi notato prima”
“Posala sul mobiletto vicino al lettino, la prenderò in un secondo momento. Adesso non è così essenziale”
“Mh-mh” ribatté di nuovo lui, facendo un cenno con la testa, fissando la giovane negli occhi senza sbattere le palpebre. Lei di rimando si sforzò di sostenere quello sguardo “hai paura di me, Cora?”.
Sentire la sua voce profonda pronunciare quello che era stato il suo vecchio nome provocò uno strano effetto nella giovane, e le fece avvertire un brivido lungo la spina dorsale. Era da anni che non lo sentiva più, ed ora era stato proprio lui, il suo ex coinquilino, a pronunciarlo di nuovo per la prima volta. Ripensò a quando glielo diceva dopo aver fatto sesso, prima di dirle che era fantastica, e che se non fosse esisitita l’avrebbero dovuta inventare. Solo una dell’infinita fila di bugie che le aveva rifilato in un paio di mesi.
“No, non mi chiamo Cora” disse dopo un po’ scuotendo lentamente la testa da destra a sinistra “quel nome non mi appartiene più da parecchio tempo”
“Ahh, no?” domandò lui, senza alcuna espressione in particolare sul viso. Non sembrava né perplesso né sorpreso “e quale sarebbe il nome che ti appartiene ora?”
“Rosa”
“Rosa. Buffo. Lo stesso di mia sorella. E questo nome dove lo avresti tirato fuori?”
“È una storia lunga da raccontare e adesso non ne ho alcuna voglia. È la mia nuova identità, punto e basta. Sono una persona completamente diversa… Se non lo avessi notato prima”
“Sì, l’ho notato. L’ho visto subito. Hai un taglio diverso, hai cambiato colore di capelli, hai perfino cambiato nome… Ed indossi quella divisa azzurra. Sei un’infermiera adesso?”
“A breve lo sarò. Quest’anno mi specializzo ed inizierò a lavorare. Vorrei occuparmi di ragazzi problematici, nel frattempo sono qui perché sto facendo uno stage di sei mesi organizzato dal mio professore d’indirizzo”
“Quindi non fai più la puttana?”
“No” rispose la giovane in tono secco, risentita dalla domanda diretta e brutale “ho smesso con quella vita da molto tempo, ed allo stesso modo ho dato un taglio netto anche alla cocaina… Entrambe le cose da otto anni”
“Anche io non mi drogo più da quando sono qui dentro, sai? E per giunta mi hanno rifatto i denti nuovi” rispose a sua volta lui, schiudendo le labbra e mostrando due file di denti perfetti che Rosa non ricordava affatto di avergli mai visto “magari per tutti gli altri è molto più semplice procurarsi della roba dietro le sbarre, ma non quando passi quasi tutto il tuo tempo dentro letteralmente quattro mura come nel mio caso. Dunque ti sei completamente ripulita ed hai abbandonato la vita di strada? Mh, e questo come è stato possibile? Devi aver conosciuto qualcuno di molto disponibile e con un portafoglio bello gonfio se sei riuscita a fare tutto questo ed a cambiare nome per giunta. Lo hai fatto per dare un taglio netto al tuo passato? Come se cambiare nome, colore di capelli ed indossare una divisa azzurra da infermiera possa cancellare tutto con un colpo di spugna”
“Perché non parliamo della divisa che indossi tu, anziché continuare a commentare la mia vita?”
“Ohh, sì, bella vero? A quelli speciali come me la danno di questo colore”
“È… Tutto questo ciò che hai da dire?” chiese Rosa, allargando le braccia e rilasciandole cadere lungo i fianchi “nient’altro che una stupida battuta? Te lo devo dire proprio io da dove dobbiamo iniziare a parlare?”
“Non lo so, dimmelo proprio tu visto che ci tieni così tanto”
“Dio, che stronzo che sei quando fai così! È come quella volta che siamo andati al luna park e poi al cinema, e poi in appartamento dicevi cazzate come questa anziché rispondere alle mie domande sul perché… Perché…”
“Sul perché mi fossi tirato indietro quando al cinema hai provato a baciarmi?”.
Rosa cancellò all’improvviso la distanza che c’era tra loro due e lo colpì con uno schiaffo così forte in pieno viso che il rumore secco risuonò nell’aria; non contenta, gliene assestò un secondo sull’altra guancia. Lo aveva colpito solo una volta quand’erano ancora coinquilini, poi non lo aveva più fatto perché le aveva rivolto uno sguardo che le aveva fatto venire i brividi, ma ora si trattava di una faccenda ben diversa. E lui non poteva fare niente perché era bloccato al lettino e perché, soprattutto, ne avrebbe pagato le conseguenze in modo immediato.
E poi, la giovane si sentì subito un po’ meglio dopo essersi sfogata con quei due schiaffi.
“E questo è il minimo che ti meriti. Te ne dovrei dare altri diciassette e sarebbe ancora troppo poco”
“Mh-mh, sì, il riferimento è abbastanza chiaro” era difficile capire se fosse arrabbiato o se era completamente indifferente come sembrava perché dal suo viso continuava a non trasparire alcuna emozione di alcun tipo “come lo hai saputo?”
“Ho visto la prima pagina del giornale quando me ne sono andata. E poi la notizia era su qualunque canale in tv. Sono stati giorni in cui era un po’ difficile trovare un programma in cui si parlasse d’altro” rispose lei, tacendo appositamente la parte che riguardava l’overdose che aveva avuto e la riconciliazione con Austin. Per fortuna per motivi di sicurezza non indossava mai la fede nuziale a lavoro, altrimenti era certa che lui l’avrebbe notata all’istante “immagina come mi sono sentita quando ho visto l’articolo con la tua foto e le edizioni speciali dei telegiornali. Perfino il tuo nome l’ho dovuto scoprire attraverso le pagine di un giornale e lo schermo della tv! Mi hai detto di chiamarti Rich Ley, ed io ti ho creduto, invece ti chiami Richard. Richard Ramirez”
“E Rich cosa pensi che sia? Non è forse il diminutivo di Richard? Chi mi conosce da quando sono nato mi ha sempre chiamato Rich o Richie. O Rick. Sono io che voglio essere chiamato così” rispose Rich con un sospiro esasperato; a Rosa quella reazione ricordò subito tutte le volte in cui gli diceva qualcosa che lui considerava estremamente stupido od infantile “e comunque, il mio vero nome è Ricardo se proprio lo vuoi sapere. Richard è solo la storpiatura americana. Perché suona meglio”
“D’accordo, direi che questo è davvero il minimo su cui dobbiamo soffermarci. Non m’interessano le spiegazioni su quello che è o non è il tuo nome, voglio che mi spieghi tutto il resto. Sono venuta a cercarti poco tempo dopo essermene andata perché volevo delle spiegazioni da parte tua, e le voglio ancora adesso”
“Delle spiegazioni? D’accordo, è molto semplice: sono stato incastrato”
Gli occhi di Rosa si spalancarono all’istante perché non si aspettava di sentire quelle parole. Pensò ad uno scherzo di pessimo gusto, ma il viso del suo ex coinquilino era terribilmente serio mentre continuava a fissarla.
“Che vuol dire che sei stato incastrato?” domandò in un sussurro “che cazzo vuol dire che sei stato incastrato?”
“Non sai qual è il significato della parola incastrato? Significa che avevano bisogno di qualcuno a cui addossare la colpa ed il primo che hanno trovato sono stato io. Ecco cosa significa, ed ecco come è andata”
“Non prendermi per il culo per l’ennesima volta”
“Stai parlando in senso figurativo, vero?” Rosa vide apparire sulle labbra carnose di Rich un sorrisetto che risultava inquietante nella penombra che regnava nella stanza. Era sadismo allo stato puro, o forse erano i suoi occhi a vederlo in quel modo ora che sapeva chi era veramente e cosa aveva fatto nel corso dell’intera estate di otto anni prima “perché per quanto riguarda il senso letterale non ti è mai dispiaciuto. Anzi”.
Era una provocazione. Lo stava facendo apposta e lei lo sapeva, eppure, nonostante ciò, la ragazza lo colpì una terza volta in pieno viso senza risparmiarsi e senza preoccuparsi di essere troppo vicina. Non le importava più se aveva l’altra mano libera, era legato e non avrebbe fatto nulla di stupido perché altrimenti ne avrebbe pagato le conseguenze. Era certa che le guardie lì dentro non aspettassero altro che avere un valido motivo per sfogarsi un po’ con lui. Il terzo schiaffo non l’aveva soddisfatta del tutto e così, dopo averlo colpito, gli strinse con forza una ciocca di capelli. Voleva cancellare quell’espressione strafottente dal suo viso.
“Vaffanculo, hai capito? Hai ancora voglia di ridere se ti ricordo che in qualunque momento di qualunque giorno possono comunicarti che è arrivato il momento di fare un viaggio di sola andata nella camera a gas? Emma mi ha raccontato cosa succede a quelli che finiscono lì dentro e ti posso assicurare che è uno spettacolo ben peggiore di quello che puoi immaginare. E adesso smettila di prendermi in giro e dammi le spiegazioni che sto aspettando da otto anni”
“Io non ti devo alcuna spiegazione adesso come non te le dovevo otto anni fa” rispose il suo ex coinquilino tra i denti, restando impassibile nonostante lei continuasse a tirare e tirare la ciocca di capelli. Gliela voleva strappare letteralmente dalla testa “te l’ho già detto prima, non mi hai sentito? O sei diventata ancora più stupida in questi otto anni, Cora? Mi hanno incastrato”
“Il mio nome non è Cora ma Rosa, brutto figlio di puttana, e nessuno ti ha incastrato. Ti hanno identificato perché hanno trovato le tue impronte sullo specchietto retrovisore. Le tue impronte. Non si possono falsificare”
“Tutto si può falsificare, basta avere i giusti contatti. Allo stesso modo può capitare di rubare la macchina sbagliata, ed è quello che è successo a me: ho rubato la macchina sbagliata, sono stato così stupido da non controllare meglio quando l’ho abbandonata ed ho lasciato un’impronta. I poliziotti l’hanno trovata e sono scesi alle loro conclusioni personali del cazzo”
“E tutto il resto come lo spieghi? È stato un enorme fraintendimento anche tutto quanto il resto?” ribatté immediatamente la giovane “ho fatto le mie ricerche non appena ho appreso della notizia del tuo arresto perché non volevo crederci. Ho letto tutto quello che i giornali hanno scritto nelle settimane precedenti, e tutto corrispondeva troppo alla perfezione per essere solo una coincidenza”
“Sentiamo” ribatté a sua volta Rich con un sospiro, dopo che Rosa gli lasciò finalmente andare la ciocca di capelli senza avergliela strappata dalla testa “tutto cosa?”
“Tutto, ogni singola cosa. I proiettili che hanno trovato sulle scene del crimine appartenevano allo stesso modello di pistola che avevi tu e…”
“Ohh, sì, ha appena parlato la grande esperta in fatto di armi. Wow” commentò Rich in tono sarcastico e con una risata altrettanto sarcastica “hai idea di quanto sia comune una calibro 22 in una nazione grande come gli Stati Uniti? Hai almeno una vaga idea di quante persone in America possiedono un’arma simile?”
“Lasciami il tempo di proseguire, poi sarai libero di ribattere nel modo che preferisci, sempre se avrai qualcosa da dire a riguardo. Ho visto che ti ricordi la sera che abbiamo trascorso al luna park e poi al cinema, ma ti ricordi anche cosa mi hai detto quando ti ho fatto un complimento sulla maglietta che indossavi quella sera?”.
Rosa vide apparire sulle labbra di Rich uno strano sorriso che questa volta non riuscì ad identificare.
“Ti ho detto che avevo anche un cappellino simile, ma che sfortunatamente qualche mese prima l’avevo perso da qualche parte e non ricordavo dove”
“Che mese era quando abbiamo avuto quella conversazione? Luglio? Inizio agosto? A marzo era stato trovato un cappellino simile in una scena del crimine. Proprio come lo hai descritto a me”
“Non ti ho mai descritto com’era fatto quel cappellino, Cora, ti ho solo detto che ne avevo uno con lo stesso logo della maglietta che indossavo in quel momento. Punto. Di cappellini come quello, di quella band, chissà quanti ne hanno venduti in tutti gli Stati Uniti. Esattamente come di calibro 22”
“Allora parliamo degli undici giorni in cui sei sparito senza dare alcuna notizia”
“Me ne sono andato perché mi hai fatto terribilmente incazzare. Non te lo ricordi? Io me lo ricordo ancora molto bene”
“In quegli undici giorni in cui sei sparito, il Night Stalker ha colpito a San Francisco. Quando sei tornato, gli omicidi si sono spostati nuovamente a Los Angeles”
“Non ti ho mai detto di essere stato a San Francisco”
“E dove sei stato allora?”
“Non a San Francisco. Te l’ho detto quando sono tornato: ho trascorso quei giorni chiuso nella camera di un hotel a farmi di cocaina. Secondo te, con questa premessa, posso ricordarmi in quale città ero?”
“Dopo San Francisco il sindaco della città ha reso noto che la polizia in diverse scene del crimine ha trovato delle impronte che appartenevano allo stesso paio di scarpe. E le scarpe in questione erano un modello da ginnastica, nere, di marca Avia. Tu sei tornato indietro senza scarpe e non mi hai mai detto che fine avessero fatto. E quelle che prima avevi erano da ginnastica e nere”
“E ricordi anche la marca?”.
Per la prima volta la giovane non ribatté immediatamente. Mentre fissava il suo ex coinquilino in attesa di una risposta, stava provando in qualunque modo a ricordare almeno una volta in cui si fosse soffermata a guardare un po’ più a lungo le sue vecchie scarpe. Non lo aveva mai fatto, ed ora se ne pentiva amaramente.
“No”
“E quindi come puoi dire che fossero proprio quelle? Ero strafatto di cocaina in quei giorni, probabilmente non mi tornerà mai in mente che fine hanno fatto”
“Però ricordo la notte in cui siamo entrati in quella villetta. L’impronta che hai lasciato sul terreno mentre cercavi di forzare la finestra mi sembra che fosse molto simile a quelle trovate su alcune scene del crimine”
“Ti sembra o ne sei certa? Te lo ricordi almeno?”.
Rosa rimase di nuovo in silenzio e si tormentò l’interno delle guance. Adesso stava cercando di riportare alla mente il ricordo di quella sera, il momento preciso in cui era entrata a sua volta dalla finestra e si era accorta dell’impronta lasciata sulla terra ancora umida per la pioggia del giorno precedente. Era terribilmente complicato ricordare nei minimi dettagli un avvenimento accaduto otto anni prima, ed ora non era più sicura se quello che vedeva con gli occhi della mente era l’immagine originale od un mix tra il vero ricordo e le foto che aveva visto sui giornali ed in tv.
“Ahh sì… Come pensavo” commentò Rich, come se le avesse letto la mente “stai facendo come quei detective. Stai unendo i puntini nel modo che preferisci perché così è più comodo”
“La notte in cui siamo entrati in quella villetta” proseguì la giovane, ignorando il commento “non era la prima volta che lo facevi. Ed hai detto anche qualcosa riguardo il fatto che la gente dovrebbe imparare a chiudere meglio le porte e le finestre”
“Rubavo per vivere se non lo avessi capito. La cocaina è molto costosa, questo dovresti saperlo anche tu. E riguardo a quello che ho detto quella notte, era solo un’osservazione. Un’osservazione che si è dimostrata vera, visto cosa è successo”
“E come spieghi il vestito blu a pois bianchi? Una notte mi hai portato quella che era l’esatta replica del vestito che ho visto in quella casa, nella camera della figlia. Quello che mi hai regalato era senza etichetta ed aveva delle macchie rosse”
“La tua memoria ha la stessa durata di quella di un pesciolino rosso, Cora. Te l’ho spiegato quella notte stessa che per caso l’ho visto nella vetrina di un negozio e ho pensato di prendertelo. Ricordavo quello simile che ti era così tanto piaciuto. Non c’era alcuna etichetta perché era quello esposto in vetrina ed era macchiato di sangue perché per entrare nel negozio mi sono ferito alla mano sinistra”
“Può essere, ma una delle vittime che è riuscita miracolosamente a salvarsi era una ragazzina di sedici anni e non riesco a togliermi dalla testa l’idea che fosse la stessa che abita in quella villetta”
“Ma questa è una deduzione tua personale. Nell’articolo in cui hai letto di lei c’era una sua foto? E quella notte, in quella villetta, hai visto una foto in cui era ritratta la stessa ragazza?”
“Ricordo che c’erano diverse foto della famiglia, ma non i loro volti. E non so nemmeno quale sia quello della ragazza che si è salvata”
“Allora vedi che anche in questo caso stai unendo i puntini nel modo in cui meglio preferisci? Solo perché è il più semplice ed il più ovvio non significa in automatico che sia anche la soluzione giusta”
“Quando ci siamo conosciuti eri abituato a rubare, ma lo eri anche ad uccidere. Ti ho visto fare fuori tre persone nell’arco di quei mesi”
“Ti ricordo il quartiere in cui abitavamo. Lo hai visto anche tu che se non fotti sono gli altri a fottere te”
“Ti ricordi quel figlio di puttana della spiaggia? Il suo omicidio è avvenuto nelle stesse modalità in cui sono avvenuti quelli commessi dal Night Stalker”
“E secondo te avrei dovuto ucciderlo in un modo che avesse condotto direttamente a noi due? Visto quello che stava succedendo in città tanto valeva far ricadere la colpa su qualcun altro, no? Non è così che di solito si fa?” ribatté per l’ennesima volta Rich, inarcando il sopracciglio sinistro. Rosa rimase in silenzio per un po’, perché non si aspettava un botta e risposta simile da parte sua. A tutto quello che aveva detto, ad ogni accusa che gli aveva rivolto, aveva avuto una risposta pronta e addirittura quasi in grado di smontare l’accusa stessa.
“Ma il simbolo che hai disegnato in quella casa lo conosci comunque bene. Quella volta che l’ho visto al cinema mi hai detto che me ne avresti parlato in un altro momento. E se conosci così bene cosa è un pentacolo, non ci sono molte spiegazioni a riguardo”
“Ohh, ma che brava, adesso sai cos’è un pentacolo? Allora un po’ di cultura te la sei fatta in questi otto anni” commentò sarcastico il suo ex coinquilino, per poi rivolgere alla giovane uno sguardo che la fece nuovamente rabbrividire “cosa c’è? Hai paura di pormi la vera domanda? Sei diventata all’improvviso una timorata da Dio? Vuoi sapere se sono devoto a Satana? Se lo venero? Se credo in lui? Beh, non sono io quello che si è inciso un pentacolo nell’interno coscia”
“Ma ti sei presentato in tribunale con uno disegnato sul palmo della mano sinistra e lo hai mostrato a favore di camera sorridendo soddisfatto”
“Per tutti ero colpevole ancora prima che il processo avesse inizio. Tanto valeva divertirsi un po’”
“E sempre in quell’occasione hai inneggiato a Satana mentre ti scortavano fuori dall’aula, anche quello lo hai fatto per divertimento?”
“Cavolo, in questi otto anni sei riuscita a diventare ancora più ottusa di quello che eri già. Devo farti i miei complimenti perché credevo che non fosse un’impresa possibile. E quindi? Anche se fosse? Che cosa cambia o che cosa dimostra? Di nuovo, non sono l’unico, Cora. C’è tantissima altra gente che la pensa come me e se ti guardassi un po’ attorno con maggior attenzione ti renderesti subito conto da sola che al giorno d’oggi è molto più semplice credere nell’esistenza di Satana che in quella di un Dio buono e misericordioso”
“Non ho alcuna intenzione di lasciarmi trascinare nei tuoi vaneggiamenti religiosi” la giovane emise un sospiro per mantenere la calma “parliamo piuttosto della descrizione fisica di quello che ancora era il sospettato. Le persone sopravvissute lo hanno descritto tutte allo stesso modo: maschio latino, tra i venti e trent’anni, con una scarsa igiene personale ed orale, vestito completamente di nero. Ti dice niente questa descrizione?”
“Di nuovo, ancora una volta, non stai facendo altro che unire i puntini nel modo che meglio preferisci. Esistono chissà quante migliaia di persone che possiedono una pistola calibro 22, esistono chissà quante migliaia di persone che possiedono un cappellino come quello che avevo io ed esistono anche chissà quante migliaia di persone che corrispondo alla descrizione fisica che hai appena fatto”
“Visto che hai la risposta pronta per qualunque cosa che dico, che cosa mi dici a riguardo della notte in cui mi hai chiesto quel particolare gioco di ruolo? Ricordi anche questo? In pratica hai voluto simulare uno degli attacchi di quello psicopatico”
“Appunto, per una volta hai usato un termine corretto: simulare. Tutti noi abbiamo le nostre fantasie spinte, chi più chi meno. È un crimine avere delle fantasie spinte?”
“Anche le frasi che mi hai detto erano le stesse che le vittime sopravvissute hanno riportato”
“Perché io ho sempre letto i giornali in quel periodo, Cora, eri tu l’unica a vivere in un mondo fatato. L’unica dell’intera città a non sapere quello che stava succedendo. Allora… Hai finito o dobbiamo andare avanti ancora per molto?”
“E riguardo le altre accuse? Quelle che riguardano quei bambini che sono stati prelevati dalle loro case e poi abbandonati… Anche quelle le hanno collegate a tutto questo”
“Io non c’entro nulla in questo” rispose lui con fermezza “come non c’entro nulla con tutto il resto. Le due cose sono state collegate? E come? In che modo? La stessa persona agirebbe in due modi completamente diversi? Perché se questo individuo trae piacere nel torturare, violentare ed uccidere in modo crudele le proprie vittime avrebbe dovuto, in contemporanea, rapire, molestare e rilasciare dei bambini? Non ha alcun senso. Dietro il modo di agire di un serial killer c’è sempre uno scheda che si ripete, in questo caso no. Hanno semplicemente voluto prendere due piccioni con una fava, sai, tanto nessuno avrebbe avuto nulla da ribattere. Visto che mi avevano già incastrato con questa storia hanno ben pensato di aggiungere sulle mie spalle qualche accusa in più”
“Sembri sapere molto a riguardo di serial killer”
“Ho sempre avuto la passione per il true crime”
“Bene, d’accordo, allora a questo punto rispondi ad una semplice domanda: se come dici tu non sei questo mostro psicopatico che torturato, violentato, ucciso tutte quelle persone e rapito ed abusato di quei bambini, perché non ti stai opponendo alla condanna che hai ricevuto? Perché se davvero non sei il Night Stalker non stai facendo nulla per non finire nella camera a gas? Perché?”
“Il perché te l’ho già detto prima, ma tu come sempre non ascolti mai” sospirò lui, seccato, roteando gli occhi scuri “che senso avrebbe fare qualcosa contro una partita che è già persa in partenza? Nel momento stesso in cui hanno pubblicato la mia faccia sulla prima pagina di tutti i giornali, quando ancora non ero stato arrestato, per tutti ero già il colpevole. I media hanno fatto il resto. Qualunque sforzo sarebbe vano, il risultato non cambierebbe comunque. Vogliono che paghi e pagherò, anche se non c’entro nulla in tutto questo. I miei avvocati volevano che giocassi la carta dell’infermità mentale, hanno usato mia sorella per cercare di convincermi in qualunque modo, ma mi sono categoricamente rifiutato. Ho una dignità io”.
Rosa sgranò gli occhi. Si era ripromessa di non perdere più il controllo, ma quelle ultime parole avevano avuto lo stesso effetto della goccia in grado di far traboccare il vaso. Lui non poteva reagire, non lo avrebbe fatto comunque, e lei riprese a colpirlo. In testa, sul viso. Con le unghie della mano destra gli lasciò addirittura dei segni su una guancia.
“Smettila!” non si rese nemmeno conto di urlare quando aprì bocca, ed allo stesso modo non si era resa conto di aver iniziato a piangere “basta, smettila! Smettila! Smettila! Sono stufa di sentire sempre e solo cazzate uscire dalla tua bocca! Non sei stanco di mentire? Non riesci proprio a dire la verità per una volta? Per una sola fottuta volta? È dalla notte in cui ci siamo conosciuti che non fai altro che riempirmi la testa di cazzate su cazzate, mi hai mentito fin dal primo istante ed hai sempre continuato a farlo perché fossi la tua puttana personale da usare a proprio piacimento! Mi hai usata e mi hai costretta a fare tutte quelle cose, cazzo! Lo sapevi qual’era il mio passato, sei stato l’unico a cui l’ho raccontato, e poi cosa scopro? Che sei anche tu un mostro schifoso come l’uomo che mi ha cresciuta per diciannove anni e che credevo essere mio padre!”.
Rosa lo colpì un’ultima volta più forte che potè e si allontanò di un passo con il fiato corto e con il volto rigato dalle lacrime. Lui era ancora seduto, perfettamente immobile, e non stava fissando nulla in particolare; sembrava non aver sentito nessuno dei colpi e di non essersi nemmeno accorto del rivolo di sangue che aveva iniziato ad uscire da uno dei graffi che aveva sulla guancia destra.
“Hai finito con questa sceneggiata?” spostò lo sguardo su di lei solo quando ricominciò a parlare. Dallo sguardo che aveva negli occhi era palese che non sarebbe stato allo stesso modo immobile se non avesse avuto una manetta al polso sinistro e se non fossero stati all’interno dell’infermeria di un carcere di massima sicurezza “o ne hai ancora per molto, Cora?”.
Rosa avrebbe voluto ribattere per l’ennesima volta che quello non era più il suo nome e che non doveva chiamarla mai più così, ma non ne ebbe il tempo. Sentì una porta aprirsi e dall’altra stanza apparve la guardia di prima insieme ad un’altra.
“Che cosa sta succedendo qui? Abbiamo sentito delle urla fin dal corridoio” disse il primo uomo, spostando lo sguardo da lui a lei. Quando lo posò su Rosa notò subito che stava tremando ed aveva ancora il viso rigato dalle lacrime “sta bene?”.
La giovane capì che per propria fortuna le due guardie avevano si sentito le sue urla fin fuori dall’infermeria, ma non avevano captato nulla delle parole che aveva gridato contro Rich. Decise di approffitare della situazione e puntò l’indice destro tremante contro il suo ex coinquilino, retrocedendo di un altro passo.
“Ha tentato di aggredirmi” anche la sua voce tremava. Con la coda dell’occhio, vide Rich sgranare gli occhi in un’espressione sconcertata. Era la prima emozione che gli leggeva in volto “ha finto di prendere il tranquillante che gli ha dato Emma, e non appena mi sono avvicinata al lettino per controllare che fosse tutto apposto, ha tentato di aggredirmi. Portatelo via di qui, non voglio vederlo più e non ha più bisogno di restare qui in osservazione”
“Che cosa? Non vorrete mica credere a quello che sta dicendo, vero? Io non l’ho sfiorata nemmeno con un dito, casomai è successo il contrario. Guardate!” Rich provò a protestare, indignato, per l’accusa che gli era stata rivolta ed indicò i graffi che aveva sul viso, ma non servì a nulla. Tra una giovane infermiera che diceva di essere stata aggredita da uno psicopatico condannato a diciannove camere a gas e quello stesso psicopatico, le due guardie credettero in automatico alle parole di lei.
A Rosa tornò in mente quando Emma le aveva detto che a Rich non conveniva fare nulla di stupido perché tutte le guardie lì dentro non aspettavano altro che un buon motivo per pestarlo e sbatterlo ancora più in isolamento, e voltò le spalle ai due uomini mentre si avvicinavano al lettino ed al suo ex coinquilino che stava ancora cercando di convincerli di essere innocente in quel caso. Anche se si meritava quei calci e quei pugni per tutto quello che aveva fatto otto anni prima, a lei ed a tutte quelle persone innocenti, non voleva comunque assistere al suo pestaggio a sangue. Fissò il vuoto cercando di non concentrarsi troppo sui rumori che provenivano dalle sue spalle, e non si voltò nemmeno quando sentì le guardie scortarlo fuori dal reparto perché non voleva vedere lo sguardo che di sicuro c’era nei suoi occhi.
Quando la porta nell’altra stanza si richiuse con un tonfo sordo, la giovane si ritrovò completamente da sola, confusa e con ancora quasi l’intera notte davanti a sé. Avrebbe voluto gridare, ma c’era il rischio che attirasse di nuovo l’attenzione di qualcuno dal corridoio. Aveva bisogno di sfogarsi, ma non c’era nulla che potesse rompere senza pagarne le conseguenze. C’era il lettino che poteva prendere a calci, ma la base in metallo avrebbe fatto più male al suo piede che viceversa. Le sue gambe si mossero in automatico verso il lettino e si ritrovò seduta lì. Si lasciò cadere di lato e si ritrovò con la testa contro il cuscino. Prese un profondo respiro, la stoffa era impregnata del suo odore.
Come quando vivevano ancora nello stesso appartamento e facevano sesso. Lei apriva gli occhi e trovava rigorosamente il posto accanto al suo vuoto; si spostava là, stringeva il cuscino tra le braccia e vi affondava il viso per respirare quello che restava del suo odore, della sua presenza. A quel tempo credeva ancora ingenuamente che stesse fuori tutta la notte per procurarsi e spacciare droga, invece mentre lei pensava a lui, lui era in qualche casa a massacrare le persone che vi abitavano.
‘Patetica’.
Rosa affondò la faccia sul cuscino ed iniziò a piangere. Per sé stessa, per lui, per un po’ tutto, per altre mille cose; pianse perché non c’era altro che potesse fare per sfogarsi, e finì per scivolare nel sonno senza rendersene conto. Si svegliò di soprassalto diverse ore più tardi, quand’era già giorno, col mal di testa e senza avere la minima idea di che ore fossero. Non aveva nemmeno la minima idea se quello che era accaduto fosse stato reale o meno, lo capì solo quando vide la pastiglia posata sul mobiletto lì affianco.
Si alzò in fretta dal lettino, sistemò le coperte ed il cuscino come meglio riuscì e si spostò nell’altra stanza prima che qualcuno potesse entrare. Si sistemò anche i capelli, che dovevano versare in condizioni orrende, e mentre rifaceva il nodo con l’elastico lanciò uno sguardo all’orologio a parete: erano le sei ed un quarto di mattina, era molto prima di quello che pensava, ma al tempo stesso trovò strano non essere stata svegliata da Martha, dato che il suo turno era iniziato già da quindici minuti.
Ripensò alla tresca che lei ed il direttore avevano, anche quello le era stato riferito da Emma, ed il suo umore non fece altro che peggiorare. Probabilmente la donna non aveva sentito la sveglia suonare, o non l’aveva nemmeno impostata, a causa della notte movimentata che aveva avuto. Anche Emma aveva passato una notte simile con quello che chiamava il suo divertimento.
Rosa distolse lo sguardo dall’orologio, infilò il giubbotto e recuperò la borsa e le chiavi della macchina. Lei le sue otto ore le aveva fatte, non aveva alcuna intenzione di fermarsi di più per una persona che non poteva sopportare e che non aveva mai dimostrato un briciolo di gentilezza nei suoi confronti, e se ne andò dall’infermeria senza aspettare che la diretta interessata arrivasse per subentrare al posto suo. Non desiderava altro che tornare a casa il prima possibile, ma era così agitata e nervosa che una volta in macchina prima fece fatica a trovare la chiave giusta da inserire nel cruscotto e quando finalmente la individuò, il mazzetto stesso le cadde a terra sul tappettino.
A quel punto alla ragazza non rimase altro da fare che appoggiarsi allo schienale del sedile e chiudere gli occhi per tentare di calmarsi, altrimenti sarebbe esplosa nuovamente.
“Stai calma, stai calma, stai calma” prese a ripetere a bassa voce, con le palpebre abbassate e la voce tremolante “stai calma, altrimenti di questo passo rischi di andare fuori di testa e quando rivedrai Austin, lui capirà subito che c’è qualcosa che non va”
‘Puoi sembre farlo ubriacare di nuovo, ormai la tua è una tattica collaudata, ma non puoi farlo bere ogni singolo giorno per il resto della sua vita. Se continuerai così ogni weekend, credi che qualcosa non lo intuirà ugualmente da solo?’
“Basta”
‘E non mi dire che quello che lui ha detto ti ha fatto sorgere dei dubbi. Ti prego. Non dirmi che dobbiamo riaffrontare lo stesso discorso di otto anni fa che si è concluso con la sua immagine sulle prime pagine dei giornali e le riprese del suo arresto su quasi tutti i programmi in tv’
“Non ho mai detto di credere alle sue parole… Ma ha avuto una risposta a tutto quanto. Credevo di prenderlo contropiede ed invece non è stato così” mormorò la giovane ad occhi chiusi, fregandosene della possibilità che qualcuno nel parcheggio la vedesse parlare da sola nella propria macchina “era sicuro di tutto quello che diceva, e non ha mai detto nulla d’insensato… A parte quel discorso sulla religione”
‘Anche le bugie che ti ha raccontato le ha dette con estrema sicurezza e guardandoti negli occhi, ma ciò non cambia il fatto che siano state delle bugie. Quelle che ti ha detto stanotte, sempre guardandoti negli occhi, non sono nulla di diverso da quelle di otto anni fa’
“E se invece fosse come dice lui? Non sto dicendo di credergli, ma se avesse ragione lui… C’è una cosa che ancora non riesco a spiegarmi in tutto questo: se davvero è lui il responsabile perché non sono diventata anch’io una delle sue vittime?”
‘Abbiamo già parlato anche di questo otto anni fa. Togliti dalla testa qualunque strampalata idea di essere in qualche modo speciale per lui perché non lo sei affatto, stava solo aspettando il momento migliore per riservarti lo stesso trattamento. Ovvero quando avrebbe iniziato ad annoiarsi. Smettila di scervellarti per niente, tutto quello che è contro di lui non può essere nient’altro che un’enorme coincidenza. Lo sai che calza tutto alla perfezione per essere solo che un clamoroso scambio di persona’
“Non lo so, non so più cosa pensare” mormorò la ragazza, esausta, riaprendo gli occhi ed inserendo la chiave giusta nel cruscotto dopo aver recuperato il mazzetto da terra “ho la testa sul punto di scoppiare”.
Rosa non aveva solo la testa sul punto di scoppiare, aveva anche la mente annebbiata dalla stanchezza e dai troppi pensieri. Dai problemi sempre pronti a spuntare da dietro l’angolo e dal passato che non era mai pronto a chiudere i conti con lei.
Uscì dal cancello della struttura con l’unico pensiero del letto caldo che l’aspettava a casa pochi metri più avanti, e dal quale non sarebbe uscita fino al giorno successivo, senza rispettare la precedenza e proprio nel momento in cui stava sopraggiungendo una macchina dalla strada.
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