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Fu una questione di pochi istanti.

Attraverso le vetrate che si affacciavano sul corridoio, Rosa vide prima passare un cameraman e pochi istante più tardi un piccolo gruppo di persone composto da diverse guardie, sicuramente armate, il giornalista che doveva intervistare il suo ex coinquilino e quest’ultimo. Lui con il suo quasi metro e novanta d’altezza svettava su tutti quanti.

La giovane lo vide passare in fretta, e gli unici particolari che riuscì a cogliere furono la divisa carceraria rossa che indossava ed i capelli che gli erano cresciuti ancora dal giorno del processo, poi più nulla; così come erano apparsi in fretta sparirono altrettanto in fretta lungo il corridoio, ed i loro sguardi non si erano incrociati nemmeno per un solo istante. Lui, per quel breve tratto che si affacciava sulla zona ristoro, aveva sempre tenuto lo sguardo fisso davanti a sé e lei difatti era riuscita a scorgerne solo il profilo, ma quei pochi secondi erano bastati per chiuderle la gola e farle sudare i palmi delle mani. Adesso che lo aveva rivisto, anche se tutto era durato poco più di un battito di ciglia, aveva finalmente realizzato che si trovavano vicini come non lo erano da otto anni, e non riusciva a capire quali sensazioni le suscitava quella consapevolezza.

Cazzo, hai visto?” Emma si voltò a guardare Rosa, che a differenza di quest’ultima aveva assistito alla scena vicino ad uno dei vetri per vedere meglio. L’altra giovane, invece, non si era mossa da davanti i distributori, troppo scossa, confusa e spaventata per muovere un solo passo in avanti “sono passati troppo in fretta, fanculo

“Che cosa ti aspettavi? Devono fare un’intervista non una sfilata. È ovvio che sarebbero passati in fretta” ribatté Rosa con un sospiro, sollevata dal fatto che tutto fosse durato molto meno di quello che immaginava “dai, forza, torniamo in infermeria prima di avere qualche problema”

“No, io non ci torno. Almeno non prima di avere dato un’occhiata un po’ più approfondita”

“Che intendi dire?” chiese Rosa spalancando gli occhi. Sentì un brivido freddo percorrere tutta la spina dorsale da cima a fondo “guarda che non ti lasceranno mai entrare nella stanza. Hai detto tu stessa che per questa intervista hanno preso tutte le pre…”

“Lo so, non sono così stupida, figuriamoci. Voglio solo passare davanti la stanza per vedere meglio, tutto qua”

“Non credo che ci lasceranno passare”

“Noi lavoriamo qui se te lo fossi dimenticata” rispose la bionda, picchiettando il cartellino riconoscitivo che aveva appeso sulla tasca della divisa all’altezza del petto, a sinistra “e se noi abbiamo bisogno di passare di lì per andare a prendere qualcosa, nessuno ci può fermare. E nessuno lo farà, fidati”

“Io dico che è meglio tornare indietro subito, prima che la nostra assenza venga notata da qualcuno che possa riferirlo a Martha. Ti ricordo che sei stata tu a farmi osservazioni riguardo alle pile scariche della sveglia, e quella è una sciocchezza in confronto a questa”

Fanculo, che vada a farsi fottere anche quella stronza, io un’occasione così non me la faccio scappare. Diamo solo un’altra occhiata e poi torniamo indietro, promesso. Saremo di ritorno in infermeria prima che qualcuno possa accorgersi della nostra assenza, Rosa, te lo garantisco”.

La ragazza aveva dei forti dubbi a proposito e lo dimostrò anche la smorfia che apparve sulle sue labbra carnose, ma si ritrovò ugualmente costretta a seguire la collega lungo il corridoio, in direzione della stanza che stavano preparando per l’intervista. C’era fervento in quella zona, Rosa capì subito quando passarono davanti alla fatidica stanza dal modo in cui Emma le strinse il polso sinistro, ma non sollevò lo sguardo dalla moquette che ricopriva il pavimento. Era grigia, spenta, e le ricordava fin troppo quella dell’aula del tribunale.

Emma le lasciò andare il polso qualche metro più avanti, dopo essersi allontanate un po’ ed aver svoltato per una deviazione a destra; a quel punto Rosa sollevò finalmente lo sguardo e vide l’espressione eccitata sul viso della collega. Avrebbe voluto chiederle che cosa ci trovava di così eccitante nell’essere passata a pochi metri di distanza ad una persona che era stata condannata a morte diciannove volte per i crimini disgustosi che aveva commesso, ma preferì non farlo perché lei era andata a letto insieme diverse volte con quella stessa persona. Non era nella posizione di giudicare qualcun altro, tantomeno Emma.

“Hai visto? Mi ha guardata” disse la bionda, voltandosi indietro per un momento “era seduto e mentre passavamo ha girato il viso ed ha guardato proprio me”

“Ne sei sicura?”

“Sì, l’ho capito dal suo sguardo che stava fissando me e non qualcun altro. Dio… Non puoi immaginare il brivido che ho sentito. Vederlo in tv non è la stessa cosa che vederlo dal vivo. Peccato… Se non avesse una mente così deviata… Che spreco”

“Stai dicendo che lo trovi affascinante?”.

Emma si bloccò con una sigaretta tra le labbra e guardò Rosa con le sopracciglia inarcate.

“Ohh, sì, certo, se hai un debole per il cattivo ragazzo, ma qui abbiamo la sindrome del cattivo ragazzo portata all’ennesima potenza” commentò poi in tono sarcastico, accendendo la sigaretta “solo una mente altrettanto profondamente deviata può trovare qualcosa di affascinante in un individuo che gode nell’entrare di notte nelle case per massacrare e stuprare chi vi abita. Cazzo, una delle vittime aveva più di ottant’anni, e prima le ha fracassato il cranio con un martello e poi l’ha stuprata. Con le pareti tutt’attorno della camera ricoperte di materia cerebrale. E non è neppure morta. E ad un’altra vittima mancavano gli occhi. Le sono stati tolti da viva e non sono mai stati trovati”

“Lo so, mi ricordo di averlo letto sui giornali” mormorò l’altra giovane, fissando il vuoto e ripensando alla scatolina in legno dalla forma rettangolare “e non l’ho ancora dimenticato”

“Che schifo, ma come cazzo fai? Che razza di mente deviata puoi mai avere per arrivare a fare questo e tutto il resto che non ho nominato? Puoi avere il viso più bello al mondo, ma se arrivi a fare questo diventi in automatico un mostro orrendo agli occhi delle persone normali, con un briciolo di cervello. Eppure non è così scontato. Sapessi quante ragazze gli scrivono ogni singolo giorno…”

“Le ragazze gli scrivono?” lo sguardo di Rosa tornò a concentrarsi sul viso della bionda. Si ricordò solo in quel momento che quattro anni prima anche Austin le aveva accennato a qualcosa di simile, solo che non gli aveva prestato la minima attenzione perché era ancora scossa dall’averlo rivisto in aula.

Emma annuì mentre aspirava una boccata di fumo.

Cazzo, e non immagini nemmeno quante” disse poi, scuotendo la testa “ricorda: anche questo come tutto il resto deve restare tra me e te. A Rob capita spesso di essere addetto a smistare e controllare la posta destinata ai prigionieri. La maggior parte delle lettere che arrivano indovina per chi sono? Per lui, ovviamente. Più di una settantina in media, a settimana, ti rendi conto? Ogni settimana. A volte le apre, per curiosità, qualcuna me l’ha pure fatta leggere. Non ti dico le oscenità che ci sono scritte, per non parlare delle foto che alcune di loro mandano. Stupide cretine. Loro vedono solo il viso, se si soffermassero un po’ di più sullo sguardo vedrebbero che non c’è nulla di normale in quell’individuo. Sono affascinate dall’aspetto da cattivo ragazzo, come ti dicevo prima, gli dicono che lo desiderano, scrivono quello che vorrebbero fare con lui se fossero nella stessa stanza. Stupide cretine, se fossero nella stessa stanza con lui verrebbero massacrate in un battito di ciglia. Si sono dimenticate di tutto quello che ha fatto e di qual’era il suo aspetto prima di essere arrestato. Vorrei vedere quale sarebbe stata la loro reazione se lo avessero trovato nella propria camera da letto in piena notte, armato, quando puzzava come un caprone ed aveva tutti i denti corrosi e marci. Che schifo”

“Non voglio nemmeno immaginarlo”

“Tanto tutto questo divertimento avrà vita breve, sia per loro che per lui” commentò la bionda buttando fuori una boccata di fumo, per poi indicare il corridoio che proseguiva alla loro sinistra “lo sai che da qui si può raggiungere la camera a gas?”.

A quelle semplici parole, Rosa non riuscì a reprimere un brivido. Non solo si trovava nello stesso posto in cui era rinchiuso il suo ex coinquilino, si trovava anche nello stesso in cui sarebbe stato giustiziato. Presto o tardi.

“L’ho vista una volta, sai?” proseguì la bionda, indicando di nuovo il corridoio “è stata un’idea di Rob, un giorno particolarmente noioso in cui volevamo provare qualcosa di nuovo ed eccitante. Mi ha portata là ed abbiamo fatto sesso sopra la sedia. Non lo sa nessuno, ovviamente, altrimenti a quest’ora ci avrebbero già licenziati da un pezzo, e nessuno lo dovrà mai sapere. Fa abbastanza impressione se pensi che delle persone sono destinate a morire lì dentro. Rob ha anche assistito ad un’esecuzione una volta”

“E com’è?” chiese di getto la giovane, guadagnandosi un ghigno da parte dell’altra.

“Ci tieni così tanto a saperlo, impressionabile come sei? Rob me lo ha raccontato e ti assicuro che non è affatto un bello spettacolo da immaginare, figuriamoci vederlo di persona. A confronto la sedia elettrica è un buon modo per andarsene” rispose Emma, buttando fuori dalle labbra l’ultima boccata di fumo della sigaretta “mettiamola così, nel modo più diretto e meno brutale possibile: muori soffocato, alla ricerca di aria e senza più il controllo del tuo corpo, ricoperto di vomito, urina e feci. No, non è proprio un bello spettacolo. Tecnicamente prima dovrebbe essere rilasciato un gas che ti stordisce e che non dovrebbe farti capire quello che sta succedendo, ma non sempre va in questo modo. E sta pur certa che quando arriverà il suo turno cercheranno di rendergli il trapasso il meno indolore possibile”

“Ma non possono farlo, legalmente. Sarebbe un atto crudele” mormorò Rosa spalancando gli occhi. Adesso l’immagine del suo ex coinquilino crivellato di colpi era stata sostituita da una molto più cruda ed orribile, suscitata dalle parole dirette della bionda. Adesso lo vedeva legato alla poltrona nella camera a gas in funzione, che cercava di liberarsi, alla disperata ricerca di aria e con il corpo scosso da spasmi involontari. Avvertì un giramento di testa improvviso, la vista le si annebbiò e si ritrovò costretta a sbattere le palpebre per ritrovare il controllo.

“Più crudele di quello che lui ha fatto?” commentò Emma, spegnendo il mozzicone e mettendolo momentaneamente in una tasca dei pantaloni della divisa perché non c’era nessun cestino in cui poteva gettarlo “qui non è questione di crudeltà, è questione di giustizia ed è il minimo che si merita dopo quello che ha fatto. Si è divertito a massacrare persone innocenti? Benissimo, allora mi sembra giusto restituirgli un po’ della sua stessa medicina”.

Rosa si tormentò l’interno delle guance per non ribattere.

“Il tuo amico… O amante… Insomma, Rob sa qualcosa riguardo l’esecuzione?”

“No, riguardo a questo no. Sono faccende troppo private e delicate perché possa scoprire qualcosa a riguardo”

“Pensi che avverrà presto?”

“Non lo so, ma mi auguro di sì e vedrai che faranno di tutto per rigettare gli appelli dei suoi avvocati ed accelerare i tempi. Tutti lo vogliono vedere morto per mettere la parola fine a questa storia orrenda, e sono già passati quattro anni dalla sentenza. Le famiglie delle vittime ed i sopravvissuti scalpitano, ovviamente”

“E pensi che… Pensi che in questo caso, dato il riscontro mediatico, trasmetteranno l’esecuzione in tv… O qualcosa del genere?”

“Per me dovrebbero farlo, ma non credo che sarà così. Ad ogni modo m’importa ben poco, perché quando arriverà quel giorno andrò a dare un’occhiata di persona, a prescindere dal turno che avrò. Non voglio lasciarmelo scappare per nessuna ragione al mondo” commentò la bionda con un sorriso che l’altra, però, non ricambiò “adesso possiamo tornare indietro, penso che sia passato un lasso di tempo ragionevole da far credere che siamo venute di qua alla ricerca di qualcosa, no?”.

Rosa non rispose, limitandosi ad annuire con la testa. Aveva troppi pensieri in mente, non sapeva dove sbattere la testa e non riusciva a scacciare le immagini legate all’esecuzione del suo ex coinquilino. E se avessero stabilito la data della condanna a morte proprio in un giorno che faceva parte del periodo che avrebbe trascorso lì? Che cosa avrebbe fatto in quel caso, come si sarebbe comportata? Sarebbe rimasta a casa con la tv e la radio spente a fingere che non stesse accadendo nulla, oppure sarebbe andata a lavoro ed avrebbe finto ugualmente che fosse un giorno come un altro? Se solo pensava alla possibilità che quell’eventualità poteva concretizzarsi, al di là di tutto, sentiva i palmi delle mani diventare di nuovo appiccicosi ed il cuore riprendere a battere più forte.

Tornarono indietro insieme, l’una affianco all’altra come avevano fatto qualche minuto prima. Emma voleva approfittarne per lanciare un’altra, ed ultima occhiata, all’interno della stanza dato che anche in quella c’era una vetrata che si affacciava sul corridoio, Rosa invece no. Lei voleva proseguire con lo sguardo ben fisso sulla moquette grigia ed allontanarsi il più velocemente possibile; la voce nella sua testa aveva ricominciato a dirle di non sollevare lo sguardo per nessuna ragione al mondo, esattamente come aveva fatto nel giorno del verdetto in tribunale, ed alla fine proprio come in quel giorno la giovane finì per fare l’esatto opposto.

Quando passarono davanti alla stanza in cui si stava svolgendo l’intervista, Emma proseguì dritta mentre Rosa si bloccò tutto d’un tratto, come se la moquette del pavimento si fosse improvvisamente trasformata in sabbie mobili che le avevano intrappolato i piedi e le caviglie. Andò contro il volere della voce ed alzò il viso girandolo verso destra, verso la vetrata, e lo vide veramente per la prima volta dopo quattro anni. Era seduto davanti un tavolino metallico, indossava una divisa completamente rossa ed i capelli adesso gli arrivavano sotto le spalle. Lo vide muovere le labbra per qualche istante, in risposta ad una domanda che aveva ricevuto probabilmente, e poi girare a sua volta il viso verso la vetrata, forse proprio perché si sentiva osservato all’improvviso. Questa volta non c’erano lenti scure dietro cui poteva nascondere gli occhi, ed i loro sguardi s’incrociarono. Avvertì anche lei un brivido lungo la spina dorsale, ma non era certa che era lo stesso che la sua collega aveva percepito.

Lo vide increspare appena le sopracciglia e spalancare leggermente gli occhi prima di ritornare impassibile e voltarsi di nuovo verso il suo interlocutore; era stato questione di un attimo anche in quel caso, ma tanto era bastato alla ragazza per farle capire che l’aveva perfettamente riconosciuta.










“Ahh! Rosa!” l’esclamazione di Austin accompagnò l’ingresso della giovane ed il rumore della porta che si richiudeva alle sue spalle “ti sei messa seriamente in testa l’idea di farmi venire un infarto a neppure trentatré anni? Sai quante volte ho provato a chiamarti dato che non mi avevi ancora avvertito della tua partenza?”

“Sorpresa” si limitò a rispondere lei con un sorriso, liberandosi della giacca e lasciando cadere la borsa a terra “volevo rientrare quando meno te lo aspettavi, non ti è piaciuta?”

“Mi è piaciuta, ma non farlo mai più. Per favore. Dalla prossima volta in poi avvisami sempre quando stai per metterti alla guida, altrimenti al tuo arrivo in città è altamente probabile che mi troverai al pronto soccorso più vicino”

“Quanto sei drammatico”.

Austin non rispose al commento della sua giovane moglie e la raggiunse per stringerla a sé in un abbraccio e baciarla sulle labbra. Rosa si  lasciò abbracciare, ma pose fine al bacio per prima, e quando si allontanò gli accarezzò il volto con un sorriso.

“Scusa se negli ultimi giorni sono stata un po’ assente, ma sono stati parecchio impegnativi… Molto più di quello che avrei creduto”

“Mi racconterai con calma non appena ci siederemo al tavolo che ho prenotato, adesso ci sono cose più urgenti che richiedono la nostra attenzione e che riguardano la camera da letto” Austin le rubò un altro bacio e la prese per il polso destro per condurla alla loro camera da letto al primo piano, ma Rosa lo bloccò opponendo resistenza, ed alla sua espressione confusa rispose con un altro sorriso dolce.

“Penso che anche questo dovrà aspettare perché ci sono ulteriori cose più urgenti: dopo sei ore di viaggio sono distrutta ed ho bisogno di un bagno. Un bel bagno caldo con tante bollicine”

“Puoi fare entrambe le cose”

“Sì, ma non darei la mia performance migliore” rispose la giovane, posando le dita della mano destra sulle labbra del marito per bloccarlo dal darle un altro bacio e tentare di convincerla a fare un passo indietro “lo so che sei impaziente perché lo sono anche io, ma aspettare un altro po’ non farà altro che accrescere il desiderio. Solo qualche ora e poi avremo tutta la notte a nostra disposizione”.

Austin emise un sospiro e Rosa capì subito che aveva ceduto per primo.

“Cerca di non metterci troppo tempo o mi costringerai a raggiungerti. Ho prenotato il tavolo per le nove e mezza. Indossa qualcosa di elegante ma non troppo provocante, altrimenti non riuscirò ad aspettare un solo minuto in più, figuriamoci tutta la serata”

“Quanto sei drammatico!” esclamò di nuovo la ragazza salendo le scale dopo avergli rivolto un ultimo sorriso divertito.

La casa che aveva a Marin era molto graziosa nella sua semplicità, ma le erano mancati profondamente i lussi di casa propria. Uno fra tutti era proprio la vasca da bagno. Adorava prendersi del tempo per sé stessa e dedicarsi un lungo bagno caldo quando Austin non c’era, ed accadeva spesso durante la settimana che rimanesse fuori fin tardi per lavoro; adorava immergersi nell’acqua calda, tra le bolle profumate di sapone, e rivolgere lo sguardo verso la vetrata da cui riusciva a vedere l’oceano. I vetri erano oscurati, per cui lei poteva vedere all’esterno, ma dall’esterno non potevano scorgere la sua figura.

Rosa chiuse a chiave la porta del bagno e preparò la vasca come faceva tutte le altre volte, riempiendola di acqua calda e versando al suo interno una generosa dose di bagnoschiuma profumato; una volta chiusi i rubinetti, si spogliò e s’immerse in quello che considerava un vero e proprio paradiso terrestre. Non appena la sua pelle toccò l’acqua, la giovane chiuse gli occhi ed emise un sospiro, appoggiando poi la testa sul bordo della vasca. Un bel bagno caldo era proprio quello di cui aveva bisogno dopo un lungo viaggio di ritorno di sei ore e gli avvenimenti che l’avevano scossa nelle ultime quarantotto ore.

Rivedere Austin non era stato affatto semplice e quella del bagno caldo le era servita anche come scusa per restare un po’ da sola e per raccogliere il controllo di cui aveva bisogno; non poteva permettersi alcun passo falso, ma da quando aveva incrociato lo sguardo con il suo ex coinquilino non riusciva a pensare ad altro. Quel pensiero l’aveva tormentata anche per tutto il tempo del viaggio di ritorno. Continuava a vedere gli occhi scuri che si posavano sul suo viso e che si spalancavano leggermente dalla sorpresa.

Questa volta era ben diverso dal giorno del verdetto in tribunale, non c’era alcun dubbio riguardo al fatto che i loro sguardi si erano incrociati. Come non c’era alcun dubbio riguardo al fatto che l’avesse riconosciuta.

E allora? Anche se è successo, anche se ti ha davvero riconosciuta, che cosa cambia?’ pensò con la propria voce, sollevando la testa dal bordo della vasca e stringendo le ginocchia contro il petto ‘quella di oggi probabilmente è stata l’unica volta in cui vi vedrete in assoluto. A meno che non abbia bisogno dell’infermeria, ma quante probabilità ci sono che ne abbia bisogno proprio quando c’è il tuo turno? E a meno che non venga fissata la data dell’esecuzione’.

La mente della giovane venne di nuovo attraversata dalle immagini di quel giorno, rese fin troppo vivide dalle parole senza fronzoli di Emma, e sentì un brivido lungo la schiena. Non aveva motivo di sentirsi in quel modo dopo essere stata ingannata e dopo quello che lui aveva fatto, ma non riusciva a scacciare la stretta che aveva allo stomaco. Erano le sensazioni contrastanti che provava nei suoi confronti ogni volta che si soffermava a pensare a lui a confonderla così tanto.

Forse se ci fosse stato un modo per parlargli… Un modo per avere un confronto di persona…

Rosa uscì dalla vasca pochi minuti dopo esservi entrata, con il corpo ancora insaponato e la mente tutt’altro che sgombra dai pensieri. Il bagno rilassante era meglio lasciarlo ad un altro momento, magari a serata terminata, quando Austin si sarebbe addormentato.










“Ti avevo detto d’indossare qualcosa che fosse elegante ma al tempo stesso non troppo provocante… Non mi sembra che tu abbia ascoltato troppo le mie parole” commentò Austin, lanciando un’occhiata inequivocabile al vestito che Rosa aveva scelto per la loro consueta cena romantica del venerdì sera. Era rosso, come i suoi capelli, scollato davanti e con uno spacco laterale sulla gamba destra. La giovane non aveva mai avuto una grande considerazione per i tratti del proprio viso, ma in compenso era conscia di avere un bel fisico e da quando poteva permettersi tutto quello che voleva cercava di valorizzarlo in ogni modo. Con i vestiti, con le creme apposite per tenere la pelle idratata e soda, e con la palestra. Le piaceva andare in palestra perché era un ottimo modo per sfogarsi “o forse sono i miei occhi a vederlo così. Forse mi sei mancata così tanto che anche se avessi addosso un sacco in liuta per le patate non appariresti meno provocante”

“Dio, quanto sei stupido” mormorò la giovane, coprendosi la bocca con la mano destra e scoppiando a ridere “sono stata via appena sei giorni e sei così disperato? Lo sai che se continuerai di questo passo i prossimi mesi ti sembreranno interminabili?”

“Non ci posso fare niente, dopotutto è la prima volta che trascorriamo così tanto tempo distante l’uno dall’altra”

“Hai trascorso i tuoi primi venticinque anni di vita lontano da me, se te lo fossi dimenticato”

“Intendo dire da quando siamo diventati ufficialmente una coppia”

“Lo so, l’avevo capito… Ma pensa a prima che riprendessi in mano gli studi e che mi venisse offerta la possibilità di questo stage, per me era già così durante la settimana visto quanto ti tiene impegnato il lavoro. Anche prima, se ci pensi bene, trascorrevamo insieme solo il weekend”

“Sì, ma non eravamo a sei ore di distanza l’uno dall’altra, la faccenda è un po’ diversa” ribatté il giovane mentre un cameriere posò sul tavolo del vino rosso “dai, scherzi a parte… Come è andata la prima settimana?”

“Prima facciamo un brindisi” Rosa versò una dose generosa di vino rosso nel calice di Austin, dell’acqua nel proprio e prese in mano quest’ultimo “è il minimo che merito dopo aver affrontato il mio battesimo del fuoco”

“Addirittura?” commentò il giovane uomo, facendo tintinnare i due bicchieri e portando il proprio alle labbra “è stato così tremendo?”.

Su avanti’ Rosa sentì la voce bisbigliare mentre beveva un sorso d’acqua ‘racconta al tuo adorato marito com’è andata la tua prima settimana e quali sorprese inaspettate ti ha riservato. Voglio vedere la sua faccia alla fine del racconto e soprattutto se avrà ancora quel sorriso sulle labbra’.

“La responsabile a cui devo rispondere è una stronza di prima categoria, ma te l’avevo già accennato ad inizio settimana” rispose la giovane, con un sospiro, posando il calice ed ignorando completamente la voce e quello che le aveva detto. Gettò dietro le spalle una ciocca di capelli fiammeggianti “si diverte a scaricare la sua frustrazione su di me e sulle altre ragazze, e vuoi sapere il perché? Me lo ha detto una collega. Lei ed il direttore della struttura hanno una tresca, lui è sposato, le ripete in continuazione che lascerà la moglie, ma ovviamente non lo fa mai e quindi litigano. E poi siamo noi a pagare le conseguenze”

“Beh, non puoi dire che sei finita in un posto noioso”

“Dipende dal punto di vista in cui lo guardi. Per alcuni versi lo è, per altri no. Diciamo che è un posto noioso se non sai come combattere la noia. La mia collega mi ha spiegato anche questo ed è la prima ad avere messo in atto questa tecnica. Lei lo chiama il suo divertimento” disse la ragazza scrollando le spalle “quando le cose si fanno particolarmente noiose le piace passare il tempo appartandosi con una guardia”

“Guardia?” ripeté Austin corrucciando le sopracciglia, pensando di avere capito male “in una struttura di riabilitazione per ragazzi difficili ci sono le guardie?”.

Rosa si congelò all’istante, il panico le attanagliava la gola. Aveva parlato senza riflettere e si era lasciata sfuggire un particolare che non avrebbe dovuto dire al marito.

Complimenti. Adesso voglio proprio vedere come te la caverai… Sei mesi… Ti sei già fregata dopo nemmeno una settimana’.

“Sì, esatto, perché?... Non lo sapevi? Non so se funziona così in ogni struttura di riabilitazione, ma in questa sì. Mi è stato detto che in passato hanno già avuto a che fare con soggetti molto difficili”

“Sapevo che per questo ci sono gl’infermieri uomini pronti ad intervenire”

“Beh, qui il personale medico è composto solo da donne, e forse quello che è successo in passato ha fatto sì che decidessero di adottare questa soluzione. Lo so che sembra un po’ estrema, ma credimi funziona. In questi primi cinque giorni non si è verificato alcun genere d’incidente e sinceramente mi fa sentire molto più tranquilla sapere che ci sono sempre degli uomini in divisa pronti ad intervenire nel peggiore dei casi. Dovrebbe tranquillizzare anche te”

“Insomma… Non è molto rassicurante se ti soffermi un po’ di più sul fatto che hanno assunto delle guardie, addirittura, e quindi uomini armati, per incidenti avvenuti in passato” commentò il giovane uomo con una smorfia “e quindi… Quindi questa tua collega ti ha detto che il modo più efficace di combattere la noia là dentro è quello di divertirsi un po’ con una delle guardie? E lei… Lei lo fa?”

“Sì”

“E chi è questa tua collega?”

“Si chiama Emma. È un po’ sboccata, ma simpatica. È un tipo fin troppo diretto che se deve dire qualcosa lo dice senza ricamare troppo con le parole. Mi piace” rispose la giovane, riempiendo di nuovo il calice del marito con altro vino rosso “ha una specie di relazione con uno di nome Rob… Anche se non so quanto si possa definire relazione la loro. Da come me ne ha parlato, credo che lui sia molto più preso di lei. A lei interessa solo il sesso che fa con lui”

“Sono contento di sapere che ti sei fatto un’amica, mi auguro solo che non ti lasci troppo influenzare dal suo modo di pensare”.

Rosa inarcò le sopracciglia dinanzi al tono di voce usato da Austin, perché esprimeva esattamente il contrario di quello che aveva detto a parole. Guardandolo in faccia, si accorse che anche le sue labbra non erano più sorridenti come poco prima. La conversazione venne momentaneamente sospesa dall’arrivo di un cameriere con le portate che i due avevano ordinato. Erano sempre le stesse, come era sempre lo stesso ristorante e lo stesso tavolo da quando avevano dato inizio a quella tradizione. Filetto di carne per Austin, pesce per Rosa.

“Sbaglio o mi è sembrato di cogliere una nota di gelosia nella tua voce?”

“Io geloso? No, assolutamente no”

“Mh-mh” la giovane abbassò gli occhi scuri “guarda che quel filetto non respira più da un pezzo, non c’è alcun bisogno che lo tagli con così tanta foga. Ancora un po’ e ti ritroverai anche con il piatto diviso a metà”

“Non sono geloso, ho solo fatto una constatazione” sospirò il giovane uomo posando forchetta e coltello “è solo che mi preoccupo, tutto qua. Sono contento che tu abbia un’amica, dico sul serio, ma non vorrei mai che con il suo essere libertina possa avere una pessima influenza su di te”

“Ohh, mio dio… Non ci posso credere…” mormorò Rosa, scuotendo la testa e posando a sua volta coltello e forchetta “sei davvero convinto che mi lasci influenzare dalle parole di Emma e che possa tradirti con qualcun altro che lavora al centro?”.

Rosa vide il volto di Austin arrossarsi un po’, ma non era certa se fosse a causa dei bicchieri di vino che aveva già svuotato o dell’imbarazzo. Il giovane uomo provò ad aprire bocca per parlare, ma la richiuse senza emettere alcun suono. Era in difficoltà, e Rosa lo trovò uno spettacolo tenero che le strappò un sorriso.

“Lascia perdere” mormorò lui alla fine, emettendo un altro sospiro “è la prima volta che ci rivediamo dopo quasi una settimana e l’ultima cosa che voglio è rovinare la serata. Parlami ancora di come sono andati i tuoi primi giorni, raccontami cos’è successo d’interessante”

“Già” mormorò a sua volta Rosa, rispondendo con un sorriso al sorriso che era tornato sulle labbra del marito, riempiendogli di nuovo il calice di vino rosso “sarebbe davvero stupido rovinare l’intera serata con una sciocchezza del genere senza senso”.










Merda!” esclamò Austin, per poi scoppiare a ridere “cazzo… Non riesco a trovare la chiave giusta per entrare”

“Lascia, aspetta. Faccio io” Rosa gli prese di mano il piccolo mazzo di chiavi con cui stava trafficando da qualche minuto e trovò subito quella giusta che infilò dentro la serratura della porta. Una volta all’interno della villetta, con la porta chiusa alle loro spalle, i due giovani si ritrovarono avvolti dalla semioscurità. Le uniche fonti di luce provenivano dall’esterno, dai faretti che illuminavano il piccolo sentiero che conduceva dal cancello all’ingresso dell’abitazione e viceversa, e da quelli che illuminavano la piscina interrata in giardino. Austin si appoggiò ad una parete del salotto, chiuse gli occhi e scoppiò di nuovo a ridere.

“Ti rendi conto? Sono messo così male da non riuscire nemmeno ad infilare la chiave nella serratura di casa. Credo di avere bevuto un po’ troppo”

“Un po’ troppo? Hai bevuto un’intera bottiglia di vino rosso da solo, Austin, e poi ne hai bevuta una di vino bianco. Lo sanno tutti che non bisogna mai mischiare il vino rosso con quello bianco. Ohh, giusto, e non dimenticare il bicchiere di whisky alla lounge del bar prima di uscire”

“Erano due dita di whisky, non un bicchiere” precisò il giovane uomo con voce impastata, ancora ad occhi chiusi, mentre Rosa si toglieva la pelliccia e la lanciava in direzione del divano “e comunque, se vogliamo essere pignoli, non sono mai stato io a riempire il bicchiere, ma tu. E sei stata tu ad ordinare la seconda bottiglia di vino bianco. Se non ti conoscessi abbastanza bene, mi verrebbe quasi il sospetto che mi hai fatto ubriacare apposta”

“Però non ti sei mai fatto pregare e non hai mai protestato ogni volta che il tuo calice era vuoto ed io l’ho prontamente riempito” ribatté la giovane avvicinandosi e fermandosi in un punto tale che il riflesso delle luci dall’esterno colpisse la propria figura ed il vestito che indossava. Austin riaprì gli occhi in quel momento e quando fissò Rosa le sue labbra si socchiusero.

“Wow” mormorò ammirato, strappando un sorriso compiaciuto alla ragazza “non so se sia il vino od i cinque giorni di distacco a parlare, ma giuro che non sei mai stata sexy come adesso… E lo sei sempre, comunque, non fraintendere le mie parole. Sei terribilmente sexy anche quando hai addosso un pigiama, ma adesso… Adesso sei qualcosa d’indescrivibile. Ti amo”.

Rosa scoppiò a ridere divertita.

Cazzo, anche la tua risata è terribilmente sexy. Giuro, se ridi ancora potrei raggiungere l’orgasmo”

“Sei proprio ubriaco fradicio, accidenti” commentò la ragazza, avvicinandosi ancora a lui. lo prese per mano e lo guidò in cucina, facendo ben attenzione che non andasse a sbattere contro qualche mobile “dimmi una cosa: sei troppo ubriaco per riuscire ad infilare la chiave nella serratura della porta, ma lo sei altrettanto per infilare un altro tipo di chiave in un altro tipo di serratura?”.

Nella penombra che regnava anche in cucina, Rosa vide il marito spalancare gli occhi.

“Credo di esserlo abbastanza da non riuscire a capire se quello che hai appena detto l’ho sentito davvero, se me lo sono immaginato e se significa davvero quello che io credo”

“Allora ti renderò tutto molto più semplice con le parole che sto per dirti adesso” disse la giovane per poi avvicinare le labbra all’orecchio destro di Austin e sussurrare “sotto il vestito non indosso nulla”.

Dopo aver sussurrato quelle parole, Rosa attirò a sé Austin per il colletto della camicia, lo baciò con passione sulle labbra e dopo essersi allontanata per prima, mentre trafficava con la lampo dei pantaloni, con il fiato corto gli ordinò di possederla lì in cucina, sopra il bancone a penisola, senza perdere tempo in alcun genere di preliminari. Austin obbedì all’istante, eccitato com’era dall’essere di nuovo insieme alla giovane moglie e dall’alcol che aveva in corpo e che gli annebbiava la mente: l’afferrò per i fianchi, la posò sopra il bancone e la penetrò con un’unica spinta. Rosa gettò la testa all’indietro, emise un profondo respiro e si sdraiò sul bancone. Il contatto tra il materiale freddo e duro e la schiena per metà scoperta le provocò un brivido piacevole.

Erano così eccitati che dopo poche spinte entrambi raggiunsero l’orgasmo, ma per la giovane non era abbastanza. Per lei quello non era altro che un piccolo antipasto.

Dopo essersi ricomposta, e dopo aver aiutato Austin a ricomporsi a sua volta, lo prese di nuovo per mano e questa volta lo condusse nella loro camera da letto. Lì dentro, lo lasciò vicino alla porta, ancora ansimante, si allontanò di qualche passo e, dopo essersi abbassata le spalline, lasciò scivolare il vestito da sera a terra, restando con addosso solo i tacchi.

“Voglio che mi prendi come l’altra volta, da dietro e senza nessuna gentilezza. Voglio fare del sesso, non l’amore, hai capito? Del semplice, volgare, ed eccitante sesso. Hai capito, Austin?”

“Ho capito, Rosa” rispose lui, senza opporsi, cercando ancora di riprendere fiato “ma giù mi hai completamente prosciugato, cazzo, e con tutto il vino che ho bevuto non credo proprio di riuscire a fare un secondo round”

“Ohh, sì che ce la puoi fare, invece. Ti basta solo un piccolo aiuto” disse la giovane avvicinandosi; s’inginocchiò davanti a lui e gli sbottonò di nuovo i pantaloni, nel mentre lo guardò negli occhi con un sorrisetto compiaciuto sulle labbra “che c’è? Non dirmi che non è quello che vuoi. Non dirmi che sotto sotto non ti mancano i tempi in cui mi pagavi ed io facevo tutto quello che volevi. Lo so che in un piccolo angolo della tua mente c’è una parte di te che mi vorrebbe ancora come la sua puttana”.

Rosa non lasciò tempo al giovane uomo di rispondere, sempre e comunque se ne fosse stato capace date le condizioni in cui versava; abbassò anche i boxer, prese in bocca il membro ed iniziò a leccare e succhiare. Dalle labbra di Austin uscì un gemito, e la sua mano destra si posò tra i capelli di Rosa e ne strinse una ciocca per farle capire qual’era il ritmo che doveva seguire. Emise un altro verso, stavolta di frustrazione, quando lei si allontanò troppo presto.

“Hai visto?” disse con un altro sorrisetto compiaciuto davanti al suo membro di nuovo eretto “te l’avevo detto che avevi solo bisogno di un piccolo aiuto da parte mia. Vieni ora, andiamo a letto e prendimi come un vero uomo”.

Rosa si rialzò, prese Austin per mano per la terza volta e lo condusse al loro letto matrimoniale, dove si mise a quattro zampe, con le gambe leggermente divaricate. Emise un gemito e sussultò quando si sentì penetrare e si morse il labbro inferiore per non lasciarsi scappare un verso di dolore; quella sensazione, però, durò pochissimo e venne sostituita da una più piacevole perché ormai non era più alle prime armi. Ormai ci aveva fatto l’abitudine ed era quasi diventato più piacevole del normale sesso nella più normale, e noiosa, delle posizioni.

La giovane affondò la testa contro il cuscino e chiuse gli occhi, lasciando per la prima volta che i ricordi invadessero la mente senza fare nulla per ricacciarli indietro, ma quando arrivò il momento dell’orgasmo si ritrovò costretta a mordersi di nuovo le labbra per non lasciarsi scappare dalla bocca la parola sbagliata. Il nome sbagliato. Quando Austin raggiunse a sua volta l’orgasmo, poco dopo, pronunciò in un gemito il nome della giovane moglie per poi lasciarsi cadere sul materasso affianco, completamente sudato e distrutto.

Rosa era sicura che stesse già dormendo, dato quanto lo aveva sfinito ed il livello di alcol che aveva in corpo, invece quando provò ad alzarsi si sentì afferrare per un polso e tirare indietro. Il giovane uomo l’attirò a sé, le prese il mento con il pollice e l’indice della mano destra e le diede un bacio sulle labbra.

“Ti amo” sussurrò di nuovo con voce impastata, e lei in risposta sorrise “e non lo dico tanto per dire o perché sono ubriaco, Rosa. Sei incredibile. Non ho mai conosciuto nessuna come te. Non potrei mai più vivere senza averti al mio fianco. Lo so che non dovrei usare queste parole, non fraintenderle o prenderle nel verso sbagliato, ma sei la mia droga. Te ne sei andata per sei giorni e sono caduto nella peggiore delle astinenze”

“E tu sei la persona più drammatica che io abbia mai conosciuto”

“No, non sono drammatico, sono serio. Guarda che quello che ho detto è tutto vero. Rosa”

“Sì?”.

La giovane si sentì di nuovo afferrare il mento e girare il viso. Si ritrovò a fissare quello del marito che all’improvviso, nonostante la sbronza, sembrava terribilmente serio e lucido.

“Sì?” ripeté una seconda volta, corrucciando lo sguardo dinanzi a quello strano quanto improvviso cambiamento di umore, chiedendosi da che cosa potesse essere causato “cosa c’è, Austin?”
“Non tradirmi mai… Per favore. Vuoi la verità? Quello che hai raccontato a cena mi terrorizza”

“Austin, per favore, ragiona… Lo so che adesso non sei in grado di farlo per tutto quello che hai bevuto, ma credi davvero che sarei capace di appartarmi con una delle guardie della struttura solo per combattere la noia di un turno monotono?”

“Promettimelo, per favore, Rosa” Austin mollò la presa sul mento e la spostò su una ciocca di capelli, stringendoli con un po’ più forza di quello che Rosa si aspettava. Ma era sicuramente colpa del vino e del whisky “voglio sentirlo dalla tua voce”

“Austin, io non ho alcuna intenzione di tradirti, è un pensiero che non ha nemmeno mai sfiorato la mia mente” mormorò la ragazza, fissandolo negli occhi senza mai sbattere le palpebre e con uno sguardo altrettanto serio “il giorno in cui mi hai chiesto di diventare tua moglie ho accettato perché tu sei l’uomo che voglio a mio fianco per il resto della vita. L’unico e solo”.

Il volto di Austin si rilassò, la sua espressione tornò ad essere serena e la presa sulla ciocca di capelli di Rosa allentò per poi sparire del tutto; l’attirò di nuovo a sé per un altro bacio e quando si allontanò sorrise.

“Grazie” mormorò, per poi lasciare andare la testa contro il cuscino “sappi che se dovessi tradirmi, ne morirei”.

Rosa non disse nulla in risposta, ma poco dopo sentì il respiro del marito diventare più pesante e regolare. Attese ancora un po’, per sicurezza, prima di sgusciare fuori dal letto, questa volta senza essere bloccata. Recuperò un paio di slip ed un pigiama ed uscì dalla stanza con l’intento di concedersi finalmente il bagno caldo rilassante che qualche ora prima non era riuscita a concedersi. Anche lei era un disastro dopo i due rapporti movimentati che avevano consumato a poca distanza l’uno dall’altro, aveva la pelle sudata ed appiccicosa, e si sentì subito meglio non appena s’immerse nella vasca nuovamente piena d’acqua e con la superficie ricoperta di bolle di sapone. Appoggiò come prima la nuca sul bordo della vasca e girò la testa verso la grande vetrata e fissò in silenzio la notte e le luci di Los Angeles.

Si godette quello spettacolo fino a quando non iniziò a sentire l’eco di un applauso nella propria mente. Suonava così terribilmente reale che aveva quasi l’impressione di sentirlo rimbalzare nelle pareti del bagno.

‘Brava, i miei complimenti. Stai facendo passi in avanti per quanto riguarda l’essere una brava bugiarda, ti ho quasi creduto quando hai risposto ad Austin. Come ti senti dopo aver mentito a quello che continui dire essere il tuo adorato marito senza alcun ritegno? Aspetta, e non solo: prima lo hai fatto bere in modo da non dover rispondere a troppe domande che ti avrebbero messo in difficoltà, visto che ti sei mezza fregata dopo un paio, e poi quand’era ubriaco al punto giusto lo hai ricondotto a casa per avere in cambio il sesso che veramente desideri senza incontrare alcun ostacolo. Perché sai benissimo che da sobrio non sarebbe pronto ad accontentarti altrettanto facilmente, visto che lui vuole l’amore e non il sesso. Ohh, e vogliamo aggiungere un altro piccolo dettaglio insignificante, come per esempio il fatto che mentre lui ti scopava a letto nel modo in cui preferisci hai immaginato di essere in compagnia di qualcun altro?’

“Finiscila, stai diventando noiosa” sospirò la giovane, girando la testa dall’altra parte e chiudendo gli occhi.

Era vero, per quanto odiasse riconoscerlo a sé stessa, la voce nella sua testa aveva ragione riguardo una cosa: aveva chiesto di nuovo ad Austin quel tipo di sesso perché era il genere di rapporti che consumava con il suo ex coinquilino, e quando aveva posato la testa sul cuscino ed aveva chiuso gli occhi aveva pensato a lui per tutto il tempo. Ma Austin non era lui; ed anche se aveva acconsentito alla sua richiesta, grazie all’alcol che gli aveva fatto ingurgitare, non si avvicinava minimamente a lui.

Rosa lasciò che i ricordi tornassero nuovamente in mente da soli. Era notte, era sola e poteva concedersi di farlo. Ed era una tentazione troppo forte a cui resistere, ora che le loro strade si erano incredibilmente incrociate di nuovo.

Il modo in cui la prendeva, la possedeva, in cui doveva avere sempre e solo lui il controllo: era qualcosa che non aveva mai sperimentato prima, perché tutti gli altri erano stati sempre e solo uomini con cui era andata a letto per soldi. L’unica altra eccezione era stato l’uomo che per diciannove anni aveva creduto essere suo padre, ma a quello non voleva più pensare. Per quel che la riguardava poteva marcire all’inferno insieme a quella che aveva creduto essere sua madre.

‘Anche qualcun altro ben presto li raggiungerà a marcire all’inferno. A meno che non impari sorprendentemente in fretta a vivere senza il bisogno di respirare’.

I loro sguardi attraverso il vetro che li divideva si erano incrociati per pochi attimi, ma tanto era bastato alla giovane per memorizzare di nuovo i cambiamenti avvenuti sul suo viso ed i capelli più lunghi, che gli scendevano ondulati addirittura fin sotto le spalle. Gli occhi erano rimasti gli stessi che ricordava: così scuri da essere quasi neri; così scuri che il colore dell’iride quasi si mischiava e confondeva con quello della pupilla.

La mano destra di Rosa scivolò lungo il busto ed il ventre, nell’acqua calda, e la giovane iniziò a toccarsi e stimolarsi tra le gambe. Aveva ancora le palpebre abbassate e con gli occhi della mente continuava ad alternare ricordi legati ad otto anni prima alle immagini del loro incontro del giorno precedente. Immaginò di essere da sola in quella stanza con lui, fuori non c’era nessuno, tutti gli altri erano spariti; immaginò di essere presa e spinta sopra il tavolino  e di consumare un rapporto sessuale come quello che aveva appena avuto con Austin: brutale, spoglio di qualunque atto gentile, animalesco. Immaginò di toccargli il viso, i lineamenti, le braccia, di essere toccata dalle sue mani grandi, dalle dita lunghe ed affusolate. Immaginò di toccargli i capelli lunghi e di sentirli solleticarle la gola. Dio, mai avrebbe potuto immaginare di vederlo con i capelli così lunghi. E quanto dannatamente donavano al suo viso spigoloso, con quegli zigomi sporgenti.

“Rich!” Rosa si lasciò scappare il suo nome nel momento in cui raggiunse l’orgasmo e non appena se ne accorse si coprì subito la bocca e si voltò in direzione della porta. La osservò per qualche secondo, ma non accadde nulla e rilassò le spalle. Era impossibile che Austin l’avesse sentita, anche se aveva quasi gridato: sbronzo com’era, avrebbe dormito fino al giorno seguente e si sarebbe svegliato con la nausea, il mal di testa e senza alcun ricordo della sera e della notte precedenti.

La giovane allontanò la mano dalla bocca e si appoggiò di nuovo al bordo della vasca, con il petto che si alzava ed abbassava velocemente ed il fiato corto; adesso che le ultime ondate di piacere stavano velocemente scemando via, iniziò a realizzare altrettanto velocemente quello che aveva fatto, i pensieri che aveva avuto e quello che aveva spinto Austin a fare. Iniziava a sentirsi una merda per averlo istigato a bere fino al punto di perdere la lucidità ed essere totalmente in suo controllo, ed iniziava a sentirsi ancora di più una merda per i pensieri che aveva avuto riguardo al suo ex coinquilino e per essersi masturbata nel mentre.

E provi ancora a giustificarti anziché guardare in faccia la realtà una buona volta per tutte?’ infierì la voce senza alcuna pietà mentre la ragazza si alzava e prendeva l’accappatoio in cui avvolgersi.

“È stato solo un momento di debolezza” si disse ad alta voce per risultare più convincente “un momento di debolezza che non ricapiterà mai più”.

Quella notte Rosa non riuscì a dormire. Mentre Austin russava profondamente a suo fianco, con le labbra socchiuse ed i vestiti ancora dismessi, la giovane si svegliò di soprassalto da un incubo così vivido, reale e particolareggiato che l’aveva lasciata con l’ansia e con il corpo ricoperto di sudore.

Aveva sognato il giorno dell’esecuzione del suo ex coinquilino, e lei era presente perché ancora impegnata con lo stage; c’era il pubblico, c’era Emma ansiosa di non perdersi lo spettacolo e c’erano anche le telecamere perché avrebbero trasmesso il tutto in via eccezionale in diretta televisiva. Era seduta tra il pubblico, in primissima fila, anche se non sapeva com’era possibile. I loro sguardi si erano incrociati al suo arrivo ed era rimasta immobile, pietrificata, mentre gli avevano stretto le cinghie ai polsi ed alle caviglie sulla sedia. Quando avevano azionato il gas non era più riuscita a trattenersi, si era alzata in piedi ed era corsa contro la camera a gas, picchiando i pugni contro la porta blindata ed il vetro da cui si poteva vedere l’interno; Emma l’aveva raggiunta, allontanata dal vetro e le aveva detto che ormai era troppo tardi e che il dispositivo del gas non poteva essere spento. Una volta avviata la procedura non si poteva fare nulla per tornare indietro. Era troppo tardi.

Rosa si era svegliata, senza fiato, nel momento in cui aveva visto il suo ex coinquilino spalancare la bocca per vomitare sangue, mentre altri rivoli gli uscivano dal naso, dalle orecchie e dagli occhi.








I primi tre mesi trascorsero senza che accadesse nient’altro di particolare; ma quando Rosa si ritrovò per la quarta volta ad affrontare il turno di notte capì subito dalla faccia di Emma che la routine era stata scossa da qualcosa di diverso: quando la giovane si recò a lavoro come tutti gli altri giorni, dopo un weekend trascorso a casa in compagnia del marito, non ebbe nemmeno il tempo di togliersi la giacca e posare la borsa che venne raggiunta dalla collega dai capelli biondi. Quest’ultima aveva il viso arrossato all’altezza delle guance ed uno sguardo strano.

Era eccitazione quello che vedeva sul suo volto, e Rosa si sentì nuovamente sprofondare nella più cupa delle realtà. Pensò subito che la data dell’esecuzione fosse stata fissata e che l’altra giovane glielo stava per dire.

‘Ti prego, non dirlo. Non dirlo. Non dirlo proprio ora che mancano tre mesi alla fine dello stage’ Rosa aveva preso una dura decisione dopo aver scoperto di trovarsi nella stessa prigione in cui era stato rinchiuso il suo ex coinquilino: quella di non accettare nessun genere di contratto se le fosse stato offerto una volta scaduti i sei mesi di stage. Era stata dura giungere a quella conclusione, ma dopo gl’incubi da cui era perseguitata non voleva ritrovarsi lì il giorno in cui lo avrebbero giustiziato nella camera a gas.

A meno che non stesse proprio per accadere in quel momento.

“È qui” mormorò la bionda a denti serrati, muovendo appena le labbra, ed in risposta l’altra giovane corrucciò le sopracciglia “lui è qui”

“Chi?”

“Di chi sto parlando secondo te se ti dico lui è qui?” ribatté Emma, sempre a bassa voce “Ramirez, Rosa. È qui”.

Rosa si bloccò con la borsa a mezz’aria, in procinto di posarla su un tavolo. Come riuscì a non mollare la presa nello stesso momento in cui Emma rispose alla domanda non lo seppe nemmeno lei.

“Che cosa?” domandò a sua volta, adesso anche la sua voce si era ridotta ad essere un sussurro strozzato. I suoi occhi scuri iniziarono a spostarsi da una parte all’altra della stanza, anche se sapeva benissimo che era vuota. Quand’era arrivata, aveva visto una delle guardie uscire dall’infermeria ma in quel momento non vi aveva prestato la minima attenzione pensando che avesse avuto bisogno di farsi medicare. Ora capiva perché si trovava lì “dov’è?”.

Emma fece un cenno con il capo verso sinistra.

“Nell’altra stanza, sta riposando su uno dei lettini. Deve passare qui la notte”

“Che… Cosa?” domandò di nuovo Rosa, lasciando che il panico prendesse il sopravvento “che cosa significa che deve passare qui la notte? Perché? Per quale motivo?”

“Sembra che lo abbiano trovato privo di conoscenza nella sua cella, ma dagli accertamenti che gli ho fatto non è risultato nulla, non lo so. Gli ho fatto un prelievo di sangue per sicurezza, vedremo nei prossimi giorni, ma potrebbe essere benissimo una scusa per trascorrere del tempo fuori dalla cella, sai. A volte lo fanno quelli rinchiusi nel braccio della morte, dato che hanno il permesso di uscire solo per farsi una doccia e se ricevono una visita. Ed in ogni caso non vedono mai la luce del sole. Magari si annoiava” rispose Emma, scrollando le spalle e recuperando la propria giacca “è stato stranamente collaborativo, non me lo sarei mai aspettata, sai? Se non fosse per quello sguardo inquietante che ha. Non oso immaginare a che cosa stava pensando mentre mi fissava”

“Ferma, ferma un momento” prima che la bionda potesse recuperare la propria borsa e le chiavi della macchina, Rosa la bloccò per il polso destro. Aveva gli occhi sgranati e le pupille dilatate dal terrore “non… Non penserai mica di andartene, vero?”

“Perché non dovrei farlo? Il mio turno è finito, le mie otto ore d’inferno le ho fatte, non ho più niente che mi tiene bloccata qui per oggi, e poi…” l’espressione della bionda cambiò completamente e sulle sue labbra apparve un sorriso furbetto “Rob ha prenotato in un ristorante per me e lui. Lo so che è solo un divertimento, ma scopa che è una meraviglia, ed una cena gratis è sempre una cena gratis”

“E mi lasci qui sola con lui?” sussurrò Rosa, spostando per un attimo lo sguardo verso l’altra stanza e stringendo con più forza il polso della collega “non… Non puoi lasciarmi da sola con lui, ti prego”

“Certo che posso e lo faccio” ribatté Emma, liberandosi dalla presa con uno strattone all’indietro “non ho la minima intenzione di rinunciare ad una cena offerta ed a una notte insieme a Rob per nessun motivo, figuriamoci per restare a lavoro”

“Ma è notte”

“E lui è ammanettato al lettino” ribatté di nuovo, seccata, la bionda “ascolta, è ammanettato al lettino e gli ho dato una pastiglia per conciliare il sonno. Adesso sta dormendo e fidati: con la dose che gli ho somministrato non aprirà gli occhi fino a domani mattina, così non ci sarà nessun problema. E in più, non gli conviene fare nulla di stupido, altrimenti verrebbe crivellato di colpi all’istante, siamo intesi?”

“E se fosse il contrario, invece?” disse Rosa con una smorfia “proprio perché è nel braccio della morte non ha più nulla da perdere, ed essere crivellato di proiettili è una morte molto più rapida ed indolore della camera a gas”

“Rosa, sta dormendo. Gli ho dato una dose di sonnifero che stenderebbe uno più robusto di lui. Dorme già da più di un’ora e non aprirà gli occhi fino a domani mattina, pensi che non lo abbia già fatto in passato per stare più tranquilla?” rispose Emma allargando le braccia per poi lasciarle ricadere lungo i fianchi “cosa vuoi che ti dica per farti sentire ancora più tranquilla? Hai visto la guardia che è uscita prima che tu entrassi? Passerà di qui ogni ora per controllare che tutto sia apposto, è la prassi. Vuoi che mentre esco gli dica di passare ogni mezz’ora, così ti rilasserai di più?”

“Anche in cinque minuti può succedere qualunque cosa” mormorò la giovane, per poi emettere un sospiro ad occhi chiusi. Emma le posò una mano sulla spalla destra.

“Ehi, rilassati, è solo per stanotte ed è fuori combattimento. Domani mattina, se non succede altro, verrà scortato di nuovo nella sua cella e con ogni probabilità non lo rivedrai più. Cerca di rilassarti, Rosa, ti stai preoccupando per niente. Sono state prese tutte le misure necessarie perché non si verifichi alcun genere d’incidente, non è il primo paziente rinchiuso nel braccio della morte che ha bisogno di cure in infermeria e non sarà l’ultimo. Buona nottata”

“Certo. E tu divertiti con Rob” borbottò la giovane risentita. Il tonfo della porta che si chiudeva dietro di lei arrivò in contemporanea ad un brivido che le percorse tutta la spina dorsale, ed il silenzio che cadde nella stanza assunse improvvisamente un connotato sinistro e tetro. C’erano le luci accese, c’erano altre persone lì dentro, eppure all’improvviso avvertiva la stessa paura che avrebbe provato nel trovarsi a casa completamente da sola ed al buio con la consapevolezza che un estraneo vi era entrato.

Il viso di Rosa si girò verso la stanza in cui erano disposti diversi lettini ospedalieri: lì i neon non erano accesi, c’erano solo delle piccole luci soffuse sui muri per non disturbare il sonno dei possibili ospiti; l’arco rettangolare che divideva le due stanze sembrava affacciarsi su un buco nero, un buco nero che la spaventava e che l’attirava al tempo stesso. Quando si trattava di lui, si sentiva sempre combattuta da sensazioni contrastanti.

Alla fine la giovane prese coraggio, spinta dalle assicurazioni che Emma le aveva fatto prima di restare da sola: lo avevano ammanettato, lei lo aveva sedato ed una guardia sarebbe passata di tanto in tanto ad accertarsi che tutto fosse sottocontrollo. E poi, anche se un proiettile era meglio della camera a gas, al tempo stesso era certa che il suo ex coinquilino non fosse così ansioso di porre fine alla propria vita in quel modo per averla aggredita. Almeno così si augurava.

Rosa posò la borsa sopra il tavolo e si tolse il giubbetto, legò i capelli in un nodo e si asciugò i palmi delle mani sulla stoffa dei pantaloni della divisa prima di riuscire finalmente a muovere dei passi in direzione dell’altra stanza. Si ritrovò, senza volerlo, a cercare di non emettere alcu rumore ed a trattenere quasi il fiato. I lettini erano vuoti ad eccezione di quello occupato da lui, l’ultimo infondo alla stanza. Stava dormendo, come gli aveva rassicurato Emma diverse volte: era sdraiato sulla schiena ed aveva il viso leggermente piegato verso destra; il polso sinistro era stretto in una manetta e l’altra estremità era chiusa attorno ad una sbarra della struttra del lettino. La struttura del lettino stesso era fissata al pavimento, e la medesima cosa valeva per gli altri. Era pressoché impossibile che riuscisse a trovare un modo per liberarsi e scappare, ed il modo in cui il suo petto si alzava ed abbassava lentamente testimoniava che era davvero profondamente addormentato.
Quando i suoi occhi si posarono sul volto di lui, Rosa provò una stranissima sensazione. Non c’era uno schermo, non c’erano vetri divisori, non c’erano né guardie né un’aula piena di persone: per la primissima volta dopo otto anni erano solo loro due, faccia a faccia; una situazione che non avrebbe mai immaginato che si verificasse. Quando lo aveva rivisto il giorno del verdetto in tribunale, aveva creduto davvero con tutta sé stessa di essere dinanzi all’ultimo atto, e che la volta successiva in cui avrebbe appreso di lui sarebbe stato per la data della condanna a morte o direttamente per la notizia che era stato giustiziato. E invece erano lì, da soli nella stessa stanza, e la ragazza si ritrovò costretta ad allungare la mano destra ed a sfiorargli appena la pelle del braccio sinistro per essere certa di non trovarsi di nuovo in un sogno. Quando i polpastrelli toccarono la consistenza del braccio, e li ritirò subito indietro, ebbe finalmente la certezza che tutto quanto era fin troppo reale, proprio come a volte lo era la voce nella sua testa.

“Tutto bene?”.

Rosa si voltò di scatto con un sussulto e con gli occhi spalancati, ritrovandosi di fronte la guardia che aveva visto uscire dall’infermeria. Era già trascorsa mezz’ora da quando Emma l’aveva salutata e non se ne era nemmeno accorta. Si limitò ad annuire con la testa ed a sorridere, strofinando di nuovo i palmi delle mani sui pantaloni perché erano ancora appiccicosi di sudore.

“Ne è sicura?” insistette l’uomo “la sua collega mi ha detto che si sente più sicura se vengo a controllare ogni mezz’ora, è tutto apposto?”

“Sì, tutto apposto” la giovane si schiarì la voce perché tutto d’un tratto le sembrava terribilmente acuta “non… Non è necessario che ripassi di nuovo così presto. Davvero. Può venire più tardi come fa di solito, è tutto sottocontrollo”

“Davvero? È sicura di non aver bisogno di un po’ di compagnia per sentirsi più tranquilla? Fuori nei corridoi è piuttosto noioso”

“Sì, ne sono sicura. Grazie lo stesso” replicò Rosa con voce gentile ma fredda; aveva capito all’istante quello che si nascondeva dietro la richiesta dell’uomo e lei, a differenza di Emma, non era alla ricerca di nessun divertimento tra le guardie della struttura “può passare più tardi come le ho detto”.

L’uomo non insistette ulteriormente, alzò una mano a mò di cenno ed uscì dal reparto ospedaliero. Rosa non si rese conto di essersi irrigidita fino al momento in cui non sentì il tonfo della porta che si chiudeva; non le era piaciuto il tono dell’uomo, né la sua insistenza né lo sguardo che le aveva lanciato, e per un attimo aveva temuto che potesse cercare d’imporsi ugualmente su di lei. Un po’ com’era accaduto otto anni prima in spiaggia, quand’era stata così stupida da seguire un ragazzo che nemmeno conosceva senza intuire quali erano le sue reali intenzioni, che non avevano nulla a che fare con una semplice camminata in riva al mare. Quella era stata solo una delle tante volte in cui aveva ignorato i consigli del suo coinquilino, ed ovviamente ne aveva pagato le conseguenze.

La giovane rilassò le spalle, emise un profondo sospiro, si girò di nuovo ed incrociò un paio di occhi scuri che la stavano fissando.

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