(3)

La previsione nefasta di Rich si avverò qualche notte più tardi: senza alcun preavviso, e senza aver prima notato qualcosa di strano, Cora si sentì afferrare per le braccia e trascinare all’interno di un vicolo.

Una volta lì dentro, qualcuno alle sue spalle le diede una spinta così violenta da farla cadere a terra; a quel punto la ragazza sollevò il viso confusa ed impaurita. Pensava che l’uomo misterioso che qualche settimana prima l’aveva aggredita fosse tornato per portare a termine il lavoro lasciato in sospeso, ed invece davanti a lei c’erano tre donne, tutte in abiti succinti e coi tacchi.

Non aveva mai parlato con nessuna di loro, ma le conosceva tutte e tre di vista: erano le altre ragazze che si dividevano la zona dell’hotel.

Prima che potesse avere anche solo il tempo di aprire bocca per chiedere spiegazioni, le tre donne l’aggredirono con violenza inaudita, a suon di calci e pugni, ed a lei non rimase altro che chiudersi in posizione fetale per ripararsi dai colpi; poi una di loro, quella che le aveva rivolto uno sguardo di puro odio attraverso lo specchietto della macchina dei tre ragazzi, l’afferrò per i capelli e, con una forbice che le passò una delle altre due, le tagliò di netto le due trecce folte e scure. Non contenta, la spinse nuovamente a terra e le assestò un ultimo calcio all’altezza dello stomaco.

“Questo era solo un avvertimento, troietta” le sibilò quella che sembrava essere a tutti gli effetti il leader del trio, sputandole addosso un grumo di saliva “così impari a venire qui, atteggiarti da primadonna e rubarci i clienti”.

Anche le altre due le sputarono addosso e le rivolsero minacce simili, poi se ne andarono lasciandola rannicchiata a terra, tremante, dolorante e con le lacrime agli occhi; passò diverso tempo prima che la giovane riuscisse ad alzarsi ed a trascinarsi fuori dal vicolo. Aveva male dappertutto, ma aveva anche paura che le tre potessero avere un ripensamento e tornare indietro per finire il lavoro con la forbice appuntita.

Riuscì a trascinarsi a fatica dentro l’hotel, ma una volta arrivata all’appartamento si ritrovò a fare i conti con un’amara scoperta: la porta era chiusa a chiave e dall’interno non rispose nessuno quando provò a bussare ripetutamente.

Rich doveva essere uscito, ed alla giovane non rimase altro che sedersi a terra e stringere le gambe contro il petto in attesa del suo rientro.

Il ragazzo ritornò la mattina seguente; Cora lo riconobbe immediatamente anche se era ancora all’inizio del corridoio, sia per la sua figura alta e magra e sia perché vestiva sempre di nero. Lui non la vide in un primo momento, ma si bloccò sorpreso non appena notò quella scena insolita.

“Dove sei stato?” domandò subito lei, tirando su col naso e sollevando il viso per guardarlo negli occhi “è tutta la notte che ti aspetto”

“In giro. È una lunga storia” rispose lui, strofinandosi gli occhi con la mano destra “tu, piuttosto, si può sapere che cosa ci fai qui fuori? E perché mi stavi aspettando?”.

Cora tirò di nuovo su col naso. Rich si rese conto che stava per scoppiare a piangere da un momento all’altro e notò anche in quali condizioni versavano il suo viso ed i suoi capelli.

“Cora, che cosa ti è successo?”.

In tutta risposta la giovane si alzò in piedi e corse ad abbracciare il giovane; gli cinse il collo con le braccia, nascose il viso contro la spalla sinistra e scoppiò nel pianto disperato che aveva trattenuto fino al suo ritorno.

“Mio dio, è stato orribile, Rich. Ho temuto di non uscire viva da quel vicolo” singhiozzò la ragazza, tremando come una foglia; Rich lasciò che si sfogasse per qualche minuto, poi sciolse l’abbraccio ed aprì la porta dell’appartamento. Se fossero rimasti ancora nel corridoio avrebbero finito per attirare l’attenzione di qualcuno.

“Fammi vedere” il giovane aprì una finestra per avere più luce ed iniziò ad ispezionare il viso di Cora, che non aveva ancora smesso di singhiozzare “sembra essere tutto apposto, ma nei prossimi giorni avrai a che fare con dei brutti lividi che impiegheranno un po’ di tempo ad andarsene del tutto”

“Credo che avrò tutto il corpo ricoperto di lividi”

“Che cosa ti è successo?”

“Sono state loro. Le altre ragazze della zona” piagnucolò la giovane, singhiozzando più forte “mi hanno spinta in un vicolo e mi hanno picchiata. Una di loro, quella con i capelli rossi, ha fatto questo ai miei capelli e mi ha detto che si trattava solo di un avvertimento, e che era quello che meritavo per essere una ladra di clienti, e… E hanno portato via la mia borsetta. Dentro avevo i soldi della serata e la mia copia delle chiavi dell’appartamento. Ecco perché non ho potuto entrare”.

Rich chiuse gli occhi e prese un profondo respiro. Da quel poco che conosceva di lui, la ragazza capì che si stava trattenendo, e non poco, dal rivolgerle qualche frase poco carina e si ritrovò di nuovo con le lacrime agli occhi.

“Vai a farti una doccia, Cora. Ne hai bisogno. Io intanto preparo qualcosa da mangiare”.

Cora non voleva farsi una doccia, ma sentiva il bisogno di sfogarsi ancora; andò in bagno, pianse ancora sotto il getto dell’acqua e quando tornò nell’altra stanza trovò Rich che stava fumando. Sopra al tavolo in cucina c’erano due piatti con uova strapazzate e pancetta fritta.

Cora si sedette davanti ad uno dei due piatti ed iniziò a punzecchiare le uova strapazzate con una forchetta.

“Non mangi?”

“Non ho fame”

“Smettila di piagnucolare come una bambina. Ero stato chiaro con te, Cora, ma non hai voluto ascoltarmi ed ora sono qui a dirti te l’avevo detto. Ti avevo detto di fare attenzione, ti avevo detto che abitare in questo quartiere non è una passeggiata e ti avevo anche detto di smetterla di portarti sempre appresso quella dannata borsetta perché attirava troppo l’attenzione. Non ti hanno rubato solo il guadagno di una serata, ma anche le tue chiavi dell’appartamento e sai questo cosa significa? Che adesso siamo costretti a cambiare la serratura d’entrata a spese nostre e non credo che il padrone sarà molto contento quando andrò a dirgli cosa è successo”

“Verremo cacciati?” domandò la giovane ad occhi sgranati, preoccupata.

“No, non verremo cacciati” rispose con un sospiro il ragazzo, accendendo una seconda sigaretta. La prima l’aveva consumata in poche boccate, dal nervosismo “ma tu stai seriamente scherzando col fuoco, e se continui di questo passo ben presto resterai scottata. Ti è già andata fin troppo bene per due volte consecutive, non puoi pretendere che sia sempre così”

“Bene? E tu questa la chiami fortuna?” domandò ancora Cora, indicando il proprio viso con l’indice destro “quelle tre mi hanno trascinata in un vicolo. Mi hanno picchiata, mi hanno tagliato i capelli, mi hanno sputato addosso e dopo avermi minacciata mi hanno perfino rubato la borsetta: come puoi chiamarla fortuna?”

“Avrebbero potuto tagliarti la gola al posto dei capelli, qui c’è gente che non si fa alcuno scrupolo morale. Io questa la chiamo fortuna”

“Guarda il mio viso e guarda i miei capelli. Cosa posso fare in queste condizioni? Nei prossimi giorni sarò così dolorante da non riuscire nemmeno ad alzarmi dal letto per andare in bagno. Vorrei sapere perché lo hanno fatto. Non ho mai fatto niente a nessuna di loro, non ci ho nemmeno mai parlato insieme”

“Quanto sei terribilmente ingenua, Cora. Lo hanno fatto perché sono gelose di te, ma non lo capisci proprio? Gli uomini impazziscono per te proprio per il tuo aspetto ingenuo ed infantile, caratteristiche che loro hanno ormai perso da tempo. Ed anche per le tue trecce. Solo un pazzo preferirebbe una di loro a te”.

Il viso della giovane avvampò dall’imbarazzo. Era la prima volta che Rich le rivolgeva parole simili.

“Non sono venuta qui per rubare niente a nessuno” mormorò dopo un lungo silenzio, stringendosi nelle spalle “non voglio guai”

“Non vuoi guai, ma sei una calamita che li attira in continuazione” commentò il ragazzo con un ghigno, terminando anche la seconda sigaretta “che tu lo voglia o no, se finita nel mirino di quelle tre. E se non fai attenzione, rischi che facciano presto a passare dalle minacce ai fatti”

“E se… Provassi ad avere una conversazione con loro?”

“Allora vuoi proprio ritrovati a pezzi dentro dei sacchi neri”

“Mi sto solo chiedendo se non è possibile trovare un accordo in qualche modo”

“Cora, in che modo devo dirtelo per farti capire che qui non funziona in questo modo? Non è come negli altri quartieri, non basta una chiacchierata amichevole ed una crostata fatta in casa per ritornare ad essere buoni vicini. Qui quando sei segnato sei segnato, fine dei giochi, e tu adesso sei un bersaglio che cammina. Quelle tre vogliono il tuo sangue e sta sicura che verranno a reclamarlo alla prima occasione. Hanno le spalle coperte dai loro protettori, e se davvero vogliono fartela pagare nel peggiore dei modi vedrai che non esiteranno a rivolgersi a loro… Non scherzavo quando, il primo giorno, ti ho detto che qui c’è gente pronta a divertirsi con te ed a tagliarti la gola, ed a fare tutto non necessariamente in quest’ordine. E neanche quella di poco fa dei sacchi neri era una metafora. Non hai idea di quanta gente scompaia in continuazione da questo edificio”

“Dunque, in parole povere, mi stai dicendo che per me è finita e farei prima a saltare giù da una finestra di questo appartamento”

“Sì, se sei intenzionata a fare ancora di testa tua… Oppure finalmente puoi iniziare ad ascoltare me”

“Ed in che modo dovrei ascoltarti?”

“Così” disse semplicemente Rich, e per l’ennesima volta le mostrò il coltello che aveva sottratto al suo assalitore.

“No”

“E invece sì”.

Cora chiuse gli occhi e si massaggiò le meningi con entrambe le mani. Sentiva la testa sul punto di scoppiare.

“Riesco a malapena a guardarlo, non voglio neanche immaginare di usarlo contro un altro essere umano”

“E tu pensa che nessuna di quelle tre si farebbe alcuno scrupolo di coscienza ad usarlo contro di te. Adesso si fa a modo mio, ed io dico che se vuoi sopravvivere in questo quartiere devi essere in grado di difenderti da sola, anche con questo se necessario, volente o nolente” sentenziò il ragazzo, ignorando le lamentele di Cora “e non m’interessa quanto sarai dolorante, perché inizieremo nei prossimi giorni”.










Cora spalancò gli occhi nel buio della sua stanza, di colpo.

A svegliarla era stata l’orribile ed improvvisa sensazione di non essere più sola, ed infatti il suo istinto non si sbagliava: riuscì appena a scorgere una sagoma nell’ombra che si ritrovò bloccata di peso contro il materasso. Provò ad urlare, ma le venne impedito da una mano premuta contro la bocca, e non le rimase altro che scalciare all’impazzata nel tentativo di liberarsi.

“Cora, smettila, sono io” la sagoma che era sopra di lei le tolse la mano dalla bocca e si spostò; nella penombra che regnava, la giovane riuscì a riconoscere il suo coinquilino e gli assestò una spinta violenta al petto.

“Ma ti sei completamente rincretinito? Mi hai quasi fatto scoppiare il cuore dalla paura! Ma che ti è preso? Che ci fai nella mia camera?” strillò indignata la giovane, tirandosi su col busto ed accendendo la luce; quello seduto sul suo letto era proprio Rich, ed a differenza sua aveva un’espressione ed un sorrisetto divertiti sul volto.

“Te lo avevo detto che avremo iniziato in questi giorni, ti aspettavi che ti avrei detto esattamente quando? Ho voluto fare un piccolo test, Cora, e tu lo hai fallito miseramente. Sei distratta, hai troppo la testa fra le nuvole ed è per questo che sei stata aggredita già due volte in poco tempo”

“Stavo dormendo, cazzo!”

“Devi fare attenzione anche quando dormi” rispose lui, diventando serio tutto d’un tratto “perché non puoi mai sapere chi può entrare nella tua stanza e quali sono le sue intenzioni”.

Cora si strinse nelle spalle, le scrollò e diede un’altra spinta al giovane.

“Comunque non farlo mai più” gli disse “e sei entrato nella mia camera. Avevi detto che le camere sono uno spazio personale e privato”

“Mi farò perdonare facendoti fare un tour guidato della mia”

“Davvero?”

“No, e adesso vieni. Abbiamo perso fin troppo tempo”.

Cora si alzò dal letto con un sospiro rassegnato e seguì Rich in salotto, ma una volta lì si lasciò cadere sul divano.

“Dobbiamo per forza iniziare adesso?” si lamentò “è notte e sono stanca. Non possiamo posticipare a domani mattina?”

“No” rispose Rich, categorico “continui a dimenticarti tutto quello che ti ho detto quando ci siamo incontrati, ed anche questo non va bene. Devi essere meno distratta. Qui la gente dorme durante il giorno e non è il caso di disturbare nessuno. Sei già abbastanza nei guai, senti proprio il bisogno di andare in cerca di altri? Alzati e vieni qui”.

Cora si alzò sbuffando, e la reazione irritò il ragazzo.

“Al posto di comportarti come una bambina capricciosa dovresti ringraziarmi, perché quello che ti sto facendo è un grosso favore. Non so quante altre persone qui dentro sarebbero pronte a fare quello che sto facendo io, dato che tutti sanno che è un ambiente in cui a sopravvivere è il più forte. O vuoi farmi credere che sai già come difenderti? Perché quello che ho visto da quando sei qui finora mi fa credere il contrario”

“In entrambi i casi sono stata attaccata alle spalle. È semplice così”

“Ahh, d’accordo, allora è stato questo il problema? E perché quando, in entrambi i casi, sei stata trascinata nel vicolo non sei riuscita a ribaltare la situazione a tuo favore?”

“Perché ero spaventata” mormorò la ragazza, ripensando a quegli orribili momenti “in quel momento non sapevo che cosa stava accadendo ed ho avuto paura per la mia vita. Credevo che mi avrebbero uccisa, ed in un’occasione ci sono andata vicina”

“Ed è proprio quello che sarebbe accaduto se non ci fossi stato io. Non sei riuscita a difenderti perché sei andata nel panico: l’errore peggiore che puoi commettere in una situazione simile”

“Ma sono stata sorpresa alle spalle!”

“E cos’hai ottenuto lasciandoti andare al panico?” senza alcun preavviso, Rich afferrò Cora per un braccio e la tirò bruscamente a sé; la giovane non ebbe nemmeno il tempo di reagire e si ritrovò bloccata tra una parete del salotto e lui “avanti, fammi vedere quello che sai fare”

“Che cosa stai facendo?”

“Ti ho detto di farmi vedere quello che sai fare” ripeté lui “fingi che siamo in un vicolo cieco in cui ti ho appena trascinata e che ho delle brutte intenzioni. Coraggio: fammi vedere quello che sai fare”.

Cora accolse la sfida a braccia aperte, voleva dimostrare a Rich di essere in grado di sapersi difendere da sola: iniziò a dimenarsi ed a scalciare, ma non ottenne nulla. Non solo non riuscì a liberarsi, ma si ritrovò a terra con una semplice spinta, senza fiato perché aveva colpito il pavimento con il fianco sinistro, nel punto in cui aveva uno dei lividi più brutti e dolorosi.

“Tutto qui?” domandò il ragazzo, posando le mani sui fianchi; la guardava dall’alto al basso, con un sorrisetto di scherno sulle labbra “perché se è tutto qui quello che sai fare, allora hai vita breve lì fuori. Combatti proprio come una femminuccia”.

Cora approfittò dell’attimo di distrazione di Rich per attaccarlo a tradimento: gli assestò un calcio alla gamba sinistra che gli fece perdere l’equilibrio, ed una volta a terra lo attaccò prima che potesse reagire; gli bloccò i polsi con le mani sopra la testa e si sedette a cavalcioni su di lui. Adesso era lei a sogghignare soddisfatta.

“Sei ancora convinto che combatto come una femminuccia?” domandò col fiatone “ora non ti dai più tante arie, ehh? Sei rimasto senza parole perché non te l’aspettavi?”

“Questo te lo concedo, ma hai avuto fortuna” le posizioni si ribaltarono in un attimo; senza capire come, Cora si ritrovò ad essere lei quella bloccata contro il pavimento e con un coltello puntato contro la gola “hai ancora molta strada da fare se vuoi avere qualche possibilità di sopravvivere lì fuori. E non devi mai sottovalutare il tuo avversario. Hai visto con quanta facilità possono cambiare i ruoli? Se adesso fossimo stati davvero in un vicolo cieco ed io fossi stato davvero il tuo aggressore, avresti già un taglio da orecchio ad orecchio”.

Rich allontanò la lama dal collo di Cora, si alzò in piedi, l’aiutò a fare altrettanto e le porse il coltello dalla parte del manico.

“Ecco, prova con questo”

“Cosa dovrei fare?”

“Prova ad aggredirmi”.

La giovane sgranò gli occhi.

“Non posso farlo, e se dovessi colpirti? Non voglio averti sulla mia coscienza!”

“Ohh, Cora, credimi, un’eventualità simile è difficile che si verifichi perfino per errore. Avanti, prova a colpirmi. Vediamo se con un’arma sei più brava o se riesci a fare ancora più schifo del combattimento a mani nude”.

Cora si sentì punta sul vivo dalle frecciatine del giovane, che sembrava fare di tutto per provocarla, ed era determinata più che mai a dimostrargli di non essere una’imbranata totale che aveva i giorni contati in quel quartiere; lasciò da parte qualunque scrupolo o preoccupazione e provò ad attaccarlo. Voleva cancellare quel sorrisetto di superiorità dal suo viso, ma si rivelò un’impresa impossibile.

Rich evitava ogni suo colpo con una facilità disarmante, sembrava un serpente, ed alla fine la giovane si ritrovò di nuovo bloccata contro un muro e di nuovo con una lama puntata contro la gola.

“Fine dei giochi, di nuovo” mormorò lui, per poi avvicinare le labbra all’orecchio destro della giovane; quando iniziò a parlare, Cora avvertì un brivido provocato dalla vicinanza “sai qual è il tuo problema? Agisci d’impeto e perdi la testa, e questo non va bene. Devi restare lucida anche in momenti come questo, e forse avrai qualche possibilità di cavartela. Impegnati di più”

“Ci ho messo tutto il mio impegno, ma tu sei più forte di me”

“E questo lo chiami impegno? Ma per favore… Sai, inizio a credere che forse non ti dispiace affatto essere sottomessa in questo modo” se al posto di Rich ci fosse stato qualcun altro, Cora non avrebbe esitato a colpirlo con uno schiaffo in pieno volto; in quel caso, invece, la giovane decise di ripagarlo con la stessa moneta per metterlo a tacere.

“Sicuro che non sia il contrario? A me sembra che questo contatto ravvicinato non dispiaccia affatto ai tuoi pantaloni”

“Quella è la mia pistola”

“Ahh, è così che lo chiami? Sei uno di quei ragazzi a cui piace dare un nomignolo affettivo al proprio amico laggiù per impressionare le ragazze?”.

Rich guardò per un momento Cora negli occhi e poi scoppiò a ridere. Era la prima volta che lei lo vedeva ridere.

“No, assolutamente no. Quella è davvero la mia pistola” il giovane infilò la mano destra nella tasca destra dei pantaloni e tirò fuori una pistola. Una vera pistola. Cora spalancò gli occhi, non aveva mai visto una vera arma di persona “ti piace? È una calibro 22. Guarda”.

Il giovane le mostrò che oltre a trattarsi di una pistola vera era anche carica e pronta all’uso, e la giovane distorse la bocca alla vista dei proiettili inseriti nel caricatore. Le faceva paura pensare con quanta facilità si poteva togliere la vita ad una persona con un oggetto come quello.

Bastava un semplice click e la partita era chiusa.

“Da quando hai una pistola?” domandò, dopo un lungo silenzio, senza riuscire a staccare gli occhi dall’arma che la terrorizzava ma al tempo stesso l’ipnotizzava.

“I coltelli non sono sempre sufficienti se vivi in un posto come questo. A volte ci vuole qualche sicurezza in più”

“L’hai mai usata?”

“Se l’avessi usata significherebbe che mi sono ritrovato in una situazione piuttosto estrema” rispose lui, riponendo l’arma nella tasca “comunque no. Non l’ho mai usata qui dentro. Non ho mai avuto guai con nessun inquilino prima del tuo arrivo e vorrei che continuasse ad essere così”

“Perché non m’insegni a sparare, allora? Non sarebbe molto più semplice se avessi con me una pistola come la tua che un coltello?”

“Cora, per fortuna che hai un bel viso ed un bel corpo perché in fatto d’intelligenza non brilli affatto. Ti ho appena spiegato che una pistola come questa serve solo in situazioni estreme. Nel tuo caso darebbe troppo nell’occhio, e sbadata come sei farebbe presto a finire nelle mani di un cliente con pessime intenzioni” Rich porse il coltello alla giovane per riprendere con la lezione di autodifesa, ma lei si rifiutò di prenderlo in mano. Guardava quella del ragazzo come se posato sopra ci fosse un serpente velenoso pronto ad attaccarla.

“Non mi piace quel coltello” insistette la giovane “preferirei la pistola”

“Capisco la tua reticenza” disse lui, dopo aver emesso un sospiro “la maggior parte della gente preferisce un’arma da fuoco che una bianca, perché è tutto più semplice. Con una pistola basta prendere la mira e premere il grilletto, punto. Il coltello è tutta un’altra faccenda. È più intimo. Percepisci tutto, dalla lama che affonda nella carne alla vita che scivola via dagli occhi di una persona”.

Cora fissò Rich interdetta, ma venne bloccata prima ancora di potergli fare qualunque domanda.

“Ma l’unica cosa che devi tenere in mente è che, per tua sfortuna, ti sei fatta in un colpo solo tre nemiche pericolose e nessuna di loro esiterà ad usare un coltello simile contro di te se avrà l’occasione di farlo. O te o loro, hai capito?”.

Cora annuì in silenzio; aveva percepito il messaggio forte e chiaro, c’era solo un piccolo problema: passare dalla teoria alla pratica era tutto un paio di maniche completamente diverso. Era grata a Rich per i suoi consigli, ma desidera soltanto essere lasciata in pace da quelle tre donne perché non voleva arrivare ad una situazione estrema che prevedeva l’uso di coltelli.

“Bene” mormorò il giovane, annuendo a sua volta, per poi distendere le labbra in un sorrisetto che provocò un tuffo al cuore della ragazza “comunque, se sei così ansiosa di provare a sparare, magari uno dei prossimi giorni posso portarti in una zona isolata fuori dalla città e ti faccio vedere qualcosa”.

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