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Il giovedì mattina della prima settimana Rosa si presentò a lavoro in perfetto orario come i giorni precedenti, ma al posto di Martha trovò ad aspettarla un'altra ragazza che prima di quel momento non aveva mai incontrato. Era più giovane della sua collega, forse potevano avere perfino la stessa età, e più sorridente: non appena varcò l'ingresso del reparto ospedaliero, la ragazza si girò subito e le rivolse subito un sorriso allegro.

"Ciao!" esclamò con una voce altrettanto allegra, che suonò strana alle orecchie di Rosa dopo gli umori dei giorni precedenti a cui aveva ormai iniziato ad abituarsi "tu sei Rosa, vero? Io sono Emma, oggi e domani ci sarò io a finire di aiutarti con l'inserimento"

"Ohh!" esclamò lei, presa completamente alla sprovvista, togliendosi la giacca e posando la borsa "Martha non c'è? Sta male?"

"Sì, per modo di dire. Qui" rispose la giovane che aveva detto di chiamarsi Emma, indicando la tempia destra con l'indice della corrispettiva mano "non sta male, mi ha solo chiesto di scambiare i turni e di seguirti per questi due giorni"

"Ohh"

"Ti va di andare a prendere qualcosa da uno dei distributori automatici qua vicino?" propose Emma, senza lasciare il tempo a Rosa di aggiungere qualunque cosa "sono stata avvisata all'ultimo secondo di questo cambio di programma, mentre ero al caldo sotto le coperte, e quindi sono stata costretta a vestirmi ed a uscire di casa il più in fretta possibile... Ed ora se voglio sperare di arrivare integra a questa sera ho assolutamente bisogno di prendere almeno un caffè. Ne vuoi uno anche tu, così facciamo quattro chiacchiere, che dici?".

Rosa annuì, effettivamente anche lei, come le mattine precedenti, era uscita di casa senza aver messo nulla nello stomaco e poi quella ragazza si stava dimostrando così gentile e simpatica che sarebbe stato scortese rifiutare il suo invito. E poi, poi c'era qualcosa di vagamente familiare nel suo viso e nei suoi capelli biondi, anche se non si erano mai viste prima di quel momento.

La sala ristoro era piccola, ma curata e pulita: il pavimento era ricoperto da una morbida moquette, l'ambiente era illuminato da alcuni neon appesi al soffitto, c'erano delle piante in vasi ad abbellire la stanza ed alcuni tavolini rotondi con delle sedie. Infine, addosso ad una parete, c'era un boccione pieno di acqua fresca e due distributori automatici: uno vendeva merendine e bibite fredde, l'altro esclusivamente bibite calde. Emma andò subito davanti a quest'ultimo e dopo aver inserito delle monetine schiacciò il tasto per avere un caffè lungo; appena la macchinetta terminò di preparare la bevanda si girò verso Rosa per chiederle che cosa volesse e che quel giro lo offriva lei. La giovane la ringraziò, imbarazzata, e le disse che un cappuccino sarebbe stato perfetto.

"Sei sicura che possiamo stare qui?" chiese titubante, dopo aver nuovamente ringraziato l'altra giovane per averle passato il suo bicchiere di plastica fumante, lanciando una rapida occhiata tutt'attorno "non è che rischiamo di passare dei guai seri perché dovremo essere in infermeria? Io sono qui per uno stage ed è molto importante che la valutazione finale sia positiva. Ne vale della mia media scolastica. A fine anno ho gli esami"

"Esami? Scuola? Non ti sei presa un po' in ritardo per tutte queste cose? Quanti anni hai?"

"Ventisette a giugno" mormorò Rosa, con un sorriso imbarazzato, scrollando le spalle "sì, in effetti sono un po' fuori tempo, ma quand'ero più piccola sono stata costretta a smettere di andare a scuola per una lunga serie di problemi... Sai... Sono cose un po' personali... E quindi appena ne ho avuto la possibilità, ho deciso di riprendere in mano il mio percorso scolastico e di specializzarmi in scienze infermieristiche. Mi piacerebbe fare qualcosa per il prossimo, aiutare le persone più bisognose... Quelle fragili o quelle che hanno perso la strada... Questo è un argomento che sento molto vicino a me"

"Beh, hai fatto bene, non è mai troppo tardi per rimediare al proprio passato. Quindi cosa vorresti fare esattamente?"

"Mi piacerebbe entrare in una casa di riposo... Oppure in una struttura di recupero per ragazzi difficili, un centro di disintossicazione. Se avessi la possibilità di scegliere tra queste due opzioni, penso che opterei per la seconda"

"Ahh, bello... E come sei finita qui, a fare tutt'altro?"

"Il professore che insegna la materia d'indirizzo mi ha proposto questo posto come stage, e dato che era l'ultimo rimasto e lui è anche il vicepreside, non ho avuto molta scelta... Però da qualche parte bisogna pur iniziare, no?"

"Sì, beh, anche io non ho alcuna intenzione di restare qui dentro a vita, però i soldi mi servono se voglio mangiare e pagare l'affitto, e qui la paga è buona. E poi guardati attorno, ti sembra davvero di essere all'interno di un carcere?"

"No... In effetti non molto fino a quando non fai caso alle sbarre che ci sono alle finestre dell'infemeria".

Emma gettò la testa all'indietro e scoppiò in una risata che risuonò per tutta la stanza vuota.

"Sei forte, Rosa. Credo proprio che tu ed io diventeremo buone amiche. Ti confesso che sono proprio contenta del tuo arrivo e che tu sia così: la ragazza che c'era prima era una palla al piede, e quella stronza di Martha, ohh... Dio... Non so davvero come possa esistere qualcuno al mondo in grado di sopportarla. Che troia. Scommetto che ti ha fatto passare una settimana d'inferno e ti ha fatto venire la voglia di abbandonare tutto, vero?" commentò la bionda, per poi bere un lungo sorso del suo caffè, al contrario di Rosa che non aveva ancora sfiorato il proprio e continuava a rigirarlo tra le mani che si erano scaldate al contatto con la plastica quasi ustionante. Vedendo l'esitazione dell'altra, Emma si affrettò ad aggiungere "guarda che puoi parlare liberamente con me, sai? Non ho alcuna intenzione di fare la spia per avere qualche vantaggio. Io quella proprio non la reggo, e grazie a dio siamo appena in tre così non corro il rischio, al momento, di ritrovarla nel mio stesso turno"

"Diciamo che non è stata il massimo della simpatia in questi giorni, è..." nonostante la rassicurazione da parte di Emma, Rosa preferì comunque soppesare le proprie parole per timore di essere sentita da qualcun altro nel corridoio che magari stava passando per di lì in quel momento "stata un po' acida"

"Acida è un complimento per quella puttana" commentò l'altra giovane, che a differenza sua non aveva peli sulla lingua. Per un momento Rosa pensò a quella che avrebbe potuto essere la sua reazione se le avesse detto che a propria insaputa aveva appena nominato la sua vecchia professione "potrei stilare una lista di aggettivi molto più azzeccati e molto meno lusinghieri di acida ma penso che potrei restare qui per l'eternità"

"Credo di non starle molto simpatica. Mi riprende per ogni minima cosa anche se sa benissimo che sono qui da appena quattro giorni. Mi sorprendo che non mi abbia ancora sgridata perché respiro troppo forte per i suoi gusti" sospirò Rosa, lasciandosi andare in piccola parte, appoggiandosi al distributore automatico delle bevande calde. Era così presa dalla conversazione con Emma, che ormai si era completamente dimenticata di essere ancora nella sala ristoro e non in infermeria a catalogare farmaci e bendaggi, in attesa di qualcuno che avesse bisogno del loro intervento.

La bionda sbuffò.

"Tu non c'entri niente, è così con tutti. Sai perché è così acida, per usare il tuo aggettivo positivo?" Emma si guardò un attimo attorno e si avvicinò un po' di più a Rosa, come se fosse in procinto di rivelare un segreto di Stato "lei ed il direttore di questo posto hanno una storia, e non sta andando bene. Ecco perché ha preteso che in questi due giorni facesse lei il turno di notte al posto mio, così non è costretta a vedere la sua faccia"

"Ohh, davvero? E perché non sta andando bene?"

"Perché lei è la sua amante" rispose semplicemente l'altra giovane, tornando al posto di prima "Martha pensa di essere intelligente, ma in realtà è una totale cretina. Qualunque uomo sposato che ti promette di lasciare un giorno la moglie per poter stare finalmente insieme non racconta mai la verità. Il nostro direttore è una persona a cui piace tenere il piede in due staffe: a casa ha la famiglia perfetta da sfoggiare in ogni occasione mondana, a lavoro ha l'amante giovane che ancora lo vede come uno stallone e che è pronta ad aprire le gambe a suo comando; ha già tutto quello che vuole, perché mai vi dovrebbe rinunciare? Io l'ho già capito da tempo e gli altri pure, perché qui dentro tutti noi che vi lavoriamo sappiamo quello che succede tra loro due, è solo Martha l'unica a credere ancora alle cazzate che quell'uomo racconta e così continuano a litigare. E lo schema è sempre lo stesso, che si ripete all'infinito: litigano, lei minaccia di troncare la storia, lui fa qualcosa da togliere il fiato per riportarla indietro, lei ci ricasca e ritorna il sereno fino al litigio successivo... E via così, e via così... Non ha abbastanza spina dorsale per dare un taglio a questo circolo vizioso, perché è troppo succube di lui".

Emma corrucciò le sopracciglia alla vista del sorrisetto che era apparso sulle labbra di Rosa.

"Cosa di quello che ho detto ti ha divertita così tanto?"

"Nulla nello specifico, è solo che... Il tuo modo di parlare così schietto, i termini che usi... Mi hai ricordato per un momento una persona che conoscevo e che parlava in modo simile. Tutto qua. Gli piaceva sempre ripetere che io vivo nel mondo delle favole, dove tutto è rosa e pieno di brillantini"

"Conoscevi?"

"È... Morto"

"Ohh, mi dispiace"

"No, non è morto in quel senso" 'non ancora' aggiunse col pensiero la giovane "diciamo che lo è per me"

"Un ex?"

"Più o meno... Più meno che più. È complicato da spiegare"

"Ho capito: è stato un bastardo ed è una ferita ancora fresca, l'ho riepilogata bene la storia?"

'Magari fosse così semplice' pensò Rosa, limitandosi ad annuire con la testa e con un sorrisetto tirato sulle labbra. Se davvero le cose fossero andate in quel modo la sua vita ora sarebbe stata molto più semplice. Per esempio, avrebbe avuto dei traumi in meno con cui fare dei conti e nessun senso di colpa che non riusciva a scrollarsi di dosso. Ohh, e nessuna voce che parlava nella testa.

"Ascolta, vuoi un consiglio del tutto spassionato anche se ci conosciamo da quanto? Appena mezz'ora? un'ora? Lascia perdere questo ex se è stato un bastardo e goditi il momento. Chi non l'ha mai provato non sa quello che si perde, ma vuoi sapere una cosa in totale confidenza? Lavorare in un posto come questo può avere più lati positivi che negativi... In tutti i sensi"

"In che senso?"

"Esattamente in quello che ho appena detto" rispose Emma, il sorrisetto che aveva sulle labbra non lasciava alcuno spazio a nessun possibile fraintendimento "lavorare in una prigione, ti assicuro, è molto meno eccitante di quello che puoi pensare. Non è come nei film, qui nella vita reale non accade mai nulla d'interessante. Ci si annoia e si annoiano anche le guardie"

"Martha mi ha accennato qualcosa riguardo a questo. Ha detto che si sentono dei palloni gonfiati perché credono che qualunque donna non possa resistere al potere della divisa, ma che in fin dei conti sono innocui"

"Martha parla così perché è una stronza frustrata, pensi che a lei non faccia piacere quando qualcuno le fa un complimento? È la prima a coprirsi la bocca ed a fare quella stupida risatina da troietta. Pensi che non si sia mai fatta qualcuno durante il turno di notte? Andiamo..."

"Tu... Ti sei fatta qualcuno durante il turno di notte?"

"Ti avrei mai detto che un posto come questo può avere più aspetti positivi che negativi se non lo avessi mai fatto? Qui non succede quasi mai nulla d'interessante, in qualche modo bisogna pur far passare tutte quelle ore, e quelle della notte sono le più toste. Fidati"

"Mh" si limitò a mugugnare Rosa con un'espressione perplessa che non sfuggì all'altra giovane, che stava terminando l'ultimo sorso di caffè. Era tardi, ed era arrivato il momento di rientrare in infermeria prima che la loro assenza troppo prolungata potesse essere notata, ma quando scattò la pausa pranzo Emma riprese il discorso laddove era stato interrotto alcune ore prima.

"Rosa, non fraintendere quello che ti ho detto prima ai distributori automatici. Ho visto com'è cambiata tutto d'un tratto la tua espressione" disse la bionda, sedendosi sul bordo di un tavolo ed aprendo una vaschetta che si era portata da casa, con all'interno dei sandwiches al tacchino. In quella di Rosa, invece, c'era un'insalata che la giovane aveva preparato senza un solo grammo d'amore "nessuna delle guardie oserebbe mai allungare le mani su una di noi, altrimenti la loro carriera è finita e con essa sparisce anche lo stipendio, ma non c'è nulla di male nel flirtare un po' per ingannare la noia... Qualche piccola attenzione è piacevole... E non c'è nemmeno nulla di male nel giocare un po' se si è entrambi d'accordo. Hai un ragazzo per caso? No, immagino di no con quello che mi hai accennato, perché hai ancora in mente il tuo ex"

"No, non ho nessuno" rispose Rosa, con lo sguardo fisso sull'insalata, preferendo mentire piuttosto che raccontare di essere addirittura già sposata da quasi tre anni. Non c'era comunque nessun pericolo riguardo all'essere scoperta perché non era prevista nessuna visita da parte di Austin in città e per evitare qualunque genere d'incidente a lavoro non indossava la fede nuziale.

"E allora a maggior ragione buttati, no? Che cosa vuoi fare, passare il resto della vita a struggerti dietro una persona per cui non ne vale assolutamente la pena? Divertiti piuttosto, hai un'amplia scelta qui dentro, ed alcuni sono davvero molto carini" commentò Emma per poi dare un morso ad uno dei due sandwiches "ma se quello che cerchi è un brivido ancora più eccitante puoi ripiegare su qualcuno degli ospiti della struttura"

"Che intendi per ospiti?"

"Cosa vuoi che intenda per ospiti, Rosa? Guarda dove siamo, chi vuoi che siano? Sto parlando dei detenuti"

"Sì, lo avevo capito... Speravo solo di essermi sbagliata, tutto qui" mormorò la giovane, continuando a fissare l'insalata, punzecchiandola con una forchetta di plastica, di quelle monouso. Tutto d'improvviso le si era chiuso lo stomaco "io non penso che... Insomma... Non è un brivido un po' troppo eccessivo? Stiamo parlando di uomini che si trovano chiusi qui dentro ed alcuni di loro ci dovranno trascorrere anche molto tempo: se sono in prigione un motivo valido c'è, non ti pare?"

"Sono uomini che non vedono una donna da tempo e che non appena posano gli occhi su di te ti guardano come se fossi una dea scesa in terra"

"O un pezzo di carne a cui saltare addosso"

"Hanno le manette quando vengono in infermeria per qualcosa, non possono fare nulla. Sei tu ad avere il controllo totale, e questo rende il tutto ancora più eccitante"

"Se lo dici tu... Ma non dovrebbe essere presente almeno una guarda quando un detenuto viene scortato qui? Martha ha detto..."

"Certo, e secondo te se un detenuto necessita di stare qui tutta la notte per essere tenuto sottocontrollo, una guardia ha voglia di restare a sua volta qui a tenerlo costantemente d'occhio? Le guardie vanno e vengono. Che sia per un ricovero momentaneo o per un semplice controllo od una medicazione sono sempre ammanettati ad un lettino, mani e piedi... Non potrebbero scappare nemmeno se volessero. Ecco perché ti ho detto che è una prospettiva ancora più eccitante. Pensi che nessuna lo abbia mai fatto? Che c'è, ti ho sconvolta?"

"Un po', è... Una cosa che non concepisco, sinceramente" mormorò Rosa, infilanzando un pomodorino "è eticamente sbagliato... Di cattivo gusto, per quanto ad alcune donne possa apparire eccitante. Perché mai una donna dovrebbe... Insomma... Dovrebbe desiderare di avere un rapporto sessuale con un individuo che ha commesso delle azioni orribili come... Non lo so... Come un omicidio? Nessuna persona normale potrebbe desiderare una cosa simile"

"Guarda che qui dentro non ci sono solo casi estremi. Ci sono persone che hanno commesso anche dei semplici furti o delle rapine" precisò l'altra giovane, passando al secondo panino "non ti ho detto che devi flirtare con uno dei detenuti chiusi nel braccio della morte".

Rosa si fermò con la forchetta di plastica a mezz'aria, il pomodorino a poca distanza dalle sue labbra. I suoi occhi scuri non erano più fissi sull'insalata, ma sulla collega intenta a terminare il proprio pranzo.

"Che cosa hai detto?" domandò dopo alcuni secondi di assoluto silenzio.

"Ho detto che qui dentro non ci sono solo ca..."

"No, non questo. Quello che hai aggiunto subito dopo"

"Che non ti ho detto che devi flirtare con uno dei detenuti chiusi nel braccio della morte? Cos'è che non hai capito?" uno sguardo di realizzazione apparve all'improvviso sul viso di Emma alla vista dell'espressione su quello di Rosa "ohh, non lo sai? Credevo lo sapessi. Qui dentro c'è l'unico braccio della morte presente in tutto lo Stato. È qui che vengono mandati tutti coloro che sono stati condannati alla pena capitale in California... Davvero non lo sapevi?"

"No" rispose Rosa mentre una strana sensazione iniziava a risalire dallo stomaco. Il cervello si stava ostinando ancora a non fare quel semplice collegamento, ma sentiva di esserci ormai vicina "non lo sapevo proprio. Non mi è stato mai accennato quando mi hanno proposto di venire qui per lo stage"

"Beh... Sorpresa. Adesso lo sai. E visto che lo sai, preparati per domani. Hai scelto la settimana giusta per iniziare il tuo stage qui perché domani accadrà una delle pochissime cose eccitanti qui dentro. Forse perfino l'unica per moltissimo tempo"

"Cioè?" Rosa percepì la propria voce come se provenisse da molto lontano, quasi come se a pronunciare quella parola sottoforma di domanda fosse stata un'altra persona con la sua stessa voce e non lei. Non voleva continuare la conversazione, non voleva conoscere la risposta di Emma, ma le sue labbra si erano mosse da sole e la sua voce era uscita da sola. La strana sensazione allo stomaco si era trasformata in una fitta di nausea che aveva attanagliato anche la gola in una morsa letale. Temeva che se solo avesse provato a parlare ancora avrebbe finito col vomitare lì davanti agli occhi della sua collega.

"Domani mattina vengono qui ad intervistarlo. Sto parlando della tv" rispose Emma con un tono di voce eccitato "ci saranno le telecamere e sai chi sarà a condurre l'intervista? Mike Watkiss, proprio lui. Sai essere riprese e finire nello schermo?".

A quel punto la bionda abbassò la voce e si portò l'indice destro alle labbra, lasciando intendere a Rosa che quello che stava per dire era in via estremamente confidenziale.

"Non dire a nessuno quello che ti ho appena detto perché nemmeno io dovrei saperlo. Vogliono mantenere più riserbo possibile per non attirare troppa pubblicità e creare troppo scompiglio, immagina se la voce si spargesse quanta gente ci sarebbe qui fuori domani... Roba da andare fuori di testa... Già sarà così il giorno dell'esecuzione, quando lo stabiliranno. Qui le esecuzioni avvengono sempre di notte, non so se lo sai" Emma lanciò sopra il tavolo la scatolina di plastica che si era portata da casa e la sostituì con un pacchetto di sigarette. Mentre ne accendeva una e se la portava alle labbra, Rosa si chiese se fosse possibile fumare lì dentro oppure no, ma poi si ricordò del discorso sulla differenza tra teoria e pratica "è stato Rob a dirmelo l'altro giorno, e nemmeno lui lo sapeva. Ha ascoltato per caso una conversazione che stavano avendo altre due guardie. Pensa a tutte le precauzioni che stanno prendendo"

"Rob?"

"Il mio divertimento del turno di notte qui dentro" rispose la bionda con un sorriso ammiccante, aspirando una boccata di fumo e buttandola fuori dalle labbra. Porse il pacchetto a Rosa, ma lei lo rifiutò gentilmente "è una delle guardie. È un bravo ragazzo e soprattutto scopa da dio. Te l'ho detto di fare un pensierino a riguardo e vedrai come il tempo passerà più in fretta ed in modo più piacevole"

"Non ho capito una cosa di quello che hai detto" mormorò l'altra giovane, che non aveva prestato particolare attenzione ai commenti della collega riguardo il proprio amante "perché domani viene qui la tv?"

"Per l'intervista"

"Di chi?" chiese Rosa con un filo di voce. Domanda stupida dal momento che conosceva già la risposta; la poteva leggere molto chiaramente negli occhi chiari di Emma che si spalancarono dallo stupore.

"Come di chi? Di chi pensi che stia parlando?" chiese a sua volta quest'ultima, inarcando le sopracciglia "andiamo, Rosa... Ti ho appena detto che questa è l'unica prigione dello Stato ad avere il braccio della morte e qui dentro sono rinchiusi tutti coloro che sono stati condannati alla pena di morte in California... Secondo te domani mattina un pezzo grosso come Watkiss chi viene ad intervistare? Ramirez, ovviamente".

I dubbi ed il sospetto di Rosa assunsero una forma concreta nel momento in cui Emma terminò di parlare, ed a quel punto era impossibile tornare indietro e fingere di non vedere l'ovvio. Adesso ogni cosa s'incastrava alla perfezione, compreso il vago senso di disagio che aveva avvertito fin dal proprio arrivo a Marin, ogni qualvolta i suoi occhi si posavano sulla mastodontica costruzione che era il carcere di massima sicurezza di San Quentin. Era l'orribile sensazione che ogni pezzo del puzzle finalmente s'incastrava nel posto giusto, la stessa che aveva provato otto anni prima.

Rosa aveva scoperto solo nel giorno del suo arresto, tramite i giornali e la televisione, che il vero nome del suo ex coinquilino era Richard Ramirez e non Rich Ley, come lui le aveva fatto credere. Si era sentita tradita per l'ennesimo motivo quando aveva letto quel nome e cognome scritto nero su bianco, perché lei gli aveva confidato senza la minima esitazione quello che a quel tempo credeva essere il proprio, lui invece le aveva rifilato nient'altro che l'ennesima bugia.

Per fortuna in quel momento era seduta perché lei ed Emma erano ancora in pausa pranzo; se fosse stata in piedi, era certa che le sue gambe non avrebbero retto e si sarebbe ritrovata a terra. In compenso, però, sentiva la testa girare. Era il pensiero di ritrovarsi così vicina a lui dopo otto anni a provocare le vertigini. Era convinta di essersi lasciata il passato alle spalle, ma a quanto pareva il passato non la pensava allo stesso modo, e le vertigini si stavano trasformando nella familiare stretta alla gola dettata dal panico.

"Rosa ti senti bene?" sul volto dell'altra giovane era apparsa un'espressione preoccupata ed allarmata "sei sbiancata in viso tutto d'un tratto"

"Sì, sto bene" Rosa non sapeva dove aveva trovato la forza per rispondere, ma riuscì ad essere perfino convincente. Annuì con la testa e si sforzò perfino di sorridere "sono solo... Stata presa alla sprovvista dalle tue parole... Non immaginavo che..."

"Che lui fosse qui?" completò la frase l'altra giovane, intuendo quali fossero le parole che Rosa non riusciva a trovare "ti ho detto che qui c'è l'unico braccio della morte in tutta la California, credevo l'avessi capito. Cavolo, forse il tuo ex non aveva tutti i torti a dire che vivi un po' nel mondo delle favole"

"Non nominarlo, ti prego. Non è assolutamente il caso" mormorò la giovane, chiudendo per un momento gli occhi dinanzi l'assurdità della situazione in cui si trovava coinvolta suo malgrado. Doveva solo sforzarsi di resistere un altro paio di ore, poi a casa poteva sfogarsi liberamente dal momento che era completamente sola "davvero è qui? Davvero domani lo intervisteranno?"

"Sì"

"E... Lo porteranno fuori dalla cella?"

"Sì, ovvio. Le celle del braccio della morte sono minuscole. Davvero minuscole. Ne ho vista una, una volta, ma anche questo fai finta di non saperlo. Credimi, è già tanto che al suo interno ci stia una persona. Non so davvero come facciano quelli che stanno lì dentro, io credo che impazzirei dopo nemmeno ventiquattro ore" rispose Emma scuotendo la testa "sono letteralmente quattro pareti con un letto singolo ed un water, tutto qui. Quelli che sono rinchiusi nel braccio della morte trascorrono tutto il loro tempo nella loro cella, mangiano dentro quelle quattro mura e non hanno diritto ad alcuna ora all'aria aperta. Escono solo due volte a settimana per la doccia e nel caso ricevano una visita. Per questo quello di domani è un evento più unico che raro. Devo convincere Rob a scoprire dove esattamente si svolgerà l'intervista, in quale zona ed in quale stanza"

"Perché?" domandò Rosa, irrigidendosi, anche in realtà aveva già capito che Emma voleva arrivare a quel punto della questione "non hai paura? Insomma... Mi sembra un rischio inutile..."

"Paura? E di cosa dovrei avere paura? Guarda tutte le precauzioni che stanno già prendendo adesso, figuriamoci quelle che metteranno in atto domani, quando dovranno scortarlo fuori dalla cella" rispose Emma, scrollando le spalle, con un'espressione in viso che era l'esatto opposto di quella di Rosa "voglio solo dare una piccola occhiata, tutto qua. Quando mai potrà ricapitare un'occasione simile a questa? E tu verrai con me".










Due ore più tardi Rosa salutò Emma (costretta a restare nella struttura per coprire anche il turno di pomeriggio), raccolse i propri effetti personali ed uscì più velocemente possibile. Nel parcheggio riservato ai dipendenti c'erano diverse macchine, ma erano tutte vuote; la giovane si guardò attorno, per sicurezza, prima di assestare un pugno alla radio, accendendola e premendo dei tasti per errore. Era sintonizzata su un canale che trasmetteva musica rock e quando sentì le note di quella che era la canzone preferita del suo ex coinquilino, sgranò all'istante gli occhi dall'incredulità. Oltre al danno adesso era costretta a sopportare anche la beffa.

Il suo pugno destro si abbattè di nuovo sulla radio, spegnendola questa volta, e non contenta continuò a colpirla fino a quando non avvertì una scossa di dolore lungo tutto il braccio e la spalla, e vide un rivolo di sangue sulle nocche, in corrispondenza del taglio che si era procurata. Le gocce di liquido rosso vivace la fecero tornare in sé e prendere un profondo respiro: doveva calmarsi e raggiungere casa, lì, come si era già detta qualche ora prima, avrebbe potuto sfogarsi liberamente senza il rischio di essere vista da qualcuno.

Rosa si guardò attorno, per essere certa che il suo sfogo non fosse stato notato, ed inserì la chiave della macchina nel cruscotto. Si sforzò di non pensare a nulla mentre guidava e di tenere lo sguardo ben fisso sulla strada, l'ultima cosa di cui aveva bisogno in quel momento era di andare incontro ad un incidente stradale; fortunatamente erano pochi i metri che la separavano dalla sua abitazione, e vi arrivò nel giro di qualche minuto. Lasciò la macchina fuori dal garage ed entrò in casa senza chiuderla a chiave; in quel momento non le importava nulla dei vetri che potevano ghiacciarsi o del fatto che qualcuno poteva rubarla, il suo unico pensiero era quello di sfogarsi il prima possibile perché sentiva di essere sull'orlo di crollare.

Lei stessa non aveva idea di come aveva fatto a comportarsi in modo normalissimo per due ore intere, ma incredibilmente Emma non aveva notato nessuno dei suoi sforzi e non le aveva chiesto nulla. Si era mossa come un automa, senza pensare mai a nulla, con la speranza che le lancette dell'orologio si muovessero in avanti il più in fretta possibile.

Una volta dentro l'abitazione la giovane si tolse il giubbotto e lo lanciò a terra mentre la borsa la scagliò contro la porta d'entrata. Non contenta, attraversò a passo veloce l'ingresso per spostarsi in salotto alla ricerca della vittima successiva su cui scaricare la propria furia; si guardò attorno con il fiato corto ed alla fine i suoi occhi scuri si posarono su un vaso di vetro colorato, fatto interamente a mano, regalo di Austin per il loro secondo anniversario di matrimonio insieme alla vacanza nel Paese all'estero in cui, poi, lo avevano acquistato. In quel momento la giovane non pensò né al valore affettivo dell'oggetto né all'occasione in cui le era stato regalato, lo vide solo come il bersaglio perfetto e lo trattò di conseguenza: lo afferrò con entrambe le mani, lo sollevò sopra la testa e lo scagliò con tutta la forza che aveva in corpo contro una parete della stanza.
Il povero vaso, com'era prevedibile, si disintegrò nello stesso istante in cui impattò contro la parete, trasformandosi in tante scaglie colorate sparse per il pavimento.

"Merda!" gridò la ragazza, in riferimento non all'oggetto rotto in modo irreparabile, ma alla propria situazione "cazzo, no, no, no! Non è possibile, non è possibile! Non è possibile!"

'Smettila subito di fare la sciocca. Le lacrime, le urla ed i piagnistei non ti serviranno a nulla. Di sicuo non ti faranno uscire dalla situazione in cui ti trovi ora' eccola la voce che puntualmente aveva ricominciato a parlare. La ciliegina sulla torta 'è possibile eccome, ed è accaduto'

"Non doveva accadere, non doveva assolutamente accadare" mormorò la ragazza, senza fiato, scuotendo la testa da destra a sinistra; era in ginocchio, con i gomiti appoggiati ai cuscini del divano e le mani premute contro le meningi. Continuava a singhiozzare e le lacrime continuavano a rigare il viso, era disperata "ho chiuso i conti con il mio passato, completamente. Perché non posso andare avanti? Perché? Perché proprio adesso? Vaffanculo"

'Perché? Perché te l'ho già detto che non puoi pensare di chiudere i conti con il passato se il passato per primo non li ha chiusi con te. E perché, in realtà, dentro di te sai benissimo che da quando ti è stato detto dove si sarebbe svolto il tuo stage, hai sempre sperato che fosse la stessa prigione in cui si trova lui'

"Questo non è vero"

'No, ne sei sicura? Ed allora perché hai raccontato quella patetica bugia ad Austin e non la verità? E adesso, dopo quello che hai scoperto oggi, gliela racconterai finalmente?'.

Rosa scosse la lunga chioma rossa con vigore. A maggior ragione ora non poteva raccontare a suo marito qual'era il posto in cui era costretta a stare almeno per i prossimi sei mesi. Il telefono prese a squillare all'improvviso, la giovane girò il viso di scatto ed i suoi occhi si sgranarono di nuovo in un'espressione di assoluto terrore. Fissò l'oggetto senza muovere un solo muscolo fino a quando non smise di squillare, ma i suoi muscoli rimasero comunque tesi. Quasi allo spasmo.

'Ohh, e quindi è questa la tattica che hai intenzione di usare? Ignorare le sue chiamate fino a quando? Fino a quando non lo costringerai a prendere la macchina ed a fare sei ore di strada per capire per quale motivo non gli rispondi?'

"Posso avere avuto un imprevisto a lavoro"

'Chiamalo imprevisto... Lo sai che ci vuole pochissimo per spingere il tuo adorato marito a prendere la macchina ed affrontare un viaggio così lungo. Per te, se fosse necessario, mollerebbe anche il lavoro nel bel mezzo di una riunione importantissima'

"Lo chiamerò più tardi, non appena mi sarò un attimo calmata... Adesso... Adesso non ci riesco... Capirebbe subito che c'è qualcosa che non va e non voglio... Non voglio che si preoccupi" la giovane si asciugò le lacrime che ancora le rigavano il viso con il dorso della mano destra, la stessa su cui aveva un taglio, e prese un profondo respiro. Andava meglio adesso che si era sfogata un po', ma il malessere restava, insieme alla confusione ed alla sensazione di essere intrappolata in un sogno. Ma non esisteva nessun sogno né nessun incubo: si trovava nella realtà, ed era reale anche il vaso che aveva frantumato contro una parete del salotto. Adesso iniziava piano piano a realizzarlo "merda"

'E quello come lo giustificherai al tuo adorato marito? Noterà subito un soprammobile in meno, sia se verrà qui sia quando riporterai tutto a casa vostra'

"Austin non verrà mai qui" mormorò la giovane alzandosi e spostandosi in cucina per prendere tutto il necessario per pulire il disastro che c'era in salotto. Non voleva dare adito a nessuna conversazione con la voce che sentiva nella propria testa, ma ribattere era più forte di lei "durante la settimana è troppo impegnato col lavoro, come prima della mia partenza, e quando arriva il weekend sono io a raggiungerlo"

'E quello in cui viviamo è il mondo perfetto delle fiabe. Davvero credi di poter portare avanti una bugia simile per sei mesi? E se poi i sei mesi dovessero trasformarsi in un anno o due? Che cosa farai se lui dovesse scoprire la verità in un modo o nell'altro?'.

Rosa emise un sospiro e continuò a raccogliere i cocci uno dopo l'altro, sistemandoli dentro un sacchettino di plastica nero. Non voleva pensare a quella terribile eventualità, ma il telefono che riprese a squillare non le fu di alcun aiuto. Lo ignorò una seconda volta e continuò a raccogliere i cocci di vetro colorato. Non voleva nemmeno pensare a quello che aveva scoperto, ma le immagini della conversazione con Emma continuavano a fare capolino nella sua mente, ed al resto ci pensava la finestra della cucina da cui era visibile l'imponente struttura del carcere in lontananza.

Era da giorni che si trovavano a pochi metri di distanza l'uno dall'altra a reciproca insaputa.

Rosa trascorse il resto della giornata in uno strano stato di torpore; dopo aver gettato nella spazzatura il sacchettino con dentro quello che restava del povero vaso si lasciò cadere sul divano e trascorse intere ore a fissare il vuoto, per poi ritrovarsi sdraiata sul proprio letto a fissare il soffitto. Non era riuscita a mangiare nulla, non era riuscita a richiamare Austin (che dopo un terzo tentativo non aveva più fatto squillare il telefono) e non aveva la minima intenzione di presentarsi a lavoro il giorno successivo.

Non voleva andare, non aveva alcuna intenzione di rimettere piede in quel posto mai più se fosse dipeso solo ed esclusivamente da lei. Ma non poteva non presentarsi l'ultimo giorno della sua prima settimana di stage senza una scusa che non fosse valida; la sua valutazione finale ne avrebbe risentito, ed avrebbe deluso il suo professore, che riponeva la massima fiducia nei suoi confronti. E Rosa non voleva deludere più nessuno.

Ma se il giorno seguente si fosse presentata, come aveva fatto durante i precedenti, Emma l'avrebbe costretta ad assistere ai momenti precedenti l'intervista e lei non voleva. Non voleva vederlo. Non voleva incrociare il suo sguardo. Non voleva essere vista e riconosciuta. Per la giovane si trattava di una faccenda che si era conclusa il giorno in cui aveva assistito al verdetto in tribunale, quando le loro strade si erano definitivamente divise al termine dell'udienza.

Almeno fino a quel giorno lì.

"Devi andare, sai benissimo che non puoi tirarti indietro anche se è quello che vuoi. Non puoi, altrimenti te ne pentirai" mormorò a sé stessa, con lo sguardo fisso al soffitto "magari Emma non riuscirà a scoprire altro. Magari come ulteriore precauzione sposteranno l'intervista al pomeriggio o addirittura ad un altro giorno quando tu non ci sarai. E se invece così non dovesse essere, se Emma dovesse riuscire a scoprire dove la faranno, non è detto che lui ti veda. Non è nemmeno detto che ti riconosca. Sono passati otto anni, sei molto cambiata ed hai anche i capelli rossi. È quasi impossibile che riesca a riconoscerti se dovesse vederti".

Era cambiata davvero tanto nel corso di quei lunghi otto anni (che ora non sembravano più essere così lunghi), era passata dall'essere una ragazzina all'essere una giovane donna, ed anche lui doveva essere altrettanto cambiato. Lo era già quando lo aveva visto al processo e nel frattempo erano trascorsi altri quattro anni. L'unica cosa su cui era stato sincero era stata la sua età: aveva davvero venticinque anni quando si erano conosciuti, mentre ora doveva averne trentatré.

'Non ti stanchi mai di mentire in continuazione a te stessa? Sai benissimo che ti riconoscerà all'istante se dovesse vederti'

"E quindi?" disse Rosa ad alta voce, ribattendo alla voce nella propria testa, senza mai staccare gli occhi dal soffitto. Se lo avesse fatto, in automatico avrebbe girato lo sguardo verso la finestra della camera. Anche da quella riusciva a vedere il carcere di massima sicurezza in lontananza, ed in automatico avrebbe subito pensato a lui, a quello che stava facendo in quel momento, al giorno seguente ed alla possibilità che aveva di rivederlo di nuovo dopo altri quattro anni "e se anche mi vedesse che cosa accadrebbe? Non può farmi nulla, non si può avvicinare né può rivolgermi la parola. Emma ha detto che il braccio della morte si trova dall'altra parte della struttura rispetto al reparto ospedaliero e che i suoi ospiti non escono mai dalle celle se non per poche eccezioni. Non corro alcun rischio che qualcuno possa scoprire la verità. È impossibile. Assolutamente impossibile"

'A te non importa che qualcuno lì dentro possa scoprire la verità, non è questo che ti preoccupa. Quello che ti preoccupata davvero è che non sai come reagirai una volta che ti troverai di nuovo in sua presenza'

"Non reagirò in nessun modo" mormorò questa volta la giovane "non c'è mai stato niente tra me e lui, se non del sesso. Ed è successo prima che scoprissi chi fosse. Punto"

'Vai a raccontarlo a qualcun altro questo, magari ad Austin che è ancora all'oscuro di tutto. Secondo te quale potrebbe essere la sua reazione quando scoprirà che non solo gli hai mentito riguardo lo stage, ma che addirittura ti trovi nella stessa prigione in cui è rinchiuso lui? Dovresti dirglielo finché sei ancora in tempo, perché quando lo scoprirà da solo sarà un bel problema'

"Non lo scoprirà mai. È impossibile"

'Tutto quello che continui a dire che è impossibile si è sempre dimostrato il contrario. Lo scoprirà eccome, e sarà la tua rovina'.

Rosa emise un sospiro seccato e distolse finalmente lo sguardo dal soffitto; si girò sul fianco sinistro in modo da guardare il muro e dare le spalle alla finestra e provò a chiudere gli occhi. L'intenzione era di dormire almeno per qualche ora, altrimenti il giorno seguente non sarebbe mai riuscita a reggere le otto ore che l'attendevano, ma non appena serrò le palpebre le tornarono alla mente dei ricordi legati all'estate di otto anni prima. Provò a scacciarli, ma vennero solo che sostituiti da quelli legati al giorno del verdetto.

Lo rivide di nuovo girare la testa verso la parte dell'aula in cui lei era seduta e per l'ennesima volta si chiese se era riuscito a scorgerla oppure no. La sua espressione non era cambiata in quel momento, era rimasta perfettamente impassibile, quindi con ogni probabilità non l'aveva vista.

E se anche fosse stato il contrario che cosa sarebbe cambiato? La sua occasione l'aveva persa quando non si era alzata in tempo per raggiungere l'avvocato e chiedergli se in qualche modo poteva scambiare qualche parola con il suo cliente.

Rosa non voleva pensare a lui, ma si ritrovò inevitabilmente a farlo per l'ennesima volta anziché scendere in salotto e dare un colpo di telefono ad Austin. Pensò a come sarebbe andata se l'avvocato le avesse concesso in via del tutto eccezionale pochi minuti in compagnia del suo ex coinquilino: vide sé stessa, con gli occhi della mente, entrare in una piccola stanza dove c'era lui ed essere lasciata da sola in sua compagnia; vide lui, con addosso la divisa carceraria blu, le catene alle caviglie, i capelli lunghi e ricci e con un aspetto sano che non aveva mai avuto nel breve periodo in cui avevano condiviso lo stesso appartamento. Ed a quel punto, una volta faccia a faccia, che cosa avrebbe fatto?

'Avanti, formula il pensiero che non hai il coraggio di fare, perché tanto si trova già in un angolo della tua mente. Se davvero ti avessero concesso una possibilità come questa, e ti fossi trovata da sola con lui nella stessa stanza, non gli avresti chiesto spiegazioni. Non gli avresti urlato contro niente. Non gli avresti detto né che ti fa schifo né che ti senti tradita da lui. No. Gli saresti saltata addosso e lo avresti implorato di scoparti come meglio preferiva. Sei terrorizzata alla sola idea di vederlo non perché hai paura che la verità venga a galla, ma perché hai paura di perdere il controllo, perché lo sai che basta solo un suo sguardo per farti perdere il senno'.

La giovane ignorò le oscenità che la voce le aveva sussurrato in testa, che non corrispondevano assolutamente al vero. Se avesse avuto una simile opportunità quattro anni prima, non sarebbe andata in quel modo. Probabilmente avrebbero discusso come l'ultima volta che si erano visti, senza scendere a nessuna conclusione; e lui sarebbe stato ancora arrabbiato per il barattolo che gli aveva rotto in testa.

'Fra tutto quanto, quello che ti preoccupa sul serio è l'idea che possa essere ancora arrabbiato con te per il barattolo dello zucchero? E poi hai il coraggio di dire che lo odi e che è un capitolo chiuso del tuo passato, ed al tempo stesso ti preoccupa il fatto che possa ricordarsi ancora come è andato a finire il vostro ultimo litigio di otto anni fa?'.

La notte andò avanti in quel modo, con Rosa che continuava a pensare e porsi domande sul suo ex coinquilino e con la voce nella testa che con le sue insinuazioni non dava un solo istante di tregua, e la mattina arrivò fin troppo in fretta. Quando la sveglia suonò, strappandola dai suoi pensieri, la ragazza sussultò e si voltò a guardarla con gli occhi spalancati, incredula che fosse già arrivato il momento di alzarsi e prepararsi.

La spense, ma a differenza delle altre mattine si rannicchiò completamente sotto le coperte, in posizione fetale. Dopo la notte insonne appena trascorsa non aveva alcuna intenzione di recarsi a lavoro, ed era certa che se avesse chiamato per comunicare che era rimasta vittima di un'influenza improvvisa non ci sarebbe stato alcun problema. Era gennaio, faceva un freddo tremendo, nessuno avrebbe messo in dubbio la sua spiegazione.

Ma a cosa sarebbe servito evitare quel giorno?, pensò con gli occhi spalancati nell'oscurità assoluta e con le braccia avvolte attorno ai fianchi, la bugia dell'influenza l'avrebbe salvata per qualche giorno, ma dalla settimana successiva sarebbe stata costretta a tornare per non perdere l'opportunità concessa dal professore d'indirizzo. Poteva cercare di analizzare la situazione sotto ogni punto di vista, da qualunque prospettiva, ma il risultato non cambiava: avrebbe finito per deludere una persona che aveva riposto in lei la massima fiducia ed era l'ultima cosa che voleva che accadesse. Non c'era altro che potesse fare se non alzarsi ed andare a lavoro come i giorni precedenti, poteva solo sperare che la sua collega nel frattempo non avesse scoperto nulla di nuovo e che decidesse di rinunciare al suo piano assurdo.

Rosa riemerse, con un sospiro, dal piacevole tepore delle coperte e si alzò, compiendo le stesse azioni di tutte le altre mattine, con l'unica eccezione che questa volta era il suo corpo a muoversi come un automa. La sua mente continuava ancora a gridare di tornare indietro a letto, che tanto per un giorno in meno a lavoro non sarebbe crollato il mondo. Decise di farsi una doccia calda nella speranza di calmarsi, ma anche quella servì a ben poco, se non a nulla. Le ricordò soltanto la prima volta che lei ed il suo ex coinquilino erano andati a letto insieme: dopo aver fatto sesso una prima volta sopra il divano, lo avevano fatto subito dopo una seconda proprio dentro la doccia. Ed una terza.

Poi, avevano proseguito in camera da letto.

"Merda!" esclamò la giovane, spegnendo il getto d'acqua ed uscendo dallo stretto abitacolo. Quello non era il modo migliore per iniziare la giornata, e lei sapeva già fin troppo bene che era solo che destinata a peggiorare; ne ebbe subito una prova quando, dopo essersi vestita, scese al piano inferiore per partire ed il telefono prese a squillare. Lo guardò con gli occhi spalancati, già conscia di chi c'era dall'altra parte della cornetta e del fatto che non poteva evitare di rispondere per l'ennesima volta di fila, altrimenti suo marito sarebbe davvero salito in macchina per affrontare un viaggio di sei ore e raggiungerla di persona.

Non le rimase altro che prendere un profondo respiro mentre si avvicinava, sollevare la cornetta e rispondere con la voce più normale e tranquilla che riusciva a fare.

"Rosa, mio dio!" l'esclamazione preoccupata di Austin non tardò ad arrivare, subito seguita da un sospiro di sollievo. Sembrava un padre sul punto di sgridare la figlia disobbediente che era scappata da casa "finalmente hai risposto! Tu non puoi nemmeno immaginare che notte mi hai fatto passare"

"Scusami, lo so, non volevo. A lavoro c'è stato un piccolo problema, niente di che ma sono costretta a stare molto più a lungo di quello che prevedevano le mie otto ore e quando finalmente sono tornata a casa ero così distrutta che mi sono addormentata non appena ho toccato il cuscino con la testa. Mi dispiace, Austin, non era mia intenzione farti preoccupare così tanto. E scusami se adesso sono costretta a riattaccarti il telefono in faccia, ma rischio di arrivare in ritardo e non posso permettermelo la prima settimana che sono qui. Ciao, ci vediamo questa sera" Rosa parlò in fretta, ed altrettanto in fretta buttò giù la cornetta senza lasciare al marito il tempo di ribattere. Buttò fuori l'aria dalle guance, ma non si sentì affatto meglio. Aveva solo che rimandato il fatidico momento, perché quella sera stessa lei e Austin si sarebbero finalmente rivisti dopo sei giorni ed avevano un intero weekend davanti a sé d'affrontare.

Il telefono riprese a squillare, ma la giovane lo ignorò completamente, spostandosi dal salotto all'ingresso per prendere il giubotto e la borsa. La seconda esitazione arrivò nel momento in cui parcheggiò la macchina nel parcheggio riservato al personale, spense il motore ed i suoi occhi si posarono sull'immensa struttura del carcere. Lo stomaco fece una capriola all'indietro ed il cervello le disse di tornare a casa finché era ancora in tempo. Ma non poteva farlo, non aveva altra scelta se non quella di andare avanti. Era così frastornata ed assonnata da essere partita di casa senza avere preso nulla per il pranzo, ma tanto già sapeva che non sarebbe riuscita a mandare giù un solo boccone.

"Sei in ritardo" quelle furono le prime parole con cui venne accolta quando entrò nel reparto ospedaliero, ed a pronunciarle fu ovviamente Emma, che a differenza sua si trovava già lì.

"Scusami" mormorò Rosa, scusandosi per la seconda volta nel giro di pochi minuti, togliendosi il giubbetto e posando la borsa "sarei arrivata prima se non avessi avuto uno stupido imprevisto. La sveglia non ha suonato perché le batterie si sono scaricate durante la notte... Davvero stupido, vero?"
"Ti do un consiglio: d'ora in avanti controlla sempre la sveglia quando vai a letto, perché se dovesse accadere di nuovo e quell'altra stronza dovesse venirlo a sapere ti farebbe passare un brutto quarto d'ora" disse l'altra giovane seria, per poi cambiare completamente espressione "per fortuna in questo caso ti sei svegliata in tempo lo stesso, altrimenti ti saresti persa l'unico giorno eccitante dell'intero stage"

'Ohh, no' pensò la ragazza, questa volta con la propria voce, voltando le spalle all'altra con la scusa di prendere qualcosa per non farle vedere il proprio viso 'ti prego, non dire quello che sto pensando'

"Rob ce l'ha fatta a scoprire dove si svolgerà l'intervista"

'Perfetto. Meraviglioso'

"Mi era sembrato di capire che vedessi il tuo divertimento solo durante il turno di notte perché è il più noioso"

"Anche il turno di pomeriggio sa essere particolarmente noioso, credimi"
commentò la bionda, avvicinandosi a Rosa e posizionandosi di nuovo davanti a lei. Abbassò la voce, a quel punto, pur non essendoci nessun altro presente "tra due ore, se non ci sono altri cambi di programma dell'ultimo secondo. Passeranno davanti la zona ristoro e dovrebbero andare in una delle stanze più avanti, usate per gl'incontri autorizzati. Ci basta essere là per una pausa al momento giusto e ci sono le vetrate che danno sul corridoio da cui si vede benissimo"

"E se qualcuno dovesse aver bisogno dell'infermeria in quel momento?"

"Nessuno ha quasi mai bisogno dell'infermeria di prima mattina, ed anche noi abbiamo diritto ad una pausa ogni tanto. Sarebbe una bella rottura se proprio in quel momento dovesse entrare qualcuno"

"Forse è meglio che una di noi due resti qui dentro per evitare qualunque problema, altrimenti Martha chi la sente?" ritentò una seconda volta la ragazza, scrollando le spalle con un sorrisetto "senti, vai tu visto che ci tieni così tanto, d'accordo? Io resto qui e ti copro le spalle. Non mi fa alcuna differenza"

"E vorresti perdere un'occasione come questa? Di che cosa hai paura?" ribatté immediatamente Emma, spalancando gli occhi azzurri "guarda che non può fare niente di stupido, figuriamoci. Come minimo sarà scortato da agente armati, pronti a prendere il grilletto con la massima facilità se ce ne fosse bisogno. E credimi, sono certa che in questo caso lo farebbero senza pensarci mezza volta. Alcuni non aspettano altro".

Per un attimo la mente di Rosa venne attraversata dalle immagini riguardanti quello scenario estremo: vide il suo ex coinquilino colpito da una raffica di proiettili e cadere a terra morto ancora prima di toccare il pavimento. Vide così vividamente il suo corpo crivellato di colpi, il viso insanguinato e lo sguardo fisso nel vuoto da sbiancare all'istante e da essere costretta ad aggrapparsi con le mani al bordo di un tavolino. Non ribatté a sua volta ad Emma perché non sapeva cos'altro aggiungere o cosa dire per togliersi da quella situazione, ed un'ora e mezza più tardi si ritrovò costretta a seguire la sua collega nella stanza ristoro. Emma non aveva voluto aspettare lo scoccare delle due ore esatte per non rischiare di arrivare troppo tardi.

La bionda prese un caffè dal distributore delle bevande calde come il giorno precedente, e Rosa a sua volta optò per lo stesso cappuccino. Quando ebbe tra le proprie mani la bevenda calda la guardò ben consapevole che si sarebbe raffreddata senza che lei ne avesse bevuto un sorso.

Gli occhi scuri della giovane continuavano a posarsi ripetutamente sull'orologio a parete e lo stesso valeva per quelli chiari della collega, ma mentre la prima aveva i nervi a fior di pelle dall'ansia, la seconda li aveva dall'eccitazione, che continuava a crescere di minuto in minuto.

"Speriamo che non cambino idea" mormorò tra sé e sé dopo un po', quando l'ora stabilita era già passata da qualche minuto "ohh... Ma perché ci mettono così tanto? Mi auguro che Rob abbia capito giusto... è bravo a scopare, ma l'intelligenza non è il suo forte"

"Forse hanno davvero cambiato idea" disse Rosa, iniziando a rilassarsi un poco mentre Emma si avvicinava di nuovo ad una delle vetrate per spiare in corridoio "magari hanno cambiato stanza o orario come ulteriore precauzione. O magari c'è stato qualche problema tecnico ed hanno addirittura dovuto cambiare gior..."

"Eccoli!" l'esclamazione di Emma fu così improvvisa da cogliere Rosa del tutto impreparata e da farla sussultare. Mancò poco che perdesse la presa sul bicchiere di plastica "eccoli, stanno arrivando, li vedo infondo al corridoio".

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