(26)

“Cora! Svegliati, stupida ragazzina, hai scuola!”.

Cora si svegliò di soprassalto a causa delle urla della madre e dei colpi energici contro la porta della propria stanza. Si tirò su col busto e piegò le labbra in una smorfia di dolore: quando aveva finito di piangere si era addormentata sulle assi del pavimento ed ora le sue povere ossa stavano presentando il conto. la finestra era ancora aperta, la testa faceva male e la sveglia sopra il comodino segnava le dieci.

Era in ritardo di ben due ore.

‘Fantastico’ pensò la ragazza, alzandosi in piedi, mentre i passi della madre svanivano lungo le scale ‘come iniziare al meglio la settimana’.

Non aveva nessuna intenzione di andare a scuola col mal di testa che aveva, ma ancora meno d’inventare una scusa e restare a casa, perciò cacciò dentro lo zaino i libri delle restanti lezioni che aveva nel corso della giornata, si cambiò e scese a sua volta al pianoterra, per poi uscire di casa senza salutare la madre e senza mettere qualcosa nello stomaco. Anche se era a digiuno da parecchie ore non ci sarebbe comunque riuscita perché mangiare era l’ultimo dei suoi pensieri, come rivolgere un cenno di saluto ed un sorriso alla madre.

Mentre percorreva la strada per raggiungere la scuola, i suoi pensieri andarono inevitabilmente alla notte precedente. Provò paura per il gesto estremo che aveva quasi compiuto, per il coltello dentro il lavandino che l’aveva tentata più volte, disgusto per quello che era stata costretta a fare da suo padre, per sé stessa che per l’ennesima volta non era riuscita a ribellarsi, ed ancora più disgusto e delusione per il ragazzo che aveva frequentato fino a qualche giorno prima.

Non riusciva a capacitarsi del perché l’avesse presa in giro per tutte quelle settimane, ma Julia gliel’aveva detto fin dal primo istante che doveva lasciarlo perdere. La sua unica amica aveva cercato di avvisarla, non aveva voluto ascoltarla ed adesso era costretta a dire che aveva ragione, ce l’aveva sempre avuta.
‘Era troppo strano che un ragazzo come lui potesse essere davvero interessato ad una come te, avresti dovuto capirlo fin dall’inizio’ pensò con un sospiro, tenendo lo sguardo rivolto verso le proprie scarpe ‘però avrebbe potuto chiudere con questa recita molto prima, che senso hanno avuto tutte le parole che ha detto ed i gesti che ha fatto se dietro non c’era alcun interesse? Nessuno. Fanculo. E tu hai rubato una collana per lui, ed hai anche pensato di scappare insieme’.

Cora si fermò nel punto in cui il marciapiede terminava per alzare la testa e controllare la strada prima di attraversare. Dall’altra parte c’era il cancello della scuola, ed il corpo della ragazza s’irrigidì alla vista di una macchina scura che conosceva fin troppo bene. Spostò lo sguardo dalla macchina al cancello aperto e lo vide lì affianco che stava fumando una sigaretta. Con tutto quello che era successo si era dimenticata completamente dell’appuntamento che avevano in hotel, ed ora non riusciva a credere non solo che lui fosse lì, ma che stava ancora aspettando il suo possibile arrivo.

“Merda” imprecò la ragazza sottovoce. Per un attimo pensò di voltare le spalle e di tornare indietro, nascondendosi nella biblioteca pubblica per il resto della mattinata e del primo pomeriggio, ma proprio in quel momento lui sollevò la testa ed i loro sguardi s’incrociarono. Tornare indietro, a quel punto, era un segno di codardia e lei non aveva alcun motivo per scappare. Era lui l’essere schifoso, non lei, per cui decise che sarebbe andata ugualmente a scuola e lo avrebbe ignorato completamente quando gli sarebbe passata davanti, ostentando una calma che in realtà non aveva affatto.

Prese un profondo respiro e si guardò attorno un’ultima volta prima di attraversare la strada. Nella propria mente continuava a ripetersi di guardare fisso davanti a sé, ignorandolo completamente; non meritava più nulla da lei dopo quello che aveva fatto, nemmeno una rapida occhiata per sbaglio. Ma era più semplice a dirsi che a farsi, e Cora si ritrovò ben presto ad accelerare il passo e ad abbassare la testa per porre fine il più in fretta possibile a quella tortura inutile.

“Ehi”.

Ignorò completamente il suo tentativo di attirare l’attenzione non appena gli passò accanto, ma quando stava per varcare il cancello dell’istituto scolastico se lo ritrovò davanti, a bloccare la strada. Come la notte precedente, provò a spostarsi di lato per riuscire a passare, ma ad ogni tentativo lui era più veloce ed anticipava di qualche secondo la sua mossa.

“Ehi, possiamo parlare solo per qualche secondo?” Cora non rispose perché non aveva la minima intenzione di rivolgergli la parola e tenne lo sguardo rivolto verso il basso, sulle scarpe da ginnastica che indossava “per favore, Nancy, sono ore che ti sto aspettando, puoi lasciarmi parlare solo per un momento? Ti sto chiedendo solo pochi istanti del tuo tempo”

“Non ne hai già avuto abbastanza nelle settimane scorse?” ribatté la giovane, non riuscendo più a stare zitta, ma continuando a tenere lo sguardo verso terra “lasciami passare, per favore, te lo chiederò solo una volta gentilmente. Ho già perso una parte delle lezioni mattutine, voglio riuscire a recuperare il resto prima che sia troppo tardi. Se non mi sbrigo ad entrare entro qualche minuto mi lasceranno fuori”

“Allora lasciami parlare e dopo sarai libera di entrare, d’accordo?”

“No, hai parlato già abbastanza nelle ultime settimane per i miei gusti, e non ho alcuna voglia di sentire che altro hai da dire. Come puoi pensare che possa credere alle tue parole dopo ieri notte? Prova a metterti nei miei panni, se ci riesci: prima mi dici che non esiste nessun’altra ragazza e che non è mai esistita, e poi ti trovo in un vicolo con una prostituta… Al posto mio non ti sentiresti leggermente preso per il culo?”

“Ho già provato a dirti che non è come sembra, ma tu non mi hai lasciato il tempo di spiegare”

“No, sbagli, te l’ho lasciato il tempo, e tutto quello che sei stato capace di dire è che la colpa è stata mia perché ieri notte non avrei dovuto essere in quel vicolo… Ma nemmeno tu avresti dovuto esserci dopo quello che mi hai detto tre giorni fa. Cazzo, ma ti rendi almeno conto di quello che hai fatto oppure no?”

“Come potevo spiegarti tutto quanto se nella tua mente mi avevi già condannato a prescindere?”

“Senti… Vaffanculo. Sono stanca, non voglio più continuare questa discussione e devo entrare a scuola. Non immagini nemmeno quanto mi stia trattenendo in questo momento”

“Allora lasciami parlare, e mentre lo faccio puoi guardarmi negli occhi?”

“Vaffanculo”ripeté di nuovo la ragazza, stanca, e finalmente riuscì a spingere il ragazzo di lato e passare. Lui non provò più a bloccare la strada, ma disse ad alta voce che nei giorni successivi avrebbe continuato ad aspettarla fuori da scuola fino a quando non gli avesse concesso la possibilità di spiegare tutto quanto. Cora non gli diede ascolto e la sua unica risposta fu sbattere con forza la porta  a vetri dell’ingresso principale.

Aveva algebra a quell’ora, la classe era al secondo piano. Bussò alla porta e chiese, gentilmente, al professore se poteva entrare lo stesso anche se aveva già iniziato a spiegare; l’uomo acconsentì, facendo una piccola eccezione, e la giovane andò a sedersi davanti all’unico banco rimasto vuoto. Incontrò lo sguardo confuso di Julia a cui rispose scuotendo la testa.

Il professore riprese a spiegare dal punto in cui era stato interrotto, Cora prese il libro dallo zaino e lo aprì alla pagina 74; appoggiò il mento sul palmo della mano destra ed osservò l’uomo senza alcun reale interesse. Vedeva le sue labbra muoversi, ma non sentiva alcun suono uscire dalla sua bocca. Non aveva la minima idea di qual’era argomento che stava spiegando all’intera classe perché la sua mente era unicamente concentrata su lui. Non riusciva a capire con che coraggio si era presentato quella mattina davanti scuola e perché l’aveva presa in giro per tutto quel tempo senza farsi alcuno scrupolo.

Chissà quante volte era andato con donne come quella dopo aver trascorso la giornata con lei; non erano una coppia, ma Cora si sentiva tradita nello stesso modo, come se fosse rientrata prima del dovuto a casa e lo avesse trovato a letto con la propria amante. Quello che sentiva era un dolore così totale ed accecante da lasciarla anestetizzata e vuota. Nella propria mente continuava e continuava a rivedere i momenti che avevano trascorso insieme da quando si erano conosciuti, tutti i weekend in cui si erano separati solo perché lei era costretta a rientrare per la notte per non essere scoperta dalla madre. I momenti in cui ridevano per qualunque sciocchezza e quelli d’intimità nella macchina di lui. Ogni volta che l’aveva abbracciata, che aveva sentito le sue braccia attorno ai fianchi che la stringevano contro il suo petto, si era sempre sentita protetta, ed una sensazione come quella non l’aveva mai provata in nessu altro momento della propria vita.
Il posto che aveva occupato era vicino ad una finestra, e la finestra in questione si affacciava sulla facciata principale dell’edificio; da lì si vedeva il cortile, il cancello e la strada subito fuori. Cora non voleva guardare da quella parte, ma il suo sguardo vi cadde in automatico e riuscì a scorgere sia la macchina scura che il ragazzo ancora lì. Sembrava essere intenzionato a portare fino infondo la minaccia che le aveva rivolto poco prima, ovvero che non aveva alcuna intenzione di arrendersi fino a quando non gli avrebbe concesso la possibilità di parlare e di spiegare.

Improvvisamente tutto quello era troppo da sopportare, la giovane si sentì nuovamente sull’orlo di un pianto disperato e chiese di assentarsi un momento per andare in bagno. Corse letteralmente in quello più vicino all’aula e si chiuse dentro una delle cabine vuote. Per fortunta in quel momento non c’era nessun altro e ciò le permise di sfogarsi senza essere costretta a non fare rumore per non attirare l’attenzione di qualcuno. Si chiuse nella cabina e si sedette a terra, stringendo le gambe contro il petto; posò la fronte contro le ginocchia e scoppiò in lacrime, chiedendosi che cosa aveva fatto di male per meritarsi tutto quello. Non sapeva più nemmeno lei per che cosa stava piangendo con esattezza, se per sé stessa, per la delusione d’amore o per il futuro che vedeva davanti a sé.

Smise di singhiozzare all’improvviso quando sentì la porta del bagno aprirsi, seguita dal rumore di passi. Qualcuno si fermò proprio davanti alla sua cabina e bussò alla porta. Era Julia. Dal momento che erano trascorsi diversi minuti da quando aveva chiesto di uscire dall’aula, il professore aveva chiesto che qualcuno andasse a controllare e la sua unica amica si era offerta volontaria; seppur con una punta di riluttanza, Cora aprì ugualmente la porta senza opporre alcuna resistenza perché Julia era l’unica con cui poteva parlare.

L’altra ragazza spalancò gli occhi alla vista delle condizioni in cui versava l’amica e le chiese se stesse male.

“C’entra qualcosa quel tipo?” chiese subito dopo “l’ho visto stamattina qui fuori. È successo qualcosa tra voi due? Ohh, mio dio, non mi dire che stai male perché sei incinta!”

“No, niente del genere” rispose la giovane, pensando che quella della gravidanza inaspettata sarebbe stata la ciliegina sulla torta di cui non aveva assolutamente bisogno in quel momento “tra me e lui non c’è più niente. Sono stata io a chiudere, non voglio più vederlo per il resto della mia vita”

“Cos’è successo? Ti ha trattata male? Ha alzato le mani?”

“No” rispose in tono monocorde Cora, allontanandosi dalla porta della cabina ed avvicinandosi ad uno dei lavandini per sciacquarsi il viso. Provò a bagnarselo con dell’acqua fresca, ma non ottenne l’effetto desiderato: quando si guardò allo specchio aveva ancora gli occhi gonfi e rossi a causa del pianto e delle poche ore di sonno “avevi ragione tu fin dall’inizio, ed io avrei solo dovuto ascoltarti. Ieri l’ho scoperto insieme ad un’altra”.

“Che cosa?” Cora vide Julia spalancare gli occhi attraverso lo specchio rettangolare sopra al lavandino “e com’è successo?”

“Per puro caso. Sono andata da lui per fargli una sorpresa e l’ho trovato già in compagnia” la giovane decise di mentire spudoratamente alla sua unica amica. Non aveva voglia di raccontare com’erano andati i fatti in realtà; non ce n’era bisogno e non avrebbe fatto altro che riportare alla mente ancora una volta quelle immagini che voleva dimenticare “ti risparmio i particolari. La parte migliore è che ero andata da lui per dargli una collanina che gli ho preso venerdì, ma alla fine sono stata io quella a ricevere una bella sorpresa che non si aspettava”

“Che figlio di puttana”

“Già… Ed ora è qui fuori e non ha alcuna intenzione di andarsene. Ha detto che ogni mattina continuerà a venire qui finché non gli darò la possibilità di spiegare quello che ho visto. Come se ci fosse stato davvero qualcosa che poteva essere frainteso in quello che ho visto. A me è sembrato tutto fin troppo chiaro e palese”

“No, Nancy, assolutamente no. Lascia che faccia quello che vuole, lascia che venga ogni mattina, ma tu non fare un solo passo indietro. Non dargli la possibilità che ti ha chiesto perché non racconterebbe altro che bugie. Se lo ha già fatto una volta, chissà quante altre è pronto a rifarlo”

“È quello che gli ho detto e che penso anch’io, ma non riesco a capire il perché. Perché lo ha fatto? Perché portare avanti questa recita per tutto questo tempo? A che scopo?”

“Perché a quelli come lui interessa una cosa soltanto”

“Non abbiamo mai fatto sesso… Non completo, almeno” confessò Cora, voltandosi verso l’amica “il giorno in cui siamo andati in albergo non è successo nulla. Ero così nervosa che ho vomitato”

“Tanto meglio, Nancy, almeno non hai sprecato la tua prima volta con un coglione che non merita nulla”.

A quelle parole la giovane sentì di nuovo le lacrime salire agli occhi; coprì il viso nella speranza di riuscire a bloccarle, ma si rivelò tutto inutile: dopo un singhiozzo che le scappò dalle labbra, le lacrime ricominciarono a scendere lungo le guance.

“Ehi, no… Non piangere per lui, non ne vale la pena” Julia tentò subito di rassicurarla con qualche parola, passandole il braccio sinistro attorno ai fianchi. Non poteva minimamente immaginare che in quel caso il suo pianto non aveva nulla a che fare con la delusione in amore “hai avuto la sfortuna d’incontrare la persona sbagliata che è riuscita ad ingannarti con le parole. Può capitare, basta. Smettila di piangere, con quello che ha fatto non merita le tue lacrime. Incontrerai qualcun altro migliore per te”

“No, non è vero, non penso che qualcun altro mi farà mai sentire allo stesso modo. Non capisci?” Cora si scostò dall’ abbraccio dell’amica e si asciugò le guance umide; la tristezza ora si era trasformata in rabbia “io con lui mi sono sentita in un modo che non so spiegare, non ho mai provato sensazioni simili con nessun altro e mai più le proverò. Mi sono innamorata, lo capisci? Sento di essere innamorata di lui e… E adesso l’ho perduto per sempre”

“Credi di essere innamorata di lui, Nancy, ma quando incontrerai quello veramente giusto capirai che non è così. Non è amore, è solo il primo. La prima cotta sembra sempre impossibile da dimenticare. Anche io ero disperata quando è finita la mia prima storia, anche io credevo di essere innamorata, ma poi mi sono resa conto che non era così. Passerà”

“No, no non passerà. Lo sento che è così. Lui è diverso da tutti gli altri. Non puoi capire” mormorò la ragazza, emettendo un profondo sospiro rassegnato “come farò adesso? Non ho nessuna intenzione di ascoltare quello che ha da dirmi e sarò costretta a vederlo tutti i giorni. Ha detto che non ha alcuna intenzione di arrendersi fino a quando non gli darò la possibilità di dare le sue spiegazioni”

“Dicono tutti così, ma vedrai che si arrenderà presto non appena capirà che non hai la minima intenzione di ascoltare le sue cazzate. E poi ci sarò io con te, non sarai sola durante il tragitto di andata e ritorno: se proverà ad importunarti, ci penserò io a lui. Tu non hai nulla di cui preoccuparti”.

Cora si sforzò di sorridere e di ringraziare l’amica per non farla preoccupare ancora di più, ma dentro di sé dubitava che il ragazzo si sarebbe arreso così facilmente.








Sapeva che le spiegazioni del ragazzo non sarebbero state altro che bugie, ma dopo più di una settimana in cui aveva continuato a presentarsi davanti al cancello della scuola la sua convinzione non era più così salda come all’inizio. Era ancora profondamente delusa ed amareggiata dal suo comportamento, ma al tempo stesso iniziava a sentire sempre di più la sua mancanza.

Il primo weekend trascorso separatamente era stato il momento più difficile; per tutto il sabato e la domenica aveva continuato a pensare a quello che facevano di solito ed a quello che avrebbero fatto se non fosse accaduto nulla. Suo padre era lontano per lavoro, sua madre era in giro coi suoi amici, aveva avuto casa libera per la maggior parte del tempo, ma era stato comunque straziante. Proprio tutto quel silenzio aveva reso quella tortura ancora più insopportabile.

Quando lo rivide per l’ennesima mattinata di fila, al solito posto, si fermò per un momento, ma venne presa per il braccio destro e trascinata via da Julia. Mentre gli passò accanto lo sentì chiamarla col nome che conosceva, e si girò d’istinto per lanciargli uno sguardo; si scambiarono un’occhiata per pochi secondi, ma bastò perché la giovane si accorgesse per la prima volta che aveva ancora un livido nel punto in cui lo aveva colpito con un pugno.

“Devo ammettere di averlo sottovalutato. Credevo che a quest’ora si sarebbe già stancato ed invece è un osso più duro del previsto” commentò Julia una volta all’interno dell’edificio scolastico, lasciando la presa sul braccio di Cora “ma prima o poi cederà. Non può continuare così all’infinito”

“Io invece credo che ne sarebbe capace” commentò a sua volta Cora, con lo sguardo ancora rivolto verso il cancello “forse quello che devo fare per mettere un punto a questa storia è ascoltarlo, sentire cosa ha da dire e poi fargli capire che non può rimediare in alcun modo”

“Non sono d’accordo, Nancy”

“Perché? Non ho detto che voglio perdonarlo, ma se non è intenzionato a tirarsi indietro, l’unico modo per farglielo capire è parlargli”

“Perché ho paura che in qualche modo riesca a farti cambiare idea. Lo vedo che stai ancora male per lui, quanto hai mangiato ultimamente? Sembri dimagrita tutto d’un tratto”

“Non sono stupida, ho detto che non ho alcuna intenzione di perdonarlo” rispose la ragazza, ignorando la domanda che l’amica preoccupata le aveva rivolto “ma voglio dare un taglio a questa storia… E poi a casa ho ancora una cosa che mi ha prestato, e me ne voglio liberare”

“Buttala nella spazzatura” suggerì Julia “o meglio ancora: dalle fuoco”

“È un’idea interessante” commentò Cora con una breve risata “ma non voglio abbassarmi al suo livello. Domani mattina gli restituirò l’oggetto che mi ha prestato, gli darò la possibilità di parlare e poi gli dirò che in ogni caso non cambia la gravità di quello che ha fatto, così questa storia sarà finita una volta per tutte”

“Come vuoi tu” si arrese l’altra ragazza “ma continuo a pensare che si tratti di una pessima idea”.








La maglietta a maniche corte ed il paio di pantaloni da ginnastica erano ancora piegati con cura e nascosti all’interno dell’intercapedine nel pavimento; la giovane non li aveva più toccati da quando li aveva posizionati lì dopo essere stata in una lavanderia a gettoni. Provò una strana sensazione quando finalmente li riprese in mano dopo più di una settimana per nasconderli nello zaino, simile ad una fitta al centro del petto: vedere qualcosa che apparteneva a lui faceva male, le faceva ritornare alla mente i ricordi di quella notte, e l’idea di parlare con lui la rendeva nervosa. Agitata. Tutta colpa delle sensazioni contrastanti con cui continuava a combattere, e di cui non aveva fatto cenno a Julia.

Era ancora arrabbiata e delusa, ma più giorni passavano senza che s’incontrassero e più sentiva la sua mancanza. Non era semplice capire che cosa voleva, o meglio , lo era solo in parte: se fosse dipeso da sé stessa, avrebbe voluto che tutto tornasse come prima, ma come poteva perdonarlo dopo quello che era successo? Come poteva dargli una seconda possibilità senza essere continuamente assalita dai sospetti e dalle paranoie? Se gli avesse concesso la possibilità che continuava a chiedere, avrebbe visto tradimenti dietro ogni angolo.
No, l’idea del perdono non poteva essere nemmeno lontanamente contemplata. Avrebbe fatto quello che aveva detto a Julia il giorno precedente: gli avrebbe lasciato il tempo di dare le proprie spiegazioni senza interromperlo, e poi sarebbe stata lei a mettere un punto fermo. E non si sarebbero mai più rivisti.

Julia la stava aspettando al termine della via per percorrere, come al solito, la strada per andare a scuola.

“Ti senti pronta?” le chiese subito, dopo averla salutata “o hai avuto qualche ripensamento?”

“Nessun ripensamento. Sono pronta” rispose la ragazza, ostentando una sicurezza che in realtà non aveva. Al contrario, dentro di sé sperava quasi che lui non ci fosse, che si fosse finalmente arreso, così avrebbe reso il tutto molto più semplice.

“Bene, vedrai che sarà tutto molto più semplice di quello che pensi. Sii concisa e determinata, e soprattutto non lasciarti condizionare in alcun modo dalle sue parole: le proverà tutte per farti tornare indietro, ma ricorda che non saranno altro che bugie su bugie. Se lo ha già fatto una volta, chissà quante altre sarà pronto a rifarlo”

“Lo so”

“E ricorda che puoi trovare di meglio. Molto di meglio. E lo troverai”.

Cora non ribatté all’ultima affermazione dell’amica, ma distorse le labbra in una smorfia. Era ancora convinta che non avrebbe trovato nessun altro dopo di lui, perché dopo una delusione simile non desiderava rischiare di passarci una seconda volta.

“Speriamo che si sia arreso, così sarà molto più semplice per tutti quanti”

“Negativo. Mi dispiace deludere le tue aspettative, ma non si è arreso”.

Erano arrivate nei pressi della scuola senza che Cora se ne rendesse conto, dovevano solo attraversare la strada e l’edificio era dall’altra parte. E c’era anche lui. La macchina scura era parcheggiata al solito posto ed anche lui la stava aspettando al solito posto, vicino al muretto, e come i giorni precedenti stava fumando una sigaretta. Le mani della giovane iniziarono a sudare e la sua sicurezza a vacillare; era stato semplice immaginare il fatidico momento finché era in camera sua a prepararsi, ma ora che lo vedeva davanti a sé, a pochi metri di distanza, era una faccenda completamente diversa.
“Vuoi che resti?” chiese Julia a bassa voce, mentre attraversavano la strada, dopo aver notato che il viso dell’amica era diventato improvvisamente pallido “hai bisogno di un supporto? Forse è meglio che sia io a parlare”

“No” rispose l’altra giovane categorica “è una faccenda che riguarda me, sono io che devo risolverla. Tu entra pure, arrivo tra poco”

“Sicura?”

“Sì, al massimo entro alla seconda ora se la faccenda diventa più lunga del previsto”
“D’accordo” Julia era riluttante ad andarsene, ma assecondò comunque la richiesta dell’amica mentre quest’ultima si avvicinò al ragazzo dopo aver preso un profondo respiro.

“Ciao” disse, fermandosi davanti a lui “possiamo parlare per qualche minuto in macchina? Vorrei evitare di dare qualunque genere di spettacolo pubblico”

“D’accordo” mormorò il ragazzo, e Cora lo seguì all’interno dell’abitacolo della sua macchina. Quando entrambi chiusero le portiere, la ragazza si prese qualche istante per osservarlo: aveva ancora un brutto livido violaceo sul naso. Stava per scusarsi per il pugno, ma poi si ricordò che non aveva assolutamente nessun motivo per scusarsi con lui: quel pugno se l’era meritato eccome, e se ne sarebbe meritato molti di più.

“Prima che tu possa dire qualunque cosa, lascia che sia io a parlare perché ho bisogno di fare chiarezza su alcune cose” disse la ragazza nel momento in cui lo vide schiudere la bocca “non farti nessuna strana idea perché partiresti già col piede sbagliato. Sono qui solo perché devo restituirti la maglietta ed il paio di pantaloni, e voglio lasciarti parlare solo per poi essere lasciata in pace. Sono stanca di vederti ogni singolo giorno, non ne posso più. Sappi già in anticipo che qualunque cosa dirai, non ci sarà niente in grado di farmi cambiare idea, per cui pensaci bene due volte prima di aprire bocca per sparare qualche cazzata”

“Non voglio raccontarti bugie”

“Ohh, ti prego, non iniziare così perché non fai altro che rendere il tutto ancora più difficile di quello che è già. Non vedo in che modo possa essere descritto diversamente quello che ho visto nel vicolo, di sicuro la storia dell’incidente non sta in piedi” ribatté Cora, frugando all’interno dello zaino per recuperare i vestiti del ragazzo; in realtà non si trattava altro che di un diversivo per non fargli vedere che aveva gli occhi lucidi “tieni, come ti ho promesso li ho lavati e asciugati, ed io mantengo sempre le mie promesse. La mia amica mi ha suggerito di buttarli nella spazzatura o, meglio ancora, di bruciarli. Ammetto di essere stata tentata, visto che questa maglietta è la tua preferita, ma non volevo abbassarmi al tuo stesso livello”

“Grazie, lo sai che…”

“Non ringraziarmi. Non hai un bel niente da essermi grata. L’ho fatto solo per cortesia, non significa nient’altro” lo bloccò lei, richiudendo lo zaino e stringendolo contro il petto, a mò di scudo “e adesso sbrigati a parlare, avanti, perchè ho già perso fin troppo tempo e devo entrare a scuola”

“Come posso spiegarti tutto quanto se mi dai il tempo contato?”

“Sono certa che per quello che devi raccontare non c’è bisogno di più di una manciata di minuti. Puoi iniziare”

“Possiamo andare in un altro posto?”

“No”

“Ho già preso una camera, ma non per quello che pensi” si affrettò ad aggiungere il ragazzo, in risposta all’espressione sconcertata che era già apparsa sul viso della giovane “è solo per avere un po’ di privacy. Non voglio parlare di certe cose qui in macchina, in un posto in cui tutti ci possono vedere e sentire… Te lo sto chiedendo per favore”.

Cora alzò lo sguardo sul ragazzo, lo guardò negli occhi e ripensò alle raccomandazioni che Julia le aveva fatto. E pensò anche alla profonda delusione che avrebbe provato l’amica se non l’avesse vista rientrare al massimo per la seconda ora di lezione.
“Per favore, Nancy” ripeté lui, davanti al suo silenzio prolungato che non prometteva nulla di buono “è solo per parlare senza essere disturbati, non per altro. Ti direi di venira a casa mia se avessi la certezza che mia madre non possa rientrare prima del previsto, ma sai che non te lo posso assicurare… Se non ti fidi, possiamo andare a casa tua”

“D’accordo, andiamo in albergo” la ragazza cedette con un sospiro “ma è solo perché sono stanca e voglio chiudere questa faccenda il prima possibile. Andiamo”

“D’accordo”

“E smettila di dire ‘d’accordo’ per qualunque cosa, mi dà sui nervi” sospirò di nuovo lei, lanciando una rapida occhiata alla scuola attraverso lo specchietto retrovisore mentre si allontanavano.










Cora entrò nell’albergo economico ad ore con un umore completamente diverso dalla volta precedente; mentre in quell’occasione era nervosa ed agitata per quello che l’aspettava, adesso non sentiva assolutamente nulla: continuava a guardarsi attorno e riusciva solo a pensare a chissà quante volte lui c’era stato in compagnia di una prostituta.

Mentre lo guardava prendere la chiave della loro stanza si chiese se fosse stata davvero una buona idea seguirlo fin lì, ma ormai era troppo tardi per tornare indietro e si ripeté che lo stava facendo solo per mettere un punto definitivo a quella storia. Nient’altro.

“Almeno la camera non è la stessa dell’ultima volta” commentò, non appena entrarono nella stanza “però con tutte le volte che di sicuro sei venuto qui ormai le conoscerai a memoria. Qui chi ci hai scopato?”.

Il ragazzo si girò a guardare Cora con un’espressione sconcertata mentre lei lasciava cadere a terra lo zaino scolastico e si sedeva sul bordo del letto matrimoniale.
“Seriamente? Credevo fossi intenzionata ad ascoltarmi, ma se è questo il presupposto da cui parti…”

“No, tu piuttosto. Dopo quello che ho visto ho tutto il diritto di dire quello che voglio e tu hai ben poco da offenderti. Quando siamo stati qui l’altra volta mi hai detto che ti piace questo posto perché sono discreti, quindi vuol dire che sei un frequentatore abituale… E se è vero che non hai mai frequentato nessun’altra ragazza al di fuori di me, allora il cerchio si restringe notevolmente”

“Ti ho anche detto di non credere ciecamente a tutto quello che ti diranno sul mio conto”

“Sì, me lo ricordo, ed è quello che ho fatto fino a quando non ti ho visto in un vicolo appartato con una prostituta! Adesso dimmi come posso continuare a credere a quello che mi dici dopo quello che hanno visto i miei occhi! Perché lo hai fatto? È questo che non riesco a capire!” sbottò la ragazza, stringendo un lembo del lenzuolo “che bisogno c’era di dirmi tutte quelle frasi se tanto nessuna corrisponde al vero? Perché mi hai presa in giro per tutto questo tempo? Perché?”

“Io non ti ho mai presa in giro”

“Ohh, ma per favore, e ti aspetti davvero che possa credere a quello che mi stai dicendo? Se fosse successo il contrario, se fossi stato tu a vedermi in compagnia di un altro ragazzo, in atteggiamenti che non potevano essere fraintesi in alcun modo, adesso saresti qui, intenzionato a sentire le mie spiegazioni sul ‘non era come sembrava’? Allora?”

“Ti ascolterei”

“No, non è vero, non ne avresti la minima intenzione. Saresti furioso e non vorresti vedere la mia faccia mai più, proprio quello che vorrei io adesso. Si può sapere perché lo hai fatto? È perché non sei riuscito ad andare a letto con me e quindi avevi bisogno di sfogarti in qualche modo?”

“No, al contrario” rispose lui, per poi zittirsi per qualche istante “l’ho fatto per riuscire a stare con te”.

Cora corrucciò le sopracciglia e socchiuse leggermente le labbra: quella che aveva appena sentito era una spiegazione che non si aspettava e di cui non aveva capito il senso.

“Che cazzo vuol dire che sei andato con una prostituta per riuscire a stare con me? Lo hai fatto per fare bella figura? Che vuol dire quello che hai appena detto?”

“No, non è così”

“Allora cerca di darmi una spiegazione in fretta, altrimenti mi alzo e me ne vado via per conto mio perché questo è troppo”.

Il ragazzo imprecò a bassa voce ed andò a sedersi a sua volta sul bordo del letto, affianco a lei; Cora si spostò leggermente verso destra per mettere della distanza tra loro due.

“Ricordi quello che ti ho detto la prima volta che sei venuta a casa mia?” disse lui, guardandola dritta negli occhi “ti ho detto che quando sono con te ho solo pensieri positivi, ed è la verità anche se non so quanto sei disposta a credermi in questo momento. I momenti in cui sono in tua compagnia sono gli unici in cui riesco ad averli”

“E quali sono i pensieri che invece hai di solito?”

“Ohh, fossero così semplici da spiegare o da raccontare. Nancy, se ti dicessi tutto quello che mi passa per la testa, scapperesti via all’istante”

“Vuoi parlarmene?” mormorò la giovane continuando a guardarlo negli occhi; per qualche ragione ripensò all’episodio dell’albergo in cui lui aveva lavorato, che le aveva raccontato Julia. Anche se le aveva dato la sua versione dei fatti ripensò a quella che l’amica le aveva riferito “magari non sono cose così orribili come credi. Magari non mi faranno scappare via e parlarne con qualcuno ti aiuterà a sentirti meglio”

“Magari un giorno te ne parlerò, ma non ora” rispose lui con un sorriso che Cora non riuscì a decifrare, distogliendo lo sguardo “ora ti basta sapere che sono andato con quella prostituta per riuscire a liberare la mente. L’ultima cosa che voglio è che quei pensieri abbiano il sopravvento quando sono con te. Capisci?”

“Credo di sì, in parte” mormorò di nuovo la giovane, sistemandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio destro, incerta su quello che doveva pensare “e tu capisci che non posso accontentarmi di una spiegazione simile?”

“Sì, lo capisco, ma è l’unica che posso darti. Non so in che altro modo spiegartelo” mormorò a sua volta il ragazzo, accendendo una sigaretta “non so se crederai anche a questo, ma finora sei l’unica a cui ne ho parlato. Questo dovrebbe farti capire che nessuna delle cose che ti ho detto è una cazzata. Penso davvero tutto quello che ti ho detto, Nancy”.

Si zittì un momento per aspirare una boccata di fumo.

“Questo è ciò che avevo da dirti. Allora? Qual è la tua conclusione?”

“Qual è la mia conclusione? La mia conclusione è che al di là di tutto, mi manca trascorrere il tempo insieme a te. Lo scorso weekend è stato un vero inferno”

“Lo stesso vale per me”

“Ma questo non cambia ciò che hai fatto” precisò subito la ragazza, alzandosi in piedi dal bordo del letto perché non riusciva più a stare seduta ed a sopportare la vicinanza con lui “avevo già capito dai tuoi discorsi che ti piace andare a prostitute e pensavo che la cosa non m’interessasse, ma dopo averti visto ho capito che non è così. Tu… Tu riesci anche solo lontanamente ad immaginare come mi sento in questo momento e come mi sono sentita nei giorni scorsi? È come se fosse crollato un castello di carte”

“Mi dispiace, non avresti mai dovuto vedere quello che hai visto”

“Quante volte è successo in questi mesi? Sei sempre andato con una prostituta prima dei nostri incontri? No, lascia stare, non voglio una risposta, tanto la conosco già”

“Non c’è nessun sentimento”

“Questo non cambia assolutamente nulla, cazzo, lo riesci a capire? Non sai che voglia pazzesca che ho di riempirti di pugni in questo momento!”

“Ti sarei grato se non lo facessi, ho ancora i segni dell’ultima volta”

“Ed io non ti colpisco solo perché l’ultima volta mi sono quasi rotta il polso”

“Sei stata grande, comunque. Non pensavo colpissi così forte. Allora qualche volta hai prestato attenzione ai miei insegnamenti”

“Smettila, non farlo” disse la giovane, sforzandosi di trattenere un sorriso “non è in questo modo che risolvi tutto, d’accordo? Non è che qualche battuta riesce a cancellare quello che hai fatto. Anche se dici di avere avuto i tuoi validi motivi, a me non basta. Tu sei l’unico ragazzo con cui sono stata, e ti credevo perfetto. Un po’ strano, sì, ma non pensavo che avrei finito per pentirmi della fiducia che ho deciso di darti. E invece tu hai rovinato tutto, e niente potrà essere più come prima… Però non riesco a sopportare l’idea di non vederti più, e questa cosa mi distrugge perché non so più dove sbattere la testa, cazzo. Ti odio, ma non abbastanza da non volerti vedere mai più, anche se sarebbe la decisione più giusta da seguire. Lo sapevo che seguirti sarebbe stata una pessima idea, dovevo ascoltare Julia. Dovevo lasciare che fosse lei a parlarti e chiarire al posto mio”

“Oppure possiamo fingere che non sia mai accaduto nulla perché per me non significa nulla” mormorò il ragazzo, alzandosi a sua volta dal bordo del letto, guadagnando un’occhiataccia da parte di Cora.

“Smettila di prendermi in giro: dovrei fingere che non sia accaduto nulla quando so per certo che frequenti in modo abitudinale prostitute? Ma per favore, ad ogni nostro incontro non riuscirei a pensare ad altro che a questo! No, non ti avvicinare e non provare a toccarmi. Guarda che non stavo scherzando prima quando ho detto che ti avrei seguita solo per parlare! Che idea ti sei fatto? Pensi che solo perché siamo qui, in una stanza che hai già pagato, andrà a finire che faremo sesso? Beh, mi dispiace, ma non sarà così. Portaci qualcun’altra se vuoi evitare di sprecare altri soldi”

“Nancy, non fare così”

“Non fare così un cazzo, d’accordo? Tu… Tu non… Lascia perdere” sbottò Cora, indietreggiando di un passo per rimarcare la distanza tra loro due “non ha alcun senso che perda tempo a spiegare cose che non riusciresti comunque a capire. Non puoi capire fino a quando continuerai a giustificare quello che hai fatto con spiegazioni che non hanno alcun senso. È stato uno sbaglio venire fin qua, perché tanto non ha portato a nulla, avresti potuto benissimo dirmelo davanti a scuola così avrei fatto in tempo ad entrare per la seconda ora. Adesso è troppo tardi. Portami alla biblioteca pubblica, passerò là il resto della mattinata a prepararmi per i prossimi giorni… Come se non fossi già abbastanza incasinata, ho anche diversi test che mi aspettano”

“Nancy…”

“Non. Insistere” sibilò la giovane a denti stretti e con gli occhi serrati, trattenendosi a fatica “te lo chiedo per favore: smettila d’insistere perché stai rendendo il tutto solamente più difficile ed imbarazzante di quello che è già. Accompagnami in biblioteca e basta. Andrei io stessa a piedi, ma dal momento che non conosco la strada…”

“Certo” mormorò lui, senza più ribattere; Cora credeva che avesse finalmente compreso le sue parole, ma mentre scendevano le scale si sentì afferrare per un braccio e bloccare contro il muro alla propria sinistra. Non gli diede un pugno per non slogarsi il polso, ma gli assestò comunque uno schiaffo forte sulla guancia sinistra.

“No!” esclamò la ragazza, e sentì l’eco della propria voce propagarsi nell’ambiente vuoto “no, cazzo, no! Così non risolvi un bel niente, fai solo una figura ancora più meschina. Non voglio nemmeno essere sfiorata dalle tue mani, figurarsi se in questo momento desidero essere baciata. No”

“Ascoltami”

“No, ti ho ascoltato fin troppo. Ti ho dato la possibilità di spiegare che non meritavi, adesso basta. Accompagnami in biblioteca… Per favore. Non provare ad insistere, altrimenti me ne vado a piedi anche se non conosco la strada”

“Non puoi andartene a piedi. Finiresti per metterti nei guai, conoscendo i tuoi precedenti” sospirò il ragazzo, togliendo le mani dal muro ed allontanandosi da Cora; lei rilassò le spalle e ricominciò a respirare. Non si era accorta che per tutto il tempo aveva trattenuto il respiro.

Salirono in macchina e trascorsero il tempo del breve tragitto nel silenzio più assoluto; lui guidava, lei guardava fuori dal finestrino senza un reale interesse per il paesaggio che scorreva davanti agli occhi. Una volta arrivati a destinazione, Cora fece per scendere dalla macchina, ma venne di nuovo bloccata per un polso.

“Quindi questo è un addio?” domandò lui, prima ancora che potesse aprire bocca per protestare “quello che ti ho detto non cambia niente?”

“No, non cambia niente. Ti ho detto che ti avrei dato la possibilità di darmi la tua versione dei fatti solo perché sono stanca di vederti ogni giorno appostato fuori scuola, ma che nulla mi avrebbe fatto cambiare idea. Quindi sì, questo è un addio e non farmelo ripetere ancora”

“Va bene, se è quello che vuoi allora non insisto”disse il ragazzo con un sospiro, lasciando la presa sul polso “mi dispiace solo che sia andata così”

“Se t’importava davvero, non ti saresti comportato così” sentenziò la giovane prima di scendere dalla vettura e sbattere con forza la portiera. Entrò nella biblioteca pubblica senza voltarsi un’ultima volta a guardarlo, ma sentì la macchina ripartire alle sue spalle.

A quell’ora della mattina la biblioteca pubblica era quasi deserta perché tutti gli studenti erano a scuola, e ciò permise a Cora di trovare un tavolino riservato in un angolo lontano; alcuni scaffali la nascondevano dagli sguardi delle poche persone presenti all’interno dell’edificio, e di conseguenza quando si sedette incrociò le braccia sopra la tavola, vi posò la testa ed iniziò a piangere silenziosamente, senza la preoccupazione di essere vista da qualcuno.
Se Julia fosse stata presente le avrebbe detto che era stata brava e che aveva fatto esattamente quello che doveva fare, ma lei non si sentiva affatto bene o fiera di sé stessa. Avrebbe dovuto esserlo, ma la verità era differente: lui le mancava già, ma se ne era andato ed il giorno seguente non lo avrebbe ritrovato davanti al cancello della scuola.

Aveva mantenuto intatto il proprio orgoglio, ma come prezzo da pagare in cambio lo aveva perduto per sempre.












Al peggio non c’era mai fine.

Cora lo sperimentò al proprio ritorno a casa, quando vide sua madre in compagnia di uno dei suoi ‘amici maschi’, quello con cui si vedeva più spesso, quello che aveva personalmente identificato come il suo amante fisso. Li trovò che stavano ridendo e scherzando seduti sul divano; sul tavolino di fronte c’era una bottiglia di liquore, due bicchieri ed un pacchetto di sigarette. Alla vista della scena, la giovane avvertì subito una fitta allo stomaco perché le tornarono in mente tutte le volte in cui lei e lui avevano trascorso pomeriggi interi in modo simile. O le notti nel deserto che circondava la città.
La donna non appena si accorse della sua presenza indicò le scale con un gesto secco della mano destra, e Cora si ritirò immediatamente nella propria camera da letto. Aveva trascorso la maggior parte del tempo in biblioteca a piangere in silenzio, nascosta in angolo appartato, ed ora sentiva di nuovo il bisogno di sfogarsi. Lasciò cadere a terra lo zaino, si sdraiò sul letto e fissò il soffitto. Il pensiero di avere preso la migliore delle decisioni rappresentava una magra, magrissima, consolazione. Il chiarimento era stato uno strazio, lui le mancava terribilmente e le giornate trascorse senza la sua presenza non avevano alcun senso. Lo studio aiutava solo in parte a non pensarci, perché quando arrivavano le notti in cui suo padre era lontano da casa, ed era da sola coi propri pensieri nella propria camera da letto, allora la mente andava a lui, ed a come avrebbero trascorso il tempo insieme se non fosse accaduto nulla.

“Fanculo” si disse la giovane dopo aver trascorso ore in quella posizione, senza essersi resa conto che il giorno aveva lasciato spazio alla notte; si alzò dal letto, infilò le scarpe da ginnastica e scese in fretta le scale. Suo padre era lontano da casa per lavoro, sua madre avrebbe trascorso la notte altrove e lei uscì a sua volta senza preoccuparsi delle conseguenze perché nessuno si sarebbe accorto della sua assenza.

Raggiunse la casa del ragazzo a piedi e questa volta vide la sua macchina parcheggiata nel garage; era troppo tardi per bussare alla porta e decise di spostarsi sul lato della casa dove c’era la finestra della sua camera da letto. Raccolse da terra alcuni sassi come aveva fatto l’altra volta e li mise in una tasca dei pantaloni perché voleva tentare un approccio diverso.

C’era un albero vicino al lato sinistro dell’abitazione e l’idea di Cora era di arrampicarsi sul tronco ed affacciarsi alla finestra della camera come lui aveva fatto mesi prima, con il solo problema che lei non era affatto un’ottima arrampicatrice e non aveva la minima idea di dove doveva mettere i piedi. Ma non aveva comunque la minima intenzione di arrendersi senza prima aver fatto un tentativo.

Cora guardò l’albero, adesso che doveva arrampicarsi sembrava molto più grande di quello che era sempre stato ai suoi occhi, e strofinò i palmi sudati delle mani sui jeans prima di procedere con il tentativo. Ripeté a sé stessa di non guardare verso il basso per nessun motivo mentre continuava a salire, per non restare vittima di un attacco di vertigini improvviso. Continuò a salire senza esitare, fermandosi solamente quando raggiunse il ramo all’altezza della finestra della camera. A quel punto rimase immobile un momento per prendere un profondo respiro e poi si sedette sul ramo; facendo attenzione a non compiere nessun movimento brusco iniziò a spostarsi piano piano verso la propria sinistra, in direzione della finestra. Il suo obiettivo era raggiungere il davanzale e bussare al vetro, ma a circa metà lunghezza del ramo la giovane sentì uno scricchiolio che non prometteva nulla di buono e si bloccò all’istante. Provò a spostarsi ancora, ancora più piano, ma ci fu ugualmente un secondo scricchiolio. Guardandosi indietro, venne assalita per la prima volta dal dubbio che il ramo su cui era seduta non fosse abbastanza robusto da sorreggere il suo peso, ed ora stava rischiando di cadere nel vuoto sia se fosse tornata indietro o se avesse proceduto in avanti.

“Merda” imprecò a bassa voce Cora, aggrappandosi all’unica cosa che poteva fare: lanciare i sassolini che aveva raccolto da terra contro la finestra della camera del ragazzo e sperare che fosse effettivamente lì e che non avesse scelto di uscire a piedi quella notte. Se così fosse stato, si sarebbe ritrovata in un guaio ancora più grande, costretta a restare immobile su quel ramo per tutta la notte, fino al momento in cui avrebbe potuto chiedere aiuto a qualcuno che passava.

Fortunatamente la finestra si aprì, scongiurando così l’ipotesi di restare appollaiata sul ramo per l’intera notte, ed apparve la figura del ragazzo. I suoi occhi scuri si spalancarono nello stesso istante in cui vide Cora seduta sul ramo che lo stava fissando a sua volta.

“No, non dire niente, le spiegazioni a dopo. Per favore, fa qualcosa: sono bloccata qui ed il ramo continua a fare dei rumori che non mi piacciono affatto. Ho paura che se non mi muovo in fretta mi sfracellerò per terra”

“Resta ferma lì” disse lui, sparendo di nuovo dietro la finestra; qualche attimo dopo era già in giardino davanti all’albero. Cora abbassò il viso per guardarlo e vide quanto era in alto. Una possibile caduta non l’avrebbe uccisa, ma in compenso si sarebbe rotta un braccio od una gamba. Sentì i palmi delle mani nuovamente bagnati di sudore ed un terzo scricchiolio non aiutò di certo a migliorare la situazione “non posso salire e raggiungerti, altrimenti darei il colpo di grazia al ramo. Ce la fai a spostarti molto lentamente verso il tronco?”

“Non posso, continua a scricchiolare, lo senti? Lo fa anche adesso che parlo!” esclamò la ragazza mentre il panico si faceva rapidamente strada nella sua voce “fa qualcosa, per favore, ho paura che se provo a muovermi crolla tutto”.

Il ragazzo si avvicinò al ramo e allargò le braccia in avanti.

“Buttati” disse semplicemente, facendo spalancare gli occhi alla giovane.

“Sei impazzito? Hai visto quanto sono in alto?”

“Sì, ed io ho allargato le braccia per prenderti. Se non puoi muoverti perché temi che il ramo possa crollare, allora non mi sembra che tu abbia molte altre opzioni: buttati prima che il ramo arrivi alla conclusione di essere stanco di sorreggere il tuo peso”

“Dev’esserci un’altra soluzione”

“E quale? Sentiamo”.

Cora si morse la punta della lingua. Non c’era nessun’altra soluzione: per quanto si sforzasse di farsi venire in mente una valida alternativa che non prevedeva un salto nel vuoto, non esisteva altro.

“E se non mi prendi?” domandò spaventata, con la fronte imperlata di sudore “se finisco all’ospedale con un braccio od una gamba rotti, poi ci pensano i miei genitori a darmi il benservito”

“Ti prendo”

“Come ne sei così sicuro?”

“Fidati di me” Cora inarcò le sopracciglia “lo so che non ti fidi di me, ma in questo caso cerca di fare un’eccezione. Chiudi gli occhi e lasciati andare, in avanti possibilmente. Io ti prenderò e non ti romperai nulla”

“Giuro che se non mi prendi poi sarò io a romperti qualcosa. Non so come, ma ci riuscirò” la ragazza prese un profondo respiro e chiuse gli occhi. Prima di essere assalita dai ripensamenti si lasciò cadere in avanti e si lasciò scappare un urlo quando sentì il vuoto sotto di sé; poi impattò contro qualcosa, ed infine contro il terreno. Era certa che sarebbe apparso un livido sul fianco destro, ma almeno la caduta era stata molto meno dolorosa del previsto.

Quando aprì gli occhi vide che anche il ragazzo era a terra: a lui era andata peggio perché per fermare la caduta aveva sbattuto la schiena e la testa.

“Stai bene?” gli chiese subito, preoccupata, mentre entrambi si tiravano su col busto “o hai qualcosa di rotto”

“Sto bene” rispose lui, massaggiandosi la nuca con la mano sinistra, con una smorfia “spero che dopo questa ti sia passata la voglia di arrampicarti sugli alberi di notte”

“Pensavo che il ramo fosse abbastanza spesso da reggermi”

“Chiunque alla prima occhiata si sarebbe accorto che quel ramo è troppo sottile per reggere il peso di una persona, di un bambino al massimo…”

“Sicuro di stare bene?” domandò di nuovo la ragazza dal momento che lui era diventato un po’ pallido in viso.
“Sì, sto bene, te l’ho detto. Ora puoi rispondere tu ad una mia domanda? Si può sapere che cosa ci facevi su quel ramo in piena notte?”

“Volevo arrampicarmi sul davanzale della tua finestra per farti una sorpresa, sai… Come hai fatto tu… Ma ora mi rendo conto che non è stata un’ottima idea per una persona che non si è mai arrampicata da nessuna parte”

“Capisco, ma stamattina mi è sembrato di capire che non vuoi più vedermi e di non insistere in alcun modo”

“Sì, è vero, ma poi ho pensato a come sarebbe stato non vederti mai più e mi sono resa conto che non voglio trascorrere un altro weekend come quello appena passato. Sono incazzata con te, sia chiaro, ma mi manchi. Mi manca il tempo che passiamo insieme, mi manca andare al fast food, mi manca andare nel deserto… Ho tanta voglia di trascorrere l’intera notte nel deserto…” sospirò Cora, passando le braccia attorno alle gambe “ho trascorso l’intero pomeriggio sdraiata sul letto a fissare il soffitto, e non ho alcuna intenzione di trascorrere un altro giorno così, e se ora non faccio un piccolo passo indietro è proprio quello che mi attende. Sei comunque libero di mandarmi a fanculo se vuoi, visto che per colpa mia adesso ti sei quasi rotto la schiena e la testa”.

Cora lo guardò speranzosa di ricevere una risposta positiva, e lui dopo un po’ ricambiò lo sguardo.

“Hai fame?”

“Adesso? Terribilmente”

“Ti andrebbe di prendere qualcosa al fast-food e di trascorrere la notte nel deserto?”.

Gli occhi della giovane s’illuminarono e sorrise veramente per la prima volta da diversi giorni.










Faceva freddo nel deserto. Pur essendo estate, quando il sole tramontava la temperatura si abbassava di diversi gradi, ma a Cora andava benissimo così ugualmente. Amava, quando non correva alcun rischio, trascorrere l’intera notte là, in compagnia di lui e di qualcosa da mangiare: con la città alle proprie spalle ed il silenzio da cui erano circondati, per alcune ore viveva l’illusione di essere le uniche due persone rimaste sulla Terra.

Di tanto in tanto in lontananza si udiva l’ululato di un coyote, ma mai nessun animale selvatico si era mai spinto ad avvicinarsi a loro.

La sensazione di benessere che le aveva pervaso tutto il corpo aumentò quando diede i primi morsi al panino acquistato poco prima; dopo i primi due bocconi non sentì più lo stomaco brontolare per la fame, al contrario avvertì un calore piacevole che le provocò un sorriso. Anche il ragazzo sorrise in risposta e si avvicinò di più, cancellando la distanza che c’era tra loro due. Non avevano più parlato da quando lui aveva proposto di prendere qualcosa da mangiare e di andare nel deserto, ad eccezione del momento in cui aveva insistito per pagare la cena per entrambi.

“Hai freddo?”

“No, non più, ormai sono abituata a questo clima” rispose Cora continuando a mangiare, ma sentì ugualmente il braccio sinistro del ragazzo attorno ai propri fianchi.

“Anche per me lo scorso weekend non è stato la stessa cosa di sempre, ho sentito che c’era qualcosa che mancava. Sono stati dei giorni troppo tranquilli” le mormorò ad un orecchio, riuscendo a strapparle un sorriso “Nancy, mi dispiace per quello che hai visto, non doveva andare in questo modo. Mi dispiace anche che le mie spiegazioni non ti abbiano soddisfatta, ma è tutto quello che posso dirti per il momento”.

Il ragazzo piegò il viso di lato e si chinò in avanti per baciarla, ma lei si rivelò più rapida e lo fermò posandogli la mano destra sulle labbra.

“Aspetta un momento… Aspetta” mormorò poi, facendogli riaprire gli occhi “fermati, hai frainteso il mio discorso”

“Che vuoi dire?” domandò lui, con un’espressione improvvisamente corrucciata, tirandosi indietro “che cosa avrei frainteso?”

“Mi manca passare il tempo in tua compagnia, ho visto come sarebbero tutti i miei giorni se non ci vedessimo più e non potrei sopportarlo… Ma non voglio questo” spiegò la ragazza, scuotendo la testa ed allontanando la mano dalla bocca di lui “se provassi a baciarmi o ad accarezzarmi… O a fare altro… Io non farei altro che pensare a te in quel vicolo con quella donna. Non riesco a cancellare quell’ immagine dalla mia mente e non riesco a perdonarti per questo. E non riesco a credere alla spiegazione che mi hai dato o che tutte le frasi che hai detto siano vere. Mi… Mi hai troppo ferita sotto questo punto di vista perché io possa fare un passo indietro, ma al tempo stesso non riesco nemmeno a pensare di smettere di vederti del tutto”

“Non capisco quello che dici” mormorò lui con un viso improvvisamente inespressivo “che cosa mi stai chiedendo con esattezza?”.

Cora prese un profondo respiro ed abbassò lo sguardo su quel che restava del panino. Era più facile dire quello che stava per dire senza guardarlo negli occhi.

“Vorrei che continuassimo ad essere solo amici”.

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