(24)

“A mia madre piaci molto, sai?”.

Quella del ragazzo non doveva essere una battuta, ma Cora scoppiò ugualmente a ridere. Si lasciò andare ad una risata divertita ed in contemporanea le sue guance si tinsero di rosso. I due giovani si trovavano nel parcheggio secondario del fast food in cui erano stati un paio di settimane prima; ormai quello era diventato un vero e proprio rituale del weekend, e stavano consumando il pranzo sui sedili posteriori, che fungevano da tavolino. Il locale a quell’ora era mezzo vuoto, ma loro preferivano la privacy del parcheggio e dell’abitacolo della macchina di lui.

“No, ti prego, non dire così” rispose la ragazza, imbarazzata, nascondendo il viso nella mano destra “mi fai desiderare di nuovo di essere inghiottita dal terreno per la vergogna”

“Perché? Non c’è nulla di cui ti devi vergognare”

“No? Ne sei sicuro? Non è abbastanza il fatto che tua madre sia entrata in camera all’improvviso e ci abbia visti insieme sul tuo letto, e tu avevi ancora i pantaloni abbassati? Dal mio punto di vista non è stato proprio un buon inizio…” borbottò Cora, intingendo una patatina nella salsa e portandosela alle labbra “mi considererà una poco di buono”

“No, nulla del genere. Ti ho detto che le piaci. E poi, come potevo prevedere che proprio quell’unico giorno in cui ti ho portata a casa mia sarebbe rientrata molto prima del previsto?”

“Per fortuna che mi hai assicurato di avere un udito infallibile. Almeno non è entrata qualche istante prima, altrimenti sarebbe stato ancora più imbarazzante”

Ohh, scusami tanto se non l’ho sentita rientrare e salire le scale, ma in quel momento ero leggermente distratto dalla tua mano nei miei pantaloni, sai com’è… In una situazione del genere è un po’ difficile restare concentrati”.

Cora scoppiò a ridere di nuovo, divertita, e prese in mano un’altra patatina mentre il ragazzo mandò giù un sorso di coca cola.

“E… E cosa ti ha detto tua madre sul mio conto?”

“Ha detto che sei molto carina, ed è contenta di vedermi in tua compagnia. Mi ha chiesto quanti anni hai e se facciamo sesso”

Ohh!” esclamò la ragazza, presa alla sprovvista “è stata diretta”

“Già, ma è solo preoccupata perché non vuole che commetta qualche sciocchezza. L’ho rassicurata, comunque, le ho detto che non facciamo sesso ed è la verità” disse il ragazzo, allontanando il bicchiere di cartone dalle labbra e piegandole in un ghigno “tanto esistono molti altri modi per divertirsi”.

Cora distese le labbra in un sorriso tirato. Non avevano più provato a prendere un’altra camera dopo il disastro della prima volta; lui non aveva più chiesto nulla a riguardo, e lei non si era mai fatta avanti per prima per paura di fare ancora la figura della stupida. Desiderava tanto aggiungere quel traguardo in più alla loro frequentazione, ma temeva di bloccarsi di nuovo e di spingerlo tra le braccia di qualcun'altra di più disponibile e meno complicata di lei.

“Per te non sarà un problema il fatto che non facciamo sesso. Chissà quante ragazza ci sono che ti girano attorno” commentò, stringendosi le gambe al petto. A quelle parole, lui inarcò le sopracciglia in un’espressione scettica.

“Se le conosci allora presentamele, perché io non so nulla della loro esistenza”

“Ma smettila.Vuoi seriamente farmi credere che uno come te non ha una fila di ragazze che farebbero di tutto per attirare la tua attenzione?”

“’Uno come me’? E come sarebbe ‘uno come me’?”

“Un cattivo ragazzo”

“Ahh, quindi tu mi consideri un cattivo ragazzo?”

“No, ma è l’impressione che dai. Vesti sempre e solo di nero, fumi, rubi, ti piace andare nel deserto a sparare ed hai sempre quell’aria misteriosa”

“Quell’aria misteriosa” ripeté lui, ridendo divertito “tu guardi troppi film, Nancy, ed hai un’immaginazione particolarmente accesa”

“Perché? Guarda che è così che funziona. Quelli come te sono sempre circondati da ragazze, ne hanno così tante da avere solo che l’imbarazzo della scelta quando si tratta di decidere con quale trascorrere la notte. E quelli come te vanno con quelle come me solo per scommessa, per soddisfare il proprio ego personale. Ed una volta che hanno ottenuto quello che vogliono, addio”

“Ahh, certo, e come sarebbero quelle come te?”

“Delle perdenti” rispose Cora dopo averci pensato per un po’, mordendosi l’interno della guancia destra “delle perdenti che non hanno nulla di speciale, né dal punto di vista caratteriale né dal punto di vista fisico. Senza personalità né bellezza”

“Wow, dalle descrizioni che hai appena fatto ne esce fuori un ritratto molto lusinghiero sia di me e di te. Quindi, riassumendo, in poche parole io sarei un coglione che ragiona con quello che ha tra le gambe e tu una cozza insignificante, giusto?” ribatté il ragazzo, posando il bicchiere di cartone sul tappettino ai piedi del sedile. Cora annuì con la testa, chiedendosi se le sue parole non lo avessero offeso “beh, mi dispiace deludere le tue aspettative, ma non hai indovinto nulla. Non c’è nessun’altra ragazza al di fuori di te e non c’è mai stata, vuoi sapere il perché? Perché sono anche io un perdente e lo sono sempre stato, e nessuna s’interessa a quelli come me. Sei la prima con cui esco, e non sei né una scommessa né un modo per soddisfare il mio ego personale. E adesso te lo dimostrerò”

“Che vuoi fare?”

“Lo sai benissimo che cosa voglio fare”

“Ma siamo in un parcheggio pubblico, qualcuno potrebbe vederci!” esclamò la giovane, spalancando gli occhi scuri, mentre lui cancellò la distanza che c’era tra loro due. Si ritrovò costretta ad appoggiarsi con la schiena alla portiera della macchina.

“Ahh, sì? Guardati un po’ attorno. Non c’è nessuno qui, oltre a noi due. Nessuno viene mai in questo parcheggio”

“Anche tua madre torna sempre a casa tardi da lavoro, eppure l’unica volta che eravamo in camera tua è rientrata molto prima del previsto e ti ha sorpreso in mia compagnia e con i pantaloni abbassati. E non è stato un bello spettacolo per lei” replicò Cora, anche se in realtà trovava quella situazione eccitante “e dobbiamo ancora finire di mangiare. Vuoi fare un disastro?”

“Guardati attorno, questa macchina è già un mezzo porcile. Un po’ di sporco in più non guasterà”

“Ma è un peccato sprecare così del buon cibo” mormorò la ragazza, suscitando di nuovo una risata divertita da parte del ragazzo.

“Ahh, ti dispiace sprecare del buon cibo? Bene, si vede che i tuoi genitori ti hanno cresciuta proprio come una brava ragazza” commentò, con uno strano sorriso, per poi immergere l’indice della mano sinistra nella salsa per le patatine di Cora ed avvicinarlo al suo viso “coraggio, visto che non vuoi sprecare del buon cibo, come è giusto che sia. Lecca”.

Cora avvertì un brivido di eccitazione lungo la spina dorsale, in netto contrasto con il caldo soffocante che regnava all’interno dell’abitacolo; se al posto suo ci fosse stato un qualunque altro ragazzo ad avanzare quell’ordine lo avrebbe ripagato con uno schiaffo in pieno volto, ma con lui tutto era diverso, ed obbedì prontamente, senza rifiutarsi o protestare. Si sporse in avanti e leccò la salsa con la punta della lingua, lentamente e senza staccare gli occhi da quelli di lui.

“Tutto qui?” chiese il ragazzo per nulla impressionato, intingendo l’indice nella salsa di nuovo “è così che si fa? Non mi sembra di vedere tutto questo apprezzamento per del cibo che consideri troppo buono per essere sprecato”.

Le stava chiedendo di alzare la posta in gioco e Cora per la seconda volta non si tirò indietro, e lasciò da parte la propria timidezza naturale. Leccò di nuovo la salsa con la punta della lingua e poi coprì il dito con la bocca, iniziando a succhiarlo. Di nuovo, non staccò mai lo sguardo da quello di lui, in segno di sfida, e lo vide inarcare le sopracciglia, forse perché non si aspettava che lo avrebbe fatto per davvero.

“Allora?” chiese poi, sempre in tono di sfida, con un sorrisetto “sono stata più convincente questa volta?”

“Abbastanza da meritare un piccolo premio” rispose il ragazzo, prendendo in mano una delle patatine fritte che restavano “la vuoi? Vieni a prenderla”.

Cora si sporse in avanti, con un sorriso divertito, per riscuotere il suo premio, ed invece incontrò le labbra del ragazzo. Sentì la sua lingua farsi strada nella bocca e l’accolse senza esitare; gli passò il braccio sinistro attorno alle spalle e con la mano destra gli strinse una ciocca di capelli. Le piacevano i baci che si scambiavano. Quando si baciavano aveva l’impressione che tutto il resto attorno a loro spariva per qualche momento, ed arrivava perfino a dimenticarsi quella che era la sua vita.

“Ehi” protestò quando lui si allontanò, vedendolo cacciarsi in bocca la patatina “quella era mia”

“Non ho mai detto che il premio fosse la patatina” rispose il ragazzo con un ghigno; Cora stava per protestare a riguardo, ma non ne ebbe il tempo perché lui prese in mano il bicchiere di carta che aveva posato sul tappettino e le lanciò contro la coca cola rimasta al suo interno. Si ritrovò senza parole, con le labbra socchiuse, e con la cannottiera ed alcune ciocche di capelli bagnati ed appiccicosi a causa della bibita.

“Ma che…” guardò il ragazzo allibita “ma che cosa ti è preso? Sei impazzito?”

“No, affatto, stiamo solo evitando di sprecare quello che abbiamo comprato, ma non è mai stato specificato che devi essere solo tu a finirlo. Se la cosa non è equa, dove sta il divertimento? E poi…” il ragazzo avvicinò le labbra all’orecchio sinistro della giovane “te l’ho detto che voglio dimostrarti tutto il contrario di quello che hai detto”.

Cora sentì la bocca del ragazzo sul lato sinistro del collo. Prese a baciarla scendendo lentamente, soffermandosi sulla stoffa della cannottiera  impregnata di coca cola; quando sentì la sua lingua in corrispondenza del seno sinistro non riuscì a reprimere un brivido e si guardò attorno.

“Sei impazzito?” gli chiese di nuovo, parlando per chissà quale motivo a bassa voce “è pieno giorno e siamo nel bel mezzo di un parcheggio pubblico. Ci tieni così tanto che qualcuno ci veda e ci denunci per atti osceni in luogo pubblico?”

“L’altra volta non ti è affatto dispiaciuto, cosa c’è di diverso in questa? Guardati attorno. Da quanti weekend veniamo qui? Abbiamo mai incontrato qualcun altro in questo parcheggio secondario? No. Perché mai questa volta dovrebbe essere diverso?”

“Perché da quando tua madre è rientrata prima da lavoro ho capito che tutto è possibile, soprattutto quello che sembra più improbabile”

“Ohh, andiamo, so che lo vuoi. Te lo leggo negli occhi. Lo vuoi e non sei affatto preoccupata che qualcuno possa vederci, anzi: continui a ripeterlo perché la cosa ti eccita ancora di più. Ammettilo” disse lui, inarcando il sopracciglio sinistro, e Cora non riuscì più a trattenere un sorrisetto compiaciuto: era stata scoperta. Non provò più a fermarlo, e lo lasciò abbassare le spalline sottili della cannottiera nera che indossava, in modo da esporre il seno “quindi io sarei il cattivo ragazzo, e poi tu esci di casa senza indossare il reggiseno? Sotto sotto non sei una così brava ragazza come vuoi far credere. Almeno indossi qualcosa sotto i pantaloni o devo iniziare a fare qualche scenata di gelosia?”

“Non hai motivo di essere geloso” rispose lei, con un mezzo sorriso, per nulla imbarazzata di essere mezza nuda di fronte a lui “non c’è nessuno che mi guarda”

“Non c’è nessuno che ti guarda? Vuoi scherzare?” ribatté lui, inarcando di nuovo le sopracciglia “non ti sei mai accorta degli sguardi che ricevi quando entriamo da qualche parte, vero? E non hai nemmeno notato come ti guarda il ragazzo che troviamo sempre al fast food? Quando vuoi pagare tu c’è sempre qualcosa che non conteggia”

“Non ho mai notato niente di tutto questo, perché me lo stai dicendo?”

“Perché potresti stare con chiunque. Perché meriti di meglio ed invece sei qui con me, sui sedili posteriori di una macchina che è una mezza discarica. Perché stai perdendo il tuo tempo con me?”

“Perché, prima di tutto, non sarei qui a parlare con te se quel giorno non fossi intervenuto per salvarmi” mormorò la ragazza, facendo riferimento al loro primo incontro “non ti ho mai ringraziato abbastanza per quella volta. Non te ne rendi conto, ma mi hai letteralemente salvato la vita. Se non fossi intervenuto al momento opportuno ed i miei genitori mi avrebbero trovata alla centrale di polizia… Beh, non puoi immaginare quello che sarebbe successo”

“Perché? Ti avrebbero punita così severamente?”

“Dobbiamo proprio parlare di questo?” ribatté Cora, cambiando bruscamente argomento, scostando via il cibo che era restato sui sedili e che cadde sul pavimento dell’abitacolo, per sdraiarsi. Abbassò ancora di più la cannottiera umida ed appiccicosa, fino all’altezza del ventre piatto “coraggio, sono qui tutta per te, che aspetti? Vuoi che inizi a dubitare di quali sono i tuoi gusti sessuali?”

“Adesso ti farò rimangiare quello che hai appena detto” rispose lui con un ghigno sulle labbra, chinandosi su di lei. La baciò di nuovo, per poi scendere lungo il collo. I ricci neri le provocarono un piacevole solletico alla gola, tanto da strapparle una piccola risata divertita a bassa voce; Cora chiuse gli occhi e si lasciò andare ad un sospiro quando lo sentì coprirle il capezzolo sinistro con la bocca e tormentare l’altro con la mano. Gli passò una mano tra i capelli ricci e neri e strinse una ciocca tra le dita. Non si sentiva sporca, una cattiva ragazza, per quello che stava facendo, anche se si trovava nell’abitacolo di una macchina ferma in un parcheggio pubblico, e come lui le aveva fatto notare poco prima, non le importava niente del pericolo di essere visti perché rendeva solo il tutto ancora più eccitante. I momenti d’intimità con lui servivano a cancellare i segni che la facevano sentire davvero sporca nell’anima, se davvero ne possedeva ancora una.

Le notti da incubo che trascorreva nella propria camera non lasciavano nulla di visibile impresso sulla pelle. Non c’erano né segni né morsi né altro, ma quando si guardava allo specchio, soprattutto la mattina dopo, le sembrava di vederli tutti quanti, su tutto il corpo. Erano i sensi di colpa a provocare quella visione distorta dalla realtà; non si era mai ribellata perché conosceva quali erano le conseguenze, per la propria sopravvivenza, ma non si sentiva affatto meglio. Suonava un po’ come una scusa, ed anche piuttosto debole.

La bocca del ragazzo si spostò dal seno sinistro a quello destro, e poi prese a scendere verso il basso, con enorme dispiacere della giovane che emise un gemito di protesta e sollevò la testa quando lo sentì smettere del tutto. Vide che stava sbottonando i pantaloni e spalancò gli occhi scuri.

“Che vuoi fare?” domandò, con una punta di agitazione nella voce, e lui piegò le labbra in un mezzo sorriso.

“Tranquilla, non è quello che pensi” la rassicurò, anche se il sorriso che aveva sulle labbra non sembrava promettere nulla di buono. Le abbassò i jeans fino alle ginocchia, e quando prese in mano il bicchiere con all’interno quello che restava della sua coca cola, gli occhi di Cora si spalancarono ancora di più. Il suo corpo venne scosso da un brivido, questa volta di eccitazione.

“Non dirmi che sei davvero intenzionato a fare quello che penso” mormorò, sconcertata, contribuendo solo ad allargare il ghigno sulla bocca di lui.

“Vuoi scommettere?” ribatté il ragazzo, ed un attimo dopo il bicchiere era capovolto e la ragazza si ritrovò di nuovo senza fiato, senza parole e con gli slip completamente bagnati di coca cola, com’era accaduto con la sua cannottiera. Una parte della bevanda era finita, immancabilmente, anche a bagnare i sedili.

“Tu sei pazzo” mormorò Cora, allibita.

“Forse, ma sei tu che mi fai questo effetto”

“E guarda invece quello che tu fai a me: è bastato che mi tirassi giù i pantaloni e guardami, sono già completamente bagnata”.

Entrambi i ragazzi scoppiarono a ridere divertiti all’unisono. Cora era così divertita dalle sue stesse parole che si ritrovò con le lacrime agli occhi.

“Decisamente non sei la brava ragazza che vuoi far credere. Una brava ragazza non si azzarderebbe mai a dire cose simili. Che orrore!” mormorò lui, prendendola in giro, per poi chinarsi in avanti e passare la punta della lingua nell’interno coscia sinistro. Il sorriso svanì dalle labbra della giovane, che ebbe un piccolo sussultò ed allargò leggermente le gambe d’istinto. Quando le passò, lentamente, la lingua sulla stoffa bagnata degli slip, un gemito le scappò dalla bocca socchiusa ed avvertì l’istinto naturale di toccarsi il seno e stimolarsi i capezzoli.
“Cazzo, perché accidenti devi fare così? È una tortura” imprecò tra i denti Cora, ed il ragazzo si fermò all’istante.

“Perché voglio che sia tu a dirmelo. Dimmi. Dimmi quello che vuoi, altrimenti possiamo restare qui anche tutto il pomeriggio. Io non ho alcuna fretta”

“Cazzo” imprecò di nuovo Cora, afferrando il ragazzo per la maglietta che indossava ed attirandolo a sé per sussurrargli all’orecchio destro “voglio che la smetti con questa tortura immediatamente e che mi tiri giù gli slip subito. Voglio che mi fai sentire ancora di più una cattiva ragazza”.

Lui provò a trattenersi per qualche secondo e poi scoppiò in una risata divertita.

“Fai troppo ridere quando provi ad usare un linguaggio spinto” disse poi, prima di accontentare finalmente la sua richiesta, tirando giù anche gli slip fino alle ginocchia. La ragazza si ritrovò a trattenere il fiato nel momento in cui sentì la sua lingua tra le gambe, girò la testa verso destra e chiuse gli occhi. Gli passò di nuovo la mano destra tra i capelli e si ritrovò a stringere una ciocca di ricci con più forza del necessario.

“Cazzo” imprecò di nuovo con un gemito, senza riuscire a trattenersi; lo pregò di continuare, di non fermarsi per nessuna ragione al mondo. Non riuscì più a controllarsi nel momento in cui raggiunse l’orgasmo e si lasciò scappare un singhiozzo. Si ritrovò con il respiro spezzato ed il fiato ansimante, distrutta, con il corpo scosso da brividi, ma felice come non era mai stata in tutta la propria vita. Quando nel proprio campo visivo apparve il volto di lui non riuscì a trattenere una risata.

“Allora? Com’è andata? Puoi ritenerti soddisfatta o la risata che hai appena fatto mi deve preoccupare?”

“Posso ritenermi soddisfatta, ma ora c’è un problema”

“Quale?”

“Non posso assolutamente tornare a casa in queste condizioni”.







“Se mia sorella abitasse qui sarebbe molto più semplice, credo che tu e lei indossiate all’incirca la stessa taglia, ma dal momento che se ne è andata da diverso tempo…” il ragazzo aprì le ante dell’armadio di camera sua con un sospiro, passandosi la mano sinistra tra i capelli ricci; Cora se ne stava seduta sul bordo del letto, in attesa, con addosso ancora i vestiti sporchi ed appiccicosi di coca cola “è difficile trovare qualcosa di adatto a te”

“Potresti darmi qualcosa di tua mamma” suggerì la ragazza a mò di battuta, con un mezzo sorrisetto, muovendo le gambe avanti ed indietro “dato che mi adora così tanto, non sarà un problema se prendo in prestito qualcosa di suo. Te lo restituisco il prima possibile, ovviamente lavato e stirato”

“Mia madre ha così pochi vestiti che si accorgerebbe subito se ne mancasse uno, e dato che per la maggior parte del tempo qui dentro siamo io e lei, non ho alcuna voglia di rispondere a domande imbarazzanti” sospirò di nuovo il ragazzo, per poi girarsi con in mano una maglietta nera a maniche corte. C’era un logo colorato all’altezza del petto, che la giovane non riconobbe “lo sai cos’è questa?”

“Una maglietta?”

“Questa è la mia maglietta preferita della mia band preferita” disse, allungando l’indumento insieme ad un paio di pantaloni da ginnastica dello stesso colore. Sbirciando di lato, Cora notò che c’erano pochi indumenti all’interno dell’armadio, ed erano tutti neri. Non avevano mai parlato molto delle rispettive famiglie, ma aveva capito da tempo che anche la sua non navigava nell’oro e nel lusso “hai afferrato il concetto?”

“Ho afferrato” rispose lei, prendendo in mano sia la maglietta che il paio di pantaloni da ginnastica, ringraziandolo con un sorriso e promettendogli che l’avrebbe trattata come una reliquia sacra. Il ragazzo le mostrò qual’era il bagno, le diede un asciugamano e le disse che l’aspettava giù, in cucina. Cora ascoltò il rumore dei passi che si allontanavano lungo le scale e poi si voltò a guardare la stanza. Era piccola e spoglia, con lo stretto necessario, ma pulita. Merito della madre, pensò.

Appoggiò l’asciugamano sopra un mobiletto ed i vestiti affianco. Si spogliò, raggruppando i vestiti sporchi in un mucchietto, ed entrò in doccia. Quando il getto d’acqua calda colpì la pelle, rilassò i muscoli delle spalle, emise un sospiro e chiuse gli occhi. Ripensò subito a poco prima, al rapporto orale che lui aveva praticato, al piacere che aveva provato, all’intensità dell’orgasmo ed avvertì un brivido lungo tutta la spina dorsale. Non si era vergognata con lui, nemmeno per un secondo. Subito dopo si era rivestita, avevano occupato i sedili anteriori ed avevano guidato fino a casa di lui, parlando e scherzando senza la minima traccia d’imbarazzo, come se non fosse accaduto nulla.

Lui non la faceva sentire mai sporca né sbagliata né deviata, anche se consumavano dei mezzi rapporti nel parcheggio secondario di un fast food, baciandosi e masturbandosi a vicenda. Quel ragazzo che aveva conosciuto un mese e mezzo prima era la cosa migliore che le fosse mai capitata in tutta la propria vita, l’unica, ed ora iniziava a temere sempre di più la possibilità di perderlo. Bastava che i suoi genitori non fossero più in grado di pagare l’affitto o che suo padre avesse qualche sospetto a riguardo, ed avrebbero impacchettato in fretta tutte le loro cose per trasferirsi per l’ennesima volta. Oppure bastava che lui perdesse interesse nei suoi confronti e che andasse alla ricerca di una compagnia femminile più stimolante, meno contorta e con cui poteva fare sesso senza alcuna difficoltà.

Cora provò ad immaginare come sarebbe stato se da un momento all’altro le loro vite avessero preso all’improvviso due strade diverse e provò un’angoscia tale da essere quasi sopraffatta dalla voglia di piangere, ma non poteva. Non poteva scendere in cucina e mostrarsi in lacrime per una propria paranoia che non era ancora accaduta, altrimenti sarebbe stata lei stessa a spingerlo ad allontanarsi. Preferì uscire dalla doccia, asciugarsi e vestirsi piuttosto che riflettere ancora su delle prospettive così disastrose, ma quando scese al pianoterra e si appoggiò allo stipite della porta della cucina, osservando il ragazzo fumare e buttare fuori dalle labbra una boccata di fumo, si chiese che cosa ci trovasse di così interessante uno bello come lui in una come lei. Se solo avesse saputo quello che era la sua vita, e quello che era costretta a fare, probabilmente l’avrebbe scaricata senza pensarci mezza volta.
Il ragazzo buttò fuori dalle labbra una boccata di fumo dalla sigaretta che aveva rollato lui stesso poco prima, aprì gli occhi e vide Cora, in piedi sull’entrata della cucina, intenta a fissarlo. La squadrò da capo a piedi ed incurvò all’insù l’angolo sinistro della bocca.

“Non credevo che una persona potesse essere sexy con addosso una semplice maglietta ed un paio di pantaloni, ma devo ammettere che tu sei riuscita in questa impresa”

“Potrei starci almeno due volte dentro i tuoi vestiti. Ho dovuto rimboccare l’orlo dei pantaloni, altrimenti avrei finito per inciampare e rotolare giù dalle scale” rispose la giovane, entrando nella stanza, insicura se quella di lui fosse una semplice battuta o quello che pensava veramente “quando è stato il momento di rivestirmi mi sono resa conto che ti sei dimenticato una cosa: non mi hai dato nulla da mettere sotto i pantaloni”

“Lo so” rispose il ragazzo, aspirando un’altra boccata di fumo “spero che tu non abbia indossato di nuovo gli slip bagnati”

“Ti lascio col dubbio” disse la giovane con un sorriso malizioso in risposta, avvicinandosi e posizionandosi di fronte a lui. Senza mai staccare lo sguardo da quello suo si abbassò, fino ad inginocchiarsi per terra. Fu il turno del ragazzo di spalancare leggermente gli occhi, e Cora capì di averlo preso alla sprovvista.

“Che cosa stai facendo?” le chiese mentre gli slacciava la cintura, e lei continuò a sorridere maliziosamente.

“E me lo stai chiedendo davvero? Non è abbastanza evidente? In qualche modo devo pur ringraziarti per poco fa”

“Ma siamo nella cucina di casa mia”

“Lo so”

“Ci sono le finestre, e sei stata tu la prima a dire che mia madre potrebbe tornare di nuovo a casa presto da lavoro”

“So anche questo. E come reagirebbe se dovesse tornare presto anche oggi?”
“Probabilmente avrebbe un infarto”

“A te non frega nulla di essere sorpreso di nuovo in una situazione ancora più compromettente, e non te ne frega nulla nemmeno delle finestre che ci sono qui in cucina. Tutto questo non fa altro che eccitarti ancora di più, infatti non mi hai ancora bloccata” mormorò la ragazza, procedendo a sbottonare i pantaloni e ad abbassarli fino alle ginocchia, come lui aveva fatto con i suoi “vedi? Se fossero veri gli scrupoli che ti stai facendo, mi avresti già fermata. Ed invece non è così. E non è così perché non lo vuoi, desideri solo che vada avanti e che non mi fermi”.

Cora passò la punta della lingua lungo la stoffa nera dei boxer, in corrispondenza del suo membro, e lo sentì già eccitato. Sentì il ragazzo emettere un’esclamazione di sorpresa e questo le strappò un altro sorriso.

“Visto? E ora dimmi, vuoi che continui in questo modo o desideri altro? Che cosa devo fare? Voglio sentirlo dalla tua voce, altrimenti posso continuare così. Non ho alcuna fretta”

“Decisamente non ti si addice la facciata da brava ragazza. Sai essere proprio stronza quando ti metti d’impegno, lo sai?” rispose lui con un ghigno, perché aveva riconosciuto all’istante le parole che lui stesso aveva detto in macchina poco prima, per poi aspirare un’altra boccata di fumo “lo sai cosa voglio”

“Lo so, ma voglio sentirlo dalla tua voce. Parola per parola”

“Voglio che mi tiri giù i boxer e che mi fai godere come non mi è mai capitato finora. Voglio godere così tanto da non avere più pensieri per un po’”.

Non era esattamente la risposta che si aspettava, ma quella non era nemmeno la prima volta in cui diceva delle frasi strane che non riusciva a capire fino infondo; Cora non diede particolar peso alla seconda parte della risposta. Sorrise ed accontentò la richiesta del ragazzo. Senza provare la minima traccia d’imbarazzo o vergogna, abbassò anche i boxer neri fino all’altezza delle ginocchia ed iniziò a praticargli del sesso orale. Gli coprì il membro con la bocca, iniziando a leccare e succhiare, e sentì il ragazzo gemere ed imprecare a denti stretti. Lui aspirò una boccata di fumo dalla sigaretta e lo buttò fuori gettando la testa all’indietro, mormorando qualche altra parola che la giovane non riuscì a cogliere; le passò la mano sinistra tra i capelli, stringendo appena una ciocca, come aveva fatto anche lei, per farle vedere quale ritmo doveva seguire.

“Se non mi avessi detto che sono il primo, oserei dire che hai una lunga esperienza in fatto di ragazzi. A quanto pare hai un talento naturale. Continua così” mormorò ad un certo punto, continuando a fumare, spezzando il silenzio che regnava nella stanza, cercando di trattenere un tremolio nella voce. Finchè non ci riuscì più e si lasciò scappare un altro gemito “cazzo. Sto per venire”.

Cora si scostò appena in tempo, evitando così di sporcare la maglietta ed i pantaloni che indossava, ma in compenso il tappeto della cucina versava in condizioni disastrose. Scoppiò a ridere divertita per quello e perché il ragazzo era ancora ansimante e rosso in viso, e non le capitava di vederlo perdere il controllo così spesso. Le piaceva sapere di riuscire a provocare quell’effetto in lui, le provocava un brivido di piacere lungo tutto il corpo.

“Allora?” chiese continuando a ridere divertita “posso anch’io ritenermi soddisfatta o sono stata un disastro?”

“Non sei stata male, ma per capirlo meglio bisognerebbe ricominciare da capo” commentò lui, sistemandosi prima i boxer ed i pantaloni, facendo ridere di nuovo la ragazza “adesso sono io ad avere bisogno di una doccia, però”

“Anche il tappeto avrebbe bisogno di una sistemata” commentò a sua volta Cora, osservando la macchia che lo deturbava “a meno che non tu non sia così ansioso di rispondere alle domande di tua madre al suo ritorno se dovesse trovarlo ancora in queste condizioni. Per curiosità, che cosa le diresti a riguardo? Come giustificheresti quella macchia?”

“Per quando sarà tornata il tappeto non ci sarà più, era da tempo che bisognava cambiarlo. Dovrebbe ringraziarmi sotto questo punto di vista perché le ho appena fatto un favore”.

Cora scoppiò di nuovo a ridere, immensamente divertita, ed il ragazzo le disse di aspettarlo in salotto e che avrebbe impiegato pochi minuti a farsi una doccia. Mentre lui saliva al piano di sopra, la giovane si spostò nell’altra stanza e si lasciò cadere sul divano. Solo una volta sdraiata si rese conto di quant’era stanca e chiuse gli occhi senza rendersene conto. Li riaprì quando sentì un tocco delicato sulla guancia destra e scoprì che si trattava di lui che gliela stava accarezzando. Non aveva idea di quanto avesse impiegato a farsi la doccia e di quanto avesse dormito, ma ora era lì, con i ricci ancora umidi, con addosso dei vestiti puliti, che le stava accarezzando il viso.

Cora si perse a guardare i suoi occhi a mandorla, dalle iridi così scure che quasi si confondevano con le pupille, e sorrise dolcemente. Avrebbe voluto sussurare un ‘ti amo’, ma temeva di rovinare tutto quanto e preferì restare in silenzio, pronunciandolo solo nella propria mente più e più volte.

“Sei fantastica, Nancy” mormorò lui, sistemandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio, con un sorriso che fece battere più forte il cuore della giovane “se non esistessi ti dovrebbero inventare”

“Credo di essere pronta” sussurrò lei di rimando “anzi, ne sono sicura”

“Pronta per cosa? Di che cosa stai parlando?”

“Lo sai di che cosa sto parlando, non c’è bisogno di specificarlo” mormorò Cora, allungando la mano destra verso di lui. Con l’indice, tracciò il contorno delle labbra. Aveva delle bellissime labbra carnose che le facevano venire voglia di morderle e baciarle ogni volta che vi posava lo sguardo “e facciamo come l’altra volta. Prenota una camera in quell’albergo e lunedì, prima del suono della campanella, mi vieni a prendere davanti scuola. Questa volta non ti farò spendere soldi inutilmente”.

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