(18)
Cora aprì gli occhi in contemporanea al trillo della sveglia che aveva impostato la sera prima per non arrivare in ritardo a scuola. Il letto ad una piazza era vuoto ad eccezione di lei, suo padre se n’era andato, ma i segni del suo passaggio erano rimasti, e la ragazza lo sperimentò quando provò ad alzarsi in piedi.
Tutto attorno a lei girò vorticosamente e si ritrovò costretta a sedersi sul bordo del letto ed a prendere un profondo respiro per scacciare indietro quell’orribile sensazione insieme alla nausea. Quelle erano le conseguenze per l’alcol che in parte era stata costretta ad ingerire ed in parte aveva bevuto volontariamente. Dopo aver preso un altro profondo respiro, la giovane si alzò ed andò in bagno per farsi una doccia, nella speranza di sentirsi un po’ meglio dopo; poi ritornò in camera, indossò un semplice paio di pantaloni ed un’altrettanto semplice maglietta a maniche corte, raccolse i capelli in un’alta coda di cavallo ed uscì dalla stanza prendendo con sé lo zaino scolastico, il tutto sforzandosi di non tornare con la mente alla notte appena trascorsa.
In cucina non trovò nessuno ad augurare una buona giornata con un sorriso e nessuna colazione pronta sopra al tavolo. Sua madre era ancora a letto che dormiva, suo padre era già ripartito per lavoro ed in ogni caso non sarebbe riuscita a mettere nulla nello stomaco. Uscì di casa senza aver mangiato nulla e s’incamminò a testa china verso la scuola, con lo sguardo assente. Con la mente le sembrava di essere su di un’altra dimensione, tanto che non si accorse subito della sua unica amica che prima la chiamò per nome e poi la raggiunse sul marciapiede. Si rese conto della presenza di Julia solo quando quest’ultima le appoggiò una mano sulla spalla destra. Solo in quel momento Cora ritornò con i piedi e con la mente nel mondo reale.
“Ehi, accidenti, ormai non sapevo più cosa fare per attirare la tua attenzione. Hai un aspetto orribile, sembra che non hai quasi chiuso occhio stanotte” disse la ragazza; se solo ne avesse avuto il tempo, Cora avrebbe risposto che in effetti era proprio così. Aveva dormito pochissimo, e quel poco non era stato affatto un sonno ristoratore “non sei riuscita a chiudere occhio perché sei agitata per quello che sta per succedere questa mattina, vero? Nancy, non è ancora troppo tardi per cambiare idea. Sono preoccupata per te. Lo so che non ti piace sentirtelo dire, ma non riesco a stare tranquilla da quando mi hai detto di frequentare quel tipo”
“Lo so” mormorò l’altra ragazza, aprendo bocca per la prima volta da quando aveva aperto gli occhi “ma qualunque cosa tu possa dire non mi farà cambiare idea. Non voglio rinunciare a qualcosa che mi fa stare così bene”
“Allora ho ragione io, anche se ieri non hai voluto rispondere alla mia domanda” mormorò Julia con un’espressione preoccupata “ti sei già innamorata di lui”.
Cora si fermò sul marciapiede perché erano arrivate davanti alla scuola che frequentavano; gli altri ragazzi e ragazze si stavano già dirigendo verso l’ingresso perché mancavano pochi minuti all’inizio delle lezioni, ma le due amiche si fermarono in prossimità del cancello aperto. La giovane strinse con più forza una cinghia dello zaino.
“Non lo so” mormorò a sua volta, abbassando lo sguardo “non ci voglio pensare troppo”
“Beh, secondo me invece tu lo sai benissimo, ma non vuoi ammetterlo per non starci troppo male, perché sai che uno come lui potrebbe non ricambiare… Anzi, è probabile che sia così. Vuoi sapere un’altra cosa che dicono di lui?”
“No, ma tanto so già che me la dirai lo stesso”
“Dicono che non è abituato a stare con ragazze che non hanno bisogno di essere pagate”.
Cora emise un sospiro seccato. Le parole di Julia erano il colpo di grazia al cerchio alla testa che non voleva darle tregua.
“Potevi dire semplicemente che va a puttane senza ricamare troppo la frase. E comunque, sono sempre e solo voci come tutte le altre che mi hai già raccontato”
“Ma le voci non nascono mai senza che ci sia un fondo di verità”
“Tu hai mai parlato con lui? Lo conosci? Gli hai mai rivolto la parola?”
“No, ho sempre cercato di evitarlo. Te l’ho detto, ha uno sguardo che mi mette i brividi”
“Beh, io lo conosco. Tutti i weekend li trascorro in sua compagnia, e ti posso assicurare che non ho mai notato nulla di strano. Non sono innamorata. Amore è una parola grossa. Ma sto bene insieme a lui, e non lo voglio scaricare solo perché in città dicono certe cose sul suo conto”
“Ma io…” Julia venne messa a tacere dal clacson di una macchina; Cora si girò e riconobbe la vettura del ragazzo “è lui?”
“Sì” rispose l’altra ragazza, ed in quel momento suonò la campanella che segnava l’inizio delle lezioni “gli ho detto che venisse a prendermi prima del suono della campanella ed è stato puntuale. Come sempre”
“Sei ancora in tempo per cambiare idea” disse Julia con un sospiro “Nancy, dico davvero. Mi preoccupo per te”
“Ed io so badare benissimo a me stessa, grazie. Adesso faresti meglio ad entrare o rischi di arrivare tardi a lezione”.
Julia emise un altro sospiro, scosse la testa ed alla fine anche lei si avviò in direzione della scuola perché aveva capito che era inutile cercare di persuadere l’amica a cambiare idea; Cora, invece, voltò le spalle all’edificio scolastico e si avvicinò alla macchina nera parcheggiata vicino al marciapiede. Lanciò lo zaino sui sedili posteriori ed occupò quello anteriore destro, del passeggero.
Lui, nell’attesa, si era acceso una sigaretta e la stava fumando. Indossava come sempre dei vestiti completamente neri, e quando la giovane entrò nell’abitacolo le rivolse un mezzo ghigno ed una battuta.
“Pronta per il tuo grande momento?”
“Sì. Vai”
“Il tuo viso non sembra essere d’accordo”
“No, dico davvero” disse Cora, lanciando un’occhiata alla scuola che diventava sempre più piccola alle loro spalle “ho solo… Diciamo che io e la mia amica abbiamo avuto una piccola discussione”
“Ahh, sì. L’amica della collanina. Perché?” chiese il ragazzo, senza ottenere una risposta “cose da ragazze?”
“Non so se te ne dovrei parlare perché sei proprio tu la causa per cui abbiamo discusso”
“E vorresti tirarti indietro adesso che la cosa si fa più interessante?”
“Julia non è contenta dei nostri incontri” confessò Cora con un sospiro “già quando le ho parlato al compleanno, ed ha capito che eri tu, mi ha detto che dovrei stare lontana da te. E quando le ho detto dei nostri incontri, lei… Beh, lei mi ha raccontato quello che in città dicono sul tuo conto”
“Mh-mh, e cosa dicono sul mio conto?”
“Cose non molto lusinghiere. Dicono che sei un ladro e che ti droghi”
“E tu cosa hai risposto?”
“Le ho detto che trascorro tanto tempo in tua compagnia e che non ti ho mai visto assumere niente del genere, e che le persone mettono in giro voci come queste perché si annoiano. Io non ci credo” rispose la ragazza stringendosi nelle spalle “c’è stata un’altra cosa che mi ha raccontato. Non credo nemmeno a questa, però vorrei sentire la tua versione a riguardo”
“Cioè?”
“È vero che lavoravi in un hotel e sei stato licenziato all’improvviso dopo uno spiacevole... Incidente?” Cora lanciò un’occhiata di sottecchi al profilo del ragazzo e non vide alcuna variazione di espressione sul suo viso.
“Che cosa ti ha raccontato di preciso la tua amica?”
“Mi ha detto che sei stato licenziato dall’hotel in cui lavoravi perché un giorno sei entrato nella camera di una coppia, hai… Hai aggredito la donna, ma poi è entrato il marito e… E alla fine non è successo nulla”
“Mh, e tu credi a quello che ti è stato raccontato dalla tua amica?”
“No, assolutamente no!” esclamò la giovane, colta sul vivo “so benissimo che tu non saresti mai capace di fare nulla di simile, vorrei solo sentire la tua versione dei fatti… Solo per… Solo per sapere”.
Il ragazzo parcheggiò la macchina vicino ad un marciapiede e poi si voltò a guardare Cora. Non c’era nulla di strano sul suo viso, non era né pallido né livido nè seccato né furioso. Era solo serio.
“Vuoi sapere com’è andata quella volta? Sì, sono entrato in quella camera… Ma perché sono stato invitato da quella donna. Aveva detto che il marito non c’era ed invece è rientrato molto prima del previsto. Lei gli ha lasciato credere che la stessi importunando, e lui mi ha picchiato così forte da farmi perdere conoscenza. Mi sono risvegliato in ospedale, ammanettato al lettino, col viso irriconoscibile e con gli occhi così gonfi da non riuscire ad aprirli. Non ricordo nulla di quello che è successo, me lo hanno raccontato al mio risveglio”
“Mi dispiace”
“E non c’è stata nessuna denuncia da parte di quella coppia. Un po’ strano da parte loro dato che sono stato accusato di avere aggredito quella donna, non ti pare?” continuò lui con un mezzo, sorriso, scrollando le spalle “ma ormai è una storia passata. Allora, adesso che ti ho raccontato quello che è accaduto, vuoi entrare lo stesso in hotel o preferisci che ti riporti a casa?”
“Non ho creduto per un solo secondo a quello che Julia mi ha raccontato ed allo stesso modo non ho alcun motivo per dubitare di quello che tu mi hai raccontato” rispose Cora ricambiando il mezzo sorriso. Quello sulle labbra del ragazzo si allargò. Scesero entrambi dalla macchina e si avviarono verso l’ingresso del piccolo hotel a ore che lui qualche giorno prima le aveva detto di conoscere. Andarono alla reception, pagarono in anticipo senza alcuna domanda o richiesta di vedere dei documenti, e ricevettero la chiave di una camera matrimoniale.
“Una delle cose che preferisco di questo posto è la discrezione del personale” le mormorò lui ad orecchio, passandole il braccio sinistro attorno ai fianchi, mentre andavano verso le scale. Cora non disse nulla, ma ripensò all’ultima insinuazione sul suo conto che Julia le aveva confidato poco prima, che aveva a che fare con i suoi presunti incontri con prostitute. Dopo quello che le aveva appena detto, preferì non chiedergli nulla a riguardo.
Mentre salivano le scale per raggiungere il piano su cui si trovava la loro camera, la ragazza si sentì afferrare più saldamente e si ritrovò con la schiena appoggiata al muro alla sua destra. Un attimo dopo era avvinghiata a lui e si stavano baciando, per nulla preoccupati di qualcuno che poteva passare e vederli. Quando si baciavano, lei era costretta a stare sulle punte dei piedi a causa della differenza d’altezza.
“Sentirai tante altre voci sul mio conto, ma tu non credere mai a tutto quello che ti dicono, d’accordo?” mormorò lui, dopo essersi allontanato per primo. Cora si limitò ad annuire con la testa. Non c’era bisogno che le dicesse quelle parole, perché lei già credeva solo a quello che vedeva coi propri occhi.
La camera non era altro che un’ordinaria camera di un hotel a ore a prezzi bassi: né troppo sporca né troppo pulita, dotata di quello che interessava a clienti come loro. Sorprendentemente aveva un piccolo minibar ben fornito, dalle bibite ai super alcolici.
Cora riconobbe l’etichetta del whisky che piaceva tanto a suo padre ed il suo stomaco fece una capriola all’indietro. Una coincidenza beffarda e crudele di cui avrebbe volentieri preferito farne a meno. Richiuse in fretta lo sportello del minibar e guardò il ragazzo intento ad accendersi un’altra sigaretta. Era in piedi, di profilo, vicino alla finestra, e la giovane si prese qualche momento per osservarlo.
“Mangi abbastanza?”.
Lui sollevò il viso per guardarla negli occhi e scoppiò a ridere.
“Che cosa ho detto di così divertente? Ti ho solo chiesto se mangi abbastanza perché sei fin troppo magro, e dovresti anche fumare meno sigarette… Un giorno potresti pagarne le conseguenze”
“Ho riso perché ho già una madre ed una sorella che si preoccupano fin troppo della mia salute. Una terza persona non riuscirei a reggerla”
“L’ho detto solo perché ci tengo alla tua salute” si giustificò la ragazza scrollando le spalle, per poi sedersi sul bordo del letto; il ragazzo emise un sospiro e spense la sigaretta in un posacenere presente nella stanza. Raggiunse Cora e si sedette sul bordo del letto a sua volta, alla sua sinistra, e per un po’ rimasero entrambi in silenzio, finché lui non mise una mano in una tasca dei pantaloni e tirò fuori una piccola confezione che le mostrò e che lei riconobbe subito.
“Come puoi vedere ho già pensato a tutto io”
“Non era necessario prendere una confezione intera”
“E chi ha mai detto che l’ho pagata?” replicò lui con un ghigno divertito “e poi non mi risulta che per il momento li vendano sfusi. Ed è sempre meglio averne qualcuno di riserva, in caso uno fosse difettoso. È meglio evitare qualunque genere d’incidente”.
Cora rispose con un sorriso tirato. Non voleva nemmeno pensare all’eventualità di restare incinta per sbaglio a soli sedici anni.
“Mi sa che hai ragione tu”
“Questi è meglio se li lasciamo qui per il momento” disse il ragazzo, appoggiando la confezione di preservativi sopra un comodino “la camera l’ho fermata per tre ore, e noi non abbiamo alcuna fretta. Sei nervosa? Sembri piuttosto tesa”
“No. No, non lo sono” mentì Cora; in realtà il suo umore era cambiato da quando erano entrati nella camera “ho chiesto alla mia amica come è stata la sua prima volta, e lei non ha fatto altro che ripetermi le tue stesse parole: fa un po’ male, ma poi passa”
“Non abbiamo alcuna fretta” ripeté di nuovo il ragazzo, passandole il braccio destro attorno ai fianchi “è normale che sei tesa. È normale anche che sei imbarazzata all’idea di toglierti i vestiti. Possiamo fare un passo alla volta, senza correre troppo, e quando te la senti. Se c’è qualcosa che non va, basta che me lo dici subito ed io mi fermo, d’accordo?”.
Cora sorrise ed annuì con la testa. Non riusciva a capire come Julia potesse credere così ciecamente alle voci che erano state messe in circolazione su di lui, e dopo quello che le aveva appena detto era ancora più sicura che non fossero altro che menzogne, dalla prima all’ultima. Si lasciò baciare e si ritrovò con la schiena contro il materasso. Passò le braccia attorno alle spalle del ragazzo e si strinse a lui. Provò a liberare la mente ed a concentrarsi solo sul momento che stava vivendo, ma da quando era entrata nell’hotel il cerchio alla testa si era fatto più stretto e sentiva lo stomaco sottosopra. Il whisky nel minibar, poi, era stato un pugno dritto in pancia.
Quando lo sentì provare a sfilare la maglietta, il fragile equilibrio che stava cercando di mantenere si spezzò all’improvviso. Tutti i ricordi della notte precedente esplosero nella mente, lo stomaco si strinse ancora di più e Cora si ritrovò costretta a scostare in modo brusco il ragazzo ed a correre in bagno. Si lasciò cadere sulle ginocchia, si chinò sulla tazza del water ed iniziò a vomitare.
Dopo qualche secondo, mentre stava ancora svuotando lo stomaco, sentì una presenza vicino a lei e qualcuno che le sistemò i capelli dietro le spalle. Poi, una mano le accarezzò la schiena.
“Va tutto bene… Va tutto bene… Vuoi bere qualcosa per rilassarti un po’?”.
La giovane ripensò alla bottiglia di whisky nel minibar, a quella che il padre le aveva dato in mano la notte precedente, dalla gola le salì un altro conato e riprese a vomitare di nuovo. Lui distorse la bocca in una smorfia e commentò dicendo che forse quella di bere qualcosa per rilassare i nervi tesi non era una buona idea.
Alla fine, quando ormai non aveva più nulla nello stomaco, Cora si ritrovò ansimante, col viso pallido e sudato. Era stato il nervosismo a farla correre in bagno, insieme ai ricordi ed ai postumi della sbronza della notte precedente. Aveva bevuto il più possibile per non ricordare nulla, ma non era servito, ed ora si sentiva imbarazzata e mortificata per lo spettacolo che aveva dato. E in più tremava così tanto da battere i denti.
Il ragazzo si alzò per prendere un asciugamano e lo bagnò con dell’acqua fredda; tornò a sedersi accanto alla giovane e glielo porse, dicendole che se si fosse bagnata il viso con quello si sarebbe sentita subito meglio; lei seguì il suggerimento ed effettivamente si sentì un pochino meglio fisicamente, ma tremava ancora come una foglia e lo stesso non si poteva dire dal punto di vista mentale. Aveva una gran voglia di scoppiare a piangere, ma non voleva farsi vedere ancora più ridicola e patetica. Lui la aiutò ad alzarsi e l’accompagnò in camera per sedersi nuovamente sul bordo del letto. Andò a prendere una bibita dal minibar, e quando Cora intravide di nuovo la bottiglia di whisky si ritrovò costretta a lottare contro un altro conato.
“So che hai detto che non vuoi bere, ma un sorso di questa ti aiuterà a sentirti un po’ meglio e cancellerà anche l’orribile sapore che devi avere in bocca”
“Grazie” mormorò la giovane, accettando la lattina di cocacola “tu sì che sai come tirare su di morale una persona”
“Figurati. Per fortuna che mi hai assicurato di non essere nervosa. Non oso immaginare che cosa sarebbe successo se lo fossi stata”
“Scusami, io… Non so cosa mi sia preso” mormorò di nuovo Cora, dopo aver mandato giù un sorso della bibita fredda “adesso mi sento meglio”
“Sicura?”
“Sì… Sì è stato solo un attimo… Ma non ha a che fare con il nervosismo. Non sono nervosa. Forse ho mangiato qualcosa di guasto ieri sera. Sì, deve essere così”.
Il ragazzo appoggiò la mano sinistra sulla guancia destra di Cora, provò ad avvicinare il viso, ma lei s’irrigidì di nuovo, ricominciò a tremare e d’istinto gli posò la mano destra sul petto per bloccarlo. Lei per prima rimase sorpresa e confusa della propria reazione e spalancò gli occhi.
“D’accordo. Ho capito. Hai mangiato qualcosa di guasto ieri sera, eh?”
“No, no, no, io… Mi è passato tutto, io non…”
“Non sei nervosa? Io invece credo che sia proprio il contrario, solo che non lo vuoi ammettere perché siamo qui” disse il ragazzo, allontanandosi con un sospiro “va bene, non importa. Se non te la senti oggi, faremo un’altra volta”
“Ma io me la sento!”
“Sì? E allora perché se provo ad avvicinarmi, t’irrigidisci e ricominci a tremare? Sei corsa in bagno a vomitare, se non è tensione nervosa questa allora cos’è? Se adesso riprovo ad avvicinarmi, scommetto che tu ricominci a tremare, e non ha senso continuare così all’infinito. Evidentemente oggi non è il momento adatto”
“Ma… Hai comprato i preservativi e hai pagato questa camera per tre ore” disse la ragazza con uno sguardo dispiaciuto “ti ho fatto spendere dei soldi per niente”
“I preservativi non scadono in qualche giorno, e chi ha detto che ce ne andiamo prima dello scadere delle tre ore? Ci sono un minibar ed una tv da sfruttare”
“Chissà quanto ci faranno pagare di extra per le consumazioni”
“Basta andarsene senza dare troppo nell’occhio” sentenziò il ragazzo avvicinandosi al minibar; aprì lo sportello e prese a sua volta una lattina di coca cola. Poi tornò a sedersi sul letto, senza preoccuparsi di togliere le scarpe da ginnastica, accese la tv ed invitò Cora a prendere posto a suo fianco. Lei obbedì, lui le passò il braccio sinistro attorno alle spalle e trovò un film horror che era appena iniziato “adoro l’horror. È il mio genere preferito”
“Ci avrei scommesso”
“A te piace o sei una ragazza che s’impressiona facilmente?”
“No. Tante cose che accadono nella realtà sono molto più spaventose” rispose la giovane, tornando seria. Da quando era corsa in bagno a vomitare si sentiva meglio, anche il cerchio alla testa non era più così opprimente e doloroso, ma la voglia di piangere era rimasta, e ancora doveva lottare contro le lacrime che volevano appannarle la vista. Voleva piangere per l’ennesima notte infernale che aveva passato, voleva piangere perché ce ne sarebbero state molte altre di sicuro e perché per colpa di suo padre aveva rovinato quello che doveva essere un momento indimenticabile e perfetto.
Lui era stato fin troppo dolce e comprensibile e non aveva insistito, ma lei si sentiva comunque terribilmente in colpa. E sentiva ancora più forte la paura di perderlo. Perché se ogni loro incontro intimo sarebbe finito sempre in quel modo, molto presto lui si sarebbe stancato e sarebbe sparito per cercare qualcun’altra.
Cora appoggiò la testa contro la spalla sinistra del ragazzo e si strinse a lui, come per accertarsi che non volesse già sparire in quello stesso momento; la stanchezza per la notte trascorsa insonne ebbe la meglio, e mentre stava guardando il film, la giovane chiuse gli occhi e si addormentò senza renderse conto. Venne svegliata due ore più tardi, quando la pellicola era finita e le tre ore di tempo stavano per scadere. Si passò la mano destra sugli occhi ed emise un sospiro.
“Credo di essermi addormentata”
“Sì, me ne sono accorto” disse il ragazzo con una breve risata “dormivi così profondamente che ho preferito non disturbarti, ma ora dobbiamo andare”.
Cora annuì in silenzio, si stropicciò ancora gli occhi pieni di sonno e seguì il ragazzo fuori dalla camera e dall’albergo, una volta riportate le chiavi al banco della reception; una volta in macchina lui non partì subito, lei si girò a guardarlo e gli chiese se c’era qualcosa che non andava. Il suo cuore iniziò a battere con forza, certa che stesse per essere scaricata senza tanti complimenti.
“Ti andrebbe di venire a casa mia?”.
La giovane spalancò gli occhi scuri. Quelle non erano le parole che si aspettava di sentire, e la richiesta stessa l’aveva sorpresa. Non aveva più rimesso piede a casa del ragazzo da quando ci era stata da sola, ormai era certa che evitasse di proposito di farle quella domanda.
“D’accordo” mormorò alla fine, sollevata ed incuriosita al tempo stesso. Qualunque cosa le andava bene, in realtà, pur di non essere scaricata o riaccompagnata a casa o, peggio ancora, entrambe le cose.
Cora era stata solo una volta più di un mese prima a casa del ragazzo, ma nonostante ciò la ricordava ancora molto bene: una costruzione grande, su due piani, ma estremamente basica e spoglia, molto simile a quella in cui lei e la sua famiglia si erano trasferiti una sessantina di giorni prima. Entrò nell’ingresso mormorando un timido ‘permesso’, guardandosi attorno e sistemandosi una ciocca di capelli biondi dietro l’orecchio destro.
“Non ti preoccupare, non c’è nessuno a casa al di fuori di noi due” la rassicurò lui, richiudendo la porta “sono l’unico che è rimasto qui insieme ai miei genitori, e adesso sono entrambi a lavoro. Lei raramente torna prima di sera, e lui col lavoro che fa sta via anche per settimane intere”
“Anche il mio” disse la giovane “lavora lungo i binari del treno, a volte io e mia madre lo rivediamo anche dopo quindici giorni”
“Che coincidenza, anche il mio lavora lungo i binari del treno, ma purtroppo non è mai stato via così a lungo” commentò il ragazzo. Cora pensò che a lei non sarebbe affatto dispiaciuto se il padre fosse rimasto lontano da casa anche per mesi interi, ma non lo disse ad alta voce. Non chiese nulla, anche se era curiosa, al ragazzo nemmeno riguardo al commento che aveva appena fatto perché era fin troppo palese che tra lui ed il padre non scorresse buon sangue. Si lasciò invece guidare al piano superiore ed entrò in quella che era la sua camera da letto: una stanza come quella di tanti altri giovani della sua stessa età, disordinata e con attaccati alle pareti i poster delle sue band preferite.
C’era uno stereo posizionato sopra una cassettiera, e mentre Cora si sedette sul bordo del letto, il ragazzo si diresse là. Infilò nello stereo un’audiocassetta di musica rock, lo stesso genere che metteva sempre quando salivano in macchina, e poi aprì un cassetto della cassettiera. Rovistò al suo interno e ne tirò fuori una bustina di plastica trasparente. Dentro c’era una specie di polverina verde, che la giovane dedusse subito essere erba.
“Pensavo mi avessi detto di non credere a tutto quello che in giro dicono sul tuo conto”
“Infatti è così, ma questa serve solo per rilassare i nervi. L’hai mai provata? Immagino di no, visto che mi hai detto che i tuoi genitori sono dei tipi molto all’antica che non ti permettono nemmeno di uscire con i ragazzi… A meno che tu non sia una ragazza ribelle a cui piace il brivido di fare tutto alle loro spalle” il ragazzo si girò con un mezzo sorriso compiaciuto sulle labbra, che sparì immediatamente quando vide la testa di Cora china in avanti e le sue braccia avvolte attorno ai fianchi “che c’è?”.
Quando la giovane sollevò il viso, aveva gli occhi lucidi a causa delle lacrime che non riusciva più a trattenere. Continuava a rivedere nella propria mente quello che era accaduto durante la notte appena trascorsa, sapeva che presto o tardi sarebbe accaduto di nuovo senza che potesse fare nulla per evitarlo e si sentiva sul punto di scoppiare. Desiderava tanto confidarsi con lui, molto più che con Julia, ma la paura di perderlo la bloccò di nuovo.
“Scusami, ho rovinato tutto quanto. Sono stata una stupida” mormorò tirando su col naso “ho fatto una figuraccia tremenda e adesso tu vuoi scaricarmi, solo che non sai come dirmelo. Ed io lo capisco benissimo. Chissà quante ragazze sarebbero pronte a prendere il mio posto, e di sicuro non sprecherebbero un’occasione simile per correre in bagno a vomitare. Mi dispiace, non doveva andare in questo modo”.
Cora si lasciò scappare un singhiozzo e si passò la mano destra sugli occhi per asciugare le lacrime, ma vennero subito sostituite da altre che le rigarono il viso. Il ragazzo posò la bustina trasparente sul mobile ed andò a sedersi affianco alla ragazza abbattuta, imbrarazzata e di nuovo con la testa china in avanti.
“Io ho avuto la mia prima vera esperienza sessuale con una prostituta, a dodici anni. Pensi che sia stato tutto perfetto? No, figurati. È stato solo un disastro assoluto”
“Hai vomitato?”
“No”
“E allora non è stato un disastro assoluto”
“Ma non è stata nemmeno la volta migliore in cui ho fatto sesso, capisci quello che intendo? Quello che è successo oggi non cambia nulla, andrà meglio la prossima volta. Magari deve ancora arrivare il momento giusto”.
Cora emise uno singhiozzo più forte, adesso stava piangendo perché non si aspettava che lui fosse così comprensivo. Gli appoggiò la testa contro la spalla sinistra, e poco dopo si ritrovò sdraiata sul letto ad una piazza, stretta a lui, a piangere e singhiozzare. Avrebbe dato qualunque cosa per trascorrere la notte su quel letto, insieme a lui, ed invece era costretta a tornare a casa. Ed anche se suo padre era già ripartito per lavoro e non sarebbe tornato prima di una settimana, dormire nella propria camera da letto impregnata di ricordi negativi era comunque una tortura.
Il ragazzo rimase in silenzio, lasciando che si sfogasse per tutto il tempo necessario. Quando non sentì più né i singhiozzi né le lacrime le chiese se si sentiva meglio.
“Sì” rispose lei, senza sollevare la testa posata contro la sua spalla sinistra “adesso va un pochino meglio”
“Perché prima hai detto che voglio scaricarti? Perché lo pensi?”
“Perché avrebbe senso che fosse così. Perché quelli come te non perdono tempo con le ragazze come me”
“Quelli come me?” chiese lui, inarcando le sopracciglia “e come sarebbero quelli come me? Credevo che non dessi ascolto alle voci sul mio conto che ti sono state riportate”
“Ed è così, non fraintendermi, intendevo solo dire che i ragazzi come te… Insomma… Dall’esterno, ad una prima occhiata, dai l’impressione di essere uno di quei ragazzi che se non riesce ad ottenere quello che vuole da una ragazza, passa direttamente alla successiva” mormorò Cora, per poi pentirsi subito della propria risposta a causa del lungo silenzio che ne seguì “ti ho offeso? Scusami, non volevo offerti. Ti ho solo detto l’impressione che puoi dare dall’esterno, non quello che io penso di te”
“E cos’è che pensi davvero di me?”.
Il cuore della ragazza riprese a battere più veloce. Pregò che lui non se ne accorgesse.
“Penso che mi piace molto trascorrere il mio tempo con te… E penso anche che non so cosa farei se da un giorno all’altro dovessi sparire nel nulla. Lo so, è stupido, ma ho una paura fottuta che accada”
“Perché dovrei sparire nel nulla quando tu sei l’unico motivo che mi tiene ancora legato a questo schifo di buco polveroso di città?”.
La giovane spalancò gli occhi ed il suo cuore aumentò ancora di più il battito. Sollevò il viso e guardò il ragazzo incredula e con le labbra socchiuse, perché mai prima di quel momento le aveva mai detto qualcosa di simile.
“Lo pensi davvero? La tua non è solo una frase fatta?”.
Lui annuì con la testa, facendo dondolare i capelli ondulati e neri.
“Lo penso davvero”
“Anche se continui a ripetermi che sono terribilmente stupida?”
“Sì” confermò lui, ridendo “dove la trovo un’altra che mi fa ridere e mi lascia senza parole come te?”.
Cora trattenne il fiato e sentì gli occhi nuovamente lucidi. Se fino a poco prima in un piccolo angolino della propria mente poteva anche nutrite qualche piccolo dubbio, adesso le parole di Julia erano state spazzate completamente via da quelle dette dal ragazzo.
“Baciami” mormorò con appena un filo di voce “baciami, per favore”.
Cora chiuse gli occhi non appena sentì le labbra del ragazzo sulle proprie e lo lasciò farsi strada con la lingua nella propria bocca senza opporre alcuna resistenza; gli passò le braccia attorno alle spalle e si strinse di più al suo corpo. Emise un sospiro quando lo sentì passare dalle labbra al collo e lo pregò, a malincuore, di non lasciarle alcun segno visibile, altrimenti i suoi genitori le avrebbero fatto passare grossi guai. Non poteva dirlo ad alta voce, ma era certa che se suo padre avesse visto un piccolo livido sul collo l’avrebbe ammazzata senza pensarci due volte. Le avrebbe stretto di nuovo le mani attorno alla gola e questa volta non si sarebbe fermato appena in tempo.
“Rilassati, non lascerò alcun segno che possa scandalizzare i tuoi genitori all’antica… Anche se scommetto che una parte di te la trova un’idea terribilmente eccitante” le sussurrò lui a poca distanza dall’orecchio destro, mentre con le mani le tirava su la maglietta a maniche corte. La ragazza rabbrividì, non dalla paura, ma dall’eccitazione. Era vero. Una parte di lei avrebbe voluto che i suoi genitori scoprissero in quel modo della relazione che aveva per poi scappare lontano insieme a lui, ma erano i possibili risvolti disastrosi ed estremi a pietrificarla.
“Aspetta un momento… Aspetta… Sei sicuro che tua madre non possa rientrare prima?"
“Mia madre non rientra mai così presto, fidati. E in caso contrario non preoccuparti lo stesso. Non lo dico per vantarmi, ma ho un udito così fino che la sentirei subito entrare, anche se siamo in camera mia”
“Per fortuna che non lo dici per vanto” commentò Cora con una risata, più sollevata, lasciando andare la presa sui polsi del ragazzo. Lasciò che le tirasse su del tutto la maglietta e che le scostasse il reggiseno dal seno sinistro; quando le coprì il capezzolo con la bocca, emise un sospiro dalle labbra socchiuse e gli passò una mano tra i capelli ondulati e neri. Adorava i suoi capelli. Adorava giocarci quando lui glielo lasciava fare, e adorava anche quando le solleticavano la gola.
“Mi lasci provare una cosa?” domandò lui, sollevando la testa, guardando Cora negli occhi “niente sesso, non mi rimangio la parola, ma ti prometto che questo ti piacerà. E ti aiuterà a rilassarti. Ti fidi di me?”
“Sì” rispose lei senza la minima esitazione, ricambiando lo sguardo “mi fido ciecamente di te”.
Il ragazzo sorrise.
“E non vergognarti. Non hai nulla di cui vergognarti con me”.
Cora annuì, lui iniziò a baciarle il lato destro del collo ed in contemporanea le infilò la mano sinistra dentro i pantaloni e gli slip che indossava. Ci aveva provato anche in hotel, ma lei lo aveva prontamente bloccato per correre in bagno a vomitare. Ora, invece, era diverso; la tensione nervosa se ne era andata via quasi del tutto, e lo lasciò fare senza bloccarlo di nuovo. Rabbrividì e nascose il viso contro la sua spalla destra quando sentì le sue dita lunghe ed affusolate iniziare a stimolarla.
“No, non nasconderti” disse lui, scostandosi “ti ho detto che non hai nulla di cui vergognarti con me. Voglio vederti godere mentre sono io che ti sto facendo godere. Voglio vederti contorcere sotto il tocco delle mie dita, sapendo che nessun altro ci riuscirà mai allo stesso modo”
“E per fortuna che non lo dici per vanto” ripeté Cora, rabbrividendo di nuovo. Non voleva dare alcuna soddisfazione al suo ego, ma in realtà erano bastate quelle semplici parole per farle quasi raggiungere l’orgasmo. Gli diede esattamente ciò che voleva: si lasciò ammirare mentre lui la masturbava con le dita, senza alcun imbarazzo, alcuna remore e senza alcuna vergogna perché lui era il primo ragazzo con cui stava. Quando si sentì ormai prossima a raggiungere l’orgasmo, lo attirò a sé e lo baciò sulle labbra, ripetendo in continuazione il suo nome insieme a quanto desiderava ricominciare da capo.
“Non essere così impaziente. Per oggi è meglio se ci fermiamo qui, stai tremando come una foglia” disse il ragazzo, sfilando la mano dai pantaloni della giovane “ma se ti posso dare un consiglio, adesso che sei molto più rilassata, uno spinello è un tocco perfetto per finire in bellezza”.
Si tirò su col busto, ma Cora, dopo essersi sistemata i pantaloni, il reggiseno e la maglietta, lo bloccò per un polso prima che potesse alzarsi dal letto.
“Che c’è?”
“Dove te ne vai così di fretta? Sdraiati di nuovo”
“Perché?”
“Perché… Beh… Perché sarebbe maleducazione non restituirti il favore che mi hai appena fatto”.
Sulle labbra del ragazzo si delineò un mezzo sorriso mentre osservava Cora cercando di capire se fosse seria o meno.
“Non sei costretta a farlo se non te la senti” mormorò poi, sdraiandosi di nuovo.
“Lo so, infatti sono stata io a chiedertelo per prima. Non tu” mormorò a sua volta lei, sdraiandosi di nuovo e slacciando il bottone dei pantaloni che lui indossava “solo che non sono affatto pratica. Spero di non fare troppo schifo”
“Beh, non puoi essere peggio di come sei col tiro a segno. In questo caso il bersaglio dovresti trovarlo al primo colpo, altrimenti potrei prendermela sul personale”.
Cora scoppiò a ridere, divertita, e poi nel silenzio calato nella stanza infilò piano la mano destra tra i pantaloni ed i boxer. Al contatto con la stoffa sentì il membro del ragazzo diventare turgido, ed il suo corpo ebbe una specie di spasmo.
“Ti piace?” gli mormorò all’orecchio sinistro, muovendo piano la mano.
“Sì” alla giovane non sfuggì il piccolo attimo di esitazione da parte del ragazzo prima di mormorare la sua risposta; stava cercando di trattenersi, e ciò la spinse ad andare ancora più piano “però non sembra proprio che tu sia così inesperta a riguardo. Vuoi farmi godere o vuoi torturarmi?”
“Prima di tutto dovresti lasciarti andare e smetterla di trattenerti perché anche io voglio vederti contorcere sotto il tocco della mia mano. E poi che fretta c’è? Hai detto che prima di sera tua madre non arriva a casa, ed abbiamo ancora il resto della mattina e tutto il pomeriggio… Vuoi che facciamo una pausa per mangiare qualcosa?”
“Non c’è alcuna fretta, ma tu stai andando così piano che è quasi una tortura” ripeté lui, fermandosi di tanto in tanto per una pausa, per riuscire a parlare nuovamente. Cora si lasciò scappare un sorrisino compiaciuto perché per la prima volta era lei ad avere il controllo della situazione tra loro due e non era mai successo. E decise di spingersi oltre.
“Se per te è una tortura così insopportabile, basta solo che mi dici quello che vuoi… Gentilmente”
“Vorrei… Gentilmente… Che infilassi la mano nei miei boxer e che ricambiassi il favore che ti ho fatto poco fa”
“Ohh, non immaginavo che riuscissi ad essere così gentiluomo con le parole con la giusta spinta” disse la ragazza, continuando a sorridere compiaciuta, per poi spingersi ancora oltre “ma non ho ancora sentito la classica parolina magica. Sono sicura che tua madre ti ha insegnato l’educazione, coraggio. Non è così difficile”
“Cazzo” imprecò lui, con un gemito “questo è un colpo basso, lo sai?”
“Lo so, ho imparato da te”
“Cazzo” ripeté di nuovo, con un sospiro, avvicinando le labbra all’orecchio sinistro di Cora “non sai quanto devi ritenerti fortunata perché sei la prima a cui lascio prendere il controllo… Non lascio mai a farlo a nessuna. Ti prego. Ti prego, puoi infilare la mano nei miei boxer e restituire il favore che ti ho fatto poco fa? Ecco, pensi di avermi umiliato abbastanza o non sei ancora contenta?”
“Credo di sì” mormorò lei, ancora sorridendo, decidendo finalmente di accontentare la supplica del ragazzo. Infilò la mano dentro i boxer, afferrò l’erezione ed iniziò a massaggiarlo. Lui emise un altro sospiro e le appoggiò la testa contro la spalla sinistra, stringendo i denti con forza “non nasconderti e non trattenerti, con me non devi farlo”.
Cora sentì la mano destra del ragazzo sulla guancia sinistra ed un attimo dopo incontrò le sue labbra. La baciò con passione, staccandosi di tanto in tanto solo per riprendere fiato, finchè con voce spezzata le sussurrò di essere ormai vicino; a quel punto la giovane accelerò il ritmo, avvertì il momento in cui lui raggiunse l’orgasmo e tirò la mano fuori dai pantaloni. Sentì i muscoli del suo corpo tendersi e poi rilassarsi, il suo respiro spezzato e veloce, ma non riusciva a vedergli il viso perché lo aveva nascosto contro il cuscino. Dopo un po’, nel silenzio della stanza, gli passò la mano destra tra i capelli per accarezzarlo e per attirare la sua attenzione, e solo a quel punto il ragazzo sollevò la testa. Aveva un’espressione in viso che Cora non gli aveva mai visto fare e che non riusciva a decifrare.
“Nancy, sei fantastica” mormorò con il respiro ancora spezzato. Ogni volta che la chiamava col nome che era stata costretta a dirgli era un pugno allo stomaco, ed ogni volta doveva lottare contro l’impulso di rivelargli tutta la verità, perfino riguardo al colore dei capelli “sai… Quando sto con te ho solo pensieri positivi”.
Cora corrucciò le sopracciglia e sorrise divertita. Quella era una strana frase da dire, ma prima che potesse chiedergli che cosa significasse esattamente, la porta della camera si spalancò.
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