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Cora emise un sospiro dalle labbra socchiuse, chiuse gli occhi e li riaprì qualche istante più tardi. Sollevò la pistola a pallini con entrambe le mani e schiacciò, sicura, il grilletto. Il pallino non prese di striscio nessuna delle bottiglie di vetro vuote posizionate come obiettivi, e la ragazza emise un verso contrariato. Era l’ennesimo tentativo che faceva senza ottenere alcun risultato.

“Vorrei dire che la tua mira fa schifo, ma sarebbe ancora troppo riduttivo. Sei tremenda. Credo che al mondo non possa esistere una persona con meno mira di te, è impossibile” una figura alta, magra e vestita di nero apparve affianco a Cora. Apparteneva al ragazzo che aveva conosciuto alcune settimane prima e con cui si vedeva regolarmente e di nascosto dai suoi genitori. A lui aveva detto che erano entrambi molto apprensivi e protettivi nei suoi confronti e che la consideravano ancora troppo piccola per uscire con un ragazzo, e per quel motivo si vedevano sempre al weekend lontano dalla via in cui abitava. La maggior parte delle volte si davano appuntamento nella zona in cui terminava la città ed iniziava il deserto.

“Non è vero che faccio così schifo” replicò lei, sollevando il viso per guardarlo negli occhi, punta sul vivo dalle sue parole poco gentili “semplicemente è meno facile di quello che sembra”

“E cosa ci sarebbe di così difficile nel prendere la mira e sparare? Cazzo, basta che chiudi l’occhio sinistro, punti il bersaglio, premi il grilleto e bam… Il gioco è fatto. Non è difficile quello che devi fare, sei tu che non t’impegni abbastanza” la riprese nuovamente lui “guarda”.

Il ragazzo le prese la pistola a pallini dalla mano, prese la mira ed una dopo l’altra le bottiglie di liquore vuoto esplosero in tante schegge di vetro. Non sbagliò un solo colpo e Cora si sentì ancora più mortificata e stupida. Lei non riusciva a fare nulla, lui invece faceva apparire ogni cosa semplice e banale.

“Non è giusto” protestò, mentre lui posizionava altre bottiglie vuote al posto di quelle esplose “tu hai un talento naturale. È facile quando parti così avvantaggiato”

“Io non ho nessun talento naturale, mi è stato insegnato come io sto cercando di insegnare a te. Ma mentre io ho sempre ascoltato con attenzione ed imparato, tu hai sempre la testa altrove. Sei distratta e svogliata. Nessuno mi costringe a darti queste lezioni, ti sto solo facendo un favore. Un giorno potrebbero ritornarti utili”

“Spero di non arrivare mai al punto di essere costretta a premere il grilletto di una vera pistola” commentò la ragazza con una smorfia, osservando quella finta; avrebbe voluto aggiungere che in effetti quando erano insieme era sempre distratta perché era la sua stessa presenza a distrarla costantemente, ma preferì tacere. Sentì il cuore iniziare a battere più forte quando lui si posizionò alle sue spalle per farle vedere per l’ennesima volta come doveva impugnare e puntare la pistola, e si ritrovò con la schiena posata contro il suo petto.

“Devi restare concentrata. In questo momento non esiste nient’altro al di fuori della pistola che hai in mano e della bottiglia che devi colpire” disse, aiutandola ad impugnare di nuovo l’arma in modo corretto ed a prendere la mira “chiudi l’occhio sinistro, punta il bersaglio, trattieni il respiro e spara. Non devi tremare. La presa deve essere salda e sicura. È importante. Basta anche un solo millimetro per fare cilecca”.

Cora si sforzò di seguire le istruzioni del ragazzo e di non pensare al contatto tra i loro corpi: obbedì a tutto quello che le aveva detto e quando schiacciò il grilletto, i suoi occhi si spalancarono alla vista della prima bottiglia che riuscì a mandare in frantumi. Era così euforica per esserci finalmente riuscita che lanciò un grido ed iniziò a saltellare, come una bambina.

“Hai visto? Ci sono riuscita! Ci sono riuscita!”

“Ho visto” rispose lui impassibile, senza condividere lo stesso entusiasmo “ma ci sei riuscita perché io ti ho aiutata”

“Ti sbagli. Tu mi hai detto come fare, ma sono stata io a premere il grilletto… E di conseguenza sono stata io a farcela”

“Allora fammelo vedere con un’altra. Se sei così sicura di essere diventata improvvisamente una tiratrice scelta provetta, dimostrami che è così. Non sarà un problema buttare giù un’altra bottiglia come ho fatto io. Anzi. Dovesti essere in grado di farlo con tutte quante quelle rimaste, ciascuna al primo tentativo”

“Sono pronta a dimostrarti che ti sbagli. E se riuscirò a colpire tutte le bottiglie, e stai pur certo che ci riuscirò, mi dovrai pagare il pranzo”

“Ahh, vuoi fare una scommessa? Bene, ci sto. E se dovessi avere ragione io?”

“E se dovessi avere ragione tu…” la ragazza si fermò un momento per pensarci “beh, devi deciderlo tu, come io ho deciso per me”
“Mh-mh, allora tu spara, nel frattempo io ci penso”

“Sei proprio convinto di vincere tu la scommessa, ehh?” disse Cora per poi voltarsi a guardare le bottiglie che riflettevano la luce accecante del sole del deserto. Era pronta a fare di tutto per vincere lei la scommessa e si sforzò di seguire di nuovo tutte le indicazioni che lui le aveva dato: prese bene la mira chiudendo l’occhio sinistro, trattenne il respiro per non far tremare le mani e schiacciò il grilletto. La bottiglia vuota di liquore posizionata al centro venne colpita in pieno dal pallino bianco, esplose e la giovane si lasciò andare ad un altro grido di esaltazione “hai visto? Te l’avevo detto che avrei avuto ragione io”

“La fortuna del principiante” commentò lui senza scomporsi “e comunque mancano le altre. Non è ancora detta l’ultima parola”

“Dici così solo perché non vuoi ammettere che la sconfitta brucia. Sta a vedere” Cora prese nuovamente la mira, concentrandosi sulla bottiglia a destra di quella che aveva appena mandato in frantumi, ma quando schiacciò nuovamente il grilletto con sua enorme sorpresa non accadde nulla. Solo dopo aver provato una seconda volta si rese conto che l’arma non sparava più perché era completamente scarica. Vicino a lei, il ragazzo scoppiò a ridere “sono finiti i colpi, non è possibile!”

“Beh, in realtà è possibile eccome dato che il caricatore non è infinito”

Ricaricala allora”

“E come? Con che cosa? I pallini sono finiti del tutto se non te ne fossi accorta” ribatté lui con un ghigno “mi dispiace, ma hai perso la scommessa”

“Cosa? Ma cosa stai dicendo? No, questo non è valido, tu sapevi perfettamente che la pistola era quasi scarica e sei stato zitto apposta. E poi no, non ho perso nessuna scommessa perché sono finiti i pallini! Non provare a barare”

“Non sto barando, ho solo esposto un dato di fatto: la scommessa prevedeva che tu colpissi tutte le bottiglie, ciascuna al primo tentativo. Con la prima hai premuto il grilletto, hai avuto fortuna e l’hai centrata… Con la seconda ti ho visto premere il grilletto due volte e non è successo nulla. L’hai mancata”

“Non è successo nulla perché era scarica. Non è nemmeno da considerare come un tentativo!”

“Ma io ti ho visto premere due volte il grilletto” replicò di nuovo il ragazzo, continuando a sorridere divertito “vedi? Oltre a concentrarti di più quando t’insegno a sparare, devi fare più attenzione a quello che dici ed a come lo dici, altrimenti verrai fregata molto facilmente… Vieni, andiamocene da qui, non ha più senso restare se non abbiamo più pallini da sparare. Per oggi la lezione è finita”

“E quindi qual è il pegno che devo pagare visto che ho perso la scommessa?”

“Per questa volta il pranzo te lo pago lo stesso perché comunque una bottiglia sei riuscita a prenderla… E perché sono affamato anche io” il ragazzo le passò il braccio sinistro attorno alle spalle e lei lo lasciò fare perché si trovavano in una zona desertica in cui non passava mai nessuno; quel giorno, poi, suo padre era ancora lontano da casa per lavoro e sua madre era uscita con uno dei suoi ‘amici’, e le aveva semplicemente detto che non sarebbe tornata prima del giorno seguente e di non combinare uno dei suoi soliti casini. E poi, le piaceva quando lui le passava un braccio attorno alle spalle, la faceva sentire protetta. Di rimando, gli passò il braccio destro attorno ai fianchi.

I due giovani s’incamminarono a piedi fino a raggiungere la macchina di lui, parcheggiata sul ciglio della strada. Una volta saliti, si spostarono in una città vicina e presero da mangiare da un fast food. Cora non era preoccupata di essersi allontanata troppo da casa, al contrario: essere in un’altra città la faceva sentire più tranquilla perché il rischio di essere vista dalla madre era molto meno elevato, quasi pari a zero. Dopo aver pagato, il ragazzo fermò la macchina nel parcheggio posteriore del fast food per avere un po’ di privacy, ed entrambi i giovani scoprirono con piacere che a quell’ora era completamente vuoto.

Cora si rese conto di quanto era davvero affamata solo quando si ritrovò davanti al proprio panino. Gli diede un morso senza pensarci una seconda volta e dalla parte opposta uscì della salsa che macchiò i pantaloni e la canottiera. Borbottò tra sé e sé non appena se ne accorse, provando a ripulire le macchie con una salvietta, mentre il ragazzo scoppiò di nuovo a ridere divertito.

“Cosa c’è di così divertente? Guarda che anche tu sei sporco, proprio qui” per vendetta, perché aveva riso di lei, Cora intinse l’indice destro nella salsa per le patatine e macchiò apposta la guancia destra del giovane, che non si spostò abbastanza rapidamente per evitarlo. Fu il turno di lei di scoppiare a ridere divertita “aspetta, ci penso io. Lascia fare a me”.

Lasciò da parte il panino mangiato a metà e le patatine, che posò sopra il cruscotto della macchina, e, smossa da uno slancio di audacia, si slacciò la cintura di sicurezza e si sedette sulle gambe lunghe e magre del ragazzo; passò la punta della lingua sulla striscia lasciata dalla salsa e poi si concentrò sulle labbra. Si strinse a lui, gli passò le braccia attorno alle spalle e lo baciò con passione e slancio. Con così tanto lascio che rischiò di rovesciare i due bicchieri di coca-cola che avevano ordinato.

“Attenta, hai appena rischiato di fare un disastro” mormorò lui, dopo aver impedito che la coca-cola finisse ovunque sui loro vestiti e nell’abitacolo della macchina; dal sorrisetto che aveva sulle labbra, però, Cora capì che il suo slancio improvviso non gli era affatto dispiaciuto “anche tu sei ancora sporca di salsa. Guarda. Proprio qui”.

Il ragazzo intinse a sua volta l’indice sinistro nella salsa per le patatine e tracciò una linea lungo il collo di Cora, avvicinò il viso ed iniziò a baciarla in corrispondenza della linea rossa che aveva tracciato; la giovane piegò il collo verso destra per agevolarlo, chiuse gli occhi ed emise un sospiro. Sentì le dita del ragazzo abbassare la spallina sinistra della canottiera che indossava, fare lo stesso con quella del reggiseno e lui scendere sempre più giù con le labbra. Quando sentì la sua lingua sul capezzolo, emise un secondo sospiro e gli passò la mano destra tra i capelli neri, lunghi ed ondulati, che le solleticavano la gola. In quel momento non le importava più di essere in un parcheggio pubblico e di poter essere vista da qualcuno, perché in quel momento non esisteva più nessun altro al di fuori di loro due, perfino i suoi genitori. E dimenticò anche tutte le conseguenze a cui sarebbe andata incontro se fosse stata vista in compagnia di quel ragazzo che l’aveva presa come nessun altro prima d’ora.

Lui era il suo ultimo pensieri quando si coricava a letto ed il primo quando si svegliava alla mattina. Ogni volta che iniziava una nuova settimana contava con trepidazione i giorni e le ore che la separavano dal weekend. E quando finalmente arrivava il finesettimana, sfruttava ogni momento possibile per stare in sua compagnia. Lo raggiungeva dove iniziava il deserto, ed ogni volta lo trovava sempre lì ad aspettarla. Appoggiato alla macchina, vestito tutto di nero, con una sigaretta tra le labbra. Quando la vedeva arrivare, si toglieva la sigaretta per rivolgerle un mezzo sorriso; e quando lei lo vedeva fare quel mezzo sorriso, il suo cuore saltava un battito e si ritrovava a sorridere a sua volta.

Cora ritornò alla realtà quando il ragazzo provò ad infilare la mano sinistra dentro i suoi pantaloncini, e si tirò subito indietro afferrandolo per il polso.

“Aspetta un momento… Non… Non andare avanti, è meglio se ci fermiamo qui”.

Lui sollevò la testa con un’espressione confusa.

“Perché?” domandò mentre lei sistemava la spallina del reggiseno e quella della canottiera “qual è il problema? È perché siamo in un parcheggio pubblico ed hai paura che qualcuno ci veda e ci denunci per atti osceni in luogo pubblico? Rilassati, guardati attorno. Non c’è nessun altro oltre a noi e non siamo gli unici a fare queste cose”

“No, non è per quello, è che…”

“Ahh, ho capito” disse lui, senza lasciarle il tempo di finire la frase “sei vergine?”.

Cora rimase in silenzio e si mosse a disagio. Per quanto si trovasse bene con quel ragazzo non gli aveva ancora raccontato nulla di sé e di quella che era la vera situazione che regnava dentro casa sua. Era proprio perché stava così bene insieme a lui che non aveva confessato nulla. Perché aveva una paura fottuta di perderlo.

“Tu sei il primo ragazzo con cui mi vedo” mormorò alla fine lei, abbassando lo sguardo “e sei anche il primo con cui sto facendo tutte… Tutte queste cose”

“Lo prendo come un sì. E dal momento che sei vergine, scommetto che non è in questo modo che immagini la tua prima volta. Per voi ragazze è importante che sia sempre qualcosa di romantico” commentò lui, sistemandole una ciocca di capelli biondi dietro l’orecchio sinistro “prima hai detto che dovevo pensare io al mio pegno, come tu hai pensato al tuo per la scommessa. Ecco il mio, dal momento che ho vinto…”

“Non è stata una vittoria del tutto valida”

“Ti andrebbe di prendere una camera d’albergo?”.

Cora spalancò gli occhi scuri. Aveva fantasticato a lungo sull’arrivo di quel momento, ed ora ne era semplicemente terrorizzata. Si sentiva agitata, con il cuore che batteva a mille ed i palmi delle mani improvvisamente sudati.

“Adesso?”

“Sì, perché no? Conosco un posto perfetto, poco lontano da qui, dove sono molto discreti e non chiedono documenti” rispose il ragazzo, per poi scoppiare a ridere davanti agli occhi di lei che si sgranarono ancora di più “sto scherzando. Tesa come sei ora sarebbe un disastro. Lo capisco, ma non hai nulla di cui avere così tanta paura. La prima volta non è così tremenda come si immagina, ma non è nemmeno così speciale… Quelle successive sono molto meglio”

“È solo che…”

“Hai paura del dolore? Beh, credo che sia normale che la prima volta possa essere un po’ doloroso per te, ma poi passa anche quello. Te l’ho detto, è dalle volte successive che inizia il vero divertimento”

“No… Lo so, è solo che… Che… Io…”

“Ehi” Cora si sentì sollevare il viso e si ritrovò a fissare il ragazzo negli occhi. Il colore delle iridi era così scuro che quasi si confondeva con quello nero delle pupille “guarda che prima stavo scherzando.
Nessuno ci costringe a prendere una camera oggi se non è quello che vuoi”

“Martedì”

“Cosa?”

“Quella camera d’albergo la prendiamo martedì mattina, mi passi a prendere a scuola, prima del suono della campanella” ripeté con voce sicura la ragazza, senza più balbettare né tremare, guardandolo dritto negli occhi; aveva solo le guance un po’ arrossate “pensi davvero che non voglia prendere una camera insieme a te? Non sai quanto speravo che arrivasse questo momento… Sono solo un po’ tesa perché è la mia prima volta, ma sì… Lo voglio. Lo voglio eccome, ma oggi non è il momento giusto”

“D’accordo, allora vada per martedì mattina. Sarò puntuale davanti scuola prima del suono della campanella”

“Perfetto” mormorò lei, sorridendo imbarazzata “e adesso che cosa facciamo?”

“Beh, possiamo terminare il pranzo e poi spostarci da qualche altra parte, oppure…” il ragazzo intinse ancora l’indice sinistro nella salsa delle patatine e questa volta tracciò una linea rossa sul lato destro del collo della giovane “oppure prima puoi lasciare che mi occupi di questo. Guarda, non te ne sei accorta, ma sei ancora sporca qui”.

Cora in tutta risposta rise e piegò il collo verso sinistra, invitandolo così a procedere.








Cora aveva detto al ragazzo che stava frequentando d’incontrarsi martedì mattina e non lunedì per un determinato motivo, e non aveva nulla a che vedere con i suoi genitori: prima del fatidico incontro voleva confrontarsi con Julia, e chiedere alla sua unica amica qualche consiglio, dato che la sua esperienza in fatto di maschi era di sicuro più lunga della propria.

Trovò il coraggio di parlare in merito alla faccenda durante l’intervallo, mentre erano in bagno perché Julia doveva sistemarsi il trucco. Cora non si truccava mai per andare a scuola, a differenza della maggior parte delle altre ragazze. La sua unica amica le aveva chiesto più volte se voleva usufruire della sua trousse, ma lei aveva sempre rifiutato gentilmente, perché se avesse anche solo osato tornare a casa con del lucidalabbra sulle labbra e della matita nera sotto gli occhi, sua madre l’avrebbe riempita di schiaffi ed apostrofata con l’appellativo di troia.

“Tu hai un ragazzo, giusto?” le domandò dal davanzale della finestra su cui era seduta, dondolando le gambe avanti ed indietro per combattere il nervosismo; dentro al bagno non c’era nessuno oltre a loro due. Julia, alle prese con la delicata operazione di sistemare la matita nera sotto gli occhi, si limitò a rispondere con un ‘mh-mh’ a labbra serrate “e com’è essere in intimità con qualcuno che ti piace davvero e con cui stai bene? Com’è… Com’è fare l’amore con il proprio ragazzo?”

“Bello, indescrivibile… La prima volta fa un po’ male, ma non è pessimo come alcune lo descrivono. Nella mente lo immagini molto peggio di quello che è in realtà. Ed il dolore sparisce subito dopo un paio di spinte. Perché questa domanda?” non ricevendo alcuna risposta, la ragazza lasciò perdere i trucchi e si girò verso Cora con un’espressione meravigliata “aspetta… Non dirmi che stai organizzando la tua prima volta con qualcuno”.

Cora sorrise e si limitò ad annuire con la testa; Julia lanciò uno strillo eccitato e lasciò perdere improvvisamente la trousse dei trucchi. Voleva sapere tutto a riguardo.

“Lo abbiamo concordato qualche giorno fa… Domani mattina passa a prendermi prima dell’inizio delle lezioni e andiamo in un hotel. Sono agitatissima, ed ho bisogno di qualcuno che mi dica come comportarmi e che andrà tutto bene” spiegò Cora con un sorriso imbarazzato, sistemandouna ciocca di capelli dietro l’orecchio sinistro “questa è la mia prima frequentazione con un ragazzo e…”

“Ed ovviamente quella di domani sarà anche la tua prima esperienza sessuale” continuò Julia con un sorriso eccitato. Lo stomaco di Cora si strinse in una morsa e la giovane si limitò ad annuire. La sua amica non notò nulla di strano nel suo cambio di espressione o nel suo sguardo; per lei quella che vedeva era la normale agitazione che ogni ragazza provava in vista della propria prima volta. Non sospettava nemmeno lontanamente che lei non era più vergine da un pezzo “rilassati, Nancy, andrà tutto bene. Non lo dico tanto per dire, ma perché anche io ci sono passata e te lo posso assicurare. Dalla seconda volta in poi è molto meglio”.

Cora si mosse a disagio. Provava sempre una strana sensazione quando la sua unica amica od il ragazzo con cui si stava frequentando la chiamavano Nancy. Più volte era stato sul punto di rivelare loro la verità perché non le piaceva essere costretta a mentire a loro due, ma poi si era sempre tirata indietro.

“Che buffo. Anche lui mi ha detto parole molto simili alle tue”

“E lui chi è a proposito?” chiese Julia, curiosa ed ansiosa “è uno dei ragazzi della scuola? Da quanto tempo vi vedete? Perché non mi hai mai detto nulla a riguardo?”.

La giovane guardò l’amica senza dire una sola parola. Poteva provare a mentire dicendo che per l’appunto si trattava di un ragazzo della scuola, ma Julia conosceva tutti, chi in modo più profondo chi di vista, ed avrebbe impiegato pochissimo tempo a scoprire la sua bugia.

“Perché non è un ragazzo che frequenta la scuola” disse alla fine, dopo aver emesso un sospiro “ci frequentiamo da diverse settimane e mi dispiace non avertelo detto prima, ma ho taciuto perché sapevo che non avresti approvato”.

Julia in un primo momento corrucciò le sopracciglia per poi spalancare gli occhi; all’improvviso le era tornata in mente una conversazione che lei e l’amica avevano avuto alla sua festa di compleanno. Per pura coincidenza, quel giorno indossava la collanina che le aveva regalato.

“Non dirmi che ti vedi con quel tipo” disse poi, anche se la risposta purtroppo la conosceva benissimo “Nancy, ma perché? Ma… Quando…”

“Ascolta, il giorno del tuo compleanno mi ha tirata fuori da un bel casino. Non so cosa avrei fatto se non fosse apparso al momento giusto. Sono andata a casa sua per ringraziarlo, glielo dovevo, e quella sera stessa ci siamo visti. Mi ha portata nel deserto, abbiamo mangiato qualcosa ed abbiamo trascorso l’intera notte a parlare di qualunque cosa. Ti rendi conto? Abbiamo passato tutta la notte a parlare ed è arrivata l’alba senza che me ne rendessi conto. E quando mi ha riportata a casa, prima che andasse via ci siamo baciati”
Cora ripensò alla loro prima uscita insieme ed al loro primo bacio e sospirò. Omise volontariamente di dire che aveva trovato il ragazzo sul davanzale della finestra della camera a bussare sul vetro “trascorriamo ogni weekend insieme. Mi porta nel deserto, passiamo il tempo lì, parliamo tantissimo… E mi fa ridere tantissimo”

“E dovresti stare ben lontana da lui, tagliare i rapporti in questo preciso istante. Non ha una buona reputazione in città. Proprio per niente”.

Cora emise un sospiro seccato. Entrambe le ragazze erano così prese dalla discussione che non si accorsero del suono della campanella che segnava la fine dell’intervallo e la ripresa delle lezioni.

“Perché? Che cosa ha mai fatto per avere una reputazione così pessima?”

“Dicono che ruba”

“E allora?” ribatté la ragazza “tutti i ragazzi lo fanno per fare i spacconi. Rubare un portafoglio ad una persona distratta o degli snack al minimarket sono delle bravate che tutti almeno una volta nella vita hanno fatto. È roba da maschi”

“No, dicono che ruba nelle case, e sembra che anche il fratello più grande lo facesse. E dicono anche che faccia uso di droghe”

“Le persone sono capaci solo di aprire bocca per dire sciocchezze, per invidia, per noia o per altro. Trascorro tantissimo tempo insieme a lui e non l’ho mai visto fare nulla di quello che è accusato dalle persone che vivono qui. Non l’ho mai visto rubare in una casa o assumere della droga, sono sicura che me ne sarei accorta se ci fosse davvero qualcosa che non va in lui”

“C’è un’altra strana storia che lo riguarda. Qualche anno fa lavorava in un albergo ed all’improvviso è stato licenziato. Le voci che ho sentito dicono che è entrato nella camera di una coppia mentre il marito non c’era ed ha aggredito la moglie. Poi per fortuna l’uomo è rientrato al momento giusto e ci ha pensato lui”

“Certo, e se un fatto così grave fosse vero lui sarebbe a piede libero?”

“Ti sto solo dicendo quello che in città dicono di lui, e le voci sono tante. Ascolta, Nancy, io non so se sono vere o meno, però a me quel tipo mi fa quasi paura. Ha uno sguardo che fa venire i brividi”

“Io invece trovo che abbia degli occhi molto belli e profondi. La tua è solo suggestione, Julia. Tu parti prevenuta perché dai retta alle voci che circolano, io invece passo il tempo con lui e posso assicurarti che non c’è niente di vero in quello che ti hanno riferito”

“Però le voci non circolano mai senza un fondo di verità” continuò Julia “Nancy, ti sto solo dicendo che mi preoccupo per te. Non mi piace sapere che esci proprio con quel tipo e quello che vuoi fare con lui domani. Sei proprio sicura di volerti appartare con lui in un hotel dopo quello che ti ho raccontato?”

“Grazie per preoccuparti, ma non ce n’è bisogno. Io sto bene con lui… Non sono mai stata così bene con nessun altro prima d’ora. Qualche giorno fa eravamo nella sua macchina, abbiamo iniziato a baciarci, ma quando ha provato ad infilarmi una mano dentro i pantaloni l’ho subito fermato perché non me la sentivo di andare così avanti, e lui lo ha fatto. È stato molto dolce e premuroso, se fosse davvero la persona che mi hai descritto e se fossero vere le voci che circolano sul suo conto, non si sarebbe comportato in questo modo. Lui… Te l’ho detto, quando sono insieme a lui provo una sensazione indescrivibile” mormorò Cora, per poi stringersi nelle spalle esili. La sua risposta portò Julia a spalancare gli occhi dallo stupore.

“Nancy, mio dio, non dirmi che ti stai innamorando di lui!”.

Cora non aveva dato una risposta alla domanda della sua unica amica. Nel momento in cui stava per aprire bocca, era entrata in bagno una loro compagna di classe per avvisarle che l’intervallo era finito da un pezzo e la professoressa di storia era furiosa. Le due ragazze si ritrovarono con una nota disciplinare sul registro della classe, ma a Cora non importava un bel niente. I suoi genitori non si recavano mai ai colloqui con i professori, e sulla strada del ritorno continuò a pensare alla domanda di Julia.

Pensò anche brevemente alle voci che la sua amica aveva raccontato, ma le lasciò subito da parte. Era sicurissima che non fossero altro che dicerie perché tutte le volte che erano stati insieme non aveva mai notato nulla di strano. E se lui davvero nascondeva qualcosa, lo avrebbe scoperto già da tempo.

Si stava davvero innamorando di quel ragazzo che frequentava da alcune settimane e di cui non conosceva nulla a riguardo? Di preciso non era in grado di dirlo, l’unica cosa certa che sapeva era che ogni notte pensava a lui prima di addormentarsi, ai loro incontri ed ai baci che si scambiavano, ed ogni mattina era il suo primo pensiero non appena si svegliava. Ed ogni settimana pregava perché il weekend arrivasse il prima possibile per poterlo incontrare di nuovo.

Cora non sapeva per certo se quello che sentiva poteva essere definito o no con il termine di amore, ma sapeva di essere presa da lui, e che era il suo chiodo fisso in testa da quando si erano incontrati per la prima volta. Il vero problema era che non aveva la più pallida idea di quello che passava per la testa di lui. Non riusciva a capire se lui era altrettanto preso o se considerava la loro frequentazione qualcosa da prendere molto più alla leggera.

La ragazza lasciò perdere quei problemi quando varcò la porta d’entrata di casa perché uno molto più grosso si palesò subito davanti ai suoi occhi: suo padre era tornato, nonostante lei e sua madre non lo aspettassero prima della settimana successiva. Il suo umore cambiò subito, e mentre richiudeva la porta alle proprie spalle si accorse che quello della madre, seduta in cucina, era altrettanto cupo. Pensò di sapere quello che le stava passando per la testa in quel momento; di sicuro doveva avere a che fare con i suoi amici maschi che per un po’ non avrebbe più potuto incontrare.

Suo padre era seduto davanti alla tv accesa su una partita di football, non aveva mosso un muscolo quand’era entrata, e Cora pensò che forse non si era ancora reso conto della sua presenza. Tentò di andare verso le scale senza fare il minimo rumore, per chiudersi nella propria camera da letto, ma non appena posò il piede sul primo scalino tutte le sue speranze s’infransero miseramente.
“Cora, non vieni qui a salutare tuo padre?”.

La giovane s’immobilizzò all’istante, con gli occhi spalancati, il fiato spezzato in gola. Girò il viso verso il padre, che stava ancora guardando la partita in tv, e poi verso la madre, seduta in cucina. Stava sfogliando in modo distratto una rivista. Cora tolse il piede dal primo scalino e si diresse verso il salotto, la mano destra stretta attorno ad una cinghia del vecchio zaino scolastico. Si fermò davanti alla poltrona, guardò l’uomo e gli rivolse un semplice ‘ciao’. Solo allora lui distolse l’attenzione dallo schermo.

“Tutto qui?” era appena primo pomeriggio, ma tra le mani aveva già una lattina di birra aperta, e la ragazza era certa che non fosse nemmeno la prima della giornata. Quando era a casa trascorreva il suo tempo a bere, e quando beveva diventava imprevedibile ed ancora più incline ad alzare le mani. O ad esigere altro “non vedi tuo padre da due settimane e lo saluti in questo modo? Puoi metterci un po’ più d’impegno. Vieni, siediti qui”.

L’uomo batté la mano destra sul corrispettivo ginocchio, Cora s’irrigidì e strinse con ancora più forza la cinghia dello zaino. Lanciò di sfuggita un’occhiata verso la cucina, ma sua madre era nella stessa posizione di prima, per nulla interessata a quello che accadeva attorno a lei. Non voleva sedersi sulle gambe del padre come se fosse una bambina piccola, soprattutto nelle condizioni già alterate in cui si trovava ora, ma non aveva altra scelta: o obbediva al suo ordine o da lì a breve si sarebbe ritrovata con una guancia in fiamme, e non le rimase altro da fare se non posare a terra lo zaino e sedersi sul suo grembo a disagio, rigida come un manico di scopa. Lì vicino riusciva a sentire molto bene l’odore della birra che aveva già in corpo, ed il disagio che provava aumentò quando sentì il suo braccio sinistro attorno ai fianchi.

“Com’è andata a scuola?”

“È andata bene” mormorò lei, deglutendo “adesso devo andare a ripassare. Domani ho un test molto importante”

“Così importante che non puoi restare cinque minuti a parlare con tuo padre che non vedi da due settimane?”

“Scusami, ma è importante. Voglio prendere un bel voto. Ci tengo ad avere una media impeccabile” mormorò ancora Cora. Sussultò quando sentì il padre emettere un sospiro seccato, sicura che da un momento all’altro avrebbe perso il controllo perché non aveva ricevuto la risposta che voleva.

“Và in camera tua, allora” disse invece l’uomo. Cora rilassò le spalle, troppo presto “ma prima dammi un bacio qui, sulla guancia”.

Il corpo della giovane tornò a tendersi, schioccò un bacio rapido sulla guancia sinistra del padre, si alzò in fretta, recuperò lo zaino dal pavimento e corse a nascondersi in camera da letto, il suo posto sicuro finché non scendeva la notte; una volta dentro la stanza, lasciò cadere a terra lo zaino, si appoggiò con la schiena alla porta chiusa e nascose il viso tra le mani.

Se soltanto lui fosse stato lì in quel momento. Quanto avrebbe voluto sollevare lo sguardo e vederlo sul davanzale della finestra aperta, ricambiare il suo sguardo con quel mezzo ghigno che ogni volta le faceva perdere un battito nel petto. Ma ovviamente quando allontanò le mani e sollevò le palpebre non c’era nessuno alla finestra. Cora si avvicinò ed appoggiò entrambe le mani sul davanzale in legno.

I suoi occhi scuri guardarono in automatico verso il basso, in direzione della strada, delle persone che camminavano. C’era diversa attività nelle prime ore del pomeriggio, passava tanta gente lungo quella strada e nessuno di loro aveva il minimo sospetto di quello che accadeva dentro casa sua. Tutti erano troppo presi dai propri pensieri per fermarsi un momento a guardare da quella parte e notare lei, una ragazza come qualunque altra alla finestra della propria camera.
Cora sentì i palmi delle mani diventare improvvisamente umidi e la gola seccarsi, mentre ancora i suoi occhi erano rivolti verso il basso.

Aveva mai pensato al suicidio? Sì, tantissime volte. Anche fin troppo. Quella di compiere un gesto estremo era l’unica soluzione che riusciva a vedere per tutti i suoi problemi. Era solo questione di un salto nel vuoto, avrebbe fatto un po’ male, ma poi non avrebbe sentito più nulla. Tutto sarebbe finito. Niente più traslochi nel cuore della notte, niente più schiaffi, botte, insulti. Non avrebbe più sentito la porta della camera aprirsi di notte e non sarebbe più stata costretta a subire le attenzioni indesiderate del padre. Avrebbe chiuso gli occhi, ogni dolore sarebbe scivolato via e sarebbe stata libera di riposare per sempre.

Sì, sarebbe stato tutto più semplice così… Se non ci fosse stato lui. Se non avesse incontrato quel ragazzo, probabilmente si sarebbe già lasciata cadere giù da quella finestra, perché ora lui era la sua unica ragione di vita. E non ne aveva la minima idea.

Si stava innamorando di quel ragazzo? Forse ne era già innamorata.

E lui?

Cora staccò le mani dal davanzale, che lasciarono delle impronte di sudore, chiuse la finestra e si allontanò, fermandosi davanti allo specchio.

La superficie riflettente le diede di rimando l’immagine di una ragazza di sedici anni non particolarmente alta e magra, con il viso dalla forma ovale, gli occhi scuri ed i lunghi capelli, divisi da una riga al centro, tinti di biondo. Una ragazza dalle labbra carnose, con un naso piccolo e proporzionato tempestato di lentiggini. Ne aveva un po’ anche sulle guance. Non era brutta, ma non riteneva di essere neppure una bellezza sconvolgente. Nella scuola in cui andava c’erano molte ragazze che spiccavano fra tutte quante, e lei di certo non faceva parte di quella cerchia.

Era ordinaria, quello era l’aggettivo che la descriveva meglio di tutti. Ed una ragazza ordinaria come lei come poteva pretendere di suscitare qualcosa in un ragazzo bello come quello che stava frequentando? L’estate era alle porte, mancava poco alla fine dell’anno scolastico, magari lei non era altro che il passatempo che si era scelto per quei tre mesi. Ohh, sentiva sempre più spesso l’esigenza di chiedergli di fare chiarezza sul rapporto che li legava; ed anche se desiderava tanto fare il fatidico passo in avanti con lui, temeva che la richiesta di prendere una camera in un hotel equivalesse a vedersi scaricare molto prima della fine dell’estate. Praticamente all’inizio.

Cora emise un altro sospiro ed allontanò lo sguardo dallo specchio perché più lo fissava e meno le piaceva il riflesso che vi vedeva; anziché sedersi davanti il tavolino per studiare, perché non esisteva alcun test fissato per il giorno successivo, si lasciò cadere sul letto ad una piazza e fissò il soffitto, tormentata dall’idea che quel ragazzo potesse sparire nel nulla dalla sua vita da un giorno all’altro esattamente come vi era apparso.









Cora aveva un sonno leggero ed un udito estremamente fine; lo aveva sviluppato nel corso del tempo e si svegliava immediatamente non appena sentiva il ‘click’ della porta che veniva aperta. Sapeva che quel momento sarebbe arrivato quella stessa notte, sapeva anche che quello che stava per fare non sarebbe servito a nulla, ma serrò ugualmente le palpebre e finse di dormire. Si sforzò di rimanere perfettamente immobile anche nel momento in cui sentì la persona che era entrata in camera sedersi sul bordo del letto.

“Lo so che non stai dormendo. Lo sento dal tuo respiro”.

Per non peggiorare la propria situazione, Cora sollevò le palpebre e si tirò su col busto, col cuore che batteva già forte nel petto. Nella penombra che regnava nella stanza vide suo padre che la stava guardando e vide anche la bottiglia che aveva in mano. Dall’odore di alcol che emanava, capì che aveva continuato a bere per tutto il resto del giorno.

“Non sei stata molto carina nei miei confronti oggi, Cora. Una figlia che non vede il proprio padre per due settimane dovrebbe reagire in modo diverso. Dovrebbe essere più contenta e partecipe”

“Dovevo studiare” provò a giustificarsi la ragazza con un filo di voce, soppesando con cautela le parole per non scatenare la furia violenta dell’uomo “domani a scuola ho un test molto importante, ormai manca poco alla fine dell’anno scolastico e non voglio rovinare la mia media proprio a questo punto. Se continuo ad avere voti alti fino a quando sarà il momento del diploma, ho molte più possibilità per il mio futuro”

“Di quale test si tratta?”

“Algebra. È… Un argomento molto complicato”

“Sei sicura che il motivo sia questo e non un altro? Non hai conosciuto nessun ragazzo a scuola?”

“No” la giovane rispose in tono sicuro e senza alcuna esitazione. Quella che stava raccontando non era a tutti gli effetti una bugia perché il ragazzo con cui si stava vedendo non lo aveva conosciuto tra i banchi di scuola. La risposta, però, non soddisfò affatto l’uomo.

“No? Sicura? Com’è possibile che una ragazzina bella come te non abbia attirato lo sguardo di nessun ragazzo?”

“Non c’è nessuno” ripeté lei scuotendo la testa “sono troppo impegnata a studiare per fare qualunque altra cosa. Ai ragazzi non ci penso nemmeno”.

Cora sostenne lo sguardo del padre, sicura di aver scampato il pericolo; invece, contro ogni sua previsione, si sentì afferrare per i capelli così all’improvviso e con così tanta forza da ritrovarsi senza fiato e con le lacrime agli occhi.

“Non prendermi per il culo, ragazzina, non sono nato ieri. Dimmi la verità, tanto lo capisco sempre quando mi racconti una bugia. Una come te non può non avere attirato l’attenzione di qualcuno: ti vedi con un ragazzo? Esci con qualcuno senza che nessuno lo sappia? Ti sei fatta scopare da qualcuno?”

“No, no, no!” ripeté disperata Cora, lanciando un’occhiata in direzione della finestra. Non voleva nemmeno immaginare che cosa sarebbe potuto accadere se proprio in quel momento fosse apparso lui sul davanzale “te l’ho detto, perché non vuoi credermi? Non mi vedo con nessuno, non ho conosciuto nessuno e non m’interessa nessuno. Penso solo a studiare. Quando esco di casa o vado a scuola o vado in biblioteca. I miei voti sono impeccabili, perché non mi credi?”

“Perché ho visto come è andata a finire l’ultima volta, te lo ricordi?”.

Cora se lo ricordava eccome ancora. E purtroppo anche bene. Nella città in cui stavano prima suo padre si era convinto che frequentava un ragazzo, ed a nulla era servito provare a dirgli che non era vero, che si trattava solo di una sua fantasia distorta. Aveva perso il controllo e le aveva stretto le mani attorno al collo.

La ragazza iniziò a tremare come una foglia. In quell’occasione aveva creduto di essere sul punto di esalare l’ultimo respiro perché suo padre aveva continuato a stringere fino a quando non aveva visto apparire delle macchie nere davanti al proprio campo visivo. La presa era sparita all’improvviso, quando ormai stava per scivolare nell’incoscienza, ma a mesi di distanza ricordava ancora tutto benissimo.

“Sì, me lo ricordo” singhiozzò, senza provare a spiegargli per l’ennesima volta che non aveva mai visto un solo ragazzo. Ad eccezione di adesso “ma ho imparato la lezione, non succederà mai più. Per favore, devi credermi, non mi sto vedendo con nessun ragazzo. Penso solo a studiare. Te lo giuro!”.

Incredibilmente, la presa sui capelli si allentò.

“Brava bambina” la presa sui capelli svanì del tutto, trasformandosi in una carezza al viso. Quando Cora sentì la mano del padre posarsi sulla guancia destra sussultò d’istinto “ricordatelo: se mai dovessi scoprire l’esistenza di un ragazzo che mi stai tenendo nascosto, la punizione a cui andrai incontro sarà esemplare. Quella che ti sto dando è un’enorme prova di fiducia, non tradirla. Te ne pentiresti molto amaramente”

“No” rispose con voce piatta la ragazza e con in testa l’immagine del ragazzo con cui si stava frequentando. Suo padre non sospettava minimamente dell’appuntamento che si erano dati per la mattina seguente, e così doveva continuare ad essere “non lo farò mai”

“Brava. Brava la mia Cora” disse di nuovo l’uomo, per poi allungarle la bottiglia che aveva in mano. Era di whisky, ed era già per metà vuota “e adesso bevi”.

Cora non voleva bere. Odiava il sapore del whisky, ed odiava ancora di più quello che accadeva dopo, ma non aveva altra scelta. Come era stata costretta a mentire in modo più convincente possibile, allo stesso modo si ritrovò costretta a bere dalla bottiglia già aperta che il padre le aveva offerto. Cercò di mandare giù più whisky possibile in un unico sorso, sforzandosi di non badare al gusto, affinché i ricordi sarebbero stati il più possibile confusi e offuscati. Come dei brutti sogni.

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