(15)
Come da lei previsto, quando Cora aprì gli occhi la prima cosa che avvertì fu un dolore lancinante che attraversava tutto il corpo. Il mal di testa era quasi passato del tutto, ma il fianco destro ancora faceva male, sentiva le gambe a pezzi ed il posto affianco al suo, sul letto, era vuoto.
La ragazza si alzò lentamente, evitando qualunque movimento brusco, si avvicinò allo specchio ed una volta davanti sollevò la maglietta sul fianco destro; sgranò gli occhi perché lo spettacolo che si palesò era perfino peggiore di quello che aveva immaginato: c’era un enorme livido violaceo sul punto in cui aveva urtato un mobile del salotto, che presto sarebbe diventato nero. Ne aveva un altro altrettanto brutto sotto l’occhio sinistro, dove era stata colpita con uno schiaffo violento, ed il labbro inferiore era un po’ gonfio. Lì aveva anche un piccolo taglio, ed era stato quello la causa del gusto ferroso che aveva sentito in bocca.
Uscì dalla stanza altrettanto lentamente, zoppicando dal piede destro, e rimase sorpresa quando vide Rich seduto davanti al tavolo della cucina intento a fare colazione. Quella era la prima volta che lo trovava nell’appartamento al proprio risveglio.
“Sono sceso a prendere qualcosa alla tavola calda. Non ti ho svegliata perché stavi dormendo così profondamente” disse lui mentre lei si avvicinava, per poi fare una piccola pausa per aspirare una boccata di fumo da una sigaretta “beh, che c’è? Perché mi guardi in quel modo e non mangi? Dovresti essere affamata dopo la notte movimentata che abbiamo avuto”
“Volevo parlarti proprio riguardo a questo” rispose Cora, che dopo essersi seduta davanti a Rich aveva iniziato a fissarlo in silenzio, suscitando la sua perplessità “guarda il mio viso. Non noti niente?”
“Cosa dovrebbe avere di strano?”
“Non so, forse questo livido. O il labbro gonfio e tagliato. Mi sono svegliata con un cerchio alla testa, le gambe mi fanno così male che quasi non riesco a camminare e guarda questo” Cora si alzò un momento per mostrare a Rich l’enorme e brutto livido che aveva scoperto di avere poco prima, e tornò a sedersi con una smorfia di dolore.
“Ieri hai detto che ti è piaciuto” commentò lui, impassibile.
“Sì, l’ho detto per farti contento e per non discutere, ma la verità è che non mi è piaciuto affatto. Cazzo, doveva essere una recita, ma mi hai sbattuta davvero contro quel mobile. Mi hai sbattuto la testa contro il muro e mi hai dato uno schiaffo così forte che ho ancora il segno. Guarda!” protestò lei, indicando la guancia sinistra “ti ho già spiegato che non ho lasciato l’inferno in cui vivevo per andare incontro ad un altro inferno”
“Mi stai accusando di averti picchiata volontariamente? Sul serio?”
“No, è solo che… Che è stato tutto quasi fin troppo reale. Così reale che mi sono spaventata davvero” confessò la giovane, stringendosi nelle spalle, a disagio. Distolse lo sguardo da quello di Rich perché non riusciva più a sostenerlo, e lui la fissava quasi senza sbattere le palpebre “ieri, quando ti sei addormentato, sono scesa in lavanderia per lavare il vestito che mi hai regalato”
“Sei scesa in lavanderia in piena notte sapendo quali rischi puoi correre qui dentro? Te li vai proprio a cercare i guai, Cora”
“Dove l’hai preso quel vestito?” chiese la giovane, di getto, ignorando il commento del suo coinquilino.
Rich sospirò.
“In un negozio”
“Quale?”
“Non ricordo il nome, Cora. Non posso ricordare i nomi di tutti i negozi di una città così grande da avere milioni di abitanti, non credi?”
“Perché, se l’hai preso da un negozio, non aveva alcuna etichetta? I vestiti che vendono nei negozi hanno sempre un cartellino attaccato con il prezzo e le modalità per lavarlo”
“Era addosso ad un manichino in vetrina. Forse sarà per quello. Non sono un esperto a riguardo”
“C’erano delle macchie su quel vestito. Rosse” continuò la ragazza “perché era sporco di sangue?”
“Perché quando sono entrato mi sono ferito la mano. Anche ai migliori può succedere”
“Quale?”
“La sinistra”
“Fammela vedere” ordinò Cora. Rich rimase in silenzio per poi farle vedere che sul dorso della mano sinistra aveva effettivamente un taglio superficiale. A quel punto la giovane si rilassò, ma non del tutto.
“Adesso che ho risposto alle tue domande hai finito con questo interrogatorio? O c’è altro di cui vuoi accusarmi?”
“Io non ti voglio mettere sotto interrogatorio e non voglio accusarti, Rich. Sono… Sono solo preoccupata per te”
“Sto benissimo, grazie” rispose il ragazzo in tono freddo “non vedo per cosa dovresti preoccuparti per me”
“Ohh, sul serio, Rich? Sul serio? Devo stilare una lista? Da dove vuoi che cominci? Per prima cosa, dovresti prenderti più cura di te stesso. Dovresti mangiare di più, fumare di meno e con i problemi di salute che hai smettere immediatamente di spararti cocaina in vena”
“Mangio quando ho fame, non fumo così tanto e non mi drogo tutti i giorni… è da un po’ che non mi buco”
“Non ti vedo quasi mai mangiare, e le uniche volte che metti qualcosa nello stomaco si tratta sempre e solo di dolciumi e coca cola. Hai sempre una sigaretta in mano, anche adesso che è solo mattina, e se non si tratta di una sigaretta è uno spinello, e ti droghi molto più frequentemente di quello che vuoi far credere”
“Da quando ti ho portata al parco per la prima volta ci sono sempre tornato insieme a te, quindi non mi drogo così spesso in questo periodo. È qualcun altro, qui, che a quanto pare ha preso gusto a farsi di cocaina e va a comprare le dosi anche senza di me”
“E tu come lo sai?” la ragazza spalancò gli occhi scuri “come fai a sapere che sono andata al parco anche senza di te?”
“Ha importanza? Lo so e basta, ma non vengo a farti la ramanzina perché voglio che smetti. Sei abbastanza grande da prenderti la responsabilità delle tue azioni, io non vengo ad importi un bel niente”
“Se non mi vuoi imporre un bel niente, perché allora volevi che smettessi di vedere Austin?”
“Io non ti ho mai detto nulla di simile. Ho solo detto che personalmente lo considero un coglione e che devi fare attenzione a lui perché non è così perfetto come vuole far credere… Ed ho anche detto che se proprio devi continuare a vederlo, chissà che almeno sia sempre generoso con la mancia”.
Cora emise un verso frustrato e si passò la mano destra sugli occhi, strofinando le palpebre. Nel compiere quel gesto si dimenticò del livido che aveva sotto l’occhio sinistro, e se ne ricordò grazie ad una scossa di dolore che la fece sussultare.
“Non ti ho mai detto che quando sono entrata nella tua stanza per prendere l’audiocassetta ho trovato le riviste che nascondi sotto il letto”
“E quindi?”
“Rich, tutti hanno le proprie fantasie spinte. Credimi, con la professione che mi sono scelta ne so qualcosa a riguardo. Ma le tue… Le tue sono troppo spinte” disse Cora, storcendo le labbra carnose “dopo ieri notte sto iniziando a pensare che… Che oltre la violenza quello che ti eccita è…”
“È? Cosa? Concludi la frase, avanti”.
La giovane prese un profondo respiro prima di terminare la frase. La conversazione con Rich stava diventando sempre più difficile non solo per la sua reticenza nel dare delle risposte vere e concrete, ma anche per il proprio passato.
“Sto iniziando a pensare che oltre alla violenza quello che ti eccita per davvero è l’idea dello stupro”.
Nella piccola cucina calò il silenzio. Rich si accese un’altra sigaretta e Cora sospirò.
“Non ti voglio giudicare. Sto solo cercando di farti capire che mi preoccupo per te perché questo non è normale, Rich. Va bene avere le proprie fantasie proibite legate al sesso, ma non è normale e non va bene desiderare un rapporto solo tramite l’atto di mimare una cosa deviata e disgustosa come uno stupro. Tu sai che questa cosa mi riguarda da vicino. Sai qual è il mio passato e sei l’unico a cui l’abbia mai raccontato”
“Stai dicendo che anche io sono deviato e disgustoso?”
“No… No, non sto dicendo questo… Ma non è sano avere fantasie di questo genere, e voglio cercare di capire perché quando abbiamo un rapporto deve sempre essere spinto al limite… E ieri notte hai superato quel limite” cercò di spiegare Cora “non ti sto giudicando, non me lo posso permettere nella mia posizione e non voglio farlo, voglio solo cercare di capire… Non ti sei mai chiesto da che cosa deriva questo… Questo bisogno? Forse nel tuo passato…”
“Ecco che ci risiamo!” esclamò Rich con una smorfia “tutto questo solo per ritornare al solito punto della questione: il mio passato. La tua è proprio un’ossessione”
“Non è un’ossessione, è una preoccupazione!” esclamò a sua volta la ragazza “in che modo devo spiegarti che mi preoccupo per te e voglio capire che cosa posso fare per aiutarti?”
“Io non ho bisogno di essere aiutato in alcun modo”
“Ritorniamo al punto di partenza. Guardati. Guardati! Da quanto tempo è che non ti soffermi a guardarti allo specchio? Non eri così magro due mesi fa e non avevi un aspetto così sciupato. E guarda me, ora. Guarda il mio viso ed il mio fianco. Questa non può essere una fantasia, non può essere un semplice gioco. Non avrei mai accettato se avessi saputo che saresti andato così oltre. Io…” Cora si strinse di nuovo nelle spalle, indecisa se terminare o meno la frase. Alla fine lo fece, con la voce ridotta a poco più di un sussurro “mi sono sentita come quando ero solo una ragazzina. Come quella sera in spiaggia”
“Cazzo, ma riesci mai ad andare dritta al punto di una questione senza fare giri inutili di parole? Stai dicendo che ti sei sentita violentata? Che ti ho stuprata? È questo che stai dicendo?”
“Non ho detto questo, non… Non è quello che intendo dire, ma… Ma ho avuto una sensazione simile…” rispose la giovane sempre più confusa, scuotendo la testa “per favore, dì qualcosa. Qualunque cosa”
“Devo dire qualcosa? E cosa dovrei dire?” chiese lui, dopo essere rimasto in silenzio per terminare la sigaretta “io ti ho chiesto se ti andava di stare al gioco per provare qualcosa di diverso dal solito, tu hai accettato ed ora vuoi puntare il dito contro, accusandomi di essere andato giù pesante. Però tutte le altre volte non ti sei mai lamentata. Anzi. Ricordo che mi hai sempre pregato di non fermarmi”
“Tutte le altre volte non mi sono mai ritrovata con la testa sbattuta contro un muro o con lividi come questi sul corpo. E se proprio devo essere sincera, se dipendesse da me vorrei fare del sesso meno spinto e violento a volte, ma sono sempre costretta a cedere perché per te non esiste alternativa. Bisogna sempre fare a modo tuo e mai a modo mio”
“Mi sembra di avertelo già detto una volta: io non sono il tuo principe azzurro, se vuoi il romanticismo e tutte quelle altre cazzate le vai ad elemosinare da Austin, ma adesso la vedo un po’ dura… O forse anche no. Magari se vai da lui e metti su una recita abbastanza convincente potrebbe essere pronto a tornare indietro di nuovo. Lo ha già fatto una volta”
“Ma io non voglio lui, voglio te. E voglio cercare di capire. Rich…” Cora allungò la mano destra sul tavolo, ma quando sfiorò quella sinistra del giovane, lui la tirò indietro di scatto, ed altrettanto di scatto si alzò in piedi “Rich”
“Non me ne sono andato da gente che mi diceva cosa dovevo o non dovevo fare per ritrovarmi con una persona che vuole dirmi cosa devo o non devo fare”
“Dove stai andando? Non abbiamo finito di parlare”
“A puttane” rispose lui mentre apriva la porta d’ingresso dell’appartamento “sono sicuro che riuscirò a trovare una che scopa di più e parla di meno di te”
“Rich, non abbiamo finito di parlare!” esclamò per la seconda volta la ragazza, ma in risposta non ottenne altro che il rumore della porta sbattuta con forza. Non provò nemmeno ad alzarsi a sua volta per inseguire il coinquilino e convincerlo a tornare indietro, perché era una lotta persa in partenza. Rich era terribilmente testardo, era la persona più testarda che avesse mai incontrato in vita propria, ed era meglio lasciare che si sfogasse e magari fare un secondo tentativo al suo ritorno.
Anziché uscire in corridoio, Cora si alzò lentamente dalla sedia e andò in bagno per farsi una doccia.
Sotto il getto caldo dell’acqua sfogò la propria frustrazione contro le piastrelle colorate, dando loro un pugno. Le colpì ancora e ancora, ma non ottenne alcun sollievo. Solo di ritrovarsi con le nocche della mano destra rosse e doloranti.
Quando uscì dalla doccia, avvolse il corpo attorno ad un asciugamano, passò la mano destra sullo specchio sopra il lavandino per cancellare il vapore che lo aveva appannato e fissò il proprio riflesso. Il suo sguardo cadde in automatico prima sullo zigomo e poi sul labbro, e la ragazza strinse le labbra carnose in una linea sottile.
Non voleva scambiare l’inferno in cui aveva vissuto per i primi sedici anni della propria vita per un altro inferno, e quella era una certezza. La relazione tra lei e Rich, qualunque essa fosse, non era salutare e quella era un’altra certezza. E la terza certezza che aveva era che dipendeva da lui, e non aveva alcuna intenzione di rinunciarvi. Non voleva abbandonarlo, non voleva scappare di nuovo (per andare dove, poi?), non voleva lasciarlo in balìa di sé stesso (soprattutto nelle condizioni in cui si trovava ora), ma non sapeva come aiutarlo.
Sarebbe stato tutto molto più semplice se Rich si fosse dimostrato collaborativo ed avesse risposto alle sue domande, ma era proprio quello che non voleva fare. Bastava un piccolo accenno al suo passato, anche la domanda più banale, e si chiudeva subito a riccio, rifiutando di rispondere o dicendo qualche parola vaga, e se provava ad insistere un po’, ecco che scattava, affilava la lingua e finiva per andarsene sbattendo la porta. E quei suoi atteggiamenti non facevano altro che confonderla sempre di più.
Ormai aveva capito che i loro passati non erano così differente l’uno dall’altro, e come lei si era confidata per togliersi un peso dalle spalle, perché lui non poteva fare lo stesso? Se davvero gli ricordava una persona a cui era tanto legato, perché non voleva mai confidarsi? Cosa poteva mai nascondere di così orribile?
Esisteva qualcosa peggiore del suo passato?
O forse, più semplicemente, pensò la giovane passando di nuovo la mano sulla superficie appannata dello specchio, ognuno reagiva a modo proprio davanti ad un passato da dimenticare, e la tecnica di Rich era proprio fingere che nulla di quello che aveva passato fosse mai realmente accaduto. Perché se un avvenimento non esisteva, allora il suo ricordo non poteva ferire.
Cora uscì dal bagno, andò in camera per vestirsi e tornò in salotto senza avere un’idea precisa di cosa fare. Lanciò per puro caso un’occhiata in direzione della camera del suo coinquilino e notò che la porta era stranamente socchiusa e non chiusa a chiave come al suo solito. La discussione di poco prima lo aveva talmente alterato da abbandonare l’appartamento senza prestare attenzione a quel particolare.
Dopo l’incidente dell’audiocassetta e della minaccia con la pistola, Cora si era ripromessa che non avrebbe mai più messo piede nella camera di Rich a meno che non avesse ricevuto il permesso da lui stesso, ma dal momento che non riusciva ad ottenere alcuna risposta, le risposte doveva trovarle da sé. Lui comunque non sarebbe rientrato prima di diverse ore (accadeva sempre così quando litigavano) ed era sufficiente rimettere ogni cosa al proprio esatto posto.
La ragazza spalancò la porta socchiusa, mosse un passo all’interno della stanza immersa nel silenzio e si guardò attorno: non era cambiata molto dall’ultima volta in cui vi era entrata, regnava solo più disordine.
C’era la possibilità che Rich fosse semplicemente una persona gelosa dei propri spazi ed effetti personali, ma Cora era certa che doveva stare lontana da quella stanza perché c’era qualcosa al suo interno che non doveva vedere, solo che la volta precedente non aveva cercato con abbastanza attenzione.
Per prima cosa, andò dritta verso il comodino, ed all’interno del primo cassetto trovò la scatolina rettangolare che aveva visto nel proprio incubo. C’era qualcosa in quel piccolo oggetto che ancora le dava i brividi, ma non vi trovò nulla di strano. Rich aveva messo al suo interno degli spinelli rollati a mano, e basta. Osservò con attenzione la superficie di legno sia all’interno che all’esterno della scatolina, ma non riuscì a trovare nessuna macchia di sangue che faceva da collegamento al suo incubo. Alla fine, con un sospiro, la lasciò perdere e controllò se entrambi i cassetti del comodino avevano un doppiofondo segreto. Non era presente in nessuno dei due.
Dopo aver ispezionato il comodino senza ottenere alcun risultato, passò all’altro possibile nascondiglio più plausibile: lo spazio tra il letto ed il pavimento; la ragazza si sdraiò a pancia in giù, piegò il viso leggermente a sinistra e scrutò lo spazio angusto con gli occhi socchiusi, ma anche lì sotto non c’era nulla di strano. Fatta eccezione della pila di riviste porno a sfondo sadomaso che non era intenzionata a riprendere in mano una seconda volta. Se fosse dipeso da lei le avrebbe date in pasto alle fiamme, ma era certa che Rich non lo avrebbe gradito.
Cora lasciò perdere anche il letto, certa che lì sotto non avrebbe trovato nessuna delle risposte che stava cercando, e si tirò su col busto, sbuffando, guardandosi attorno alla ricerca di qualcosa di strano che stonasse con tutto l’ambiente circostante, ma a prima vista non notò nulla. Ed il disordine all’interno della camera da letto non aiutava affatto con la sua ricerca. Evitò accuratamente di mettere mano alla mensola delle audiocassette e si concentrò sul mobile che fungeva da cassettiera: anche in quel caso controllò i cassetti uno ad uno, sia per quanto riguardava il loro contenuto che un possibile doppiofondo, ma senza alcun risultato. Controllò le pareti alla ricerca di una piccola intercapedine vuota da usare come nascondiglio, ma non trovò nulla. Controllò anche le assi del pavimento per vedere se c’era almeno una che si alzava, ma anche quelle sembravano non essere state manomesse. Tolse perfino lo specchio dal muro, ma anche lì dietro non c’era nulla di strano.
Restava solo l’armadio da guardare, ed ormai la giovane era vicina a credere che quello che stava cercando così tanto assiduamente non si trovava lì dentro. Quel pensiero, però, le attraversò velocemente la testa ed altrettanto velocemente ne uscì: se Rich ancora non le permetteva di entrare nella sua camera, un motivo c’era, era custodito lì dentro e lei doveva trovarlo a qualunque costo.
La giovane spalancò, decisa, le ante dell’armadio e guardò al suo interno: i pochi vestiti che il suo coinquilino possedeva erano gettati alla rifusa sul fondo del mobile, fatta eccezione per un unico indumento. La giacca in pelle nera che il suo coinquilino si ostinava ad indossare sempre quando usciva, incurante del caldo opprimente che c’era sia di giorno che di notte.
Non aveva idea se e perché lui avesse sviluppato una sorta di attaccamento verso la giacca in pelle, ma adesso che l’aveva davanti ai propri occhi avvertì un brivido lungo la schiena: se lui stava nascondendo qualcosa, non poteva che essere dentro quella giacca.
Cora era talmente sicura di essere sul punto di scoprire qualcosa che rimase fortemente delusa quando si ritrovò di nuovo a mani vuote: non c’era nessun segreto celato al suo interno, aveva solo bisogno di fare un giro in lavatrice. Dentro una tasca aveva trovato solo il biglietto stropicciato di uno studio dentistico, e lo aveva subito rimesso al suo posto.
Non riusciva a capacitarsi di come fosse possibile, ma aveva controllato la camera da letto da cima a fondo, senza dimenticare nessun punto, e non aveva trovato nulla. Niente di niente.
Forse, per quanto potesse essere incredibile, Rich era davvero semplicemente una persona gelosa nei confronti dei propri spazi ed effetti personali.
Cora stava per chiudere le ante dell’armadio quando si accorse di uno scompartimento in alto che era sfuggito alla sua vista. Ormai aveva perso ogni speranza di riuscire a trovare qualcosa, ma decise comunque di darvi un’occhiata. Andò in cucina a prendere una sedia, la posizionò davanti all’armadio aperto e vi salì sopra, facendo attenzione a non perdere l’equilibrio. Guardò all’interno dello scompartimento e sul suo viso si dipinse un’espressione sorpresa.
Non poteva credere ai propri occhi.
Non c’era nulla su quel ripiano, ad eccezione di una piccola scatolina.
Con il cuore che batteva forte per l’eccitazione, Cora allungò il braccio destro, afferrò il piccolo oggetto e scese dalla sedia per poi sedersi sul bordo del letto; la scatolina che aveva tra le mani era di legno ed a prima vista assomigliava molto a quella che Rich aveva nel primo cassetto del comodino, tranne che quella lì aveva una forma più quadrata. L’intero ripiano dell’armadio era pieno di polvere, ma lo stesso non valeva per la scatolina, e quel particolare rafforzò l’idea nella giovane di essere riuscita a trovare proprio quello che stava cercando: se il suo coinquilino teneva quell’oggetto con così tanta cura, significava che al suo interno vi era custodito qualcosa che per lui era molto importante. Qualcosa che magari era collegato al suo passato.
Cora guardò la scatolina, ripensò all’incubo ed ebbe un attimo di esitazione.
Che cosa avrebbe potuto trovare al suo interno?
Ispezionò la superficie in legno accuratamente, come aveva fatto con l’altra, e non vi trovò nessuno strano puntino rosso; l’avvicinò all’orecchio destro, l’agitò piano e sentì solo un piccolo tintinnio metallico. Già più tranquilla, prese un profondo respiro e sollevò il piccolo coperchio, curiosa di scoprire che cosa si celasse al suo interno.
Le sopracciglia s’incresparono in un’espressione corrucciata: quello che si celava all’interno della scatolina era ben lontano da quello che si aspettava di trovare, e non era nulla di terrificante o sconvolgente. All’interno della scatolina c’era una collana maschile, di corda nera, con un piccolo pendaglio a forma di teschio. Un gioiello di bigiotteria.
La giovane prese in mano la collanina e la guardò perplessa, chiedendosi quale potesse essere il suo significato per Rich.
Sbirciò di nuovo all’interno della scatolina in legno e vide un altro oggetto: un foglietto quadrato; prendendolo in mano e girandolo, si rese conto che non si trattava di un foglietto, ma di una fotografia scattata con una macchinetta fotografica polaroid. Un oggetto molto più interessante rispetto alla collanina, che difatti richiamò subito la sua attenzione e la fece alzare di scatto dal letto per avvicinarsi alla finestra, così d’avere più luce per osservarla meglio.
Lo scatto era mosso e sfuocato, ma al tempo stesso abbastanza limpido da riuscire a capire che ritraeva due giovani, un ragazzo ed una ragazza. Il ragazzo teneva il braccio destro attorno alle spalle della ragazza, era chino verso di lei e presumibilmente era lui che stava scattando la foto. Di lei si vedeva il busto e la chioma bionda, perché dava le spalle all’obiettivo.
Cora dedusse che i due si stavano baciando e che il ragazzo fosse Rich. I capelli neri erano i suoi, solo più lunghi, anche i pochi tratti del viso che riusciva a scorgere e quelli del busto sembravano coincidere. Osservando con ancora più attenzione vide che sembrava indossare una collana. Non riusciva a capire se avesse anche un ciondolo, ma era certa che si trattasse della stessa che aveva trovato all’interno della scatolina. Riguardo la ragazza, non aveva la minima idea di chi potesse essere, ma ripensò subito a quando gli aveva confessato di provare qualcosa per lui ed al litigio che ne era seguito. Quando gli aveva chiesto perché aveva fatto tutto quello che aveva fatto per lei se era totalmente indifferente, lui le aveva dato una risposta spiazzante.
Perché mi ricordi una persona a cui sono legato.
In quel momento non aveva capito quella frase, ora, con il ritrovamento della scatolina, tutto le appariva molto più chiaro. Almeno in parte.
Cora ripose la fotografia e la collana all’interno della scatolina in legno, rimise quest’ultima perfettamente al proprio posto ed uscì dalla stanza lasciandola così com’era al proprio ingresso, portando con sé la sedia che aveva usato per arrampicarsi. Una volta in cucina pensò di prepararsi qualcosa, ma il frigorifero era vuoto e lo stesso valeva per la credenza; così decise di prendere delle banconote dal barattolo dello zucchero (Rich aveva rimesso tutti i soldi al proprio posto) e di uscire dall’appartamento, proprio come aveva fatto il suo coinquilino. Pensò che una boccata d’aria fresca l’avrebbe aiutata a schiarirsi le idee, e non era minimamente preoccupata per i segni che aveva sul viso. Nessuno in quella zona faceva caso a lei, e c’erano persone che versavano in condizioni nettamente peggiori.
Rinunciò subito all’idea di respirare una boccata d’aria fresca perché il caldo era soffocante, in compenso si sentì subito un pochino meglio quando i raggi del sole le colpirono il viso. E dinanzi all’ennesima meravigliosa giornata estiva di quell’estate, si rese conto di quanto poco spesso uscisse durante il giorno.
La passeggiata della giovane durò poco. Non volendo rischiare di perdersi o di infilarsi nel quartiere sbagliato, andò dritta nella tavola calda in cui Rich l’aveva portata quando si erano conosciuti. Là dentro nessuno le avrebbe fatto domande strane o si sarebbe interessato alle condizioni in cui versava il suo viso, ed infatti, dopo essersi seduta, una cameriera si avvicinò al suo tavolo solo per posarvi sopra il foglio plastificato del menù.
Cora prese il menù in mano e lo guardò svogliatamente. Erano altri i pensieri che aveva in testa da quando aveva scoperto l’esistenza della scatolina custodita nell’armadio, e non riusciva a smettere di pensare alla fotografia.
Per quanto si stesse sforzando di non scendere a conclusioni affrettate, al tempo stesso la realtà dei fatti si presentava ai suoi occhi chiara e limpida come il menù che stava ancora fissando: il ragazzo nella foto era Rich, la collanina era un regalo della ragazza sconosciuta, ed entrambi gli oggetti erano custoditi con cura nella scatolina nascosta perché per lui avevano un profondo significato. Quella scatolina era così importante e preziosa da non avere nemmeno un granello di polvere su tutta la superficie, e Rich era tutt’altro che una persona ordinata.
Ergo: Rich e quella ragazza erano stati insieme, per qualche ragione la loro relazione si era interrotta, ma lui era ancora innamorato. Lei non era altro che un rimpiazzo, perché in qualche modo gli ricordava la ragazza con cui voleva stare veramente insieme.
La realtà delle proprie parole colpì Cora in faccia come uno schiaffo invisibile; tutta quanta la questione si riduceva a quello: non era altro che un rimpiazzo della ragazza che lui voleva davvero avere. Per l’ennesima volta nella propria vita un uomo la stava usando.
Ma era certa che fosse proprio così? Possibile che Rich fosse davvero innamorato di una ragazza quando ripeteva in continuazione di non essere alla ricerca di una storia e che non era un tipo da preliminari o da qualunque altra cosa che avesse una connotazione romantica? Quell’immagine strideva fortemente con la persona che conosceva lei. Ed una volta in spiaggia le aveva detto di non avere mai avuto una ragazza in vita propria.
‘Ti ha mentito, Cora, possibile che tu non lo capisca? Ti ha mentito perché sta ancora soffrendo, perché la relazione con quella ragazza non è finita per volere suo. Vorrà tornare con lei, ma non sa come fare. Forse tra loro due è successo qualcosa di grave che lei non riesce a perdonare. O forse si è allontanata perché lui ha iniziato a drogarsi ed a frequentare una pessima compagnia. Qualunque sia il motivo della loro rottura, lui non l’ha mai dimenticata, la desidera ancora e tu sei solo un ripiego momentaneo. Se mai dovesse riuscire a riconquistare la sua fiducia, ti abbandonerebbe a te stessa senza pensarci mezza volta. Sei solo il suo giocattolino di questo momento. La sua puttana. Presto o tardi si stancherà comunque. Forse sta già iniziando a stancarsi’.
Cora si accorse di piangere silenziosamente solo quando una lacrima cadde sul menù plastificato. Si asciugò gli occhi con la mano destra, tirò su col naso e cercò di riordinare le idee. Il suo primo istinto era quello di affrontare Rich e costringerlo almeno per una volta a svuotare il sacco; ma costringere Rich a parlare equivaleva prima a confessare di essere stata di nuovo in camera sua senza permesso e di avere curiosato tra le sue cose più intime e personali. Se quella scatolina era stata nascosta con così tanta attenzione, di certo non sarebbe stato contento di scoprire che lei sapeva della sua esistenza.
Aveva ancora ben impressa in mente la sua reazione alla vista dello scempio dell’audiocassetta. Non era ansiosa di rivivere un’esperienza simile.
E poi…
E poi una parte di lei voleva ancora sperare di avere interpretato in modo sbagliato quello che aveva trovato all’interno della scatolina in legno. Ed anziché affrontare Rich direttamente, il metodo migliore era quello di riuscire ad estorcergli di bocca qualcosa indirettamente, tramite delle domande innocenti, che non creassero alcun sospetto.
Come riuscire nell’impresa, però, non ne aveva idea.
Cora lasciò perdere il menù. Lo lanciò sopra la tavola ed uscì dalla tavola calda senza avere preso niente né da bere né da mangiare. Nello stato d’animo in cui si trovava sentiva il bisogno di iniettarsi in vena una dose di cocaina, ma il parco era lontano da raggiungere a piedi ed il caldo troppo insopportabile.
Imboccò la strada del ritorno a testa china, senza chiedersi se avrebbe trovato o meno il proprio coinquilino, e quando rientrò nell’appartamento, lui stranamente era in salotto, sul divano.
“Finalmente!” esclamò mentre lei richiudeva la porta “non sai da quanto ti stavo aspettando. Dove sei stata?”
“Beh, adesso sai come mi sento io ogni volta che sparisci per ore ed ore senza dire una parola a riguardo. O come mi sono sentita quando te ne sei andato per undici giorni, non hai mai dato tue notizie e sei tornato indietro in condizioni pietose, senza nemmeno le scarpe. A proposito… Non mi hai ancora detto dove hai trascorso quegli undici giorni e che fine hanno fatto le tue scarpe da ginnastica”
“Ho trascorso quei giorni in una camera d’hotel, dove non me lo ricordo. Ero strafatto. Riguardo le scarpe, non mi piacevano più. Erano vecchie e volevo cambiarle”
“E prima di buttare via quelle non hai pensato a prendere un paio nuovo?”
“Ero strafatto, Cora. È già tanto che sia tornato indietro senza essermi scontrato contro qualcosa”
“In effetti… Se la metti sotto questo punto di vista… Comunque non preoccuparti, non ho fatto nulla di particolare. Avevo solo voglia di prendere una boccata d’aria fresca, e come puoi vedere le mie scarpe sono ancora al loro posto. Vado in camera mia a riposare”
“Cora, aspetta. Puoi venire qui?”.
Cora si girò a guardare Rich, sorpresa. Non era abitudine per lui usare un noto di voce così gentile.
“Perché?” chiese, sospettosa.
“Perché vorrei parlare… Senza litigare o discutere”
“Beh, questo non dipende da me, Rich. Se le nostre conversazioni si trasformano in litigi è perché sei sempre tu il primo ad iniziare” ribatté la giovane, ma andò ugualmente a sedersi sul divano vicino a lui “di cosa mi devi parlare?”.
Mentre formulava quella domanda, Cora rivide con gli occhi della mente la scatolina nell’armadio.
Aveva cercato di rimettere ogni oggetto al proprio posto prima di uscire dalla camera di Rich, ma forse non aveva prestato così tanta attenzione come credeva e lui, quand’era tornato, aveva subito capito cos’era accaduto. Squadrò il coinquilino velocemente da capo a piedi; non aveva nessuna pistola carica a portata di mano, ma poteva benissimo nascondere un coltello in una tasca dei pantaloni.
Rich era tanto letale con i coltelli quanto lo era con una pistola, ne aveva avuto un assaggio la notte in cui avevano dato a Josh la lezione che meritava. Quando quel figlio di puttana aveva provato a farle un buco nello stomaco, lui era corso subito in camera; un attimo prima era davanti la porta spalancata, ed un attimo dopo era sopra a Josh che lo massacrava di fendenti. Riusciva ancora a vedere, con gli occhi della mente, la lama sporca di sangue che si alzava ed abbassava a ripetizione con una facilità disarmante.
“Cora?”
“Mh?” la voce di Rich riportò Cora alla realtà; la giovane sbatté le palpebre e rivolse al coinquilino uno sguardo confuso “cosa? Hai detto qualcosa? Non ti ho sentito”
“L’avevo notato. Stavi fissando il vuoto e non rispondevi alle mie domande. Ti capita spesso?”
“No, ogni tanto… Sarà una conseguenza delle ferite alla testa” mormorò la giovane, stringendosi nelle spalle “di che cosa mi devi parlare?”
“Apri una mano, quella che preferisci. E chiudi gli occhi”
“Perché?”
“Perché è una sorpresa, e se ti dicessi il perché non sarebbe più una sorpresa. Ma perché devi fare sempre tutte queste domande?”
“Perché a volte sei strano… Più strano del solito” rispose la ragazza, per poi ubbidire ugualmente: chiuse gli occhi ed aprì la mano destra con il palmo rivolto all’insù. Non aveva idea di cosa aspettarsi, non aveva nemmeno idea se doveva preoccuparsi o meno, e sollevò immediatamente le palpebre non appena sentì un peso delicato contro la pelle. Le sopracciglia si inarcarono in un’espressione di pura sorpresa. Quello che il giovane le aveva posato sul palmo della mano destra era un bracciale. Semplice, elegante, e prezioso.
Bastava vedere i riflessi che mandavano le piccole pietre incastonate lungo tutto il braccialetto per capire che non si trattava di un oggetto comune di bigiotteria.
“Rich” mormorò la ragazza, osservando il gioiello più da vicino “ohh… Mio…”
“Ti piace?”
“Sì… Io… Non so cosa dire. Perché?”
“Perché? Hai mai avuto un gioiello in vita tua?”
“Vuoi scherzare? I pochi soldi che entravano in casa servivano per altro. Era impensabile spenderli per qualcosa per me, figuriamoci per qualcosa di così prezioso come questo bracciale… Però mi ricordo che mia madre teneva nascosto in camera sua un portagioie pieno di gioielli. Tutti regali dei suoi amici che venivano a trovarla quando mio padre non c’era. Guarda che meraviglia… Addosso a me è sprecato. Dove lo hai preso?”
“Ha davvero importanza?”.
No, non aveva la minima importanza. E se avesse provato ad insistere, la verità non gliel’avrebbe detta lo stesso. Non c’era bisogno di dirlo ad alta voce, entrambi sapevano benissimo che non era stato acquistato in un negozio.
“Allora?” ad interrompere il silenzio ci pensò Rich “ti piace o no?”
“Mi piace… Molto. Dico davvero” rispose Cora, annuendo, per poi posare il bracciale sopra un mobile. Lo aveva osservato con attenzione per vedere se c’era qualcosa di strano, ma non aveva trovato nessun puntino rosso “ma non posso indossare un gioiello simile qui. Sarebbero capaci di tagliarmi il polso se me lo vedessero addosso”
“Quando sei con me puoi indossarlo senza preoccuparti di nulla. Vieni” disse Rich, alzandosi di scatto dal divano “c’è un’altra cosa che devi vedere, questa volta fuori”
“Fuori? Perché?”.
Il ragazzo sbuffò.
“Perché continui a fare domande su domande? Per una volta, una sola, non puoi stare zitta e limitarti a fare quello che ti dico?”.
Cora avrebbe voluto rispondere che l’ultima volta che aveva fatto così si era risvegliata la mattina dopo dolorante e piena di lividi, ma preferì tacere per non dare inizio all’ennesimo litigio. Non proprio ora che Rich per primo aveva detto di non voler assolutamente discutere. La giovane si alzò a sua volta dal divano, seguì il suo coinquilino ed una volta all’esterno della struttura lui le indicò una delle tante macchine che erano parcheggiate lì davanti.
“Quella è tua”
“Mia?” Cora si voltò a guardare Rich con gli occhi spalancati “che cosa significa che quella macchina è mia?”
“Esattamente questo, non saprei con quali altre parole dirtelo. E queste sono le chiavi” rispose lui, tirando fuori da una tasca dei pantaloni una chiave e facendola tintinnare “vuoi farci un giro?”
“Da dove arriva questa macchina?”
“Da quand’è che si dice da dove arriva un regalo? Mi rendo conto che non è al massimo della sua bellezza, ma è perfettamente funzionante. È un modello che hanno in molti”
“Certo, e quindi anche se ne sparisce una all’improvviso dalla circolazione non salta all’occhio come una macchina sportiva e costosa”
“Ohh, beh… Ti avrei lasciato volentieri la macchina di quel tuo cliente, ma per una volta ci sei arrivata da sola al perché non sarebbe stato molto conveniente. Allora? Vuoi farci un giro? Sai almeno come si guida?”
“Sì, ce l’ho la patente” rispose la giovane mentre prendeva posto sul sedile del guidatore “ma non per merito dei miei genitori. Figuriamoci. Spendere un sacco di soldi per farmi prendere la patente era impensabile. L’ho presa grazie ad uno dei miei primi clienti”
“Generoso”
“Sì… Più o meno. Nessuno fa mai nulla senza un tornaconto personale” commentò Cora, guidando senza una meta precisa “mi ha trovata sul ciglio della strada una notte, poco tempo dopo la mia fuga dall’ospedale, e mi ha tenuta con sé. A quel tempo credevo di avere trovato il mio salvatore, invece dovevo ancora capire come funziona davvero il mondo. Non era altro che un gran pezzo di merda, sono stata con lui finché non ho avuto tutto il necessario per riuscire a cavarmela da sola. A quel punto l’ho abbandonato in piena notte, con il conto in banca più leggero ed una macchina in meno in garage. La macchina l’ho abbandonata dopo essermi allontanata abbastanza, i soldi mi sono bastati per un bel pezzo, ma quando sono finiti tra cibo e pagare la camera in cui stavo, mi sono ritrovata al punto di partenza”
“Faccio ancora fatica a credere che è da tre anni che conduci questa vita con la sfortuna che ti gira attorno”
“A volte me lo chiedo anche io” commentò la giovane, per poi parcheggiare la macchina nel parcheggio di un fast food e spegnere il motore “perché hai preso questa macchina?”
“Perché non hai un mezzo personale con cui spostarti se dovessi averne bisogno, e da sola non saresti mai in grado di procurartelo”
“E riguardo al braccialetto?”
“Non hai mai ricevuto un gioiello in regalo, ho pensato che ne saresti stata contenta… E poi… E poi ho pensato che fosse un buon modo per sistemare quello che è successo prima”
“Stai cercando di chiedermi scusa? È questa la parola che fai fatica a trovare?”
“Sto cercando di dirti che non era mia intenzione arrivare a questo” rispose lui, sfiorando con l’indice sinistro prima il livido sul viso di Cora e poi il taglio che aveva sul labbro inferiore “forse la situazione mi è sfuggita un poco di mano, ma è sempre stato un gioco dall’inizio fino alla fine. Ti ho chiesto il permesso prima d’iniziare e tu mi hai detto di essere d’accordo”
“Sfuggita un poco di mano? Mi hai fatto male sul serio, Rich, ad un certo punto ho creduto che non fosse più un gioco. Non voglio farti arrabbiare di nuovo, ma non è sano che tu abbia questo rapporto con il sesso”
“Ed il tuo lo è?”
“Ecco, lo vedi? Dici che non vuoi litigare, ma poi scatti subito non appena dico qualcosa che t’infastidisce. Non ti sto giudicando, cazzo, ci sono tantissimi uomini, anche donne, che hanno fantasie sessuali legate alla violenza, all’uso delle corde, delle fruste e di roba simile, ma le tue… Le tue sono troppo estreme”
“Che c’è di male nell’avere delle fantasie un po’ particolari? Hai detto tu stessa che non sono l’unico”
“Sì, ma ho come l’impressione che tu non sia in grado di fare sesso senza che ci sia un elemento legato alla violenza. Perché, come ti ho detto prima in appartamento, sembra quasi che sia quello ad eccitarti veramente non… Non il sesso in sé, ma la situazione estrema che si crea attorno. Le minacce, la pistola carica, gli schiaffi… L’idea di mimare un rapporto non consensuale… Suona tutto quanto come un campanello d’allarme”
“Ohh, da quand’è che a tempo perso sei anche psicologa?” domandò in tono sarcastico Rich per poi aprire la portiera alla sinistra di Cora “se la pensi in questo modo e non ti senti a tuo agio in mia presenza, sei liberissima di andartene in qualunque momento. Anche in questo stesso”
“E per fortuna che tra noi due sono io ad essere stupida!” esclamò la giovane, richiudendo la portiera con forza “non ho alcuna intenzione di andarmene. Se non l’ho già fatto questa mattina stessa, pensi che potrò mai farlo ora?”
“E allora si può sapere che cosa vuoi da me?” domandò a sua volta il ragazzo, emettendo un profondo sospiro, esasperato “Cora, ti ho preso il braccialetto che non hai mai avuto. Ti ho preso la macchina che non hai mai avuto per essere libera di andare dove vuoi quando io non ci sono, che altro vuoi che faccia? Che cosa vuoi da me?”
“Qualcosa di normale! Vuoi che viviamo tutto questo alla giornata? D’accordo, per me va bene. Hai delle fantasie spinte? D’accordo, ma perché dobbiamo fare sempre e solo a modo tuo? Qualche volta non possiamo fare del semplice sesso e basta? Ogni volta che vado con un cliente per racimolare dei soldi vengo sempre trattata come un oggetto sessuale, perché deve essere così anche con te? Perché qualche volta non può essere differente?”.
Quando vide Rich chiudere gli occhi, Cora pensò subito di avere raggiunto e superato il limite. Pensò che lui fosse pronto ad esplodere da un momento all’altro, dato che lo aveva accusato di essere uguale ai suoi clienti, invece quando risollevò le palpebre, parlò con estrema calma.
“D’accordo”
“D’accordo?” ripeté la ragazza allibita, ormai pronta all’ennesimo litigio “sul serio?”
“Sì, se è quello che vuoi” rispose lui, scrollando le spalle “ma non ti aspettare che mi trasformi nel tuo principe azzurro, perché sai come la penso a riguardo”.
Rich uscì dalla propria camera a notte fonda, silenziosamente.
Chiuse a chiave la porta alle proprie spalle senza fare alcun rumore ed allo stesso modo socchiuse quella della camera di Cora, vide la sagoma che giaceva sul letto sotto al lenzuolo e la richiuse. Uscì dall’appartamento, scese in fretta le diverse rampe di scale ed uscì anche dall’hotel.
Salì nella macchina che stava usando nelle ultime settimane, e quando occupò il posto del guidatore avvertì la strana sensazione di essere osservato. Si guardò attorno, ma sia la strada che i marciapiedi erano completamente deserti ed immersi nel silenzio più totale. Era solo paranoia. Scacciò quell’assurdo pensiero dalla mente ed inserì la chiave della macchina nel cruscotto.
“Ehi”.
Il giovane si girò di scatto, la pistola stretta nella mano sinistra e pronta a sparare. Puntò l’arma contro il viso della persona che lo aveva colto di sorpresa dai sedili posteriori, e si rivelò essere quello di Cora. La ragazza stava ricambiando il suo sguardo ad occhi spalancati a causa della pistola che aveva a pochi centimetri di distanza da sé.
“Cazzo, ma quanto sei stupida? Cosa ti è saltato in mente di fare?” ringhiò subito lui a denti stretti, abbassando l’arma “lo sai che ero a tanto così dal premere il grilletto? Si può sapere che cosa ci fai qui e quando sei venuta? Ti ho vista in camera tua prima di uscire”
“Io non posso mettere piede nella tua, ma tu entri ogni volta che vuoi nella mia, soprattutto quando sto dormendo?” ribatté la giovane prontamente “quella che pensavi di avere visto non ero io, ma una pila di cuscini. È da un po’ che sono qui, non potevo rischiare di scendere troppo tardi”
“E si può sapere perché ti sei nascosta nella mia macchina?”
“Perché continui a fare tutte queste domande? Da quand’è che una sorpresa si rivela in anticipo?”
“Cora, questo giochetto non funziona con me. Perché ti sei nascosta nella mia macchina?”
“Te l’ho appena detto, non l’hai capito? Ho organizzato una piccola sorpresa e per raggiungerla c’è bisogno della macchina”
“Io sto uscendo. Sono salito in macchina per questo motivo se non lo avessi capito prima, non si può rimandare ad un’altra volta? Possibilmente senza che ti ritrovi nascosta sui sedili posteriori”
“Sarebbe un po’ difficile rimandarla. Ho speso diversi soldi per organizzare tutto quanto”
“Non ti ho chiesto niente io”
“Lo so, ma ho voluto organizzarla lo stesso… Quando arriveremo a destinazione capirai il perché… Ma se proprio non puoi rinunciare all’impegno che hai, non importa. Andiamo lì, così finalmente vedrò quello che fai durante la notte”
“Ti ho già detto… Ohh, lascia stare” il giovane emise un profondo sospiro seccato “avanti. Facciamo a modo tuo. Vieni qui”.
Un sorriso soddisfatto si delineò sulle labbra carnose della giovane, che passò ad occupare il sedile anteriore del passeggero. Cora disse a Rich di accendere il motore della macchina e lo guidò tra le strade, fino a raggiungere il pieno centro della città.
“Parcheggia qui” ordinò ad un certo punto “ci siamo quasi, ma il resto del tragitto lo facciamo a piedi, così resterai ancora più senza parole al nostro arrivo”
“D’accordo” rispose lui, profondamente scettico, scendendo dalla macchina “vediamo cosa hai tramato alle mie spalle”
“Ohh, non essere così tragico, è qualcosa che ti piacerà molto. Di sicuro. Vieni” ribatté lei con un sorriso ampio e luminoso; lo guidò lungo il marciapiede fino a quando non raggiunsero un complesso centrale di appartamenti “dobbiamo entrare qui dentro”
“Lì dentro?” chiese Rich, sempre più dubbioso “perché?”
“Fidati e basta, non si tratta di niente di losco… Ed anche se fosse, vuoi proprio farmi credere che per te sarebbe un problema?”
“No, ma tu hai l’innata capacità di finire sempre in mezzo ai guai e vorrei evitare di ritrovarmi coinvolto anch’io”
“Ti assicuro che questa volta non sarà così. Ti spiegherò tutto quanto quando saremo arrivati a destinazione… Ci siamo quasi, dai”.
Rich emise un sospiro rassegnato e seguì Cora all’interno del complesso di appartamenti; la giovane lo guidò dentro un ascensore e schiacciò il pulsante che corrispondeva al piano più alto del palazzo, particolare che non sfuggì allo sguardo attento del suo coinquilino. Lei se ne accorse e rispose con un sorriso.
Al di là delle porte scorrevoli automatiche c’era un piccolo corridoio con un’unica porta. Quando vi arrivarono davanti, Cora tirò fuori dalla borsetta che aveva con sé una chiave, il tutto sempre sorridendo.
“Ecco la sorpresa che ho organizzato” Cora inserì la chiave nella serratura, girò un paio di volte verso destra, aprì la porta e lasciò che fosse Rich il primo ad entrare. Lui si mosse dopo aver lanciato una breve occhiata alla giovane.
Dietro la porta si celava un appartamento lussuoso con una vista incredibile del centro città; cucina e salotto si estendevano nello stesso ambiente aperto, mentre un piccolo corridoio conduceva alla zona notte. Un’intera parete era occupata da una vetrata, ed il giovane si diresse proprio là. L’appartamento era così in alto che in lontananza si riusciva a vedere anche l’oceano.
“Ti piace?” domandò Cora con una punta di ansia nella voce, dal momento che Rich non aveva ancora aperto bocca. E non riusciva a capire se tutto quel silenzio fosse o no un buon segno.
“Come ci sei riuscita?” domandò a sua volta lui, senza voltarsi, riferendosi all’appartamento.
“È stato più facile di quello che può sembrare e non c’è nulla di losco. È… Diciamo che è un mezzo regalo da parte di un cliente, uno nuovo”
“Mezzo regalo?”
“È il proprietario di una catena di hotel lussuosi e possiede anche altri appartamenti come questo, oltre ad una villa. Quando mi ha portata per la prima volta in un altro appartamento ed ha visto la mia reazione, mi ha parlato di questo e mi ha detto che se lo desideravo così tanto poteva prestarmelo, dato che lui non ci viene quasi mai e sta prendendo in considerazione l’idea di venderlo. Ovviamente un’offerta così generosa non poteva essere gratis. Ha voluto qualcosa in cambio”
“Cosa?”
“Ohh, una prestazione un po’ particolare, niente di allarmante, e questo è stato il pagamento. Ecco perché prima, in macchina, ti ho detto che mi è costato un bel po’ di soldi”
“Non avresti dovuto farlo. Te l’ho già detto ancora all’inizio che non devi mai salire nella macchina di un cliente perché non sai come può andare a finire”
“Lo so, Rich, ma non con tutti funziona in questo modo, e con quelli più benestanti devo chiudere un occhio se voglio guadagnare un bel po’ di soldi. Non importa se in questo caso ho rinunciato ai soldi per avere in prestito per una notte questo appartamento, l’ho fatto per te. Ricordi il discorso di qualche giorno fa? Ho organizzato questa sorpresa per farti vedere che è possibile trascorrere una bella serata senza bisogno di alcun eccesso. Forza, vieni. La vista qui è spettacolare, ma tra poco ti farò vedere qualcosa di ancora più spettacolare” Cora prese Rich per mano e lui si lasciò guidare lungo il piccolo corridoio che separava la zona giorno da quella notte; la giovane si fermò, sempre sorridendo, davanti ad una porta e la spalancò: dall’altra parte c’era un bagno con un’enorme vasca ad idromassaggio funzionante e con una vista stupenda come quella che si poteva ammirare in salotto.
C’erano diverse candele accese per illuminare l’ambiente, dei petali di rosa sparsi per le piastrelle che ricoprivano il pavimento ed un secchio con del ghiaccio ed una bottiglia di champagne sul bordo della vasca. Affianco al secchio, c’erano anche due calici alti e stretti.
“Allora?” chiese Cora, incapace di nascondere l’eccitazione che provava “che ne pensi? Ti piace? È di tuo gradimento?”
“Quella sì” rispose il giovane, riferendosi alla bottiglia “il resto non è nel mio stile”
“A me sembra tutto così perfetto” mormorò la ragazza, con un sospiro, per poi voltarsi verso il suo coinquilino “beh, che fai lì immobile e vestito? Non lo sai che bisogna togliersi tutto quanto per entrare in una vasca ad idromassaggio?”
“Ecco, questo è già più nel mio stile”.
Cora rise, ed i due giovani procedettero a liberarsi di tutto quello che indossavano per entrare nella vasca. Cora fu la più veloce, ormai aveva superato ogni forma d’imbarazzo dopo la prima volta che erano finiti a letto insieme, e quando immerse il corpo nell’acqua calda emise un sospiro soddisfatto.
“È tutto così perfetto, non pensi anche tu lo stesso?” chiese poi all’altro giovane, che era entrato nella vasca a sua volta ed aveva appoggiato le braccia sul bordo in marmo.
“Io penso che non sia giusto che certe persone abbiano tutto mentre altre nulla. Bisognerebbe riportare un po’ di equilibrio”
“Chi può permettersi un posto come questo senza battere ciglio è nato in una famiglia già di per sé agiata, che gli ha permesso di studiare nelle migliori scuole. Chi, invece, come me viene fuori da una realtà completamente diversa che possibilità ha?” mormorò la ragazza, stringendo le ginocchia contro il petto e guardando le tante luci della città che si estendeva sotto di loro; quella che entrambi stavano vivendo non era altro che una piccola parentesi che presto si sarebbe chiusa. Il tempo di una notte e poi sarebbero tornati nel loro appartamento, e quel bellissimo attico lussuoso sarebbe rimasto solo un ricordo.
“Beh, tu pensala come vuoi, Cora, ma io non ho alcuna intenzione di restare per sempre in quel buco dove viviamo ora. Ho altri piani per il mio futuro”
“E quali sarebbero?”
“Racimolare abbastanza soldi da comprare una villa bella come quelle fuori città, ma non qui. Voglio vivere in un’isola deserta, tropicale, e passare le giornate in spiaggia a sorseggiare drink e le notti a divertirmi”
“E come faresti con i viveri e tutti gli altri beni di prima necessità?”
“Non sarebbero un problema. Quando hai soldi, riesci ad avere tutto schioccando semplicemente le dita. Qualunque cosa”
“Avresti bisogno di un bel po’ di soldi per realizzare un sogno come questo, sicuro di riuscirci?”
“Sicurissimo, ho solo bisogno di un po’ di tempo. Hai presente quando ti chiedono dove ti vedi tra dieci anni? Ecco, io mi vedo esattamente lì: su quell’isola tropicale, pieno di soldi, a bere drink e divertirmi”.
Cora strinse le labbra per non replicare, ed il suo sguardo cadde sulle braccia del giovane, ancora appoggiate sul bordo della vasca, sui numerosi lividi causati dagli aghi delle siringhe che usava per bucarsi. Pensò che se Rich avesse continuato per quella strada era più probabile che da lì a dieci anni si sarebbe ritrovato in obitorio, ma non lo disse. E non disse nemmeno che aveva notato che nella sua fantasia utopica non c’era posto per lei. Per tutto il tempo in cui l’aveva descritta, aveva sempre e solo parlato al singolare, mai al plurale, mai per lei.
“E tu, Cora? Tu dove ti vedi tra dieci anni? Non dirmi che non sei stanca di questa vita di merda”
‘Ovunque. Non ha importanza. Basta che sia con te’
“Non lo so, non ci ho mai pensato e non ho voglia di pensarci proprio in questo momento. Adesso siamo qui, in questo meraviglioso appartamento e non voglio pensare altro che a questo” rispose alla fine la ragazza con un mezzo sorriso, avvicinandosi all’altro giovane; gli passò le braccia attorno al collo e gli avvicinò le labbra all’orecchio sinistro “ma se proprio ci tieni così tanto, possiamo fingere di essere già nella bellissima villa su un’isola tropicale che sogni così tanto”
“Ecco, questa è un’idea che non mi dispiace affatto. E dato che è notte questo sarebbe il momento riservato al divertimento… E per rendere il tutto ancora più eccitante, scommetto che oltre ad avere bottiglie di ottima annata, il tuo cliente nasconde anche della roba buona da qualche parte, vero?”
“No, aspetta. Niente droga questa sera” lo bloccò subito la ragazza “né droga né fantasie estreme. Voglio trascorrere una serata normale, perfetta come l’appartamento in cui ci troviamo. Voglio passare una serata come una ragazza come tutte le altre… Per favore, Rich. Me lo hai promesso qualche giorno fa”.
Cora guardò Rich con uno sguardo supplicante. Lui ricambiò lo sguardo e sospirò.
“Che cosa vuoi che faccia esattamente?”
“Voglio che mi baci, che mi stringi e che mi accarezzi. Voglio che mi prendi in braccio, che mi porti di là in camera e che…” a quel punto la ragazza si fermò per qualche secondo; avrebbe voluto dire che per una volta le sarebbe piaciuto fare qualcosa di simile all’amore, ma sapeva fin troppo bene come lui la pensava a riguardo e non voleva essere derisa “e che per una volta facciamo del sesso normale, senza giochi di ruolo, fantasie e nulla di estremo. Per una volta vorrei svegliarmi senza alcun livido in corpo”.
Una volta finito di parlare, Cora si morse il labbro inferiore per combattere il nervosismo. Era già pentita della propria risposta ed era certa che da lì a pochi istanti Rich avrebbe sbuffato, roteato gli occhi scuri ed avrebbe avuto inizio il loro ennesimo litigo, perché per l’ennesima volta le avrebbe ripetuto che lui era tutto fuorché il suo principe azzurro; invece, con sua enorme sorpresa, non solo lui non ribatté né si dimostrò seccato, ma si sentì prendere in braccio proprio come aveva richiesto, e per non scivolare gli passò le braccia attorno al collo.
“Aspetta, non possiamo andare in camera così! Dobbiamo prendere gli accappatoi o faremo un disastro!”
“Ti preoccupi davvero per questo? Con quello che hai fatto per avere una notte in questo appartamento ti preoccupi davvero per delle gocce d’acqua sui pavimenti?”
“Non credo che saranno solo delle gocce, è più probabile delle pozzanghere” commentò la giovane, facendo ridere il suo coinquilino; si rese conto che Rich aveva perfettamente ragione: non aveva alcun senso preoccuparsi per un po’ d’acqua, tanto sarebbe evaporata prima dell’arrivo dell’alba. Si strinse di più al suo collo e lo guidò in direzione della camera da letto. Anche quella stanza era bella come le altre, ed anche lì dentro c’erano le candele accese ed i petali di rosa il cui scopo era creare un’atmosfera romantica.
“Vuoi sapere una cosa che forse ti sorprenderà?” disse Rich mentre posava Cora sul letto matrimoniale “la rosa è sempre stata il mio fiore preferito”
“Hai proprio ragione, non finisci mai di sorprendermi. Conoscendo i tuoi gusti, credevo fosse un fiore nero”
“E dove l’hai mai visto un fiore nero, Cora? Forse nel mondo che esiste nella tua testa, ma di certo non in quello reale. Quanto sei stupida. Vieni qui”.
Cora non replicò perché Rich le aveva dato della stupida in tono scherzoso, e si lasciò prendere il viso e baciare. Gli aveva chiesto di fare del sesso normale per una volta e lui l’accontentò in ogni sua richiesta, dai baci alle carezze. Le sembrò di andare a letto con lui per la prima volta, tanto quella volta era diversa da tutte le precedenti, e si chiese perché sentisse sempre l’esigenza di dare sfogo alle proprie fantasie quando dovevano consumare un rapporto. Perché doveva essere sempre tutto quanto al limite quando le aveva appena dato prova che poteva anche essere tutto normale.
“Mi sembra quasi che questa sia stata la mia prima volta” disse la giovane mentre entrambi se ne stavano sdraiati sul materasso, a riprendere fiato “non riesco a ricordare quando è stata l’ultima volta in cui ho avuto un rapporto come questo… Austin è sempre stato molto premuroso rispetto agli altri clienti, ma sempre un cliente era. Sempre soldi tirava fuori per stare con me. E lui non mi è mai interessato come m’interessi tu”.
Rich scoppiò a ridere.
“A volte dovresti sentirti come parli, Cora”
“Guarda che sono seria. Io non ho mai avuto una notte come questa, perché credi che te l’abbia chiesta? Sì… Ho avuto dei clienti più ‘romantici’ come Austin, ma io sto parlando di una notte trascorsa con una persona che mi sono scelta io, con cui sono andata a letto perché mi andava di farlo e non per guadagnare dei soldi”
“Non hai mai avuto un ragazzo in passato?” domandò Rich, con lo sguardo rivolto verso il soffitto “la prima cotta… La prima volta… Insomma, quelle cose da ragazzini. Non sei mai stata con nessuno che non sia stato un cliente?”
“A parte te? No, mai. Tutti gli uomini con cui sono stata a letto sono sempre stati clienti… A parte te. E l’unico altro uomo che non mi ha mai dato soldi è quello che non avrebbe mai dovuto sfiorarmi con un dito. La mia prima volta è stata orribile, un incubo. Vorrei aver perso memoria di quello, invece quei ricordi sono ben impiantati nella mia mente e non credo che se ne andranno mai via del tutto”
“La mia prima volta è stata a dodici anni. Con una prostituta” commentò l’altro giovane, continuando a fissare il soffitto; Cora girò il viso verso di lui con un’espressione sorpresa perché quella era la prima volta che il suo coinquilino raccontava qualcosa di sé in modo del tutto spontaneo “non mi avevi accennato ad una frequentazione con un ragazzo prima dell’incidente che ti ha quasi mandata sottoterra?”
“Ohh… Quella… Non lo so, non mi sono tornati alla mente nuovi ricordi”
“Non ti ricordi proprio nulla?”
“Niente di nuovo. Non sono nemmeno sicura di avere mai conosciuto un ragazzo… O forse sì… Non lo so, è tutto ancora così confuso e se provo a sforzarmi è peggio, perché anche quel poco che ricordo sembra sfuggire. Ricordo che quando mi sono svegliata, un dottore mi ha detto che la memoria sarebbe tornata col tempo, da sola… O magari anche mai, visti i colpi che ho ricevuto…” Cora si tirò su col busto e strinse le ginocchia contro il petto; il cuore batteva con forza nel petto e ciò non aveva nulla a che fare con quello che era appena accaduto tra loro due. In modo del tutto indiretto, Rich le aveva appena dato la possibilità di indagare sulla foto che aveva ritrovato in camera sua “e tu? Tu non hai mai avuto nessuna?”
“No” disse subito lui, senza la minima esitazione. Una risposta che la giovane si aspettava, ma non per questo si arrese subito.
“Vuoi dirmi che tutti i rapporti che hai avuto sono sempre stati con prostitute, inclusa me? A questo non ci credo, non è possibile. Deve esserci stata almeno una ragazza che abbia attirato la tua attenzione in passato. Una piccola frequentazione. Una storia. Non c’è proprio mai stato nulla di simile nella tua vita?”
“No, nulla… Tranne una volta”.
Cora spalancò gli occhi scuri. Lui era ancora sdraiato e non si accorse della sua reazione.
“Ahh, allora non è vero quello che mi hai raccontato. Qualcuna c’è stata. Avete avuto una storia?”
“Ero un ragazzo ed è durata poco… Il tempo di un’estate”
“Tre mesi non sono poi così pochi. E come mai è finita tra voi due?”
“Strade diverse… Credo. Sono passati diversi anni, non me lo ricordo bene”
“Come si chiamava questa ragazza?”
“Cora, non ricordo nemmeno il motivo esatto per cui abbiamo rotto perché sono passati anni, pensi davvero che possa ricordarmi ancora il suo nome? Pensaci un momento”
“Se ti ricordi ancora che avete avuto una storia, qualcosa ha significato per te. E se ti ricordi della storia che avete avuto, non puoi non ricordarti nulla di lei”
“Mi dispiace deluderti, ma invece è così. Sono passati anni, sono successe cose e tanti particolari mi sono sfuggiti… Me ne ricordo solo uno, se proprio sei così ansiosa di saperlo, ma non è niente di che”
“Qual è?” chiese subito la ragazza, con il cuore che rimbombava nelle orecchie.
Rich si tirò su col busto a sua volta, allungò la mano sinistra, strinse una ciocca dei capelli di Cora tra il pollice e l’indice e vi giocherellò.
“Ricordo solo che aveva i capelli biondi”.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top