(13)

Cora passò una settimana nell’indecisione più totale. L’unica certezza che l’accompagnava da quando apriva gli occhi alla mattina a quando li richiudeva di notte era che non riusciva a liberare la mente dall’immagine di quel ragazzo che l’aveva aiutata.

Sua madre era stata chiara e ferma il giorno in cui le aveva tinto i capelli di biondo: quella era la sua ultima possibilità, se avesse osato ancora infrangere le regole ne avrebbe pagato le conseguenze a caro prezzo. Le ultime tracce dei lividi che ancora aveva sul collo lasciavano ben intendere quali potevano essere tali conseguenze; ma suo padre era spesso lontano da casa per lavoro, la maggior parte delle volte anche per diversi giorni consecutivi, e sua madre non le prestava molta attenzione.

Spesso quando la picchiava le ripeteva in continuazione che non aveva potuto vivere la propria giovinezza per colpa sua, ed ora che era cresciuta era il momento di recuperare il tempo perduto. Cora l’aveva vista in diverse occasioni, quando rientrava in casa, bere e fumare in compagnia di uomini sempre diversi, ma non aveva mai detto nulla al padre.

La ragazza decise di fare un tentativo dato che era andato tutto liscio con la festa di compleanno di Julia, ignorando gli avvertimenti che proprio la sua unica amica le aveva dato quel pomeriggio: uscì di casa nel pomeriggio con la scusa di dover studiare per un altro test, ma al posto di andare in biblioteca cercò d’indirizzo che Julia le aveva dato. Non impiegò molto tempo a trovarlo: si trattava di una casa molto semplice, ma grande, strutturata  su due piani. Anche quella famiglia non navigava nell’oro, come la sua.

Cora si fermò a fissare la casa, ed in quel momento si chiese per la prima volta che cosa stava per fare. Era partita con l’intenzione di rivedere il ragazzo che l’aveva aiutata per ringraziarlo nel modo adeguato, ma non si era preparata nessun discorso. E se non l’avesse trovato in casa? E se al posto suo fosse andato ad aprire qualcun altro? E se la casa si fosse rivelata essere quella sbagliata?

E se era in procinto di fare un’enorme figuraccia?

Cora si disse che era troppo tardi per tornare indietro e che almeno un tentativo andava fatto. E nel caso si fosse rivelata davvero la casa sbagliata si sarebbe scusata e non avrebbe rivisto quelle persone per il resto della propria vita. Si avvicinò alla porta d’ingresso prima di essere colta da altri ripensamenti; la casa era così modesta che non aveva né una targhetta col nome della famiglia che ci abitava né il campanello, e quindi alla giovane non rimase che sollevare il pugno destro e picchiettarlo gentilmente contro il legno.

Aspettò in silenzio, sforzandosi di mantenere uno stato di calma esteriore, ma quando sentì finalmente il rumore di passi che si avvicinavano all’ingresso il cuore iniziò inevitabilmente a battere più forte. La porta sembrò aprirsi dopo un’eternità ed apparve una donna. In contemporanea Cora spalancò gli occhi, perché si trovava davanti al primo imprevisto.

“Cosa posso fare per te?” domandò la donna, anche sul suo viso c’era un’espressione perplessa. La domanda riportò la giovane in fretta alla realtà, spingendola a pensare velocemente ad una risposta. Possibilmente sensata.

“Ohh, salve signora, scusi se la disturbo. Sono… Mi chiamo Nancy e sono… Sono un’amica di suo figlio, lui… Per caso c’è? Adesso è in casa? Dovrei parlargli”

“Mio figlio? Dovresti essere un po’ più specifica perché ho quattro figli maschi. A quale di loro ti stai riferendo?”

“Ahh!” esclamò Cora, perché la risposta della donna l’aveva colta alla sprovvista. Stava iniziando a pentirsi di non aver seguito il consiglio di Julia “no, vede, mi sono espressa male. Io e lui non siamo proprio amici… Una settimana fa, mentre andavo da una mia amica, sono stata importunata per strada e lui è stato così gentile da intervenire. È stata la mia amica a dirmi il suo indirizzo, volevo ringraziarlo per quello che ha fatto… Lui è… Credo poco più grande di me… Non sono sicura di quale sia il suo nome… E adesso non sono nemmeno più sicura di essere nella casa giusta. Ecco… lui è alto, magro… Per favore, mi dica che questa è la casa giusta e che non ho sbagliato indirizzo”

“Non c’è adesso, ma più tardi dovrebbe tornare. Vuoi aspettarlo dentro?”.

Seppur mortificata ed imbarazzata, la giovane accettò l’invito della donna ed entrò mormorando qualche parola di ringraziamento. Anche l’interno dell’abitazione era altrettanto modesto come l’esterno, e Cora si chiese subito come potesse vivere lì dentro una famiglia così numerosa.

La padrona di casa la fece accomodare in cucina e le chiese se nel frattempo voleva una fetta di torta ed un bicchiere di latte; la giovane accettò di nuovo, confusa da quella gentilezza che non era abituata a ricevere in casa propria. Non ricordava una sola occasione in cui sua madre si fosse rivolta a lei con parole simili o che le avesse chiesto se voleva della torta.

“Non guardare il disordine, non aspettavo ospiti oggi”

“No, mi scusi lei per essere letteralmente piombata in casa sua in questo modo”

“Come hai detto che ti chiami?”

“Nancy” rispose Cora dopo un attimo di esitazione. Dopo un mese ancora non si era abituata al suo nuovo nome.

“Sei nuova? Il tuo accento non è di queste parti”

“Io e la mia famiglia ci siamo…” Cora si bloccò nell’udire la porta d’entrata che veniva aperta e richiusa, seguita dal rumore di passi. Qualche istante dopo un ragazzo si affacciò alla porta della cucina, e con grande sollievo della giovane si trattava dello stesso che l’aveva aiutata una settimana prima. Lui prima corrucciò le sopracciglia e poi le inarcò, lasciando intendere che l’aveva riconosciuta.

“Sei arrivato al momento giusto, c’è la tua amica che è venuta a trovarti. Ha detto che ti deve parlare”

“D’accordo, allora noi usciamo” rispose il ragazzo senza aggiungere altro, limitandosi a fare un cenno con la testa. Cora capì che era il momento di andarsene; ringraziò e salutò la madre del giovane e seguì quest’ultimo fuori dall’abitazione. Una volta in strada, lui si voltò a fronteggiarla “che ci facevi a casa mia?”

“Sono venuta a ringraziarti”

“Come hai saputo dove abito?”

“È stata la mia amica a dirmelo, quella del compleanno” rispose Cora confusa “perché mi stai facendo tutte queste domande?”

“E cosa hai detto a mia madre?”

“Non le ho detto nulla riguardo alla collanina od al portafoglio, se è questo che ti preoccupa. Le ho raccontato che sono stata importunata per strada e tu mi hai aiutata, e che sono venuta per ringraziarti!” si difese la giovane; vide il ragazzo rilassare i muscoli delle spalle e capì che la sua preoccupazione ruotava appunto attorno a quello che lei poteva aver raccontato. Subito dopo, lo vide emettere un sospiro.

“Ti avevo detto di lasciar perdere, perché hai costretto una persona a dirti dove abito e sei venuta qui?”

“Perché ho un debito nei tuoi confronti che voglio ripagare, non m’importa se non vuoi. E sei stato tu a dirmi che se ci fosse stato un altro incontro, allora ti avrei offerto qualcosa da mangiare”

“Vattene a casa, non voglio niente da te. Non l’hai ancora capito?”.

Cora s’irrigidì. Non si aspettava una risposta simile, eppure avrebbe dovuto immaginare che lui non era affatto contento di rivederla dall’espressione che aveva fatto quand’era rientrato a casa e l’aveva trovata in cucina. Adesso sì che si sentiva una stupida per non aver seguito il consiglio di Julia.

“D’accordo, l’ho capito, ma non immagini neppure quanto sto rischiando in questo momento per essere qui” rispose lei, per poi voltargli le spalle ed allontanarsi. Si ripromise che da quel momento in poi non avrebbe più dubitato di un consiglio datole dalla sua unica amica.









La notte stessa, Cora venne svegliata da qualcosa che picchiettava contro il vetro della finestra che aveva in camera.

In un primo momento pensò che si trattasse di un ramo mosso dal vento, ma quando al rumore costante si aggiunse una voce, si alzò di scatto ed andò a socchiudere la finestra. Spalancò gli occhi scuri e per poco non si lasciò scappare un urlo quando vide il ragazzo che l’aveva aiutata entrare nella stanza. La trattenne solo il pensiero di svegliare la madre che dormiva nella stanza accanto.

“Sei impazzito?” gli chiese in un sussurro, dopo aver ritrovato la voce “come ci sei riuscito?”

“Mi sono…”

“Parla a bassa voce”

“Mi sono arrampicato sul tubo della grondaia e sono salito sul davanzale. È molto più facile di quello che può sembrare”

“Ohh, certo, e soprattutto normale. E come hai fatto a sapere dove abito?”.

Il ragazzo scrollò le spalle.

“Qui tutti conoscono tutti. Si fa presto a sapere se c’è una casa in vendita od una nuova famiglia che è arrivata. Quello che non sapevo era se la finestra vicino al tubo della grondaia fosse o meno quella giusta, ma ho fatto lo stesso un tentativo”

“Lo sai che se fosse stata la finestra sbagliata mi avresti fatto passare dei guai molto seri?” ribatté la ragazza con un brivido mentre nella sua mente risuonarono le parole di avvertimento della madre “che cosa sei venuto a fare qui? Perché oggi pomeriggio mi hai detto di andarmene ed ora ti ritrovo letteralmente in casa mia senza il mio permesso?”

“Questo non è esatto. Ho chiesto il permesso bussando alla finestra e tu hai aperto, quindi sei stata tu ad invitarmi ad entrare” rispose lui con un mezzo sorriso ironico “ci ho ripensato. Oggi pomeriggio non sono stato molto cortese nei tuoi confronti, ed ora eccomi qua”

“E con questo cosa vorresti dire?” chiese la giovane, per poi spalancare gli occhi perché aveva capito da sola “non vorrai uscire a quest’ora per mangiare qualcosa, vero? È notte fonda, è tutto chiuso e le strade sono vuote e pericolose”

“Vuoi scherzare? La notte è il momento migliore della giornata, se vieni con me te lo dimostro”

“Per me, invece, è il peggiore” mormorò Cora, rabbuiandosi “non potrei uscire nemmeno se lo volessi. Se mia madre si sveglia prima del mio rientro…”

“Non accadrà”

“No, non sto scherzando. Sto parlando sul serio: non deve assolutamente svegliarsi e trovare il mio letto vuoto”

“Anche io ero serio quando ti ho detto che non accadrà: se adesso esci con me, ti farò vedere quanto la notte è meglio del giorno e ti riporterò a casa prima che tua madre si svegli”

“D’accordo” rispose Cora dopo aver esitato “ma fa in modo che non possa pentirmene”.

I due giovani scesero le scale ed uscirono dalla casa senza fare rumore. Non c’era stato nemmeno il bisogno che la giovane si cambiasse perché come pigiama usava una maglietta a maniche corte ed un paio di pantaloncini da ginnastica. I suoi genitori non avevano soldi da spendere in sciocchezze come un pigiama.

Una volta fuori, Cora lanciò un’occhiata preoccupata in direzione della propria casa, ma poi si allontanò insieme al ragazzo.

Lo seguì all’interno di un piccolo supermarket aperto ventiquattro ore su ventiquattro, l’unico posto che a quell’ora di notte vendeva da mangiare. Guardò le diverse corsie su cui erano disposti sacchetti di patatine, dolci, bibite e sentì lo stomaco brontolare. In un’altra corsia c’erano perfino dei panini già pronti che dovevano solo essere riscaldati e dei prodotti freschi di pasticceria, come le ciambelle glassate.
Cora osservò tutte quelle leccornie con l’acquolina in bocca e si rese conto che non aveva soldi con sé. E se anche li avesse presi prima di uscire, non le erano rimasti che pochi spiccioli di quelli che lui le aveva dato una settimana prima.

Arrossì violentemente.

“Scu… Scusami” balbettò poi, imbarazzata “mi sono appena resa conto di non avere soldi con me. Ti ho promesso qualcosa da mangiare e non posso nemmeno offrirtelo. Che figura, mi sento così stupida”

“Ed il problema quale sarebbe?” disse lui con un ghigno, per poi allungare la mano destra, prendere una barretta ed infilarla in una tasca dei pantaloni. Gli occhi di Cora si spalancarono di nuovo perché aveva ancora in mente l’incidente avvenuto una settimana prima e quanto aveva rischiato di essere portata alla stazione di polizia.

“Rimettila al suo posto” sussurrò, guardandosi alle spalle “rimettila al suo posto prima di essere visto. Mi hai promesso che non mi sarei pentita ad uscire con te, ti stai già rimangiando la parola?”

“No, ed infatti non ti pentirai. Rilassati, non ci scoprirà nessuno. Rubare è semplice se sai come fare, cerca di prendere appunti. Devi essere veloce e non dare nell’occhio” rispose il ragazzo, strizzandole l’occhio destro; Cora lo guardò in silenzio mentre riempiva le tasche dei pantaloni e della giacca con tutto quello che riusciva a prendere “e adesso che usciamo, cerca di comportarti normalmente come quando siamo entrati, altrimenti attirerai subito l’attenzione su di te”.

La giovane si limitò ad annuire e seguì il ragazzo verso l’uscita. Anche se non aveva preso niente, sentiva comunque di avere la coscienza sporca e riuscì a tirare un sospiro di sollievo solo quando si allontanarono di qualche metro dal minimarket e vide che nessuno li stava seguendo.

“Visto?” disse lui, soddisfatto “come ti avevo detto: è tutto molto più semplice se sai come muoverti”

“Però ci vuole anche una bella dose di fortuna. E dove mangiamo quello che hai preso?”

“Non preoccuparti, ho già pensato anche a questo”.

Cora si aspettava che il giovane la portasse al parco pubblico, invece camminarono fino a lasciarsi alle spalle la città e lui si fermò nel punto in cui iniziava il deserto.

La ragazza si strinse nelle spalle, quel posto non le piaceva. Non c’era nessuna illuminazione, era una zona abitata da animali pericolosi e faceva freddo. Prima di uscire di casa si era infilata le scarpe da ginnastica, ma non aveva preso con sé niente di pesante ed ora ne stava pagando le conseguenze.

“Tieni, prendi questa” disse il ragazzo, porgendole la propria giacca dopo aver svuotato le tasche da quello che aveva rubato al negozio, ma lei scosse la testa.
“Poi sarai tu ad avere freddo”

“E tu stai già tremando come una foglia. Serve più a te che a me, io ormai sono abituato a trascorrere le notti fuori” insistette lui. Cora mormorò delle parole di ringraziamento, prese la giacca in pelle e la indossò, trovando un sollievo immediato. Era calda, comoda e larga, ed aveva addosso il suo profumo “ti conviene mangiare ora”.

La ragazza non se lo fece ripetere una seconda volta e si fiondò subito sul bottino costituito da dolci e bibite gassate sotto lo sguardo stupefatto del ragazzo.

“Cavolo, eri proprio affamata”

“Non mi capita spesso di avere queste cose in casa”

“I tuoi genitori non le comprano mai?”

“No. Non abbiamo molti soldi. E quei pochi che girano per casa vengono spesi per altro” commentò la giovane con una smorfia, per poi chiedersi perché stava raccontando quelle cose ad un ragazzo che nemmeno conosceva. Non aveva accennato a nulla di simile neppure a Julia, che oltre ad essere la sua unica amica era anche l’unica di cui si fidava “e per altro, non mi riferisco al cibo”

“Ti riferisci a questo?” domandò il ragazzo, mostrandole una bottiglia di Jack Daniel’s che aveva preso e nascosto chissà quando, in un momento in cui Cora non l’aveva visto. Quest’ultima distorse le labbra in una smorfia “mai assaggiato?”

“No”

“Beh” rispose lui, svuotando il tappo “c’è sempre una prima volta”

“E se io non volessi?” ribatté lei “non mi piace l’alcol. E non mi piace l’effetto che ha sulle persone”

“Nessuno ti costringe, ma in quel caso non sapresti mai che cosa ti stai perdendo. Ed aiuta molto a non sentire più il freddo della notte”

“Mi stai offrendo da bere senza uno scopo secondario? Non ti offendere, ma io non ti conosco, come posso essere sicura che il tuo piano non sia farmi ubriacare per poi approfittare di me?”

“Beh, se la tua preoccupazione è questa, prima di tutto non avresti dovuto seguire una persona che non conosci. Guardati attorno, dove siamo? Nel deserto. C’è qualcuno oltre noi due? No, e le prime case sono a diversi metri di distanza. Se avessi davvero pessime intenzioni nei tuoi confronti non servirebbe nemmeno sprecare tempo così, tanto nessuno ti sentirebbe gridare quaggiù. Ed anche se fosse, in quel caso non credere che ci sia qualcuno pronto ad intervenire. Qui tutti sanno che se vuoi vivere a lungo e senza problemi è meglio che ti fai gli affari tuoi” rispose il ragazzo con un mezzo sorriso; mandò giù un lungo sorso di liquore come se fosse acqua fresca per poi passare la bottiglia a Cora “allora? Vuoi provare o no?”.

Cora non amava l’alcol, come lei stessa aveva detto, ma non voleva nemmeno farsi vedere una codarda, per cui accettò la bottiglia e, dopo averla osservata con un’espressione indecisa, mandò giù un piccolo sorso; il liquido ambrato le bruciò la gola e le fece distorcere la bocca in un’espressione disgustata. Non le piaceva affatto il gusto, in compenso sentì subito una gradevole sensazione di calore all’altezza dello stomaco, come le aveva detto il ragazzo.

“Mia madre è un’alcolizzata” disse ad un certo punto, senza essere stata esortata in alcun modo “penso che si sia attaccata alla bottiglia perché è profondamente insoddisfatta della propria vita”

“Tuo padre lo sa?”.

Cora scosse le spalle.

“Perché sei venuto da me stasera?” chiese, cambiando completamente argomento “perché hai cambiato idea?”

“Ci ho ripensato”

“Non sei stato affatto gentile oggi pomeriggio”

“Lo so, ma non mi aspettavo di trovarti a casa mia. Ero preoccupato per quello che potevi aver detto a mia madre”

“Temevi che avessi raccontato del portafoglio? Nemmeno immagini come reagirebbe la mia se sapesse che sono qui con te e non nel mio letto”

“Infatti ci ho ripensato anche perché hai detto che stavi rischiando molto ad essere a casa mia”

“I miei genitori sono molto… Protettivi” disse Cora, facendo una piccola pausa perché era alla ricerca della parola giusta “non mi lasciano uscire con i ragazzi per timore di quello che può succedere. Sai, con tutte le brutte storie che si sentono in televisione…”

“Mh-mh, e tu ovviamente sei una ragazza diligente che ascolta sempre quello che dicono i suoi genitori e che non uscirebbe mai nel cuore della notte in compagnia di un ragazzo che non conosce” disse il ragazzo con un sorriso, e la sua battuta suscitò un sorriso anche in Cora.

I due giovani trascorsero le ore successive a parlare di argomenti diversi e futili, senza più entrare nel personale e senza fare più alcun cenno alla vita privata dell’uno o dell’altra. Passarono in quel modo l’intera notte, parlando, ridendo, mangiando schifezze e bevendo, e quando tornarono all’abitazione della giovane, in lontananza, all’orizzonte, si vedevano le prime sfumature arancioni dell’alba.

Cora sapeva di dover rientrare in fretta ed in silenzio, ma sapeva altrettanto bene che di sicuro la madre non si sarebbe alzata dal letto prima della tarda mattinata dato tutto l’alcol  che aveva di sicuro in corpo. Non c’era nessuno per strada ad eccezione di loro due, era arrivato il momento di salutarsi e, complice l’alcol che a sua volta aveva in corpo, la giovane decise di prendere l’iniziativa per prima: si appoggiò al muro della casa, afferrò il ragazzo per la maglietta e lo attirò a sé. Lui l’assecondò, appoggiò i palmi delle mani sul muro ed avvicinò il viso a quello di Cora, senza però unire le loro labbra.

“Sei sicura che sia quello che vuoi?” le domandò in un sussurro, guardandola negli occhi e facendola rabbrividire “o è quello che hai bevuto a volerlo? Non è che poi, quando ti svegli e smaltisci tutto, dici che mi sono approfittato di te?”

“Assolutamente no. È quello che voglio e non sai quanto lo voglio”

“Anche se non conosci nulla di me?”

“Anche se non conosco nulla di te” ripeté la ragazza. Lasciò andare la stoffa della maglietta, gli passò le braccia attorno alle spalle e cancellò quella poca distanza che era rimasta tra le loro labbra. In quel momento non le importava nulla di tutto quello che la circondava, e non le sarebbe importato nulla nemmeno se fossero apparsi il padre o la madre, e delle conseguenze che ci sarebbero state. In quel momento esistevano solo loro due, la strada deserta e le prime luci dell’alba, e voleva solo che quel bacio durasse per sempre. Ma non era possibile.

Quando si separarono, per riprendere fiato, Cora realizzò che quello che aveva dato era stato il suo primo vero bacio.

“Lo rifacciamo?”

“Cosa?” chiese il ragazzo con una risata divertita “il bacio o la notte appena trascorsa?”

“Tutto. Entrambi. La notte, soprattutto” rispose lei, suscitando ancora il divertimento di lui “non voglio che tu sparisca nel nulla”

“Io non sparisco se tu non lo vuoi”

“Non lo voglio”

“Questo è il tuo colore naturale?” chiese il ragazzo, prendendo in mano una ciocca di capelli biondi ed attorcigliandola al pollice sinistro. Cora avrebbe voluto rispondere con sincerità, ma le tornarono in mente le parole della madre.
“Sì”

“E qual è il tuo nome?”.

Di nuovo, la giovane si ritrovò a lottare brevemente contro l’impulso di essere sincera.

“Nancy”

“Nancy” ripeté il ragazzo, staccando le mani dal muro “ricordati di tenere la finestra socchiusa questa notte, Nancy”.

Le labbra carnose di Cora si schiusero in un sorriso luminoso come il sole che stava sorgendo sulla città. Lui se ne andò e lei entrò in casa. Salì al piano di sopra, controllò che la madre stesse ancora dormendo e si chiuse nella propria camera da letto. Si lasciò andare contro il materasso e si ritrovò a fissare il soffitto con ancora il sorriso sulle labbra.

Si rese conto solo in quel momento che indossava ancora la giacca nera del ragazzo e che si era dimenticata di ridargliela indietro. Avvicinò il viso alla stoffa, chiuse gli occhi e prese un profondo respiro. Aveva il suo profumo. L’avrebbe tenuta al sicuro, lontano dagli occhi della madre e del padre, e l’avrebbe trattata allo stremo di una reliquia sacra.

Quel giorno, per la prima volta da moltissimo tempo, si addormentò serenamente.

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