Episodio 3: Vecchie e nuove catene
«Sveglia, traditrice» esclamò la voce tonante di Steiner, rimbalzando sulle umide pareti in pietra.
«Le segrete?» mormorò Anne, confusa.
Il suo corpo, vestito di scomodi panni in cotone, si destò con un sussulto e fece tintinnare due catenacci. La Shogun aprì lentamente gli occhi e intercettò un involucro di carta diretto verso di lei.
«Mangia qualcosa» intimò il cavaliere, «sei rimasta svenuta per quasi due giorni.»
«Dove mi avete trovata?»
«All'ingresso di Toleno, pronta all'assalto. Fortunatamente avevi già consumato gran parte della furia distruttiva contro i mostri lungo la strada.»
Anne arrossì di vergogna, abbassò la testa e raccolse l'oggetto caduto tra le gambe incatenate: un panino con mortadella e sottaceti di Lindblum. Quando l'acre odore scaturì dall'involucro aperto, Steiner fece un paio di passi indietro e si coprì la bocca, disgustato da quella puzza incivile.
«I miei cibi preferiti... sono condannata a morte, giusto?»
L'uomo bardato sospirò.
«Sono costretto a confermare la tua ipotesi: Sua Maestà ha già emesso la sentenza. Verrai giustiziata domani in pubblica piazza per alto tradimento e uso non autorizzato di trance nel territorio di Alexandria. Per quanto ti abbia sempre mal sopportato, devo ammettere che mi rincresce, Shogun.»
Anne alzò il viso di scatto e scrutò Steiner con sguardo indagatore, il quale arrossì.
«Perché? Ho tradito il mio ruolo, la regina e l'intero regno. Non merito né grazia né compassione.»
«Conosco il motivo per cui lo hai fatto.»
«Impossibile.»
Anne terminò il panino e rimase a fissare le fughe incrostate tra le mattonelle ai suoi piedi, silente.
«Dovevi salvare la tua principessa» continuò il cavaliere.
«Smettila, inutile ammasso di ferraglia petulante!»
Steiner trasalì, ma non tacque: «Un uomo molto saggio una volta disse che perfino il più pavido dei gatti deve divenir leone quando si tratta di proteggere il nido. Eppure, in quel tipo di battaglie avrà sempre la meglio una leonessa».
Quella frase colpì Anne come una saetta. Era parte dell'arringa che il re aveva pronunciato in una sperduta vallata al confine sud per esortarla a tornare ad Alexandria, dopo aver passato settimane a cercarla per tutto il continente della "nebbia".
«Il giovanissimo cocchiere incappucciato eri tu, allora» rispose la Shogun, dopodiché si abbandonò a un sorriso nostalgico.
Steiner annuì e rimasero a fissarsi in silenzio per qualche minuto.
«Chi ha indicato come boia?» domandò Anne, improvvisamente allarmata.
«Beatrix. Sarà il suo primo incarico ufficiale come nuova Shogun.»
«Brahne spera forse che disobbedirà per condannare anche lei? Che donna ridicola! Ho addestrato il cucciolo a non farsi scrupoli nemmeno di fronte a un bambino in lacrime.»
«Attenta a come parli, traditrice. Aver vissuto nelle grazie del re non ti autorizza a mancar di rispetto a Sua Maestà.»
«Quali grazie? Il nostro amore è stato una condanna. Stolto cavaliere, non puoi nemmeno concepire quanto sia doloroso passare ogni secondo della propria vita di fronte alla persona che ami, dovendo però fingere che il vostro rapporto sia puramente gerarchico. Lasciare tutto in segreto nel cuore della notte, vagabondare incinta nelle terre selvagge e partorire in solitudine nel mezzo di un bosco pullulante di fiere non è nulla a confronto. Ma sai perché sono fiera di aver fatto tutto questo? E perché ho deciso di tornare? Non per il re, non per Brahne, non per Garnet, nemmeno per Beatrix. Perché io, come il cucciolo, sono figlia di Alexandria!»
Un'ombra apparì alle spalle di Steiner, ma egli era troppo intento a dare in escandescenze a causa dell'impudenza di Anne per accorgersene. Un colpo vigoroso raggiunse la sua nuca e il cavaliere cadde al suolo svenuto. Il clangore dell'armatura risuonò nel tetro corridoio silenzioso.
La Save the Queen, sogno di una vita, era lì a venti centimetri, ma Beatrix non provava alcuna gioia. La sua mente era preda della più totale confusione, tormentata dai frammenti di un articolato sogno ricorrente che si era presentato per la prima volta mentre giaceva svenuta sul campo di battaglia di Dali, due giorni addietro. Anche quella mattina, più che di essersi svegliata, aveva avuto l'impressione di essersi teletrasporta nel proprio corpo da un mondo alieno chiamato Memoria, o qualcosa del genere. Laggiù aveva intrattenuto lunghe conversazioni con il fantasma di Severine e con una voce eterea che la prima volta aveva affermato di essere il defunto re, la seconda suo padre e la terza entrambe le cose.
Ma Beatrix non aveva padre, era soltanto figlia di Alexandria, come Anne le ripeteva in continuazione. E aveva vissuto i primi quattro anni di vita nelle terre selvagge a puro scopo di addestramento in vista delle future battaglie. Anche se, ripensandoci, la versione degli interlocutori onirici secondo cui Anne, ai tempi soldatessa scelta, fosse fuggita da corte alla prima avvisaglia di gravidanza per evitare lo scandalo suonava ben più plausibile.
I pochi scampoli di dialogo che riusciva a richiamare da vigile sussurravano altre insinuazioni perniciose. Ad esempio, che Anne fosse stata spinta a entrare in trance grazie a un imbroglio ordito da Brahne, o che Kuja fosse una sorta di dio della distruzione proveniente da un altro pianeta. Pure assurdità, per giunta accompagnate da esortazioni a liberare sua madre, rapire la principessa e scappare nel Granducato di Lindblum, oppure a sfruttare la nomina a Shogun per sabotare i piani di Brahne, che secondo il defunto consorte avrebbe trascinato in guerra il mondo intero nel giro di qualche mese.
Se anche le voci ultraterrene avessero avuto ragione, perché mai avrebbe dovuto opporsi? Il conflitto imminente sarebbe stato l'occasione perfetta per distinguersi, cancellando altresì l'onta del tradimento di Anne. Presto il nome di Beatrix sarebbe stato accostato a quello delle grandi Shogun del passato, che il funzionario stava elencando in quel momento.
Le voci e le immagini di Memoria presero a vorticare furiosamente nella sua mente, accompagnate da potenti emozioni egoistiche che credeva di aver sepolto insieme ai ricordi più arcani. L'elenco terminò con il nome "Anne la Sconsiderata", accolto dai fischi e dai boati irosi della folla. Beatrix rimase impassibile mentre il suono profondo di un corno riportava gli astanti al silenzio.
«Per la gloria del regno e per la salute della famiglia reale nomino te, Beatrix, nuova Shogun di Alexandria!» esclamò Brahne.
I civili trattennero il fiato mentre soldati e soldatesse si chinavano sul ginocchio destro con rapidità e ordine. Beatrix allungò le dita della mano destra verso l'elsa della Save the Queen, ma avvertì una sorta di scossa al volto e fu costretta a chiudere l'occhio per un attimo.
La voce del re risuonò nella sua mente: «La spada protegge dal dubbio. Il dubbio protegge dalla spada. Non dimenticarlo e sarò sempre con te, figlia mia».
I frammenti di pensiero appresi in Memoria abbandonarono per sempre la sua coscienza condensandosi in quella frase. Beatrix, tremante, abbrancò l'elsa della Save the Queen e la stagliò nel cielo terso.
L'Uomo Salamandra, dalla pelle verdognola e dalla folta criniera color amaranto, fissava Anne con aria decisamente annoiata. Sussurrò qualcosa che suonava come: «Troppo facile», scassinò la porta della cella e lanciò una spada con un mazzo di chiavi appeso all'elsa verso la prigioniera.
«Non ti eri dato alla macchia dopo quel furto?» domandò Anne.
«Pare che Kuja abbia capito il malinteso, nonostante non possa farmi vedere in giro per Toleno a causa di una "questione politica". Cosa che abbiamo in comune, a quanto vedo» replicò Amarant.
«E tu te la sei fatta andare bene così?»
«Il lavoro sporco paga il doppio.»
Appena Anne ebbe maldestramente infilato la chiave nel lucchetto della catena che avvolgeva la caviglia destra, l'umanoide fece un cenno con il capo e si dileguò. L'assordante rumore di decine di piedi in armatura, proveniente dal soffitto, annunciò l'imminente arrivo della guarnigione di guardia. La donna sciolse entrambi i vincoli, si mise in piedi con titubanza e barcollò fuori dalla cella. Posò una mano sul cuore e ristabilì il vigore grazia alla magia curativa Energia, poi si rivolse all'incosciente Steiner: «Proteggi Garnet, unica speranza di Alexandria, e proteggi anche la mia principessa se mai sarà necessario. Addio, uomo di latta, mi fido di te».
Il cavaliere grugnì, ma Anne non aveva tempo per verificare se avesse davvero recepito. Girò i tacchi e scattò verso il punto più profondo dei sotterranei, dove avrebbe imboccato un'antica via di fuga dal castello, sconosciuta alla maggior parte dei suoi abitanti.
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