Episodio 2: La battaglia di Dali
«Attacco numero uno: Levitaga» sussurrò Anne mentre ruotava i palmi verso il cielo.
Beatrix, Severine, due Piros sul punto di esplodere, due Mal Bernardo e i due Zacmal di dimensioni regolari furono sbalzati a cinque metri d'altezza, perdendo ogni controllo sul proprio corpo.
La mano destra di Anne scattò verso il basso e quella sinistra si piegò in avanti. I mostri sospesi ricaddero sugli alleati sbalzandoli, schiacciandoli e terrorizzandoli. I Piros esplosero in un boato assordante, in seguito al quale i nemici sopravvissuti cominciarono a lottare tra loro.
Nel frattempo, Beatrix e Severine furono sospinte a grande velocità verso gli Zemzelet, che, dopo essersi alzati in volo, erano intenti a lanciare Aerora a ripetizione contro il deposito.
Le enormi civette dal piumaggio verde conifera intercettarono le guerriere e svolazzarono qualche metro più in su, ma Anne tracciò un'ampia virata e mise nuovamente gli avversari nel mirino. Questa volta gli Zemzelet optarono per contrattaccare con la tecnica peculiare Telecinesi.
La resistenza magica dai riflessi violacei si attivò un istante prima dell'impatto, lasciando Severine e Beatrix sospese a venti centimetri dal bersaglio. Anne chiuse gli occhi, cacciò un urlo rabbioso e rinforzò la spinta magica con ogni goccia di energia spirituale residua, sperando di risolvere lo stallo in fretta: l'effetto di Levitaga sarebbe svanito in circa dieci secondi, facendo precipitare le compagne proprio al centro della baraonda.
Due stridii agonici segnalarono che i nemici erano stati colpiti, ma un forte grugnito costrinse Anne a tralasciare lo scontro aereo. Lo Zacmal grosso il doppio del normale, scampato d'impeto alla pioggia di mostri, troneggiava di fronte a lei con il corpo ricoperto da scariche elettriche ad alta intensità.
Prima che la Shogun potesse fare alcunché, lo zoccolo anteriore destro dell'animale la colpì allo stomaco e la spedì a terra supina. Zacmal provò a incornarla, ma un fendente della Save the Queen deviò il colpo mortale. Tuttavia, la lama agì da conduttore per l'energia elettrica. Essa si riversò su Anne e la immobilizzò al suolo, dolorante e fumante.
Zacmal ruotò nuovamente il cranio e si erse su due zampe per colpire con gli zoccoli, ma l'avversaria spinse le spalle in avanti e si abbrancò la testa, nascondendola così tra le braccia corazzate e le scaglie di drago sulle spalliere. Il facocero dai crini azzurri pestò ripetutamente, sommando via via l'energia della frustrazione alla potenza muscolare, ma Anne incassò serafica ogni pedata e schernì mentalmente il nemico. Suo malgrado, non poteva sapere che l'armatura cremisi trasformava i danni fisici subiti in energia vitale.
I cadaveri degli Zemzelet si schiantarono al suolo appena in tempo per attutire la caduta di Severine e Beatrix, le quali vi rimbalzarono sopra e atterrarono senza danno. Si trovavano dall'altro capo dell'orda, che nel frattempo aveva recuperato lucidità e coscienza di gruppo, nonostante si fosse ridotta a una dozzina di creature.
«È il momento migliore per sconfiggerli tutti insieme» esclamò la veterana.
Beatrix convenne, entusiasta di poter finalmente provare in battaglia la tecnica ideata da Severine.
«Non credo proprio. Firaga» pronunciò una voce asciutta alle loro spalle.
Un enorme incendio divampò lungo l'intera area agricola, formando un cerchio intorno al campo di battaglia. L'aumento repentino della temperatura fu accompagnato dal sinistro crepitio di piante e attrezzi, nonché dai gemiti disperati dei mostri fuggiti in precedenza.
Beatrix e Severine si voltarono d'istinto e lanciarono la tecnica Shock in direzione della voce. I due raggi rimbalzarono su una sagoma, che all'impatto divenne visibile per un istante e si rivelò essere una creatura alata dalla fisionomia di un umano robusto. Era impossibile riconoscerlo: uno sproporzionato cappello a punta e l'altissimo colletto del mantello celeste celavano completamente il suo volto. Tornato trasparente, il nemico misterioso spiccò il volo causando una brusca ventata, ma l'attenzione delle soldatesse fu richiamata dall'assalto dei mostri superstiti.
Beatrix, dopo aver scostato un paio di ciocche che ricadevano sulla tempia sinistra, intimò alla compagna d'armi: «Lascia fare a me».
«Aspetta! Quel colpo consuma troppa energia» intimò Severine, invano.
Nonostante la sua protetta adottasse comportamenti misurati, educati e formali nella vita di tutti i giorni, sul campo di battaglia diventava identica alla madre: una bestia assai più pericolosa di tutta l'orda messa insieme.
«Estasi Siderale!» urlò la futura Shogun, poi roteò l'arma e la schiantò sul muso del Mal Bernardo più vicino.
Una spirale di luce bluastra scaturì dal punto d'impatto e mandò in pezzi la lama, sparpagliando raggi energetici tutto intorno. I nemici, colpiti a morte, caddero a terra con versi strazianti. Severine si accucciò istintivamente dietro lo scudo e se la cavò venendo sbalzata di qualche metro. All'atterraggio, realizzò con sollievo che l'incendio magico era svanito, allora voltò la testa in direzione di Beatrix e fu presa dal panico: lo strano individuo volante fluttuava a braccia conserte sopra il corpo svenuto della giovane.
«È stato divertente» esclamò, «ma se non posso controllarvi tanto vale uccidervi. Idroga!»
Appena fu divampato l'incendio, Zacmal cacciò un grugnito spaventato e si allontanò di gran carriera. Anne, ancora rannicchiata sotto l'armatura, dedusse dal calore crescente e dalla fuga del cinghiale che la posizione non era sicura. Afferrò la Save the Queen e si mise rapidamente in piedi, trovandosi avvolta dalle fiamme.
Era davvero strano che uno di quei mostri possedesse l'intelligenza e la forza magica per utilizzare Firaga. Comunque, dopo essersela cavata con un'ustione al braccio evacuando una città incendiata per un giorno intero, quelle quattro vampe erano uno scherzo per lei.
Trasse un respiro profondo e fendette la barriera rovente con risolutezza, trattenendo stoicamente le grida di dolore. Emerse ansimando dopo qualche metro e si piegò sul ginocchio destro per recuperare vigore. Tuttavia, Zacmal attendeva il suo arrivo in piedi sulle zampe posteriori, nuovamente sormontato da scariche elettriche e con il cranio zannuto pronto a trafiggere.
Anne fissò il nemico dritto negli occhi con un misto di compassione e rispetto. Senza la dotazione sarebbe stato un degno avversario, un vero re delle foreste.
Zacmal si sbilanciò in avanti e scagliò il capo verso la Shogun, che strinse la Save the Queen con entrambe le mani e urlò: «Attacco numero due: Fendicielo!»
Un cuscinetto d'aria tagliente scaturì dalla punta della spada e prese ad espandersi sia in altezza sia in larghezza. Il raggio incontrò il capo di Zacmal e lo trapassò, per poi continuare a crescere a dismisura.
Il facocero, appeso come un pesce all'amo, venne rapidamente issato verso il cielo tra grugniti di dolore e inutili tentativi di divincolarsi, fino a quando sbatté contro un'enorme bolla d'acqua sospesa in aria. L'energia elettrica immagazzinata dal mostro scatenò un'enorme esplosione, che si risolse in una nuvola di fumo e "nebbia".
Per quanto trasudare "nebbia" durante il processo di decomposizione fosse un fenomeno comune sia ai mostri sia alle persone, accadde in modo assai strano: i filamenti della misteriosa sostanza eterea schizzarono istantaneamente fuori dal corpo e sparirono nello stesso punto, come se qualcosa o qualcuno li stesse assorbendo.
Per la prima volta dall'inizio dello scontro, Anne poté sincerarsi delle condizioni delle compagne. Individuò Severine a una trentina di metri, china a bersagliare il corpo svenuto di Beatrix con una magia curativa dopo l'altra.
Quando venne raggiunta dalla superiore, la veterana scattò in piedi con la mano alla fronte, pronta a eseguire l'ordine successivo. Efficiente, leale e fraterna come sempre. Materna, non solo per via dell'età leggermente più avanzata.
Anne scosse la testa, le posò una mano sulla spalla e disse: «Severine, tu sei troppo rigida per ambire al titolo di guerriera leggendaria, ma sei indispensabile e meravigliosa per chi sta al tuo fianco. Mi assumo l'incarico di avvisare il villaggio e di occuparmi del resto, tu e il cucciolo siete in licenza fino a nuovo ordine. E grazie, oggi è stata davvero dura».
Ammirò fugacemente lo sguardo commosso della sottoposta, poi mosse in direzione di Dali. Tuttavia, un forte tonfo sulla terra bruciacchiata alle sue spalle la costrinse a voltarsi dopo qualche passo. Una strana statua, che raffigurava un anziano rannicchiato dietro a due steli massicce, era piovuta dal cielo atterrando di fronte a Severine. Rimase immobile a fissarla con sguardo sinistro.
La veterana, incuriosita, fece due passi in avanti. Le steli si divaricarono ed emerse un suo clone, perfettamente identico nelle movenze, nell'abbigliamento e nei tratti. Unica differenza: non proiettava alcuna ombra.
Nella mente di Anne balenò l'immagine del dottor Totto, precettore della principessa Garnet, intento a sfogliare ad alta voce un antichissimo tomo che trattava le avventure di Ipsen nel Continente Dimenticato: "Tra i mille pericoli celati nella cripta, nessuno fu più insidioso di quel me stesso che tentò di far di me stesso la sua ombra".
«Severine, scappa!» urlò Anne.
Un grosso specchio levitante spuntò alle spalle del clone. Era incrostato e parecchio inquietante, siccome la sua proiezione escludeva le tre figure umane che aveva di fronte. Severine, fatalmente ammaliata dal vuoto panorama nel riflesso, parve non udire e rimase immobile.
Il clone esclamò: «Io sono Severine!»
Lo specchio andò in pezzi e la veterana con lui.
Le spade in mithril cozzarono vigorosamente. Beatrix saltò all'indietro, atterrò con una capriola, respirò profondamente un paio di volte per riprendere fiato e si rivolse a Severine con voce speranzosa: «Dimmi che il riscaldamento è terminato, ti prego».
L'altra non rispose, ma si irrigidì e trasalì. Poi, sotto lo sguardo stralunato dell'allieva, fece qualche passo all'indietro e crollò contro una delle strette pareti che delimitavano il valico dov'erano solite provare le abilità più distruttive. Severine era visibilmente angosciata, come se avesse appena assistito alla capitolazione di Alexandria.
Quando Beatrix sedette vicino a lei, si voltò e chiese con cadenza incerta: «Dove siamo?»
«Valico di Toleno, sessione d'addestramento speciale sulla tecnica Estasi Siderale» rispose la giovane, sempre più preoccupata.
«No. Questo è un sogno e io sono morta.»
«Sei impazzita, al massimo. Ma è molto più probabile che tu sia soltanto stanca. Forse è meglio se riprendiamo l'allenamento più tardi.»
Severine balzò in piedi di scatto e corse al limite del corridoio naturale. Invece della vallata di Toleno, si trovò di fronte un oceano di nero vuoto puntellato di stelle. Avanzò di un paio di passi e si ritrovò a fluttuare in compagnia di una stupefatta Beatrix, che l'aveva seguita a brevissima distanza.
«Questo è Memoria, il luogo dove dimorano le testimonianze delle vite passate, la conoscenza comune e l'inconscio collettivo dell'umanità. Tanto i ricordi del tuo addestramento quanto la tua maestra ora appartengono a questa dimensione» spiegò Severine, sconsolata.
«Sono morta anche io?»
«No, sei svenuta e il nostro ricordo comune ti ha permesso di giungere qui, anche se non mi è chiaro il motivo.»
«C'è qualcosa che deve vedere» esclamò una voce familiare.
«Sire!» risposero le due all'unisono, cercando d'individuarlo per prostrarsi.
Il re non si palesò, ma di fronte alle soldatesse apparve uno schermo contenente le immagini del campo di Dali, dove Anne, tra fiumi di lacrime, aveva appena trapassato la copia di Severine. Un denso nugolo di "nebbia" fuoriuscì dal cadavere e ascese a grande velocità verso il cielo.
«Ti ha ucciso lei?» domandò Beatrix, confusa.
«No, ha appena giustiziato il responsabile, un clone evocato da quella specie di statua» rispose Severine, indicando l'insolito blocco di pietra senziente nell'angolo destro della scena. Esso divaricò le steli per la seconda volta e la Shogun si trovò a fronteggiare se stessa.
Osservandosi dall'esterno, appariva tanto inquietante quanto ridicola. Nonostante la sua capacità distruttiva superasse quella di un'intera armata, gli anni di vagabondaggio le avevano insegnato che nessuno era immune dall'impotenza. Esistevano mostri che nemmeno mille zanne di drago potevano spaventare. Esistevano entità, tra cui quella, da cui non poteva proteggere il regno e il cucciolo senza arrendersi all'oscuro impeto che si destava in lei quando si trovava a stretto contatto con la morte. Tuttavia, se qualcuno l'avesse vista mentre la sua coscienza era in balia della bestia, sarebbe stata la sua fine.
«Io sono Anne!» esclamò il clone, evocando lo specchio mortifero.
La Shogun si voltò verso il corpo incosciente di Beatrix e si perse per un attimo nel suo giovane viso affilato, splendido come una rosa di maggio. Avrebbe riportato il cucciolo al nido a qualunque costo.
«Terzo attacco: Loss of Me!» replicò Anne.
Mentre il suo corpo veniva avvolto da lingue di luce violetta, la guerriera serrò le mani sulla spada e cominciò a muoversi a velocità supersonica su e giù per la scena, sferzando ora la statua ora il clone con fendenti talmente potenti da polverizzare all'impatto i punti colpiti.
Eliminati i due avversari, Anne si piegò sulle ginocchia, saltò verso l'alto come un proiettile e sfrecciò verso un punto nel cielo in cui apparentemente non c'era nulla.
Una serie di rumori furiosi narrò a Beatrix una schermaglia brutale, ma troppo rapida per poter essere colta dall'occhio umano. Perso lo slancio, Anne precipitò, atterrò piegando le ginocchia e prese a correre a perdifiato per tutta la vallata di Dali, falciando ogni creatura in cui s'imbatteva. L'essere alato con il cappello a punta, invece, si allontanò in volo irregolare nella direzione opposta, visibilmente malconcio.
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