72. IL GIORNO È GIUNTO
E COME PROMESSO, ANCHE A CAPODANNO CI TENGO A FARVI PERSONALMENTE GLI AUGURI REGALANDOVI UN ALTRO CAPITOLO.
COME AVETE TRASCORSO QUESTO GIORNO? SPERO BENE E CON L'AMORE DELLE VOSTRE FAMIGLIE.
BUON ANNO A TUTTI 🥳🥳🥳 SPERO CHE QUESTO NUOVO 2021 CI PORTI PIÙ SERENITÀ E TANTA NORMALITÀ. UN ABBRACCIO FORTE A TUTTI VOI CON AFFETTO LA VOSTRA FEDERIA ❤️
<<Si svegli signorina Viola. Il padrone ha espressamente richiesto che lei in questo giorno sia impeccabile.>> Angelina la scosse nuovamente con un po' più vigore e Megan aprì un occhio. La luce del presto mattino quasi l'accecò.
<<Sono così eccitata di vederla a restauro completo. Sei già così bella al naturale, questa sera sarai al pari di una dea, ne sono convinta>> disse la donna sbattendo le mani per fare rumore e allora Megan cedette e spalancò gli occhi, ma rimase inerme nel letto nel fissare il soffitto bianco della nuova camera. Percorse con lo sguardo la cornice elegante a congiungere i quattro spigoli dei muri circostanti e solo allora acquisì la percezione del presente. Inspirò profondamente e chiuse gli occhi per un attimo. "E dunque il giorno è giunto. Forse questa notte sarà la mia ultima notte... la nostra ultima notte..." E il pensiero di veder soffrire Jack fece ancora più male della quasi certezza di dover morire. Avrebbe preferito una fine lesta e indolore, ma sapeva di già che così non sarebbe stato. "D'altronde cosa potrei aspettarmi da questi mostri? Non possiedono pietà e per di più godono della sofferenza altrui..." Una lacrima scivolò al lato dell'occhio e lo sguardo vigile di Angelina la notò.
<<Tesoro come mai quelle lacrime? Hai per caso fatto un brutto sogno? Dai tirati su, ora c'è zia Angelina, è tutto passato>> la incoraggiò la donna, aiutandola ad alzarsi e abbracciandola per consolarla. E quel fare materno così discordante da tutto il resto, talmente stonato rispetto alle brutalità dei momenti vissuti fin dal suo arrivo, la destabilizzò a tal punto da indurla ad un pianto disperato.
<<No, no tesoro, non piangere più per piacere. Così gli occhi si gonfieranno e ti verranno fuori due occhiaie bruttissime e neppure il miglior truccatore potrà porre rimedio>> tentò di scherzarci su la donna credendo che le sue parole potessero in qualche modo farla sorridere. Ma ciò che ottenne fu l'effetto contrario.
<<Santo cielo signorina Megan, non so quale incubo abbiate fatto, ma cerca di contenerti dolcezza altrimenti Cristian penserà che chissà cosa ho combinato.>>
E il sol pensiero che qualcun altro quella notte avrebbe patito per causa sua la congelò all'istante. Si asciugò le lacrime col dorso della mano e le rivolse un sorriso più falso del sole di notte.
<<Scusami tanto Angelina... ma l'incubo è stato talmente orribile e realistico che mi pare di star vivendo tutt'ora in quell'inferno.>>
La donna le sfregò le braccia energicamente e quindi tornò a saettare per la stanza.
<<Ma quale inferno e inferno, io direi più paradiso, il padrone ti riserva talmente tante attenzioni... guarda questo vestito ad esempio>> issò, facendo svolazzare in aria, uno splendido abito da sera fatto di seta verde, dello stesso colore dei campi di marzo. E il tessuto tanto lucente e prezioso produsse in Megan un rigetto talmente doloroso che dovette mettercela tutta per evitare di tornare a singhiozzare.
"Con questo vestito chissà se la morte avrà un sapore meno amaro?"
<<Cosa avrà in programma per questa sera? C'è un grande fermento all'esterno...>> indagò la curiosità della donna, scrutando attentamente gli occhi della Ninfa tentando di estorcere anche il minimo suggerimento.
Megan distolse lo sguardo fingendosi falsamente ignara e dunque si diresse verso il bagno.
"Chissà, Angelina, se saresti ugualmente eccitata se solo sapessi che tutto questo sfarzo è solo una sporca messinscena. Se solo sapessi che questa notte indosserà una maschera spiegata..."
La giornata trascorse troppo velocemente. Molte le persone a transitare per la stanza della Ninfa; parrucchieri, truccatrici, estetista e alla fine Megan era pronta. Bellissima, esattamente come dea.
I capelli delicatamente raccolti dietro la nuca lasciavano intravedere la schiena leggermente scoperta, il vestito si arricciava morbidamente sul petto per poi ricadere lungo fino al pavimento. La leggera e morbida sensazione lasciata addosso faceva sembrava che in dosso non portasse nulla e Megan, a ogni passo, si guardava le gambe e un po' più su per assicurarsi che il vestito non le fosse scivolato giù.
Non sapeva che ore fossero, ma dall'esterno la notte aveva abbracciato il cielo già da qualche ora.
Si concentrò oltre la vetrata dai contorni bianchi.
"Calcolando che siamo in inverno penso siano più o meno le nove di sera... o forse un po' più tardi." Molto prima aveva rifiutato il pranzo, malgrado le preoccupate insistenze di Angelina, e ora fissava il vassoio con della cena ormai fredda; lo stomaco vibrò leggermente dinanzi all'abbondante porzione di spigola e patate. Ma neppure allora cedette.
Per la prima volta si guardò allo specchio; lo fece solo quando la stanza era tornata ad essere nuovamente silenziosa.
Il trucco marcato la facevano apparire un'altra persona e lei quasi non si riconobbe. Valutò gli occhi che apparivano più grandi del normale disegnati dal tratto preciso dell'eyeliner e carezzò con delicatezza le lunghe ciglia colorate dal nero mascara. La bocca, come un bocciolo di rosa, risaltava rossa e carnosa sull'ovale del viso. Scoprì i denti bianchi in un sorriso triste e disilluso.
<<Ti piacerò stasera Cristian? Magari il mio aspetto potrà in qualche modo impietosirti e indurti a prendere una decisione diversa...>> rise con amaro rimpianto coprendo la sua immagine allo specchio col palmo della mano. <<Se solo quel giorno non fossi scappata per venire in tuo soccorso... a quest'ora il mio Jack non sarebbe in questo pasticcio, ed io neppure. Avrei dovuto lasciarti marcire all'inferno da solo... ma questo cuore bastardo proprio non vuole decidere con giudizio.>>
Si guardò attorno spaventa; solo ora si era accorta di aver dimenticato il bracciale richiama energia nella stanza al piano di sotto.
<<È inutile agitarsi... oramai la frittata è fatta. Devo solo sperare che Angelina l'abbia trovato nel mentre rassettava la stanza e che lo riporti a me al posto di consegnarlo a lui... e anche se così non fosse perché preoccuparsi, il contrario potrebbe per caso decidere una morte meno ignobile? Ne dubito.>>
Un rintocco forte e deciso la face saltare sul posto e la porta si aprì subito dopo.
<<Buonasera Megan, sei pronta?>> la salutò Argo, divorandola dall'alto in basso con lussuriosa cupidigia. <<Pronostico molta soddisfazione per il mio principe. Sei bellissima questa sera... se vuoi seguirmi>> le propose un braccio come sostegno, ma Megan neppure ci pensò ad accettare l'invito. Lo sorpassò con fare deciso, poi si fermò appena fuori l'uscio e disse: <<fammi strada, io non so dove siano diretti. Ai prigionieri non è concesso sapere il dove, né il quando o il perché.>>
Ma Argo non diede peso alle parole di lei, ciò che destava maggior attenzione era all'interno della stanza.
<<Noto con dispiacere che neppure hai assaggiato la cena.>> Scosse la testa pensieroso e poi rivolto più a sé stesso aggiunse: <<di questo Cristian non ne sarà contento... ti voleva in forze per questa sera e invece...>>
Megan rivestì la bocca con amaro sarcasmo <<si facesse bastare quel poco di forze che posseggo, perché mai e poi mai otterrà i miei poteri.>>
<<Piccola Megan non esserne così sicura, il mio padrone ne conosce a bizzeffe di modi per torturare la mente umana. Vedrai che alla fine cederai anche tu e gli darai ciò che cerca.>>
Impettita, Megan rizzò la testa, mai gli avrebbe concesso i poteri dell'aria poco importava quanto avrebbe sofferto.
<<Prendi questo, all'esterno è freddo questa notte>> la informò Argo passandole un cappotto nero, per poi procedere lesto lungo il corridoio verso l'uscita.
L'aria gelida dell'inverno le frustò le caviglie scoperte e poi si insinuò fin sopra le cosce e il busto accaldato facendola tremare di freddo e paura. Avanzò cadenzando ogni passo, e malgrado il tremolio persistente, il fiero orgoglio la sorresse e sospinse fin davanti alla porta d'ingresso di un nuovo stabile. Ma neppure il nuovo calore dell'interno riuscì a fare cessare l'agitazione crescente. Discesero delle scale e l'ambiente da moderno virò bruscamente al marmo grezzo di uno stile presumibilmente di molti decenni addietro. Fu uno shock per lei quando una porticina di legno piccola e insignificante si spalancò invece su un ambiente vasto e imponente.
Un'arena romana dalle dimensioni paragonabili al Colosseo si stagliava maestosa dinanzi a lei. Megan deglutì aria fredda compiendo i suoi primi passi tra quello schiamazzo di grida eccitate e corpi festanti. Centinaia di volti di Oscuri si agitavano su gradoni di pietra bianca. Contò decine e decine di giri concentri di gradinate e ogni spazio sembrava occupato da un volto nemico. Gli occhi della Ninfa si inumidirono di tristezza. Neppure al pieno delle forze sarebbe riuscita a sconfiggere la minima parte di quella ciurmaglia.
"E allora la fine è davvero giunta... non riusciremo mai ad uscire da questo inferno" giudicò col magone ad annodarle la gola. Poi un bisogno più impellente la spinse nel guardarsi attorno alla ricerca di Jack, ma di lui nemmeno l'ombra.
Ciò che noto invece fu qualcun altro.
Era seduto lì, su un trono fatto d'oro e velluto nero posto nella parte anteriore di una balconata centrale che s'affacciava a pochi metri d'altezza sul terriccio sabbioso dell'arena. Bello e dannato, dall'aspetto spietato e disarmante di un diavolo. Cristian sedeva distrattamente con la mano a sorreggere il capo un po' stanco. Pensieroso fissava il centro dell'arena. Ancora non si era accorto della nuova arrivata e così Megan fu libera di osservarlo per qualche secondo. Indugiò su quella capigliatura falsamente disordinata quei lisci fili di seta nera che più di una volta aveva toccato e carezzato con le proprie mani, preda di un desiderio sciocco e indomabile; contemplò il profilo perfetto dal naso dritto e la mascella perfettamente squadrata. Il colletto di una camicia bianca immacolata era tenuto unito da uno spillone d'oro, vestito di tutto punto in un completo nero perfettamente alla moda dai profili anch'essi d'oro. Più bello di un modello, persino di un dio Greco. E la consapevolezza di come il proprio corpo reagisse in sincronia al desiderio di un altro, la schifò. Megan percepì l'orgoglio sgominare dall'interno, muoversi scomodo e oltraggiato nello spazio ristretto lasciatogli da un sentimento ottuso e ostinato. Avvertì l'energia dell'aria irraggiare con veemenza al centro della pancia a riempire un nucleo freddo e desideroso di vendetta, e allora Cristian si voltò. Ruotò il capo di scatto come svegliatosi improvvisamente da un lungo letargo e gli occhi si inchiodarono a quelli di lei. Rimasero così, a fissarsi per secondi interminabili. E mentre l'occhio esperto di uno celava magistralmente l'intenzione e il pensiero di una mente astuta, l'atra mostrava apertamente i moti d'odio che turbinavano impetosi in un corpo tremante.
Cristian la guardò.
Deglutì.
Un tic nervoso prese a fargli vibrare fastidiosamente un occhio, irrigidì la mandibola e quindi deviò lo sguardo preda di una bramosia odiosa e incontrollabile.
Un esperto osservatore, al pari suo, avrebbe notato immediatamente lo stato di sconforto e follia nel quale il suo essere versava. Ma non Megan, non coll'astio ad annebbiarle la vista.
La consapevolezza sbandierò schietta la realtà e ancora più ira infuriò all'interno di Cristian.
Si odiò.
Odiò quei nuovi sentimenti talmente chiassosi, ostinati e fastidiosi da far divenire il tutto impossibili da mettere a tacere.
Si rizzò sul trono divenuto improvvisamente scomodo, come rivestito da mille spine; e quindi l'attesa. E anche quando Megan le fu seduta accanto, scortata e sospinta da Argo, neppure allora fu in grado di guardarla.
Megan, tuttavia, recepì quel comportamento come comandato da completa indifferenza e il moto di rabbia accrebbe.
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