63. RITOCCHI
<<Tesoro svegliati.>>
La luce artificiale la colpì duramente in volto inducendola ad un risveglio forzato. Con un solo occhio aperto seguì le movenze affrettate e frenetiche della piccola donna robusta che, col grembiule di un bianco immacolato, faceva avanti e indietro nella camera raccattando senza sosta cuscini, panni e tutto ciò disseminato sul pavimento.
<<Sei un po' disordinata, piccola mia. Non so come tu abbia fatto a ridurre la stanza in questo stato. A giudicare dal tuo bel faccino ti facevo una signorina a modo, mi sorprende quanto baccano sia riuscita a creare.>>
Il rimprovero le arrossò le guance. Megan si puntellò sui gomiti portandosi a sedere. Poggiò il capo sulla morbida testiera imbottita e dunque rimase in silenzio nel fissare la donna, dall'età avanzata, piegarsi con fatica sulle ginocchia, ma che, una volta in piedi, dimostrare l'energia di una ventenne.
<<M-ma tu... tu non sei una di loro... sei umana?!>> una frase a metà tra una domanda confusa ed un'affermazione scioccata. Merito pure del risveglio prematuro.
Perché Cristian l'aveva affidata ad una normale?
Nonostante l'assopimento dei sensi, la risposta non ci mise molto ad arrivare.
"Certo, non si fiderebbe mai nel farmi circondare da Oscuri. E poi sa che io non parlerò con lei. Non metterei mai in pericolo la vita di questa donna".
<<Ovvio che sono un'umana. Cosa dovrei essere altrimenti, uno zombi? O un alieno magari>> le rispose lei, senza smettere di muoversi con impazienza. Rise di gusto, per poi aggiungere: <<cosa stavi sognando, tesoro? Per caso il bel principe azzurro di quel libro di vampiri... come si chiama... mia figlia mi ha tartassato l'anima per un anno intero con quel nome, ed ora non lo ricordo più.>> Scosse la testa con la speranza che i ricordi le portassero la risposta.
Versò dell'acqua bollente in una tazza, poi ci inzuppò più volte il filtro del té. Pure nei gesti più semplici si scopriva l'impazienza di chi fa del tempo il proprio lavoro.
<<Ed ora alzati dolcezza e fa colazione. Il padrone mi ha pregata di farti mangiare qualcosa.>>
All'improvviso smise di parlare, come se si fosse ricordata qualcosa solo in quel momento. Un pensiero triste le fece assumere una postura immobile e quasi innaturale per la sua natura irrequieta. Troppa stasi per quel corpo appesantito dall'età ma mai stanco di muoversi. Si soffermò sul viso della ninfa puntandola con sordo rammarico.
E Megan ricambiò lo sguardo domandandosi cosa sapesse sul serio.
Imbarazzata, la vide armeggiare con la crocchia severa disposta al centro del capo, portare un ciuffo di capelli grigio sfuggito dall'acconciatura, e poi notò le dritte rughe a delimitare i rotondeggianti e sporgenti occhi verdi, accentuarsi col probabile avanzare del pensiero.
<<Mi dispiace tanto, piccola. Anch'io ho un gatto, so quanta sofferenza può causare la perdita del proprio cucciolo.>>
Dopo qualche secondo di silenzio, la ninfa si riscosse dal torpore. <<Certo>> finse un'espressione sofferta <<davvero tanto male...>>
Era meglio così. Tanto meglio che conoscesse una bugia piuttosto che la verità; in quanto quest'ultima sarebbe stata ancor più mortale.
<<Ma ora la zia Angelina ti farà star meglio.>>
<<Io sono Megan>> si presentò lei, ricambiando il sorriso affettuoso della donna, lo stesso che l'aveva accolta la sera del suo arrivo.
<<Per Dio, lo so come ti chiami. Come non potrei altrimenti. Il padrone non fa altro che ripetere il tuo nome tutto il santo giorno. Portale questo, cucinale il filetto più buono, andate a vedere cosa sta facendo... devi stargli molto a cuore, difficilmente l'ho visto affaccendarsi tanto per una ragazza.>>
Megan sospirò senza essere notata. <<Sì, penso di stargli veramente a cuore...>> e poi, con un volume impossibile da percepire, aggiunse: <<se solo ne avesse uno.>>
<<Cosa hai detto, tesoro? Sai, dovrai urlare con me. Purtroppo ho un udito non molto efficace>> spiegò nel mentre le portava a letto la colazione, <<parte è dovuto ad un timpano mancante e parte, ahimè per l'età non proprio da teenager.>>
Le posò il vassoio sulle gambe allungate e poi avvicinandosi all'orecchio le sussurrò confabulando complice. <<Non si direbbe, ma questa signorina>>, disse, riferendosi a se stessa, <<ha quasi settant'anni. Per la precisione sessantasei. Ma non lo dire a quel bel fustacchione del signorino.>>
<<Non lo dirò, stai tranquilla>> la rassicurò Megan. E per la prima volta da quando era lì, sorride sinceramente.
<<Mi sfugge però perché ti tenga chiusa a chiave qui dentro, senza finestre e privata di quel paesaggio spettacolare che si intravede dalle vetrate del piano di sopra>> la donna si fece scura in volto, <<penso sia per colpa di quei suoi amici... se vogliamo chiamarli così. Non sono un'impicciona io, non lo sono mai stata, di fatto sono stata ingaggiata in primis per la mia discrezione>> disse, vantando se stessa, ma poi senza dare conferma alle parole, si confidò ciarlando a cascata: <<mi permetto di parlarne con te perché sono sicura tu sia molto vicina a Cristian. Ho paura che il padrone si sua cacciato in qualche guaio... ed ora non sa come uscirne. Anche perché, se così non fosse, non capisco proprio come faccia a non mandare tutti a quel paese. A me non sono mai piaciuti quei tipi. Hanno un non so che di losco e non so proprio cosa può averci a che fare il signore con quelli lì.>>
"Più di quanto immagini. Purtroppo ha imbrogliato anche te il bel viso pulito di Cristian..." la contemplò amareggiata, ma si tenne per sé la verità.
<<Ne sono in una decina, e fanno avanti e indietro dalla tenuta ogni ora del giorno. Prendono, usano, e soprattutto abusano, come se la casa fosse anche loro... inoltre ci trattano male, come se fossimo inutili schiavi, mentre il padrone non si è mai permesso di rivolgersi a noi con atteggiamenti scostumati; si vede che è fatto di tutt'altra pasta. Se non fosse stato per lui, ed il buon guadagno, avrei abbandonato il lavoro da parecchio.
Ripeto, mettono i brividi quei soggetti. Soprattutto quell'Argo; non che sia il peggiore, intendiamoci, anzi mi sembra persino il meglio tra il peggio, ma devi ammettere che il suo abbigliamento è alquanto inquietante. Con quel cappello e l'impermeabile nero... brrr mi fa accapponare la pelle ogni volta che l'incontro. E quella donnaccia acida? Ne vogliamo parlare? Vanessa si chiama, la conoscerai di sicuro. Bellissima certo, ma sono sicura che se la bellezza si potesse giudicare in proporzione alla purezza d'animo, apparirebbe brutta come un lamantino.>> Megan sghignazzò divertita. <<A me stanno simpatici i lamantini... la paragonerei più ad un viscido serpente.>> Felicemente, stava trascorrendo un po' di quel tempo con naturale serenità.
Angelina, afferrò uno dei due cuscini stramazzandolo con vigore. Col terrore nello sguardo, Megan si spalmò sulla testiera del letto, tenendo ben saldo sotto il proprio peso il secondo. Era sicura la donna non conoscesse il significato del bracciale, ma non volle rischiare, a giudicare dalla chiacchierata, Angelina possedeva un'ottima parlantina. L'altra non badò lo strano comportamento repentino e continuò a parlare come se nulla fosse: <<comunque, anche se non condivido il tenerti rinchiusa qui sotto, capisco i timori del capo ed inoltre sono tenuta a seguire i suoi ordini. Ma più tardi mi riprometto di fargli una ramanzina. Già gli avevo suggerito di spostarti nelle stanze di sopra. Il giorno del tuo arrivo gliel'ho proposto e lui ci ha pensato per un po'; ha ispezionato ogni singola stanza, centimetro per centimetro, persino le porte... ma non ha cambiato idea. È tanto bello quanto testardo.
Stanotte dovrebbe tornare, sai i suoi impegni, a volte, lo tengono lontano anche parecchi mesi; quando sarà di nuovo qui, confido ti porti a passeggiare per la tenuta; sarebbe un peccato tu tornassi a casa senza vedere il magnifico paesaggio.>>
<<Sono certa che l'obbligo di rimanere qui sotto sia circoscritto alla notte>>si sbilanciò Megan con una chiara idea nella mente. <<Devi sapere, che sono stata io a pregare Cristian di prendere tali precauzioni, anche se devo ammetterlo, ha leggermente esagerato. Anch'io proprio come te non mi fido delle persone di cui si circonda, e sapendo della sua momentanea assenza, ho deciso di rimanere qui dentro pure di giorni... inoltre con lo stato d'animo in cui ero, non mi andava minimamente di vedere gente>> si concesse una piccola pausa per perscrutare gli occhi della donna e captarne i pensieri. <<Ma penso tu abbia ragione. Una passeggiata non può che farmi bene. Difatti Cristian mi ha detto che durante il giorno sono libera di andare dove voglio, di salire di sopra e visitare la tenuta, l'importante è che io non sia sola. D'altronde non è una prigione questa, o mi sbaglio?>> Le parole sembrarono confondere la povera donna, ma questa non obiettò. In quanto, non conoscendo la realtà dei fatti, impossibile pensarla diversamente.
<<Non saprei... il padrone è uscito presto stamattina e mi ha tassativamente ordinato di non disobbedire a quest'ordine in particolare...>>
<<Ma cosa vuoi che accada? Pure i suoi amici sono andati con lui, giusto? Perciò a quest'ora la casa è sicuramente sicura...>> si sbilanciò nuovamente sperando di fare centro. Aveva capito che la maggior parte degli Oscuri abitavano stanze ben lontane da quel corridoio e i piani visibili della villa, e che solo una decina di loro mostravano quotidianamente la loro faccia. Ci doveva essere un'altra entrata e non solo quella al piano terreno. <<Penso che Cristian sia troppo prevenuto>> disse ancora Megan lasciando trasparire una leggera insicurezza che però non venne colta dall'altra, confusa dalla sua già abbondante incertezza.
<<Hai ragione tesoro, cosa potrebbe succedere. Cristian si preoccupa troppo anche secondo i miei gusti. E poi sarebbe un peccato tenerti qui.>> Prese visone della stanza come se si stesse accertando di essere sole. <<Facciamo così, anche perché sono sicura che se ti dovessi lasciare la camera aperta per poi dover tornare questa sera per richiuderla, lo dimenticherei sicuramente. Io ora chiamo il padrone e domando il permesso...>>
<<Ma no, no, non giungerebbe mai un permesso del genere da parte di Cris, lo conosco fin troppo bene. Posso anche aspettare che torni lui di persona per uscire>> si apprestò a dire, e sminuire la cosa. Lui non doveva sapere di quei piani.
<<Va bene... fa come vuoi.>> Alzò le spalle inconsapevole della magagna organizzata. <<Lo faccio per il tuo bene, sia chiaro.>>
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