40. TELETRASPORTO

Dalla trasparenza dei finestrini, il sole si riversava in auto potente, caldo, felice; malgrado l'inverno lo mantenesse in sordina, quella mattina un'innata voglia di subordinazione lo dominava, facendolo risplendere maestoso.
Proprio come il sole, Megan percepì il medesimo bisogno di trasgressione.
Era come essere sbalzati nel tempo. Una veloce corsa nel passato li aveva teletrasportati sulle calde e soleggiate strade del Salento.
<<Oh mio Dio>> sussurrò Megan sfilando un pelo biondo incastrato tra le stoffe del sedile. <<Ma questo è di Sean>> indovinò, lasciandosi sormontare dalla tristezza e la tenerezza indotta dai ricordi; seppur lontani, vividamente vicini e freschi.
L'espressione sul volto di Jack lasciò intendere chiaramente quanto si sentisse in colpa. Si morse entrambe le labbra stringendole tra i denti, maledicendosi mentalmente. <<Scusami tanto Meg. Purtroppo l'ultima volta che ho usato l'auto risale proprio al giorno del suo addio, e malgrado l'avessi fatta lavare per bene, qualche pelo è sfuggito.>>
<<Tranquillo>> lo rassicurò lei. <<Non solo la tristezza è venuta a farmi visita. Forse è destino che io abbia trovato una traccia di Sean proprio oggi>> poi lo fissò con intensità e aggiunse: <<con te.>>
E Jack comprese all'istante.

Lo stesso sentimento complice, caloroso e mai dimenticato, li univa da sempre, anche se per un periodo, lo stesso, sembrava essere sparito per sempre.
Le sorrise, stringendole la mano lasciata molle sulla gamba sinistra. Lei ricambiò la presa stringendo a sua volta.
<<E il tuo bracciale dov'è?>> domandò lui rigirando la mano di lei nella propria e osservando il polso scoperto. <<Sbaglio o te l'aveva regalato Elias al compleanno? Strano, non te ne separavi mai.>>
E Megan decise di dire la verità. Spinta da una confusa felicità decise di rivelargli del bracciale. <<Ho dovuto. Mi hai detto di nascondere il cellulare per non rischiare di esser rintracciati, beh, il mio bel bracciale aveva lo stesso effetto per il mio popolo, perciò l'ho messo dentro il tiretto del comò assieme al telefono. Amplificava la mia aura, rendendola visibile alle ninfe.>>
<<Wow, non lo sapevo. Che Figata.>>
<<Eh sì... proprio figo. Doveva essere della mia vera madre>> si confidò, e nessuno più disse altro. Non c'era da dire nient'altro.

Il calore usciva dalle bocchette dell'auto contrastando col freddo dei finestrini. Megan poggiò la mano calda sulla liscia superficie trasparente, lasciando un'impronta sfocata; andò via lentamente, secondo dopo secondo, riducendosi fino a sparire per sempre.
Era bello stare sola con lui, pensò la ninfa. Si lasciò coccolare dalla piacevole e familiare sensazione assaporando quegli attimi di tranquilla stasi. Non c'era l'imbarazzo in quel silenzio.
Mai ci sarebbe stato imbarazzo nel loro silenzio. Erano due anime affini, due pezzi di puzzle nati per unirsi e completarsi. Seppur i sentimenti di uno non fossero esattamente gli stessi dell'altra, ugualmente un profondo amore li univa. Diverse facce di un sentimento grande, immenso, profondo, che mai niente e nessuno avrebbe diviso.

Trascorsero così i successivi quaranta minuti, fino a quando non fu lui a parlare: <<chi c'era in casa quando sei andata via?>> domandò impennando l'angolo della bocca. Gli sarebbe piaciuta l'idea di mandar fuori di testa qualcuno. E per qualcuno, un nome in particolare saltellò fra i suoi pensieri, esaltandolo.
<<Solo Jessica>> rispose Megan, disilludendolo, per poi continuare a voce i pensieri: <<conosci tua sorella, non si sveglierà presto. A meno che non infuri una battaglia in casa, continuerà a dormire fino a pomeriggio inoltrato. D'altronde è sua abitudine dopo una nottata di ronda.>>
<<So che Melita e anche Adrian non saranno di ritorno prima della sera. E il tuo amichetto?>> domandò con insinuazione.
E lei lo fronteggiò con uno sguardo di rimprovero, ma poi un accenno di risata lo accompagnò.
<<Cristian il mercoledì non c'è mai in casa.>>
<<Come siamo ben informati degli orari>> la punzecchiò lui.
<<Ma smettila!>> si difese la ninfa sciogliendo la presa e schiaffeggiandolo dietro al capo.
<<Conosco gli orari di tutti voi. D'altronde è stata la mia unica occupazione negli ultimi otto mesi a questa parte. Cosa avrei dovuto fare in casa se non attendere che qualcuno di voi tornasse per farmi compagnia?! Comunque non ci sarà, altrimenti ci avrei pensato più di una volta prima di abbandonare la casa senza avvisare nessuno. Non sono mica pazza, potrebbe mettermi al rogo se tornando non mi dovesse trovare... a te non oso neppure immaginare cosa ti farebbe. Infatti sarebbe meglio tornare almeno un paio d'ore prima del suo consueto rientro. Per le diciotto cerchiamo di farci trovare in casa o almeno nei paraggi.>> Un lungo sospiro a dividere il discorso. Un principio di pentimento cominciava ad animarla.

E se fosse tornato prima e non l'avesse trovata?
"No, impossibile, non torna mai prima delle venti. Perché oggi dovrebbe essere diverso?" si convinse trovando la tranquillità.
<<Peccato, mi sarebbe piaciuto pensarlo a casa seduto su un divano in pensiero. A mangiarsi le mani colmo di preoccupazione>> disse il giovane ridacchiando al sol pensiero e per nulla preoccupato di cosa l'altro gli avrebbe potuto fare, come ipotizzato dalla ninfa.
<<Sì, così poi ci uccide entrambi>> lo accompagnò lei nella risata. <<Meglio che non sappia della nostra piccola trasgressione, credimi, quando si arrabbia diventa una bestia.>>
E Jack la squadrò serio. <<Non mi dire che...>>
<<No, no>> lo interruppe prontamente lei, avendo compreso ciò che il Templare aveva frainteso. <<Per fortuna io non sono mai stata il soggetto di un suo sfogo. Mi riferivo a quando l'ho visto combattere contro gli Oscuri. Lì ho potuto constatare come la furia lo dominasse in alcune situazioni. Non è il tipo ideale da incontrare quando è di cattivo umore.>>

<<Pure io sono cambiato Meg... diciamo che anch'io mi faccio dominare più spesso del dovuto dalla collera>> la avvisò l'amico, leggermente in imbarazzo. Da tempo aveva pensato di condividere quella scoperta con lei, ma troppo volte le parole erano morte in gola soffocate della paura. E se una volta capito cosa lui era diventato, allora lei si fosse allontanata? L'avrebbe sopportato?
<<Lo so Jack>> ammise Megan. <<Io ed Astrid ne abbiamo parlato proprio ieri. Ma a me non interessa>> gli sorrise, <<non mi importa proprio un tubo di cosa quel sangue d'Oscuro ha combinato col tuo umore. Tu per me sei e sarai sempre lo stesso. Non ci sarà nulla che potrà cambiarti. Sarai sempre il mio Jack.>> Lo disse con estrema sincerità. Nulla avrebbe modificato in lei il pensiero del suo caro amico. Non ci sarebbe stato nessun comportamento strano in grado di far impallidire, o addirittura dimenticare, l'impegno e la devozione donatale in quei due anni difficili, che li avevano visti avvicinare e volersi bene fino a diventare un'unica famiglia.
Il volto di lui si illuminò, felice più che mai.
Sapere questo lo rassicurò. E seppure non del tutto, il ragazzo che vide riflesso nello specchietto retrovisore, apparve nuovamente lo stesso di un tempo.

Il profumo di acqua salata diffondeva nell'aria un sentore marino, malgrado la spiaggia non fosse visibile da lì.
Si inoltrarono nella pineta di pini marittimi. Piccoli arbusti e soffici cespugli costeggiavano la stretta strada indicando la via. Jack rallentò lasciando a Megan la possibilità di soddisfare a pieno i propri sensi.
E così fece.
La vista si accese, l'olfatto esultò e l'udito accompagnò nel vento il canto degli aironi, dei cormorani e del germano reale. Seguì il loro volo perdendosi tra l'azzurro pastello del cielo ed il turchese del mare.
Era tornata a respirare, a vivere una vita della quale andarne fiera e alla quale aveva dovuto rinunciare prematuramente. Seppur sapeva che non sarebbe durato per sempre, ringraziò col cuore Jack. Quel giorno avrebbe significato parecchio per lei, ed improvvisamente il rimorso di esser scappata di casa senza avvisare nessuno, sparì lontano; lontano proprio come la bianca schiuma delle onde a costeggiare l'orizzonte.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top