15. STEVAN

<<Ed ora cosa dovrei farne di te?>>
La voce non tradiva alcuna emozione, ma la mano stretta attorno al collo mostrava quanta ira risiedeva in lui.
Argo sgranò gli occhi rigati di lacrime; la morsa d'acciaio lo soffocava e rischiava di decapitarlo nel giro di attimi. Un lieve incremento di forza e il capo sarebbe guizzato in aria come un fuoco d'artificio.
Mimò un ti prego con la bocca, ma nessun alito uscì da essa. Parlare non era possibile, chiedere perdono o giustificarsi non gli sarebbe riuscito.
La presa allentò di poco, quel tanto che bastò per far passare un po' di ossigeno ed impedire lo svenimento.

<<Ti avevo avvertito mio caro amico. Nessun Oscuro si sarebbe dovuto avvicinare a lei... ma poi un mutante! Ma scherziamo?!>> parlò sempre con glaciale calma.
Strinse ancora e un grido strozzato eruppe dal corpo sospeso a mezz'aria. Le mani imploranti attorno all'unica forte del suo re.
<<Cosa dici?>> il potente Oscuro porse l'orecchio chiedendo con spietata ironia. <<Non te ne sei accorto, hai detto?>>
Argo tentò di annuire, ma senza grandi risultati tornò ad afflosciarsi nella stretta.
Dalle retrovie un risatina dispettosa si propagò nell'ombra, e allora la furia del loro capo toccò l'apice del consentito. Un fulmine di acciaio saettò nell'aria decapitando l'artefice di quella poco rispettosa esternazione. Nessuno più osò fiatare.
<<Che nessuno si permetta di ridere ancora!>> sbraitò.

Un silenzioso stupore si diffuse fra i presenti. Gli Oscuro si scambiarono occhiate smarrite. Mai il loro re aveva agito a quel modo; di colpi di testa, Stevan, non era mai stato solito. Eppure quel singolo episodio sembrava averlo fatto infuriare più di tutti gli sfortunati eventi accaduti nel corso di centinaia d'anni.
Nessuno era stato messo al corrente della profezia, nessuno sapeva perché quella piccola ninfa necessitasse di tanta protezione e, ancora, nessuno conosceva lo storia del loro re e perché avesse bisogno proprio di lei.

Mollò la presa scaraventando il corpo lontano, Argo strisciò sul lucido pavimento di marmo bianco sbattendo violentemente contro il muro; una cornice di legno sobbalzò sul singolo chiodo e poi ricadde a terra fratturandosi nello spigolo.
Si alzò sui gomiti tremando e palpando il collo arrossato. Argo lo guardò con fissità e sgomento, ma nemmeno un barlume di pentimento attraversò gli occhi dell'altro.
Ci era mancato davvero poco per una pazzia. Già altre volte il suo re si era fatto attraversare dalla collera, ma mai dominare da essa. Soprattutto verso di lui, il suo fidato servitore e amico.
<<Se dovesse ricapitare una cosa del genere giuro...>> abbassò il tono di voce fino a farlo divenire terribilmente letale e poi continuò: <<e badate bene bestiacce, io non giuro mai, al contrario mantengo sempre le promesse... giuro che vi ammazzo tutti! Vi stermino dal primo all'ultimo; razza di sottospecie di blatte disgustose!>>

<<Mio re...>> ansimò Argo ancora a corto di fiato. <<Sarà stato personalmente Alessandro ad introdurre il mutante, noi non abbiamo captato neppure la minima scia della sua aura. E questo trucchetto solo tu sei capace di attuarlo... e lui evidentemente.>>
<<Non mi interessa! Può esser stato anche lo stesso diavolo in persona. Il vostro compito era quello di proteggere la ninfa, e nessuno, ripeto, nessuno si trovava nei paraggi al momento dell'attacco. Cosa sarebbe successe se non fossero sopraggiunti i principi elfici? Sarei dovuto intervenire io stesso di persona, e poi?>> domandò senza realmente essere interessato alle risposte già comunque ovvie. Poi sospirò e portando una mano sugli occhi inspirò profondamente alla ricerca di calma.

<<Tu>> indicò un Oscuro alto dall'aspetto di mezza età, col volto segnato da una lunga cicatrice obliqua che divideva la faccia a metà, dall'occhio destro all'angolo della bocca del lato opposto, <<e tu>> e Argo si rizzò su piedi instabili ma intenzionato comunque a non mollare lo scarso equilibrio.
<<Voi sarete l'ombra della ninfa. Da ora in avanti vivrete una vita che farà eco a quella della fanciulla. Dove camminerà lei voi striscerete, se lei dormirà voi sarete silenziosi spettatori dei suoi sogni ed incubi. E badate a non farvi scoprire dai Templari o dagli Elfi, altrimenti vi elimino io per primo.>>
<<Ma padrone...>> l'obiezione fu a malapena presentata. Un'altra frustata saettò nella direzione dell'uomo sfregiato e questo si dissolse al primo contatto. Un gridolino soffocato si dilagò attorno al cerchio fatto di cenere, ciò che rimaneva del malcapitato; e quindi fecero tutti un passo indietro.
<<Qualcun altro si sente dubbioso al riguardo?>> domandò urlando. <<Chiedo ancora, c'è qualcun altro che non si sente in grado di portare a termine un semplice compito?>>
Non ci fu risposta.
<<Bene allora tu prenderai il posto del codardo.>>
E questa volta il giovane dai capelli ramati, la faccia rotondeggiante e gli occhi di un marrone scuro segnato da pagliuzze dorate, non proferì parola, si limitò ad annuire e ad abbassare il capo.

La stanza si svuotò nel giro di pochi secondi e Stevan si lasciò cadere esausto sul nero sofà. Un tremendo mal di testa lo tormentava da giorni, e da giorni giocava col suo instabile umore.
Ripensò a quella sera, Alessandro non l'aveva riconosciuto, lui invece sì. L'aveva scorto di sfuggita sul tetto di un palazzo del centro. Scosse la testa maledicendosi; anche solo quell'avvistamento l'avrebbe dovuto mettere in guardia sul seguito.
Ma almeno una soddisfazione era giunta quel giorno.
<<Allora lo Sweet Lie di quei dannati Templari ha fatto effetto>> rimuginò col sorrisetto sulle labbra. <<Ecco svelato il perché non si fosse fatto vivo per tutti questi anni... o perché vedendomi non ha tradito la minima emozione. La domanda ora è: per quanto tempo avrà effetto su di un essere di tale portata?>> massaggiò le tempie pensieroso <<le lacune si staranno di già colmando e nel giro di mesi, se non addirittura giorni, si ricorderà del mio aspetto. Devo agire presto... se solo quelle dannate ninfe riuscissero a decifrare completamente la profezia.>> sghignazzò con l'arrivo del nuovo pensiero. <<Ah, Megan Megan... sei pronta a dire addio al tuo amato Templare?>>

Si alzò e camminò col bicchiere di liquore fin davanti alla finestra. Fece ondeggiare il dito di liquido al suo interno e poi lo ingurgitò per intero. Il fuoco amico accarezzò le pareti della gola e un istantaneo piacevole tepore andò a mitigare il malessere generale.
Era notte fonda e le strade deserte. Nel cielo alto, i cavalli plasmati dal vento spingevano carri grigiastri colmi di pioggia fredda. Quella notte avrebbe piovuto parecchio lavando le strade imbrattate di smog e lerciume di una città vecchia dal fascino eterno.
Un gruppetto di foglie sospinto dai flussi della tempesta si raggruppò ai piedi del palazzo. Poteva vederne anche la minima striatura e linea di quelle foglie rinsecchite colorate dalla morte; sentiva l'odore dell'asfalto bagnato dalle prime gocce di pioggia lontana, malgrado i chilometri e le vetrate a isolarlo dall'esterno. Ascoltò il fruscio di quelle foglie sulla strada brunita, le vide dapprima timide toccarsi e scansarsi, e poi rincorrersi in cerchio e alzarsi verso il cielo in un vortice danzante, per poi perdersi per sempre e sparire seguendo la loro via.
Quella stessa settimana avrebbe agito. Era ormai deciso. L'ora di presentarsi era giunta. Troppo rischioso aspettare oltre. Alessandro la voleva morta e non si sarebbe fermato ad un singolo attacco. Stava giocando con lui, e l'ovvietà di quel pensiero lo divertì tanto quanto lo infastidì mortalmente.

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