Capitolo 2
Il giorno seguente...
Mi alzo allegra, con una carica formidabile! Anche se ieri sera ho fatto molto tardi, ma non importa sono troppo felice!
Vado a rinfrescarmi prima di capire da che parte andare stamattina, sono di umore frizzante, un po'... nervosa? Non è che devo fare chissà chè, ma l'emozione mi frega.
Sono troppo sensibile, mia madre mi riprendeva spesso per questo motivo, perché per lei non esiste che una donna pianga o si emozioni... "Una donna deve essere dura, forte e deve saper affrontare ogni situazione a testa alta", mi ripeteva sempre.
Invece mia nonna era il contrario: "Se non provi emozioni vuol dire che sei morta", diceva, a volte mi chiedo come mia nonna abbia fatto a crescere un mostro invece di una figlia.
Mi metto un jeans e una maglietta, fa ancora molto caldo, mi dirigo alla fermata del bus è aspetto che arrivi, noto che qui a New York le persone sono fredde, camminano uno di fianco all'altro senza parlare o salutarsi.
Effettivamente non è un paesino come il mio dove tutta la comunità si conosce, oltretutto non hai molta privacy perché si sa tutto di tutti.
Sicuramente preferisco dove vivo ora, dove non conosco nessuno e tutti si fanno gli affari loro, ho bisogno di libertà, di vivere e di crescere da sola.
Salgo sul pullman che è appena arrivato e stracolmo di persone chiedo all'autista di pagare il biglietto.
- Scusi, volevo chiedere una cortesia, visto che non sono di qui mi potrebbe dire quando arriva vicino all'università della Columbia? -
- Scenda. - mi dice dopo trenta secondi.
- Come, perché, che ho fatto? - chiedo.
- Nulla e che siamo arrivati.- mi guardo intorno ho fatto solo duecento metri.
- Si vede che è nuova l'università e lì. - Si mette a ridere.
- Grazie! - che figuraccia e io che mi studiavo google maps, ma che cosa ho guardato? Sono proprio una frana.
Questo è un episodio da raccontare ai propri figli per riderci su un giorno, almeno non devo prendere il bus, ho fatto più strada per andare alla fermata! Rido di me stessa.
Percorro un pezzo di strada a piedi e mi trovo davanti all'università, sono palazzi antichi e molto grandi, e tanti...
Salgo le scale, da qualche parte devo pure iniziare, arrivo davanti a un portone ed entro, mi dirigo a un bancone posto di fronte a me.
- Buongiorno volevo chiedere dov'è la segreteria, dovrei ritirare gli orari dei corsi.-
- Signorina ha sbagliato deve andare qui.> tira fuori una cartina e segna con un pennarello il punto.
- E noi siamo invece? - chiedo lentamente perché non so dove sono.
- Noi siamo qui, in biblioteca. -
- ok grazie. - prendo la cartina e inizio a girarla e rigirarla.
- No, no la deve tenere cosi! - Mi sgrida.
Esco prima che mi picchi tenendola come mi ha detto lei, questo campus è una città.
Cerco di orientarmi per fortuna che non ho un appuntamento, cammino con la cartina in mano e un certo punto mi scontro con qualcuno cadendo a terra.
- Scusa non ti ho visto! - cerco di alzarmi senza guardare chi ho colpito, mi offre una mano e capisco che è un ragazzo, alzo lo sguardo ed è davvero alto, è bellissimo e che sorriso...
- Vieni che ti aiuto, anch'io non guardavo dove andavo. - si passa le mano tra i capelli. - Ciao io sono Carter! -
- Ciao io sono Susy. - sorrido.
- Sei nuova? -
- Si, sono al primo anno e sto cercando la segreteria.- dico esasperata.
- Vieni ti accompagno io per farmi perdonare... - sorride.
- Ok! - mi faccio accompagnare.
- Tu a che anno sei? - cerco di introdurre un discorso.
- Al quarto. - cavoli allora lui è qui da tempo.
- Allora sei pratico! -
- Già all'inizio ero come te, diciamo... disorientato! Ora conosco tutte le scorciatoie.-
- Grazie per il tour allora.-
- Non c'è di ché. - mi strizza l'occhio.
È proprio simpatico, non pensavo di trovare qualcuno di così gentile che mi accompagnasse fino alla segreteria. Come inizio non c'è male, sono vicino all'università, ho un appartamento piccolo ma carino e ho fatto una conoscenza.
- Sei di qui? - gli chiedo.
- Sono di Arcadia Los Angeles e tu? -
- Sono di Marfa una piccola cittadina del Texas, ci conosciamo tutti ed è noiosa. - Ride.
- Però, ora vivo sulla centoquattresima strada, con una mia amica è a dieci minuti da qui. -
- Io a duecento metri è pensa che stamattina ho preso anche il pullman. "Rido" credo di aver perso l'orientamento anche con la mappa del telefono.- ridiamo.
- Succede quando arrivi in una nuova città. Ecco siamo arrivati. - Si ferma davanti a un edificio.
- Non mi rimane che ringraziarti. -
- Non c'è di che, se ti fa piacere puoi lasciarmi il tuo numero di telefono per farti da cicerone, almeno per i primi giorni. - che tesoro è proprio dolce!
- Si, con piacere poi mi piace fare nuove conoscenze .- prendo il mio cellulare e mi detta il numero, poi gli faccio uno squillo.
- Questo è il mio se ti fa piacere. -
- Certo ti chiamerò per uscire qualche volta, sempre che il tuo ragazzo non è geloso. - arrossisco.
- Non può essere geloso perché non ce l'ho.- gne, gne. Che stupida devo essere passata per un oca. "Non può essere perché non ce lo"
- Meglio! Allora a domani, scappo che ho lezione. -
- A domani. -
Entro in segreteria c'è un po' di fila, tre o quattro persone, guardo l'interno dell'edificio ammiro gli affreschi che prendono tutto il soffitto, sono meravigliosi!
Tocca a me finalmente - Buongiorno il mio nome è Susan Stone e sono venuta... -
Mi stoppa con la mano.
- Qui c'è il suo tesserino, gli orari e qui una cartina delle aule. - la guardo e lei mi fa segno di spostarmi.
Un'altra cartina, un'altra cartina delle aule! Non ci credo è solo un giorno che sono qui e mi hanno rimpinzato di cartine.
Oltre tutto non sono capace di leggerle sbaglio le direzioni e le linee d'area, che Dio me la mandi buona e che non mi ritrovi a Manhattan.
Non so neanche dove si trovi, magari e qui a dieci metri! È meglio che torno a casa.
Sbuffo alzando le braccia al cielo, esasperata, andando via cercando di fare a ritroso la strada che ho fatto prima con Carter…
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