4. L'EVOCAZIONE
Non era raro che Charlotte leggesse ad alta voce testi di romanzi. E così mentre i miei zii scorrevano le pagine dei giornali alla ricerca di disgrazie, Charlotte si divertiva a perdersi in storie immaginarie.
-Sono l'unica cura per l'anima-
La politica era bandita dai suoi discorsi. Lei voleva il sogno. E a me piaceva sognare con lei. Avevamo creato un nostro regno. Qualche volta, sdraiate nel grande letto rotondo di Charlotte, scrivevamo le pagine del nostro romanzo. Spesso però trascorrevamo le ore in preda alla passione.
-Sussurra il mio nome- gemeva Charlotte tra i miei baci. E io obbedivo. Non c'era nome più bello del suo. Tutto aveva il sapore dell'effimero.
E poi, in una piovosa giornata, arrivò la lettera di John. Non pensavo che sapesse dove mi trovavo, non credevo nemmeno che pensasse più a me. Era una missiva piena di dolci parole alla fine della quale mi comunicava la tragica notizia che lo aveva spinto a scrivermi e a disturbarmi durante il mio soggiorno a Berlino. Kevin era morto. Parole umane non possono descrivere il dolore che provai e le lacrime che versai per quella notizia. Avevo amato profondamente Kevin e ora, a distanza di anni dall'evento, posso dire che lo amavo ancora in quel momento. Quando arrivai da Charlotte e lei mi aprì, coperta solo dal suo rossetto rosso, stavo singhiozzando.
-Che succede?- mi tirò dentro.
-Un lutto- la seguii fino al salotto. 1984 di Orwell era abbandonato sul tavolino. La sua ultima lettura.
-Oh piccola, dimmi tutto- si lasciò cadere sul divano e mi trascinò con lei.
E io le raccontai di Kevin, evitando di dirle della nostra storia, ma lei lo intuì, come solo una donna può fare e il suo bel viso divenne triste.
-Le persone vanno e vengono- mi sussurrò all'orecchio –la vita è così-
Aveva ragione, ma io non riuscivo a smettere di piangere. Volevo rivedere Kevin, ecco la verità, volevo dirgli addio, volevo chiedergli se mai mi avesse amata per davvero e sapevo che Charlotte avrebbe potuto realizzare questo mio desiderio, così glielo chiesi.
-Non se ne parla neanche, è pericoloso evocare spiriti che non vogliono venire di loro spontanea volontà-
Non servirono le preghiere, le suppliche, le minacce, fu irremovibile.
–Allora farò da sola- urlai e uscii dall'appartamento sbattendo la porta.
Sapevo dove procurarmi una tavoletta Ouija e conoscevo alcuni incantesimi che Charlotte mi aveva insegnato, potevo farlo, potevo evocare Kevin e parlargli, potevo chiedergli se mai mi avesse amata. Preparai tutto e attesi una sera in cui i miei zii non ci sarebbero stati. Avevo due elementi per richiamarlo a questo mondo, prima di tutto la nostra foto, quella che avevo gelosamente conservato fino a quel momento, e una ciocca di capelli che lui mi aveva consegnato in uno dei suoi momenti di sentimentalismo. Portai tutto in sala da pranzo e, dopo aver spostato il tavolo, adagiai tutto a terra. Il cuore mi batteva all'impazzata. Mi sistemai lì vicino con la tavoletta Ouija. Era tutto pronto. Era...
Sentii il telefono suonare. Mi alzai, le gambe tremanti, e andai a rispondere, chiedendomi ansiosa se non fossero i miei zii. Era Charlotte. Mi morsi le labbra non appena riconobbi la sua voce, bassa e resa roca dalle sigarette. Le avevo dato il numero di telefono all'inizio del nostro rapporto affinché potessimo metterci d'accordo sui nostri appuntamenti.
- Jenny - mormorò –come va?-
La sua voce mi strinse il cuore. –Tutto bene, e tu?-
-Bene... insomma, non sei più venuta e quando ho telefonato tua zia mi ha detto che non stavi bene-
-Sì, non sono stata bene in questi giorni- sarei tornata non appena fosse finito tutto. Lo promisi a me stessa. Charlotte mi mancava e non solo per i suoi baci. Volevo sentire la sua voce. Volevo parlare di romanzi. Volevo scrivere la nostra storia.
-Pensavo di passarti a trovare-
Inspirai a fondo. Charlotte era passata un pomeriggio del mese precedente per riconsegnarmi il foulard che avevo dimenticato da lei, per cui sapeva dove vivevo.
-Non questa sera- dissi –tra poco vado a dormire-
-Dovremmo parlare, noi ... -
-Non ora, buonanotte- e riattaccai, dovevo evocare Kevin, non avevo tempo da perdere. Dovevo far luce su quei dubbi che mi divoravano l'anima.
Ci misi ancora qualche minuto per finire le ultime cose. Ero agitata, il cuore che batteva così forte da farmi male. Inspirai a fondo e cominciai, prima di essere vinta dai ripensamenti. Bruciai la ciocca di capelli e la fotografia come avevo visto fare a Charlotte e lo chiamai.
- Kevin, Kevin, ti prego, fatti vedere-
La freccia della tavoletta cominciò a vibrare sotto le mie mani. Un boato mi preannunciò l'arrivo di qualcosa. Arretrai, il cuore schizzato in gola, pentita di ciò che avevo fatto. Io...
Sentii qualcuno battere alla porta e una voce familiare. - Jenny, apri – era Charlotte.
Non feci in tempo a dire nulla perché Kevin era apparso e non sembrava il ragazzo che avevo visto l'ultima volta. Mi ritrovai a chiedermi come fosse morto, infatti gli mancava tutta la parte sinistra del viso.
- Jenny – ancora Charlotte che urlava e batteva i pugni.
Kevin mi sorrise, un sorriso che mostrava i movimenti dei muscoli. Lembi di pelle gli pendevano dalle guance. Lottai contro un conato di vomito che mi fece rabbrividire. Potevo ben vedere il sangue nero che colava al suolo e sentire lo schiocco secco dei suoi muscoli che si contraevano mentre si muoveva. Un pezzo di carne si staccò dalla sua guancia e cadde per terra con un suono secco. L'occhio sinistro usciva dalla sua orbita e penzolava in maniera inquietante.
- Jen – la sua voce era storpiata, una parodia di ciò che era stata un tempo, dolce e sensuale. Sembrava incapace di pronunciare il mio nome completo. Sentii freddo. Cos'avevo combinato?
- Jenny – urlò Charlotte –cosa sta succedendo?-
Non le risposi, troppo terrorizzata. La gola era secca. Ora capivo perché mi aveva messa in guardia, non era stato per gelosia, ma perché evocare un morto poteva essere veramente pericoloso.
-Son fe... li... ce... veder ... ti- Kevin biascicò –vie...ni co...n me-
Mi guardai intorno, alla disperata ricerca di un oggetto da usare come arma. E fu in quel momento che sentii un forte rumore nella stanza accanto, come di qualcosa che venisse sbattuto con forza. Di getto mi lanciai verso la porta e incontrai Charlotte, i capelli spettinati, il viso pallidissimo, lo sguardo fisso su Kevin. Il cappotto nero era strappato all'altezza della spalla destra. Mi sfuggì una risatina mentre pensavo che i miei due amori si incontravano in quel momento, proprio dinnanzi a me nonostante fossero opposti in tutto, uno morto e l'altra viva, uno maschio e l'altra femmina, uno in America e l'altro a Berlino. La vita sapeva essere buffa.
-Via- Charlotte mi afferrò per il braccio e mi spinse fuori dalla stanza -Scappa- si frappose tra me e Kevin.
Le ubbidii, certa che avrebbe fatto qualcosa risolvendo la situazione, ma si limitò a restare immobile. Capii troppo tardi quale erano le sue intenzioni. Non poteva sconfiggere Kevin per cui prendeva il mio posto. Guardai impotente mentre veniva trascinata via. Un attimo dopo di fronte a me non c'era più nulla, come se non fosse assolutamente successo niente. Mi lasciai scivolare a terra e scoppiai in lacrime.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top