46. Look What You Made Me Do

Il vociare diffuso si interruppe nell'esatto momento in cui le prime note di una melodia familiare, seppur leggermente velocizzata, raggiunsero l'intero salone, tramite gli amplificatori posizionati in ognuno dei quattro lati della stanza.

Tutti gli spettatori gelarono sulle proprie sedie, rivolgendosi occhiate confuse. C'era un'aria strana, quella sera.

Si trattava degli ultimi minuti dell'ultimo evento della Mercedes-Benz Fashion Week di Madrid e in quell'occasione erano stati rivelati i restanti abiti, quelli più belli.

La curiosità era ancora alle stelle, specie per gli appassionati di moda come coloro che erano presenti. Era domenica 13 marzo, ma tanto valeva che fosse domenica 25 dicembre. Tutti avevano voluto scoprire le nuove collezioni, fotografarle, ammirarle...

Era stata l'occasione perfetta per gettare l'amo e lasciar abboccare la preda.

E se da un lato la folla era ulteriormente piena di desiderio, assetata di sapere, dall'altra parte della passerella c'era un'angoscia generale. Chi doveva sfilare aveva tremato dal primo all'ultimo minuto. Persino le personalità più anziane, uomini o donne che fossero, non erano riuscite a rimanere tranquille.

C'era un'aria strana per davvero.

E quando le note si trasformarono in parole... quello fu l'esatto momento in cui ogni timore lasciò il posto a una sensazione nuova, indescrivibile.

Quando l'aria strana mutò in denso e solido stupore.

I don't like your little games
Don't like your tilted stage
The role you made me play of the fool
No, I don't like you

Lo sfondo della passerella da nero com'era divenne blu notte. Un cielo senza stelle, come quello della notte del 24 dicembre 2018.

I don't like your perfect crime
How you laugh when you lie
You said the gun was mine
Isn't cool, no, I don't like you

Nella pausa tra le due strofe si percepì il rumore di qualcosa che si strappava. Un tessuto, come quello della notte del 24 dicembre 2018.

But I got smarter, I got harder in the nick of time
Honey, I rose up from the dead, I do it all the time
I got a list of names, and yours is in red, underlined
I check it once, then I check it twice, oh!

Seguì il suono ripetuto di qualcosa che batteva a terra ritmicamente. E successivamente dei passi, uno dopo l'altro, secondo dopo secondo.

Poi, improvvisamente, il camminare smise.

Per i dieci secondi successivi, non successe nulla.

Ooh, look what you made me do
Look what you made me do
Look what you just made me do
Look what you just made me...
Ooh, look what you made me do
Look what you made me do
Look what you just made me do
Look what you just made me do

La giusta suspence, il giusto attendere.

Il giusto desiderare.

I don't like your kingdom keys
They once belonged to me
You asked me for a place to sleep
Locked me out and threw a feast

Il suono dei passi riprese.

E poi successe.

The world moves on, another day another drama, drama
But not for me, not for me, all I think about is karma

Fu in quel momento che la figura di Margaret Soler, più regale e composta che mai, fece la sua comparsa.

And then the world moves on, but one thing's for sure
Maybe I got mine, but you'll all get yours

Indosso, con l'orgoglio che le traspariva dagli occhi, aveva gli stracci di alcuni vestiti.

Sì, ma dei vestiti di quella notte.

I pezzi degli abiti le erano stati incollati sulla pelle, in modo che non potessero muoversi e che potessero continuare a nascondere ciò che un tempo non avrebbe esitato a mostrare se necessario.

Ma l'attenzione generale non era su di lei in quanto persona o sul fatto che con la bocca stesse mimando le parole di quei due versi, piuttosto...

Piuttosto sul suo bastone, la fonte di quel rumore ciclico e preciso.

Il suono del suo zoppicare e traballare.

Il suono di una vita ridotta al dolore.

But I got smarter, I got harder in the nick of time
Honey, I rose up from the dead, I do it all the time
I got a list of names, and yours is in red, underlined
I check it once, then I check it twice, oh!

E lei era davvero risorta dalla morte.

Stava affrontando tutto ciò che fino a quel momento l'aveva sempre terrorizzata, e lo stava facendo con una classe impeccabile.

Perché lei era Maggie Soler.

Ed era la regina di quelle passerelle.

Ooh, look what you made me do
Look what you made me do
Look what you just made me do
Look what you just made me...
Ooh, look what you made me do
Look what you made me do
Look what you just made me do
Look what you just made me do

Il ritornello terminò per la seconda volta.

Questo significava soltanto una cosa.

Che la parte che la spagnola amava di più stava per arrivare. Quella che la caricava, quella che l'aveva spinta ad agire.

Quella che era marchiata con il fuoco nella sua testa fin dal 2017.

Un sorrisetto le comparve sulle labbra, incurvandole leggermente verso l'alto.

I don't trust nobody and nobody trusts me
I'll be the actress starring in your bad dreams

E lo sarebbe stata per davvero.

Quella volta non si sarebbe fermata.

Avrebbe ottenuto la giustizia che meritava, per sé stessa e per tutte quelle donne che continuavano a subire abusi ogni giorno, terrorizzate all'idea di parlare, devastate al pensiero di qualcuno a dubitare della loro parola.

Se la sua storia poteva essere un esempio, non avrebbe esitato a raccontarla.

I don't trust nobody and nobody trusts me
I'll be the actress starring in your bad dreams
I don't trust nobody and nobody trusts me
I'll be the actress starring in your bad dreams

Maggie abbandonò la posizione in cui era rimasta immobile per raggiungere la fine della passerella, dove ad attenderla c'era un microfono.

Le venne istintivo cercare Max nel pubblico.

E quando lo vide, seduto di fianco a Selene e Victoria con gli occhi che gli brillavano per l'emozione e la fierezza, sapeva di non aver sbagliato. Sapeva di aver fatto la scelta giusta.

I don't trust nobody and nobody trusts me
I'll be the actress starring in your bad dreams

<<I'm sorry, but the old Margaret can't come to the phone now. Why? Oh, 'cause she's dead>>

Fu proprio lei a recitare quelle parole, il tono più simile possibile a quello utilizzato da Taylor Swift nell'audio originale della canzone.

I flash continuavano ad inondarla, rendendola il soggetto degli scatti più belli di quella serata.

Non c'era niente da fare.

Sarebbero potuti passare decenni interi, forse anche cento anni, ma quel palco avrebbe sempre avuto inciso sopra il nome di una stella strappata via da quel mondo troppo presto.

Il ritornello di Look What You Made Me Do si ripeté per altre due volte, assopendosi sempre di più, e lei si accorse di star trattenendo il fiato. 

Il tempo dei giochi era finito, adesso bisognava soltanto tirare fuori le unghie.

L'ansia la stava mangiando viva ma fu brava a sufficienza da non darlo a vedere.

Evitò di inumidirsi le labbra per non sbavare il rossetto rosso e piuttosto preferì arricciare le dita dei piedi nelle scarpe con quanta più forza possibile.

Aspettò fino all'ultimo secondo della canzone, godendo del silenzio che si era creato e piantando lo sguardo in quello del fidanzato. Le luci erano talmente fisse su di lei che le rimaneva difficile persino individuare dove fossero i suoi occhi, ma nonostante questo non distolse l'attenzione da lui neppure per un attimo.

Si schiarì la voce.

E subito partì un boato. Uno scroscio di applausi la travolse, portandola a sentire uno strano calore nel petto. Strano, sì, ma anche immensamente familiare.

Non poté evitare di mostrare un sorriso sincero.

Forte di quel riconoscimento, scelse di agire.

Era stanca di stare nell'ombra.

Era arrivato il momento di liberare il suo sole da quelle catene che lo opprimevano.

<<Mi chiamo Margaret Soler>> sentenziò. <<Sono colei che un tempo chiamavate la Lady D della moda, colei che osannavate per la camminata ed il portamento, colei che tanto a lungo avete cercato dopo la sua scomparsa. Ebbene, adesso non avrete più il bisogno di farlo>>

Un coro si levò dal pubblico, c'erano espressioni di stupore da una parte all'altra.

<<Non dovrete più cercarmi perché non ho intenzione di andarmene. Sono tornata per restare e...>>

La voce le si ruppe, mentre l'emozione prendeva il sopravvento, ricordandole dell'ultima volta che era stata su un palco del genere.

<<E se sono qui è per raccontarvi una storia, è per rivelare il mio più grande segreto>>

In un riflesso involontario, gesto che la faceva sentire al sicuro, andò a stringere tra le dita l'anello d'argento che indossava all'indice sinistro, un regalo di Max per quell'occasione.

Gliel'aveva comprato dopo i primi test con la macchina in Bahrein. <<Ho pensato a te tutto il tempo e mi sei mancata da morire>> le aveva detto, consegnandole poi il pacchettino.

<<Ma prima di parlare, voglio che sappiate una cosa. Voi tutti che siete lì fuori, non siete da soli. Ricordate che al mondo ci sarà sempre qualcuno disposto ad ascoltarvi, a farvi tornare in vita. Con me è stato così, e allora non abbiate paura, gettatevi, saltate nel vuoto. Se ciò che sto per dire potrà aiutarvi, se potrà salvarvi la vita, sarò lieta di condividere ogni minimo dettaglio>>

Attese qualche altro secondo e, prendendo il respiro più grande della storia, abbassò per un attimo la nuca. <<Mi è stato fatto del male>> confessò. <<La sera della mia ultima sfilata, quella che molti di voi ricorderanno come il momento prima della mia sparizione, per essere precisi. Da quello che era il mio bodyguard, Lucas Dupont. E se sto facendo il nome è unicamente perché ho scelto di parlare, ho scelto di denunciare. Ho sofferto a sufficienza per questa storia, in silenzio, a crogiolarmi nel mio stesso dolore>>

Max non ebbe nemmeno bisogno di guardarsi intorno per percepire il fiato sospeso della gente che lo circondava. Poteva ben capirlo. La confessione era tanto inaspettata quanto terrificante, non biasimava le persone per essere rimaste immobili.

<<Non voglio più nascondermi, perché finalmente ho capito che non è stata colpa mia. Non mi è stato chiesto il consenso, non mi è stato chiesto se volessi farlo o no, sono stata portata in un vicolo buio di questa Madrid con la forza. Mi sono state fatte cose che non ripeterò, cose che mi hanno lasciata con ferite e cicatrici indelebili, con segni profondi e invisibili e segni più evidenti, come questo bastone, che testimonia la mia osteonecrosi. Mi è stato strappato via qualcosa di grande dall'animo, qualcosa di forte e prezioso come la verginità, ma sto andando avanti. Mi ci sono voluti tre anni, e forse ce ne vorranno ancora ed ancora per guarire, ma ho realizzato che io sono Maggie Soler e non ho bisogno dell'approvazione di nessuno>>

A quelle parole, Max scattò dalla sua sedia, iniziando a battere le mani con forza. I sorrisi che avevano in volto ogni volta che si guardavano erano qualcosa di estremamente magico e poetico.

Poi successe l'inimmaginabile.

Tutto il pubblico si alzò in piedi per lei, acclamandola, gridandole parole di supporto.

Una lacrima di gioia le scivolò giù per la guancia.

<<Non voglio descrivere le azioni, i tormenti che mi sono stati inflitti, però... quello che davvero voglio che sappiate è che sarò sempre pronta a tendervi una mano. Al mondo, come ho già detto, ci sono tante persone che hanno vissuto questa stessa cosa, uno stupro non è una passeggiata, non è qualcosa che puoi superare dal nulla. Ci vuole tempo, ci vuole tanta forza di volontà, ci vuole tanto amore. Io stessa oggi non sarei qui senza tutto l'amore che mi è stato dato e ne sono immensamente grata. Per questo sono qui, per chiedervi di aiutarmi a rivelare la verità, per permettere a chiunque sia là fuori di usare la propria voce. Sono una vittima di stupro e non me ne vergogno. Io... io sono Maggie Soler e sto sopravvivendo!>>

Il cuore le batteva fortissimo, così tanto che temeva che nel giro di pochi minuti avrebbe avuto un infarto, però andava bene così. Era stata bravissima e quello era il premio per lei.

Non avrebbe più dovuto nascondersi, non avrebbe più dovuto tacere. Sarebbe tornata nuovamente ad essere padrona della propria vita.

<<Ah e un'altra cosa veloce...>> fece, riavvicinandosi al microfono. <<Ho letto che qualche rivista ha scritto in uno degli articoli su di me che ho milioni di euro tra le mani. Amici miei, lasciatevi dire che le cure per l'osteonecrosi costano da morire e le medicine ancora di più, e non funzionano nemmeno benissimo, quindi... non credete a tutto quello che vi dicono, okay?>>

L'ultima cosa che il pubblico vide, prima che le luci del palco si spegnessero ed inondassero la stanza di un buio intenso, fu l'occhiolino tenerissimo della ragazza, rivolto al suo fidanzato.

Un occhiolino che sapeva di felicità.

Un occhiolino che sapeva d'amore.

Ik hou van je.

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