32. Margaret, nessuno ti vuole

<<I've been the archer, I've been the prey>> canticchiò piano Maggie, stritolando il tessuto della sua felpa. L'ansia la stava mangiando viva, portandola a sentire un vuoto opprimente all'altezza del petto. Le tremavano le gambe, così tanto che per un attimo temette che la sua osteonecrosi avesse raggiunto il suo ultimo stadio, staccandole direttamente il femore dalla rotula.

La radio della macchina dell'olandese trasmetteva le canzoni della sua amata Taylor, riproducendole dalla chiavetta che lui aveva preparato per lei tanto accuratamente, mentre fuori il cielo si colorava di blu scuro.

Erano in viaggio ormai da circa tre ore e mezza e c'erano stati pochi momenti di silenzio come quello, soprattutto considerando che Selene - seduta nei sedili posteriori ora addormentata - aveva chiacchierato per tutto il tempo.

La Spagna era una meta che Maggie mai avrebbe sognato di raggiungere di nuovo. Aveva pensato tanto tempo a cosa fare, a se tornare oppure no, e alla fine di ogni sessione di discussioni con sé stessa era sempre arrivata alla conclusione che, no, non poteva permettersi di soffrire ancora.

Eppure eccola lì, fattasi convincere da un pilota tonto e da una luna un po' storta. Guardava oltre il finestrino, la testa appoggiata sul vetro freddo della Porsche e pensava, pensava alla sua vita, a quanto dolore avesse patito, a quanto non meritasse tutto ciò che le era successo.

Poi però...

Poi però tornava a guardare Max, che teneva gli occhi fissi sulla strada ed ogni tanto ricambiava il gesto, e sapeva. Sapeva di aver fatto una scelta giusta con lui.

Perché, dopotutto, se tutto ciò che aveva sopportato l'aveva condotta a quel ragazzo, allora avrebbe resistito mille altre volte.

Come se la vita le stesse mandando un ulteriore segno, la canzone che partì dopo fu Call it what you want, che di Reputation era indubbiamente quella che più le piaceva.

C'era una frase, in particolare, che le faceva battere il cuore all'impazzata. Che la faceva pensare a tutto ciò che Max aveva fatto per lei, benedicendola con l'amore che sapeva dare.

And I know I make the same mistakes every time
Bridges burn, I never learn, at least I did one thing right
I did one thing right

Poi ancora un altro pezzo, che era esattamente ciò che era successo tra loro due soltanto due mesi prima, solo detto cantando ed in un modo più poetico.

I recall late November, holdin' my breath
Slowly I said, "You don't need to save me
But would you run away with me?"

Un piccolo sorriso le spuntò sulle labbra, ripensando al momento in cui Max le si era inginocchiato davanti e le aveva baciato le ferite. Non avrebbe mai potuto sognare nessuno di meglio accanto.

Dove mai l'avrebbe trovato qualcun altro disposto ad accompagnarla in macchina fino a Madrid? Ci volevano quasi tredici ore, ma lui non si era lamentato neppure una volta. Anzi, l'aveva presa per mano e l'aveva incoraggiata a partire.

Max era speciale, sotto tutti i punti di vista.

Gli aveva confidato il suo segreto. Gli aveva rivelato il motivo del suo dolore, delle sue lacrime, dei suoi tormenti, e lui non si era mostrato impaurito da quel lato neanche per un istante. Altri sarebbero andati via, pur di non dover combattere contro una cosa del genere, lui no.

Lui sarebbe rimasto, Maggie lo sapeva.

Ed ogni secondo che passava lo amava di più.

Pian piano, le sue palpebre si chiusero, lasciandola cadere in un sonno profondo. Si concesse, prima di crollare, di lanciare un'ultima occhiata al pilota al suo fianco.

<<Buonanotte, lieverd>> bisbigliò, aggiungendo quell'unica parola in olandese. Parlò così piano che probabilmente il ragazzo non sentì nemmeno, però le andava bene lo stesso. L'importante era aver capito lei stessa, aver capito come ormai il suo cuore avesse iniziato a battere per lui.

Quello che Maggie non sapeva era che Max, invece, quelle poche sillabe era riuscito a captarle. Aveva sentito il modo in cui l'aveva chiamato ed un sorriso da ebete gli era istintivamente comparso sul viso.

Premuroso, temendo che potesse aver freddo, accostò alla prima stazione di servizio che trovò per sfilarsi il giubbotto dalle spalle ed appoggiarglielo addosso. La coprì, curando con attenzione ciò che stava facendo. Non voleva assolutamente svegliarla, così ci mise tutta la delicatezza di cui era dotato!

Le lasciò un piccolo bacio sulla guancia, spostandole i capelli rossi dietro l'orecchio, e riprese a guidare, continuando lo stesso a tenerle un occhio addosso.

Era incredibile quanto fosse bella, si ritrovò a pensare. Sembrava una piccola principessa, così tenera e delicata.

<<Vorrei poter assorbire il tuo dolore>> sussurrò. <<Andrà tutto bene, my little star>>


La nuova imponente abitazione dei genitori di Maggie si trovava nel quartiere Barrio de Las Letras, caratterizzato da versi e citazioni letterarie sul suolo delle sue strade. Puerta del Sol era il posto che più attirava, la piazza era infatti puntata da centinaia di indicazioni.

Maggie fremeva. L'ultima volta che era stata in Spagna, suo padre e sua madre non abitavano lì. Avevano traslocato... e lei non ne era neppure a conoscenza. Avevano abbandonato la casa in cui era cresciuta, in cui aveva lasciato anche alcuni dei suoi ricordi più belli, senza ritegno, senza guardarsi indietro.

La giacca di Max le copriva ora le spalle, riempiendola del buon profumo del ragazzo. Era stata, infatti, una piacevolissima sorpresa svegliarsi con quella addosso. Non era sicuramente un caso il fatto che lo avesse sognato mentre le diceva di non aver paura, che le sarebbe stato accanto nonostante tutto!

L'olandese parcheggiò la Porsche nel vialetto della casa, lasciato appositamente libero, e una volta azionato il freno a mano si voltò a guardare Maggie e Selene.

Le due amiche si tenevano per mano, nonostante una fosse seduta nei sedili anteriori ed una nei posteriori, e non parlavano. Bastava unicamente quel gesto per far capire quanto fossero legate, quanto si conoscessero.

<<State bene, ragazze?>>

<<Sì, non ti preoccupare>> sussurrò la rossa, sporgendosi per stampargli un bacio sul principio di barba che lo caratterizzava. Prese un respiro profondo e si staccò da Selene, allacciando la giacca. <<P-posso indossarla, no?>> si ricordò di chiedere al proprietario.

Max annuì, scompigliandole i capelli con fare tenero. <<Te la regalo anche, meisje>>

<<Cutiees>> commentò Selene, più onesta di quanto non fosse mai stata. Non stava scherzando, né li prendeva in giro come faceva di solito: sapeva di dover calmare l'ansia della sua sorellina, quello era l'unico metodo che conosceva. Maggie infatti arrossì vistosamente ed il tremolio del suo corpo si placò di colpo.

<<Sei pronta?>> le domandò il pilota, allora, aprendo la propria portiera per scendere dalla macchina. Raggiunse il sedile del passeggero e si preoccupò di aiutare la ragazza. Le lasciò tenere il bastone e le cinse la vita con le braccia - la Porsche era più bassa rispetto alla vettura con cui andavano in giro di solito ed avrebbe sicuramente fatto fatica.

Una volta rimessa in piedi, Maggie si aggrappò alle spalle dell'olandese e sorrise a Selene. I suoi amici la abbracciarono, quasi stritolandola e riempiendola d'amore. Le schioccarono due grossi baci sulle guance, portandola a sorridere. <<Vamos, allora!>>

<<Vamos! Grazie ragazzi, vi voglio bene>> replicò lei, commossa. <<Non so che farei senza di voi!>>

<<Semplice, meisje, ti annoieresti!>>


Superare l'ingresso fu il primo grande check che Maggie stampò sulla sua lista mentale degli obiettivi di quel giorno. Le mancava il respiro, vero, però in un modo o nell'altro sarebbe dovuta sopravvivere.

C'era una frase che Max le aveva detto, dopo la sua grande confessione, che le era rimasta nella testa. La vita non è sopravvivere alla tempesta, ma imparare a convivere con la pioggia e lei non avrebbe saputo trovare parole migliori.

Era un cazzo di poeta, quel ragazzo.

Quando voleva, certo.

Selene le strinse la mano tutto d'un tratto e lei non poté fare a meno di alzare lo sguardo dal pavimento marmoreo. Quando si trovò davanti sua madre e suo padre, il suo intero corpo si irrigidì e la sua presa sul bastone si fece ancora più salda.

Se avessero potuto ascoltare il ritmo del suo cardiaco, l'avrebbero sicuramente ricoverata per tachicardia.

Maggie lasciò andare l'amica e drizzò la schiena. Fece un passo avanti, il bastone batté per terra con un rumore secco, provocando un leggero eco. Inespressiva, seppur dentro stesse combattendo la seconda più grande battaglia della sua vita, si fermò a pochi metri dalle persone che le avevano dato la vita.

Non erano la sua famiglia, loro. E rivedendoli, seppe di aver bisogno soltanto di Max e Selene per stare bene.

Lo sguardo di sua madre corse lungo il suo bastone, lo stesso quello di suo padre. La pressione delle loro aspettative tornò a gravarle addosso, ogni secondo di più.

Non era casa sua, quella.

L'olandese ruotò la testa verso la Maan, sussurrando. <<Sel, che dobbiamo fare?>>

<<Noi? Niente, tonto. Restiamo a guardare>>

<<Ma...>>

<<Ha bisogno di sentirsi forte, Max>> lo interruppe, posandogli una mano sulla spalla. <<Lo sai anche tu, forse meglio di me. Lasciamola essere coraggiosa. Se poi ci vorrà, correremo subito da lei. Va bene?>>

<<Va bene>> acconsentì, in un sussurro, non riuscendo a staccare gli occhi dalla figura esile di Maggie. <<Ma ti giuro, Maan, se qualcuno osa dirle qualcosa...>>

Selene si lasciò scappare un sorrisetto di disprezzo. <<Se osano anche solo dirle una parola fuori posto, li farò a pezzi con le mie stesse mani, Max, stanne certo>>

<<Sei incredibile, rottura di cazzo>>

<<Senti chi parla...>> la corvina gli rivolse un'occhiata fiera. <<Poche persone avrebbero guidato per ore e ore di fila senza lamentarsi neppure un attimo. Sei un idiota patentato e pure un imbecille, ma sei una brava persona, Cax Cazzappen, ed è l'unica cosa di cui sono certa>>

<<Come mai queste parole così gentili, fengári?>>

<<Perché saranno probabilmente le uniche che sentirai fino a quando rimarremo qui, Max. Quindi vedi di ricordartele bene>>

Il pilota fece per risponderle ma la voce di Maggie squarciò il silenzio che si era venuto a creare tra lei ed i suoi genitori. Selene gli si sistemò accanto, pronta a tradurre ogni singola parola in spagnolo che stava per essere pronunciata.

<<Eccoci qui, dunque. A quanto pare, dopo tre anni in cui mi avete riservato il trattamento del silenzio, alla fine avete deciso di tornare a parlarmi...>> il tono era più freddo che mai. Max non l'aveva mai sentita parlare in quel modo, neppure nel primo periodo della loro conoscenza, neppure quando lei lo odiava.

<<Che ti è successo, Margaret?>>

<<Niente che vi interessi>> rispose seccamente la rossa, poggiandosi completamente sul bastone. <<Ditemi che volete da me e poi potrò tornarmene a casa>>

<<Parlare>>

<<Non avete mai voluto farlo, non vedo perché deciderlo proprio ora>>

<<Margaret...>>

<<Non... chiamatemi così>> sibilò e la schiena di Max si riempì di brividi. Se soltanto avesse saputo, neppure lui l'avrebbe mai chiamata con il suo nome completo. Quando lo usava, di solito era per prenderla in giro, si sarebbe staccato la lingua a morsi pur di non dirlo mai più.

<<Maggie... ti abbiamo chiamato perché tuo zio José sta molto male, sta morendo, e voleva rivederti un'ultima volta>>

Max giurò di aver sentito il cuore della spagnola frantumarsi.

Non l'avevano chiamata perché LORO volevano rivederla.

Ma perché QUALCUN ALTRO lo faceva a posto loro.

<<Oh>>

Selene chinò il capo e bisbigliò pianissimo. <<Forse abbiamo sbagliato a farla tornare>>

Max fece di no con la testa. <<No... ha bisogno di chiudere questa storia>>

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