30. Give me back my girlhood

*Questo capitolo sarà davvero lungo! Spero che vi piaccia, ci ho lavorato moltissimo <3


Living for the thrill of hitting you where it hurts

Give me back my girlhood, it was mine first



Quant'è strano l'essere umano.

Un giorno si può essere la persona migliore del mondo, un altro il peggior demonio che sia mai esistito. Spesso si dice che esista una via di mezzo, che esistano le cosiddette persone grigie.

Per Maggie Soler questa era una grandissima stronzata. Puoi agire nei modi più garbati, più onesti, più puri di questo mondo, ma se dentro celi l'oscurità non c'è verso che rimanga nascosta.

Gli uomini sono serpenti, vipere che cercano le uova più fresche e dopo averle trovate, le rompono, divorano tutto quello che c'è all'interno e lasciano soltanto dei gusci vuoti.

Gli uomini sono dei codardi, che prima lanciano il sasso e poi nascondono la mano. Codardi che non ammettono gli errori che continuano a commettere. Codardi che ti distruggono e poi fanno finta di niente.

<<Prima di... prima di confessare tutto quanto... voglio che... voglio che tu mi prometta che non cambierai idea su di me>> supplicò, rivolta verso Max. Lo guardava, con quei suoi occhioni pieni di dolore, e sapeva già che alla fine di quel racconto avrebbe suscitato pietà. <<Promettimelo, ti prego>>

Lui annuì subito, l'espressione si era fatta improvvisamente più preoccupata. <<Maggie, sai che non devi, se non vuoi. Non farlo se...>>

<<Voglio farlo>>

Max si irrigidì ma fu abbastanza bravo da non darlo a vedere. Invitò l'amica a sedersi ma lei non si mosse neppure di un passo. Se ne stava in piedi, illuminata dalla fiamma rosso vivo del caminetto, e respirava profondamente.

<<Max, promettimelo>>

L'olandese deglutì e piano sussurrò: <<Te lo prometto, kleine>>

<<B-bene>> la voce di Maggie si spezzò nell'esatto istante in cui percepì l'ultima delle sue parole. Una lacrima scivolò giù per la sua guancia.

<<Maggie...>>

<<La conosci la storia della Gorgone, querido?>>

<<La Gorgone?>>

<<Sì>> la spagnola strinse le labbra. <<La storia di Medusa>>

<<No...>> Max non capiva dove accidenti volesse andare a parare. Cosa c'entrava la tipa con i serpenti in testa della mitologia greca con lei?

<<Allora lascia che te la racconti. Lascia che ti racconti come furono dei mostri a creare Medusa, lascia che ti racconti la storia di colei che non era nata cattiva. Lascia che ti racconti la verità dietro quella donna>>

Il silenzio per un attimo calò tra loro, come se Maggie volesse fare il possibile affinché le sue parole colpissero nel profondo. Ci rifletté sopra, accorta e minuziosa.

<<Medusa era una giovane fanciulla, una ragazza bellissima che non aveva niente da invidiare alla dea Afrodite. Viveva in un villaggio assieme alle sue due sorelle e ai suoi genitori e come di consuetudine riceveva sempre le visite dei pretendenti che volevano corteggiarla per sposarla. Oh, Max, arrivavano persone di ogni età per lei, tanto la sua grazia era famosa!>> incominciò a narrare, un sorriso sconsolato le comparve in volto.

<<Un giorno, però, suo padre capì che Medusa non sarebbe mai stata al sicuro in quel villaggio, c'erano troppe persone a volerla e molte tra queste non erano affabili. Avrebbero fatto di tutto per averla, a qualsiasi costo, e lui doveva proteggerla. Partirono insieme volti verso il tempio di Atena e qui Medusa riuscì a convincerla con la sua intelligenza a farla rimanere. La dea la accolse e lei ben presto divenne sacerdotessa. Era tra le più amate di tutte, sempre disponibile e carina con tutti, sempre pronta ad aiutare>>

<<Che cosa le è successo?>> Max si azzardò a chiedere, nervosamente. Nella sua mente cominciava a formarsi l'idea che tutto quel discorso non fosse introduttivo, che la storia di Medusa potesse essere davvero collegata a quella della ragazza che tanto amava.

<<Attirò le attenzioni, pur non volendolo, di Poseidone. Era un dio, Max, e come tutti i potenti non si è fermato davanti a nulla. Non gli importava che Medusa fosse una sacerdotessa di Atena. La voleva? L'ha presa>> sibilò, a denti stretti. <<L'ha violentata nello stesso tempio che doveva proteggerla. E sicuramente ti starai chiedendo cos'abbia fatto Atena. L'ha incolpata, eccola la dea, l'ha incolpata per un qualcosa di cui era totalmente vittima, e per punirla l'ha resa il mostro che tutti conoscono>>

<<Dio...>> Max si lasciò scappare questa parola in un sussurro, scuotendo la testa. La sua testa era un insieme di pensieri confusi, di sensazioni orribili. Su di lui gravava un orrendo alone di dolore e sospettava che potesse essere proprio quello che apparteneva alla sua Maggie.

<<Medusa era una vittima di violenza sessuale ed è stata costretta a fuggire, si è nascosta, pur di evitare di mietere nuove anime. È stata un'eroina, è stata tradita, e detesto il fatto che nessuno conosca la sua storia!>>

<<Perché ci tieni così tanto?>> ma stavolta il tono del pilota non era quello di una domanda normale, no. Era la dizione perfetta di qualcuno che stava mettendo insieme i pezzi per risolvere il rebus più dannatamente difficile che fosse mai esistito. 

<<Perché Medusa era una donna coraggiosa, una donna che pur essendo vittima è stata ritenuta colpevole, una donna che ha dovuto lottare con le unghie e con i denti e alla fine il mondo ha smesso di considerarla. Le hanno fatto del male ed è sopravvissuta, già solo per quello il suo ricordo non dovrebbe essere cancellato!>> esclamò. <<Medusa è...>>

Maggie iniziò a tremare, così tanto che Max per un istante pensò di raggiungerla e stringerla nell'abbraccio più caldo e confortevole che fosse capace di dare. Ma non poteva. Non poteva, perché quella ragazza aveva bisogno di sentirsi coraggiosa.

<<Medusa è una vittima di stupro...

... esattamente come me>>

E la confessione arrivò così, schietta, soltanto un istante dopo.

Fu come se lo specchio delle convinzioni dell'olandese si stesse improvvisamente frantumando, colpito dalla pietra ruvida ed appuntita della verità.

<<C-cosa?>>

<<Sono stata stuprata, Max>> confessò. Ormai stava singhiozzando e il suono del suo pianto trafisse il cuore del ragazzo, che si pietrificò sul posto. <<Dalla persona di cui mi fidavo di più>>

Stava cercando di rielaborare tutto quello che aveva sentito, eppure non riusciva a crederci. Non riusciva a... realizzare di essere stato così cieco. Era ovvio. Era ovvio che fosse quello il motivo.

Maggie era terrorizzata dal tocco degli uomini.

Aveva smesso improvvisamente di lavorare come modella, la cosa che lei stessa aveva definito come ciò che amava di più al mondo.

Era fuggita dalla sua città natale per non dover sopportare il peso del dolore.

<<Osteonecrosi da trauma...>> si ritrovò a dire, lasciando correre i propri occhi sulla rossa. <<Non è vero? Mi sono informato sull'argomento e...>>

Maggie fece di sì con la testa. <<Esatto>> confermò. <<La notte che... um, ci ho guadagnato anche una frattura scomposta al femore destro. Non sono... non sono andata in ospedale quella sera, e neppure il giorno dopo. Quindi l'osso ha tentato di curarsi da solo, inutile dire che non ce l'ha fatta... e l'osteonecrosi è stato il risultato>>

La ragazza abbassò la testa, lo sguardo fermo sul pavimento.

<<Chi è stato?>>

<<Quello che... era il mio bodyguard del tempo. Mi era stato accanto fin dai primi passi che ho svolto all'interno del mondo della moda>> fece, respirando profondamente. Le mancava l'aria e sembrava che stesse per soffocare, in quella stanza e in quell'esatto momento.

Anzi...

Che stesse annegando.

Perché ormai era arrivata al punto in cui l'acqua aveva surclassato di gran lunga la sua capacità di resistere senza ossigeno. Non aveva speranza di vincere quella battaglia, purtroppo. E forse nemmeno quella guerra.

<<Come si chiama?>>

<<Max...>>

<<Maggie, come si chiama?>> scandì bene, la mascella serrata.

Qualcosa nel suo petto si ruppe nel pronunciare il nome dell'uomo che le aveva fatto del male. Si sentiva distrutta, dilaniata, ma riuscì comunque a trovare la forza di rispondere. <<Si chiama... L...L... Dupont. Ti prego, non farmelo dire. Ti prego>>

<<Che cosa ti ha fatto?>>

La domanda di Max ne nascondeva un'altra velatamente. E non intendo in generale.

<<Era... era la sera del 24 dicembre 2018...

"AH AH" Maggie batte le mani, sorridendo estasiata. I suoi occhi brillano di luce pura, mentre si chiude dietro la schiena la tenda rossa del palcoscenico.

La sua sfilata sta per finire, mancano soltanto due modelle, ma tutti gli applausi se li è presi lei. Accidenti, se è brava! Ha lo straordinario potere di attirare su di sé le attenzioni di chiunque, tanto è angelica.

È ormai quasi Natale e non le importa neppure di fare tardi al pranzo organizzato dai suoi genitori per l'indomani. Conoscendosi, sa già che dormirà fino a tardi! L'afterparty delle sfilate è la sua cosa preferita dell'intero mondo e non ha intenzione di perderselo!

"MAAAGS" strilla Selene, correndole subito incontro e gettandole le braccia al collo. La stritola quasi, così fiera di lei da mettersi persino a piangere. "Sei stata bravissima, querida!"

"AHHHH, grazie!" la rossa non può fare a meno di sentirsi gratificata. Non può negare la sensazione di benessere che il suo cuore le sta facendo provare. Ogni volta che cammina sulla passerella si sente come se stesse volando, come se tutto perdesse importanza eccetto il rumore dei suoi tacchi sul pavimento. "Ti è piaciuta, quindi??"

"TANTISSIMO, amore!" la fengári le schiocca un rumoroso bacio sulla guancia. La guarda con tutto l'amore che prova nei suoi confronti ed incomincia a saltellare insieme a lei: lo fanno sempre, dopo ciascun evento. Quello è un po' il loro rito.

Ballano quando le cose vanno bene.

Piangono insieme quando vanno male.

Sono due metà perfette, incastonate l'una all'altra.

"Hey hey hey!" Lucas si avvicina alle due ragazze, abbracciandole con quel suo fare gentile, che fa arrossire Maggie all'istante. "Come sta la mia modella preferita?"

"Benissimo!"

"Brava, Margaret!" le batte addirittura il cinque, sporgendosi velocemente dalla tenda per controllare a che punto sia la sfilata. "Hanno finito! Andiamo a mangiare? Ho un sacco fame!"

"Anche io!" Maggie si massaggia la pancia con la mano, sospirando. Indossa ancora il suo splendido abito di seta, che si piega sotto le sue dita con facilità. "Sel, vieni anche tu?"

"No, devo andare a casa. Robert mi sta aspettando!"

"Robert?" domanda Lucas.

"Sì, è il tipo con cui ho iniziato a sentirmi poco fa!"

"Buon appuntamento allora!" le augura, rivolgendosi poi a Maggie. La prende sottobraccio, sorridendole e le provoca istintivamente le farfalle nello stomaco. "Io e lei andiamo, mademoiselle?"

"Sì, Lucas, sì!"

Se soltanto avesse saputo, se soltanto avesse capito cosa sarebbe successo dopo l'afterparty... se soltanto l'avesse fatto si sarebbe risparmiata centinaia di pianti, centinaia di giorni passati a pensare di non valere più nulla, centinaia di ore a rivivere nella sua testa il momento esatto in cui era stata uccisa.

Ma niente.

Maggie segue Lucas in giro come una specie di cagnolino da compagnia. Dopotutto, ha la crush più grande di sempre per lui, fin dal momento in cui l'ha incontrato. Selene quello lo sa bene, non c'è un singolo secondo in cui non abbia il suo nome sulla bocca.

"Lucas di qua" "Lucas di là" ripete continuamente, come in un mantra.

L'afterparty termina molto tardi. Sono le due e mezza di notte, la vigilia è finita da un pezzo, però Maggie è ancora entusiasta, è ancora piena di vita nonostante la stanchezza che sente dentro.

Adora festeggiare come poche altre cose. È un animale sociale, una di quelle persone che pur di far sorridere coloro a cui tiene darebbe via il proprio mondo. È un piccolo angelo su quella Terra e nei suoi occhi splendono costellazioni d'amore.

"Ti accompagno a casa?" le propone Lucas, guardandola con un sorriso. "Tanto sono di strada"

"Oh allora se sei di strada sì, per favore. Così non devo chiamare un Taxi! Mi faresti un grande favore, Luc!"

"No problem, Margaret"

Margaret... Maggie impazzisce quando lui usa il suo nome intero. È l'unico che la chiama così ancora. Le farfalle che sente sono triplicate. Le basta il suono della sua voce per stare bene!

La macchina di Lucas è una Mercedes Benz nera scintillante, è così pulita che ci si potrebbe addirittura mangiare sopra! I sedili sono così morbidi e comodi che Maggie per poco non vi si addormenta appena li tocca.

"Mi dici la via precisa, che non me la ricordo?"

Gliela detta, fidandosi ciecamente. Dopotutto, come potrebbe non farlo?

Lucas la protegge da anni ormai. Le sta accanto fin dal primo giorno che ha trascorso nell'industria della moda. L'ha aiutata a combattere le sue battaglie più importanti, quelle di quando lei stessa ha impedito alle mani degli uomini di vagarle addosso, anche se questi pensavano di averne il diritto, l'ha aiutata a sopravvivere. Conosce bene le lotte che ha combattuto sulla passerella, che ha combattuto camminando in strada, quando prendeva che gli uomini non le guardassero né il seno né le gambe. L'ha sempre sostenuta.

E Maggie si fida. Si fida del ragazzo di cui è innamorata.

Solo... solo che quando Lucas prende una strada diversa da quella che lei percorre di solito, una sensazione di gelo le si forma intorno alle ossa. Non riesce a spiegarselo, non capisce perché si senta così, ma...

Ma poi un singolo pensiero prende il sopravvento sugli altri. Un pensiero che si concretizza quando la mano del ragazzo si appoggia sulla sua coscia.

"Lucas, che stai...?"

"Ti dà fastidio?" le domanda, incominciando a muovere le dita. La pelle fredda del suo palmo sfrega contro quella liscia della gamba sinistra di Maggie e la mano scorre quasi sotto la sua gonna di seta.

"Luc..." la rossa gli afferra il polso, bloccando rapidamente quel vagabondare distratto. "Che stai facendo?"

"Lo so di piacerti, Margaret"

A quelle parole, il sangue comincia a fluirle nelle guance, ma deve essere abbastanza forte da parlare, quindi si fa coraggio. "Sì. Sì, è vero, ma questo non significa che... che puoi fare come vuoi. Siamo amici, ma non pensare di avere queste libertà"

Lucas accenna una risata, frenando bruscamente per accostare al bordo destro della strada. Per la sorpresa, Maggie per poco non sbatte sul cruscotto, bloccata soltanto dalla rigida cintura di sicurezza.

"Sei impazzito?!" chiede, confusa ed incredula. "Luc, sei sicuro di non aver bevuto?"

"Mai stato più sobrio, Margaret"

"Non mi sembra, forza, fammi scendere!" ordina, voltandosi per aprire lo sportello. Fa per agguantare la maniglia ma scatta il deadlock e la portiera non si muove di un singolo millimetro. "Luc non è divertente, apri!"

Lui però la guarda con un sorrisetto malizioso e così freddo che Maggie non riesce a riconoscere. "Perché non resti un po' a farmi compagnia, Margaret?"

"Perché ti stai comportando da bastardo, Luc. Ho detto di farmi scendere!"

"Subito, mia bella Margaret" e così dicendo, il ragazzo scende dalla macchina per dirigersi verso il lato passeggero.

Maggie non sa cosa fare, è terrorizzata. Dovrebbe scappare ma non riesce a muoversi. Il suo appartamento non è così lontano, se solo avesse la forza necessaria per correre via da lì! Lucas è sicuramente ubriaco, ci mette la mano sul fuoco, e non le piace per nulla la piega che quella situazione sta prendendo.

Il suo bodyguard le arriva ora davanti e Maggie è certa che non dimenticherà mai quella sensazione di prigionia che sta provando.

"LUC, CHE FAI?" si trova costretta ad urlare, quando lui la agguanta per le braccia e la costringe fuori dall'abitacolo. "Luc" supplica. "Lasciami, per favore! Per favore!"

Nessuno la sente gridare, nessuno può fare niente per aiutarla. Le case intorno a loro non hanno nemmeno un ospite, essendo ancora in parte in costruzione, non possono salvarla.

Lucas riesce a trascinarla fino ad un piccolo vicolo nascosto nell'ombra, c'è solo un piccolo spiraglio di luce, che deriva dalle luminarie natalizie. La sbatte contro il muro di pietra gelida, provocandole un dolore sordo nelle ossa.

Maggie è spaventata, non sa neppure cosa fare. Ha il cervello annebbiato per la paura e il suo unico desiderio è andare via. Le sue gambe sono libere, potrebbe dargli un colpo nel cavallo dei pantaloni! È la sua unica speranza.

Non fa neanche in tempo a programmare l'azione che Lucas già l'ha prevista. Le afferra il collo tra le mani, stringendo così tanto che le manca il respiro. Annaspa, tentando di liberarsi. Prova a lottare come può ma lui è troppo forte. È il suo bodyguard, dopotutto.

"T-ti p-prego" riesce a sussurrare, la sua voce è ridotta ad un piccolo lamento.

Ma cosa può fare un brandello minuscolo di speranza contro un mare di oscurità?

"STA ZITTA" l'altro aumenta la presa sulla sua gola, portandola a lasciarsi scappare un gemito strozzato. Una lacrima le scivola giù dagli occhi azzurri, occhi azzurri vivi che secondo dopo secondo perdono il loro bagliore.

"N-non f-far-farmi qu-questo"

Lucas non ha la minima intenzione di fermarsi, eppure la lascia leggermente andare. Lei crolla in avanti, venendo subito afferrata. Sul collo giacciono i segni violacei delle sue mani. Potrebbe smettere, potrebbe... e non lo fa.

Perché per realizzare qualsiasi piano malvagio abbia in mente ha bisogno che lei smetta di essere così lucida.

Allora le tira un pugno nello stomaco, piegandola in due dal dolore. Comincia a colpirla ripetutamente, istante dopo istante, fino a quando non la sente piangere violentemente.

Maggie è più bassa e minuta di lui, sa di non avere neppure la minima possibilità di fuggire. Può solo... può solo sperare che lui si redima.

Ma questo non succede.

Ed il suo inferno si fa ancora più profondo e dannato.

Una volta che Lucas si è assicurato che non possa più davvero muoversi, la tiene ferma per la gola, rimarcando il livido che egli stesso ha lasciato. La guarda feroce e bramoso, leccandosi le labbra, sembra un animale pronto ad azzannare una preda.

La sua mano destra scivola fino alla sua gonna, infilandosi sotto le pieghe della veste senza pietà. Le afferra il bordo delle mutandine, strappandolo via in un singolo movimento. Maggie è più vulnerabile che mai, ma questo non gli basta.

Le strappa via il tessuto a coprirla anche dal petto, andando a graffiarle con le unghie i capezzoli, facendola agitare di dolore.

"Mi fidavo di te" riesce a dire, Lucas non molla.

Le sue dita raggiungono la sua intimità e non le dà neppure un singolo istante preavviso. Gliele infila dentro con violenza, costringendola ad urlare di dolore. Le muove ferocemente, straziandole la carne ad ogni gesto.

Maggie tenta ancora di urlare, eppure sa che quella crepa che si sta allargando alla base del suo cuore non cesserà di farle male.

Forse... forse se smettesse di lottare finirebbe prima.

"Lucas" ci prova un'ultima volta ma è tutto inutile.

E quando lui allenta leggermente la presa per infilarsi la mano nel cavallo dei pantaloni, sa che è l'unica occasione che le è rimasta. Gli dà una spinta, riuscendo a ricacciarlo indietro. È completamente nuda e vorrebbe fermarsi a prendere quell'unico indumento a terra non totalmente stracciato, ma non può perdere tempo.

Purtroppo, Lucas riesce a rimanere in piedi e non deve faticare più di tanto per bloccarla, gli basta riuscire a stringere una ciocca di capelli rossi tra le dita. Maggie finisce a terra ed ora sa... ora lo sa che non ha più scampo.

La sofferenza si moltiplica quando per vendetta per quella tentata fuga Lucas le colpisce così duramente le gambe che le ginocchia le cedono. Rimane a guardarla per qualche istante, godendo di quella visione, e poi...

E poi non si trattiene.

Le allarga le cosce con un gesto rapido e dopo minuti interminabili la penetra. Si spinge così a fondo già al primo istante che Maggie urla di dolore, la sua fronte è madida di sudore nonostante il contatto con il gelido suolo.

Ha le braccia e le gambe immobilizzate, la voce ammutolita dalla mano premuta sulla sua bocca per soffocarne le grida. Persino con gli occhi chiusi le scorrono sulle guance lacrime incessanti. Non saprebbe dire quanto a lungo stia durando, il tempo ormai per lei ha perso ogni significato.

Vorrebbe solo che tutto finisse.

Lo sente il sangue correrle giù per le gambe, macchiando l'asfalto, macchiandole la pelle di un segno incancellabile. La sente quella purezza che la contraddistingueva scivolare via dal suo cuore e dalla sua anima.

Avrebbe voluto aspettare la persona giusta.

Avrebbe voluto aspettare colui a farla innamorare, a farla sentire speciale. E le sta venendo portato via tutto quanto.

Con i gemiti di piacere che lo pervadono, con quella sensazione di vittoria che ha, Lucas la squadra, mentre continua ad entrare ed uscire da lei. L'orgasmo si forma sul suo volto, che però improvvisamente si incupisce.

La stringe per il collo ancora una volta. "Non riesco a venirti dentro, puttana" si china fino a raggiungerle l'orecchio, un ginocchio infilato tra le sue cosce e le dita che vanno a prendere il posto del suo pene. "Perché devi sanguinare così tanto?"

L'unico sollievo che Maggie ha è dato dall'immenso dolore che prova alla gamba destra, a quella piccola zona sopra la rotula. Concentrandosi unicamente su quello, riesce ad evitare di provare tutto il resto.

"Mi fidavo di te" riesce a sussurrare, tremando. E non si rivolge soltanto a Lucas, ma anche al proprio corpo. A quello stesso insieme di carne ed ossa che ora la sta tradendo, che percepisce i brividi del sesso.

Ma quello non è sesso.
Quello è uno stupro.

E lei preferirebbe cento volte sentire dolore piuttosto che dargli la soddisfazione di vederla cosi.

"È soltanto colpa tua, Margaret" le risponde lui e, per rafforzare le proprie parole, una scarica di pugni cala a raffica sulla povera ragazza.

Tenendole fermo il viso, le tira uno schiaffo così forte che sulla pelle rimane il segno rosso, sommato ai lividi sul collo.

Il sangue che le scivola via dall'interno può essere segno soltanto di una cosa: con la sua violenza, Lucas le ha lacerato le pareti interne, rimaste intatte per oltre vent'anni.

Maggie vorrebbe solo che tutto finisse, che la persona che ama smettesse di violentarla. Che il suo cuore cessasse di essere sempre e comunque innamorato di Lucas.
Perché lui le sta facendo del male.
Perché le sta provocando dolore e lacrime.

Quando ormai lei non ha più nemmeno la forza di parlare, è allora che la tortura finisce.

Lucas smette di tenerla ferma.

Le braccia non sono più intrappolate, pendono inerti lungo i fianchi, ha le gambe ancora aperte. Troppo intontita per muoversi o parlare o piangere, rimane sdraiata sull'asfalto freddo. Ha la mente annebbiata, e le braccia arrossate e coperte di lividi, spasmi di dolore attraversano le cellule del suo corpo, un dolore che arriva da posti dove non sa nemmeno che sia possibile provarne. Ha il respiro spezzato e corto e per un istante crede che forse, se lo permettesse, si fermerebbe del tutto.

Vuole chiedere "Perché mi hai fatto questo?" ma non ce la fa, i muscoli non rispondono più ai suoi comandi.

È come se fosse morta.

Anzi... morta un po' lo è. Lo è diventata nel momento stesso in cui la mano di Lucas si è mossa sulla sua gamba per la prima volta.

È stata tradita, dilaniata dalla persona di cui si fidava di più.

"È colpa tua" continua a dirle, sghignazzando e tirandosi su i pantaloni. Si aggiusta la zip, osservandola lì, per terra, senza né voce né forza.

Una lacrima scivola giù dai suoi occhi vuoti, attraversando parte della sua guancia sinistra e cadendo verso l'orecchio. Piangere è l'unica cosa che Maggie può fare.

"Ti sei meritata tutto questo" rimarca Lucas ancora una volta, stringendole il collo solo per il gusto di vederla soffrire. "È colpa tua"

Le labbra della ragazza tremano leggermente, come se stesse cercando di muoverle per parlare. Eppure non esce neppure un suono.

Le avvicina la bocca all'orecchio, mordendole il lobo con forza. "Parla di questo, e ti farò pentire di non essere morta in questo istante" la minaccia. Due dita si vanno ad infilare di nuovo nella sua vagina, facendo seguitare altro sangue.

"È chiaro?" le domanda pacatamente, e Maggie sa che solo fossero totalmente dispersi nel nulla le urlerebbe, forse la picchierebbe ancora per rimarcare la propria domanda. "È chiaro?!" ripete, quando non ottiene risposta, spingendo le proprie dita ancora più su .

"S-" gli occhi le si chiudono, troppo stanca e dolorante per poter fare qualsiasi altra cosa. "S-" ci prova ancora, fallendo.

L'ultima cosa che vede è Lucas che, intingendo le dita nel suo sangue, le traccia una parola sull'addome nudo.

"Fulana"

In uno spagnolo più preciso di quanto abbia mai parlato.

Puttana.

"Addio Margaret"

Sì, addio.

Addio luce.

Addio speranza.

Addio mia amata, vecchia vita.

Addio per sempre>>

Il racconto di Maggie terminò con lei che ormai non stava neppure più piangendo. Aveva finalmente finito le lacrime, a quanto sembrava.

Max era paralizzato, irrigidito di fronte alla lunga storia. Non sapeva neppure più cosa dire ed ora era lui quello con gli occhi lucidi. Sembrava in procinto di lasciarsi andare ma era ovvio che non lo stesse facendo per non farla sentire ancora peggio.

<<E questa è la mia storia, querido>> bisbigliò la spagnola, alzando debolmente le spalle. <<Questa è la storia di come lui ha potuto lavarsene le mani ed io sono finita a scappare. Questa è la storia del perché ormai praticamente nessuno mi chiama più Margaret. Questa è la storia della mia osteonecrosi, del mio trauma, delle mie paure. Questa è la storia di come mi hanno rotta. Questa è la storia di come mi hanno mandata in mille pezzi che non si possono aggiustare>>

C'era solo una cosa che l'olandese poteva fare e così allungò la mano di fronte a sé. Maggie lo osservò confusa, chiedendogli senza parlare che cosa accidenti volesse fare.

<<È la mia proposta, questa. Posso essere tutto quello che vuoi io sia, mijn schatje>> (piccola mia) <<Posso essere un innamorato pronto a cucirti le ferite, posso essere l'amico pronto ad abbracciarti e consolarti, devi solo dirmelo, Mags>>

<<Io... io voglio solo che questo dolore finisca>>

<<E lo farà, te lo prometto>> le rispose, dolcemente, rafforzando le sue parole con un gesto delle mani. <<Prima o poi tutto tornerà com'era prima, te lo giuro>>

<<E se non lo facesse?>>

<<Allora sarò qui a sorreggerti. Ti farei da scudo, Maggie, se ci stessero sparando e dovessi scegliere se salvare la mia vita o la tua, io sceglierei te!>>

La rossa gli fece cenno di avvicinarsi e solo quando le fu a soltanto pochi centimetri si concesse il lusso delle sue braccia. Si lasciò cullare da esse, abbandonandosi al calore che le provocavano.

<<Mi spiace per averti lasciato>> gli sussurrò piano, nel frattempo le dita di lui iniziarono a disegnarle sulla schiena piccoli fiori stilizzati. <<Mi spiace per averti fatto pensare che fosse colpa tua, perché non lo è. Non lo è affatto>>

<<Non devi preoccuparti di niente, mijn lieverd. Bij mij ben je veilig>>

<<Che significa?>>

<<Credo proprio che dovrò insegnarti l'olandese...>>

<<Max. Che significa?>>

<<Significa che ora sei al sicuro con me>>

A quelle parole, centinaia di brividi riempirono il corpo di Maggie, che lasciò cadere il bastone a terra e ricambiò la stretta quanto più possibile.

Singhiozzò, il cuore spezzato che ad ogni secondo con Max andava ricostruendo le proprie parti danneggiate.

<<Volevo solo essere una modella, non ho mai... non ho mai sognato questo>>

<<Lo so, piccola, lo so>> le carezzò i capelli, lasciandole un bacio delicato sulla nuca.

<<Perdonami, ti prego>>

<<Certo che ti perdono, kleine>> Max le sorrise, separandosi leggermente dall'abbraccio per poterle afferrare il viso tra le mani con delicatezza. Piantò gli occhi nei suoi, fissandola con tutto l'amore che sapeva dare. <<Sei stupenda, Maggie>>

<<S-stupenda?>>

<<Sì>> confermò l'altro. Si chinò, sfiorandole con le labbra la punta del naso. <<Sei la persona migliore che io conosca e sono fiero di poterti chiamare mia amica, e soprattutto sono fiero di essermi innamorato di te!>>

<<Sai che ti farò soltanto soffrire, no? Non so più stare vicino alle persone senza deluderle, senza ferirle>>

<<Preferisco venire ferito centinaia di volte ripetutamente piuttosto che passare un altro singolo secondo senza di te>>

<<Che cosa ho fatto per meritarmi qualcuno come te?>>

Max le sorrise e le farfalle le riempirono lo stomaco. Era quello il potere dell'amore, a quanto sembrava.

<<P-puoi dirmi qualcosa in olandese?>> gli domandò timidamente. Adorava il suono della sua voce quando parlava nella sua lingua natia.

<<Ik werd verliefd op je>> (Mi sono innamorato di te) <<U bent mijn favoriete persoon ter wereld en ik ben blij u te mogen liefhebben>> (Sei la mia persona preferita al mondo e sono felice di amarti)

<<Che significa?>>

<<Cercalo su Google>>

<<Ah ah, divertente. È troppo lungo da ricordare. Finché è una parola sola ce la faccio!>>

Il ragazzo allora la avvolse nuovamente in un abbraccio ed abbassò la nuca fino a raggiungerle l'orecchio. <<No problem, continuerò a ripetertelo per molto tempo>>

Maggie arrossì vistosamente. Poi prese coraggio. <<Grazie per non avermi odiata>>

<<Perché mai avrei dovuto odiarti, piccola?>>

<<Perché ora sai il motivo per cui non posso offrirti niente di più di un quarto del mio cuore>> rispose debolmente, tornò ad intristirsi e Max lo notò.

Pian piano, Max le afferrò le mani e stampò un bacio sulle nocche. <<La conosci la pratica giapponese del Kintsugi?>>

<<La cosa?>>

<<L'arte del riparare gli oggetti con l'oro, è giapponese, ne parlava Yuki un po' di tempo fa>> le spiegò, poi notando la sua espressione confusa aggiunse: <<Quando un vaso ha una crepa, i giapponesi lo riparano aggiungendo dell'oro>>

<<Mi stai dicendo che sono un vaso?>>

<<Il senso dell'umorismo non ti manca, eh?>> la rimbeccò, portandola istintivamente a sorridere. <<Voglio dire che tu dici... tu dici che sei rotta. Per me non lo sei, per me sei qualcuno che ha sofferto moltissimo e che continua a farlo ma che in realtà è solo spezzata. C'è differenza. Un uovo è rotto, un uovo non puoi ripararlo. Ma tu puoi. Te lo dissi già a novembre. Solo tu puoi tornare a quella che eri, devi volerlo con tutta te stessa. Non posso fare nulla per avviare il processo, ma posso mostrarti che... che non hai crepe irreparabili>>

<<... come?>>

<<Lascia fare a me>> le fece un occhiolino, sporgendosi verso di lei. <<Voglio mostrarti l'oro che hai dentro>>

Così dicendo, Max le lasciò un bacio sulle labbra per qualche istante, poi si mosse. Scivolò giù lentamente, fino al suo collo, e dove immaginava che quel verme le avesse stretto la gola ne posò un altro. Si abbassò, e tracciò una scia di baci in tutti quei posti in cui le era stato fatto del male. Si soffermò sull'addome, dove le era stato tracciato puttana con il sangue, lì baciò due volte.

Maggie era un fascio di nervi e ad ogni carezza che lui le faceva realizzava che, forse, aveva davvero trovato la sua persona. Lucas le aveva strappato via la verginità, quella cosa che tanto sognava di regalare a colui che l'avrebbe fatta sentire in Paradiso.

Max...

Max. Era lui quella persona.

L'olandese le si inginocchiò davanti, il rispetto di qualcuno che si inchina di fronte ad una divinità. La guardò e gli sembrò di aver trovato ciò che aveva cercato per tutta la sua esistenza.

<<Je bent mijn zilver, mijn kleine prik>> le bisbigliò. <<Sei il mio argento, mia piccola rompicoglioni>> tradusse, abbassandosi così tanto da riuscire a raggiungere il ginocchio dolorante.

Le baciò quel tratto in modo molto più accorto. Era il segno del dolore che aveva vissuto, del dolore che sopportava e che avrebbe continuato a patire per molto tempo, e lui doveva trattarlo con il dovuto rispetto.

<<Pensavo avessi detto che è l'arte del riparare con l'oro>> Maggie trovò la forza di scherzare, anche se, ormai, aveva ricominciato a piangere per la tenerezza del gesto di Max.

<<Sì... ma la prima volta che ti ho vista insieme alla Maan ho pensato subito a come lei fosse l'oro, tra voi due. Tu sei l'argento, invece, e... e in pochi sanno che l'argento, in realtà, è molto più raro e pregiato dell'oro. Tu sei pregiata, Maggie. Io vivo per vincere, vivo per ottenere una medaglia d'oro, ma per te... per te io arriverei sempre al secondo posto, solo per poterti dare quella coppa argentea e farti sentire a casa>>

<<Max...>>

<<Dimmi solo che cosa vuoi che io sia per te, Maggie. Ti sarò sempre accanto, te lo prometto>>

<<Voglio... voglio che...>> ma non trovando le parole giuste, la ragazza si zittì. Preferiva tacere piuttosto che non riuscire ad esprimere la sua gratitudine nei confronti del pilota. Si sporse in avanti, si tenne in piedi pur senza bastone, e congiunse le labbra alle sue.

Le venne in mente una sola cosa che poteva dirgli.

<<Voglio che tu sia il mio Call it what you want, Max, il mio London Boy, il mio Paper Rings, il mio King of my heart, il mio New Year's Day... voglio che tu sia la persona sulla quale potrò sempre contare, che mi sopporterà anche quando avrò la luna storta, anche quando sarò così stanca della mia vita da iniziare a detestarla ancora di più. Puoi promettermi una cosa del genere?>>

<<Non posso prometterti di essere un London Boy se sono nato ad Hasselt...>> incominciò a dirle, scherzando. <<... però voglio essere il tuo Invisible String, Maggie. Solo se me lo permetterai>>

<<Sì...>> la ragazza annuì, colpita dal fatto che Max conoscesse quella canzone. <<Certo che te lo permetto>>

<<Allora forza, ragazzina rompicoglioni, abbiamo un regalo di Natale da aprire>>

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