23. Strappare lungo i bordi
Quella sera, Maggie rimase a sedere insieme a Max per ore ed ore, a scrutare minuziosamente il firmamento. Fosse stato per lei, avrebbe voluto che la notte non finisse mai: era l'unica parte del giorno in cui le voci nella sua testa sembravano assopirsi, forse stremate, forse martoriate.
Inoltre il mondo dell'astronomia le piaceva da morire e, probabilmente, se non fosse stata una modella, quella sarebbe stata la sua prima scelta. Era incredibile, per lei, come quel blu scuro nascondesse migliaia di segreti, tanti dei quali sconosciuti all'uomo.
Dopo averle poggiato il proprio giubbotto sulle spalle, Max la invitò a seguirlo sul terrazzo. Poi si buttò a sedere per terra, non prima di averle sistemato davanti uno sgabello sul quale sedersi, e cacciò fuori uno sbadiglio.
<<Meisje?>> la chiamò, con quella voce tipica di qualcuno che stava facendo di tutto per non addormentarsi.
<<Mh?>>
<<Ci pensi mai a come sarebbero andate le cose se Vic non ti fosse venuta a sbattere quel giorno?>>
Sì, avrebbe voluto rispondere, Eccome se ci penso, maledizione. Non faccio altro che rivivere quel momento nella mia testa per paura di aver sognato tutto, per paura di aver subito il più crudele degli scherzi della mia mente. Sì, allora. Ci penso.
Maggie mugugnò un qualcosa che doveva suonare come un: <<Sì, beh, ci ho pensato una volta, perché?>>
Max riprese a parlare. <<Perché io invece ci penso costantemente. Credo che fare amicizia con te, e anche con la tua cara Maan ovviamente, sia stata una delle cose migliori della mia vita. Sono contento di avervi conosciute, Cip e Ciop>>
A quella parole, la spagnola si mise a sorridere istintivamente ed una sensazione di calore e affetto riuscì ad avvolgerla, esattamente come quando lui l'aveva abbracciata in quel giorno di novembre.
L'olandese volante esercitava su di lei una forza mistica, avrebbe osato definirla anche sovrumana.
<<Sai una cosa, Max? La mia vita fa schifo, ma se ci sei tu è molto meno brutta>> confidò Maggie, ferma sul suo sgabello.
Il pilota si voltò a guardarla di colpo e si rese conto con sorpresa di che cosa volesse fare. Alzatasi in piedi, Maggie si sistemò accanto a lui e, con la schiena premuta contro la parete, scivolò giù lentamente con la gamba tesa. In questo modo, gli si sedette di fianco senza farsi male.
<<Meisje>>
<<No, non... non dire nulla. Va bene così>>
<<Sei sicura che...?>>
<<Starò bene>> annuì lei, abbozzando un sorriso. <<Sul serio, non è la prima volta che lo faccio. Volevo solo... conforto, credo>>
Max passò il braccio intorno alle sue spalle e se la tirò ancora più vicino. Così facendo, la invitò a poggiarsi a lui, non l'avrebbe mai costretta a fare nulla. <<Sai...>> iniziò a dirle. <<Mi hai chiesto perché sono sveglio, perché sto guardando le stelle... la verità è che avevo bisogno di stare un po' da solo>>
Il silenzio... quello era una delle armi a doppio taglio in possesso dell'uomo. Poteva portare ad una pace interiore, come nel caso dell'olandese, oppure poteva costringerti in una bolla fatta di paure ed angosce, dalla quale non si può uscire senza l'aiuto di qualcuno pronto a tenderti la mano, come invece era toccato a Maggie.
<<Ti capisco>> bisbigliò la spagnola, piano. Sembrava che la voce le si fosse fermata in gola, formando un groppo intenso e doloroso. <<Perché volevi stare da solo? Se vuoi parlare, sappi che puoi sempre scrivermi>>
Appoggiando lentamente la testa contro quella di Maggie, Max sospirò. <<Stavo pensando a mio padre, a quanto sia riuscito a rendere orribile la mia infanzia. Pensavo a me, al vecchio me, e a quanto io abbia paura di diventare come lui>>
<<Max>> sussurrò lei. <<Che cos'ha fatto?>>
<<Tante cose>> in quel momento le ricordava tanto sé stessa, quando si estraniava e cercava di nascondere tutta la sofferenza che provava. Non riusciva a vederlo così, le spezzava completamente il cuore. <<Ci picchiava, Maggie, quando qualcosa non gli andava bene ci maltrattava, ci chiamava spreco di tempo e spazio, non eravamo una famiglia. Eravamo dei bambini, io e Victoria, e ci siamo ritrovati con questo mostro che pareva odiarci. L'unico momento in cui gli piacevo era quando vincevo una gara sui kart. Se sono quello che sono è grazie a lui, sì, ma...>>
<<Oh...>> mormorò Maggie, il cuore spezzato davanti a quella confessione inaspettata. <<E tu... ora ho capito perché... ora capisco perché odi non vincere>>
<<Adesso sei tu quella che ha l'espressione di pietà>> Max sorrise mestamente, concedendosi di spingersi ancora verso di lei.
Probabilmente percependo il suo bisogno di un conforto, la ragazza avvolse le braccia intorno alla sua vita e lo lasciò aggrapparsi, lo lasciò prendersi il sostegno che chiedeva. Esattamente come lui aveva fatto con lei.
<<Mi spiace per tutto quello che hai dovuto passare, Max>>
<<Non importa>>
<<Sì, importa, invece. Perché ci stai male, perché qualcuno che ti ama non farebbe mai una cosa del genere! Eri un bambino! Non ti meritavi e non ti meriti neppure ora nulla di tutto quello che ti dice! Non pensare mai il contrario!>>
Max sentì il cuore fermarsi nel petto. <<Tu non pensare di essere una delusione, allora>>
<<Io...>>
<<A volte vorrei solo tagliare i ponti con lui, vorrei che sparisse dalla mia vita, ma... ma è mio padre, e lo rimarrà sempre>>
La rossa annuì, mordendosi il labbro. <<Da un lato vorrei che tu stessi bene, che stessi in pace con te stesso, e questo implicherebbe il prendere le distanze, eppure... so che staresti male, so che soffriresti, che il dolore, che la sensazione di aver perso uno dei pilastri della tua vita ti farebbero a pezzi. Non voglio che tu soffra, Max>>
<<Cos'è successo con i tuoi genitori?>> si azzardò a chiederle, gli occhi azzurri riflettevano velatamente le mille luci del suo quartiere di Monaco. Sapeva che fare quella domanda fosse un azzardo, ma aveva bisogno di sapere.
Doveva capire perché le persone che avevano dato la vita a quell'angelo che era Maggie Soler non volevano più parlarne, perché aveva smesso di tornare a Madrid, perché non aveva più voluto avere contatti con il mondo della moda.
<<Vedi...>> incominciò a spiegare lei, grattandosi la guancia con la mano destra. Poi la riportò sul fianco di Max, tornando ad abbracciarlo, e, nel farlo, gli sfiorò gli addominali scolpiti, arrossendo vistosamente. <<È una storia piuttosto lunga>>
<<Se non vuoi raccontarla, non ti pr...>>
<<No no>> lo interruppe subito, deglutendo. <<Sono tre anni quasi che non parlo con la mia famiglia. Anzi, definirli famiglia credo sia troppo. Con mia madre e mio padre, perché è Selene la mia casa. Semplicemente il 26 dicembre 2018 ho detto loro che avrei voluto smettere di fare la modella, che non volevo più vivere sulla passerella e non l'hanno presa bene>>
<<Perché no?>>
<<Perché a detta loro, avevano fatto innumerevoli sacrifici per permettermi di inseguire quel cammino e che stavo buttando tutto via a causa di un capriccio. Non avevo ancora sviluppato l'osteonecrosi, quindi non c'erano prove a dimostrazione della mia decisione. Me ne sono andata ancora prima che potessero dirmi un'altra parola, non credo se ne siano mai accorti in realtà. Sono andata via che era notte fonda, Selene mi stava aspettando con la sua macchina davanti casa. Ho preso le mie cose e siamo partite alla volta di Monaco>>
<<È stato doloroso?>>
<<Terribilmente. Ma... la parte brutta non è stata l'andare via di nascosto. No. Magari... era il rivedere costantemente nella mia mente la faccia di mia madre mentre mi gridava contro che avevo rovinato tutto quanto, perché sono un'egoista, perché sono una ragazzina viziata abituata a fare i capricci>>
<<Sai una cosa, Soler? Sei una rottura di coglioni incredibile e ci sono momenti in cui ti strozzerei con le mie stesse mani, ma sei anche una persona stupenda e sono orgoglioso di poterti chiamare mia amica. Sei tutto meno che egoista, tu. Se potessi, daresti via tutto quello che hai, solo per vedere felice qualcuno a cui tieni. Non è egoismo, è bontà>>
<<Hanno... però hanno ragione. Io... dopo tutto quello che hanno fatto per me, io avrei... avrei potuto fare uno sforzo in più>> la voce le si spezzò e Max temette di aver combinato un disastro. <<Li ho delusi, ma era prevedibile>>
<<Perché dici così?>>
<<Perché sono sempre stata una delusione per loro, tranne quando ero la modella più pagata tra tutte quelle che sfilavano. Hanno sempre preteso che fossi la migliore, e quando non lo ero... mi sono convinta di non essere all'altezza. Mi sono convinta di dover fare sempre di più>>
<<Ma tu sei all'altezza, molto più di quanto pensi. Te l'ho detto, sei una palla al piede, ma sei la palla migliore del mondo. Ti meriti tutto quello che questo pianeta può dare ed il fatto che tu non te ne renda conto fa male!>>
<<Come mai improvvisamente sei in vena di complimenti?>> gli chiese, tirando su con il naso e tenendo a bada gli occhi lucidi. Si sentiva estremamente gratificata di fronte a quelle parole e sapeva che Max non le stesse dicendo niente che non pensasse realmente.
<<Perché hai detto che se ci sono io la tua vita fa meno schifo. E perché per me è la stessa identica cosa. Quando ci sei tu, è tutto più divertente. È tutto più solare, l'hai capito il gioco di parole?>> le fece persino la battutina, facendola scoppiare a ridere. <<Ma se devo essere sincero, non è solo per questo. Tu mi sei sempre stata a sentire quando mi lamentavo delle gare, quando avevo paura di non vincere tu sei stata il mio portafortuna preferito. Capisco quello che provi, Mags. Voglio ricambiare il favore e farti capire che non dovrai mai credere di essere meno di quello che sei>>
La ragazza si tirò su dall'abbraccio e si voltò, in uno scontro di sguardi. Per la prima volta, le sembrò di riuscire a leggere dentro quegli occhi chiari, del medesimo colore dei propri. Per la prima volta, lo guardò e si sentì totalmente impotente di fronte alla sensazione del suo cuore che batteva.
<<Ti voglio bene>> gli sussurrò all'orecchio, buttandosi in avanti e stritolandolo in una stretta carica d'affetto.
<<Anche io, meisje>>
<<Sono contenta di aver parlato con te>>
<<Vale anche per me>> affermò il ragazzo, gustandosi il dolce profumo dell'amica. <<Ricordati che sei perfetta>>
E con la faccia più lapidaria del mondo, Maggie trattenne un sorrisetto. <<La perfezione non esiste. Mi stai dicendo che non sono niente?>>
Max spalancò gli occhi, incredulo. Subito, si affrettò a negare. <<No no, no! Cioè io stavo dicendo che... no, tu sei...!>>
<<Sì, grazie, lo sapevo di essere qualcosa. Non so...>> lo prese in giro, incrociando le braccia al petto, fingendosi gravemente offesa. <<Vuoi aggiungere altro?>>
<<Sei una grandissima stronza>> la rimbeccò, tirandole un buffetto sul naso. Maggie lo arricciò istintivamente, ridacchiando allegra e Max pensò di non averla mai trovata bella quanto in quel momento.
<<È sempre divertente prenderti in giro!>>
<<Prima o poi giuro che ti lascio fuori casa>>
<<Non lo faresti mai!>> lo provocò, fissandolo con un sopracciglio alzato.
L'espressione maliziosa non mentiva in nessuno dei due. Stavano flirtando l'uno con l'altra e sembravano parecchio interessati allo scoprire i pensieri reciproci!
<<Ah no? E cosa te lo fa pensare?>>
<<Il fatto che tu mi abbia appena detto che mi vuoi bene?>>
<<Ti farei notare che l'hai detto anche tu, meisje>> le rispose lui, con tanto di occhiolino. Un gesto che le scatenò centinaia di farfalle nello stomaco senza darle l'occasione di rendersi conto di che cosa si trattasse.
Maggie scosse il capo, mordendosi il labbro per mascherare il sorriso che le era comparso in volto, e lanciò una rapida occhiata all'orologio al suo polso sinistro. Il tempo era volato ed ora le lancette erano ferme sull'orario 03:19.
<<È tardissimo!>> esclamò la spagnola, sorpresa. Era la prima occasione, quella, da quando si conoscevano, in cui Max riusciva a sentire l'accento della ragazza venir fuori. Di solito, parlava un inglese impeccabile e privo di qualsiasi forma di errore, evidentemente la stanchezza le stava giocando diversi scherzi!
<<Ti accompagno a casa?>>
<<No no, torno a piedi. Non ti preoccupare>>
Maggie fece per tirarsi su, ma la sua gamba cedette e ricadde a sedere per terra, stringendo forte i denti. Max si affrettò a posizionarsi in ginocchio di fronte a lei, poggiandole la mano sulla spalla.
<<Stai bene?>> le domandò subito, preoccupato. <<Aspetta, vieni qui. Ti aiuto io>>
E così dicendo, le fece scorrere le braccia intorno al busto. Poi, una volta saldata la presa su di lei, diede sfoggio a tutta la forza di cui disponeva e la sollevò. La rimise in piedi, lasciandola appoggiata contro il muro, per recuperare anche il suo bastone. Glielo fece trovare tra le dita, osservandola mentre rilassava i muscoli.
Ogni volta che si poteva appoggiare al bastone, si sentiva estremamente più al sicuro, come se quello potesse ricordarle un dettaglio della sua vita che non aveva condiviso, un qualcosa che Max non conosceva ma che sicuramente avrebbe risolto centinaia dei suoi dubbi.
<<Se vuoi tornare a casa, ti accompagno io. Non si discute!>>
Maggie fece gli occhi dolci. <<Max, dai... è molto tardi, non voglio darti fastidio. Sono già stata qui abbastanza, devi andare a dormire>>
<<Pff>> l'olandese sbuffò, arrivando talmente vicino a Maggie da riuscire a contare persino il numero delle ciglia dei suoi occhi e sfoderando il suo miglior sorriso insinuante. <<Mi pare di averti già detto, meisje, che tu non dai mai fastidio>>
Arrossita fino alla punta delle orecchie, la ragazza fece un passo indietro. <<Max, su, non fare l'idiota. Sto parlando seriamente>>
<<Anche io parlo seriamente. O ti riaccompagno a casa io adesso e mi assicuro che tu non muoia da qualche parte, oppure ti fermi a dormire qui. La decisione è tua. Io da sola in giro di notte non ti lascio, non mi importa se siamo a Montecarlo o nel posto più brutto e pieno di delinquenti del mondo>>
Maggie sospirò. <<Non ho nemmeno un pigiama dietro>>
<<Per quello ci penso io. Su, vieni con me>> Max le fece un cenno con la mano e lei gli andò dietro ad ogni passo. Lo seguì fino all'interno della casa, diretto verso la propria stanza, piena di foto di vittorie e con amici e di coppe e medaglie. Lo scrutò mentre apriva l'armadio scuro ed estraeva una sua maglietta ed un suo paio di pantaloni.
Glieli lanciò addosso, facendole finire il tessuto della parte superiore in faccia.
<<Ouch>> la si sentì dire.
Max invece scoppiò a ridere e la invitò ad accomodarsi. <<Puoi dormire su questo letto tranquillamente. Io vado sul divano-letto>>
<<No, aspetta. Non è giusto. Sul divano ci vado io! Questa è casa tua, soprattutto!>>
<<Vuoi seriamente iniziare una gara che si concluderà con me vincitore?>>
<<Sì!>>
<<Sei fulminata, Soler, allora>> la rimbeccò, rivolgendole subito dopo un sorriso gentile. Le indicò il materasso con delicatezza. <<Dai meisje, okay gli scherzi, ma... puoi dormire tranquillamente lì. Non c'è nessun tipo di problema, anzi!>>
Maggie però non sembrava convinta e così attraversò il corridoio, fermandosi di fronte al divano e tornando a fissare il suo amico. <<Dormiamo qui, allora>>
<<Ehm, s-scusa? DormIAMO?>>
<<Sì. Hai bisogno di Amplifon per caso? Dormiamo. Voce del verbo dormire, terza coniugazione, modo indicativo, tempo presente, prima persona plurale, intransitivo. Hai presente, no?>>
<<Tu ed io?>>
<<Sei sicuro di non essere tu quello fulminato?>>
<<È che sono sorpreso, meisje!>>
<<Non ti hanno mai chiesto di dormire insieme?>> fece Maggie ironicamente, appoggiandosi al suo bastone curiosa.
<<Sei una strega>>
<<Le streghe sono strafighe, lo prenderò come un complimento!>>
<<Ma tu sei strafiga, meisje>> glielo disse con una naturalezza incredibile che lei dovette fermarsi un attimo per rendersi conto se glielo avesse detto sul serio o se lo avesse sognato. <<Cioè...>> balbettò. <<Pensavo fosse ovvio, voglio dire...>>
<<Vuoi dire?>>
<<Vatti a cambiare, piuttosto!>> esclamò l'olandese, voltandole le spalle in imbarazzo. Il rossore sulle sue guance Maggie riusciva a vederlo persino da lì, cosa che la spinse a lasciarlo da solo per evitare che smettesse di scherzare insieme a lei.
Si chiuse in bagno e si cambiò in fretta, riponendo i propri vestiti - che si sarebbe rimessa per andare via - nella borsa. Tornata in soggiorno, la appese ad una delle sedie del tavolino e, con fatica, si stese vicino a Max, che se ne stava lì con la testa sopra la mano e con un piumone accanto.
<<Tieni, rompicoglioni>> le disse, porgendole il lembo di quest'ultimo ed aiutandola a coprirsi. <<Certo che sei incredibile, potevi dormire sul letto!>>
<<Chi ti dice che non volessi dormire con te?>>
<<Meisje>>
<<Che c'è?>>
<<Frena con le cazzate>>
A quelle parole, entrambi iniziarono a sorridere e si voltarono sul fianco, per potersi guardare. L'unica fonte di luce, che permetteva loro di proseguire quello scambio di sensazioni, era quella della luna.
Max allungò quindi una mano, per far finta di pizzicarle il naso, ma si ritrovò con questa appiccicata a quella di Maggie, che si era mossa per impedirgli di fare ciò che stava programmando. Nessuno dei due osò spostare la propria da lì, da quello scontro tanto imprevisto quanto carico di sensazioni.
Era come se fossero magneticamente attratte una all'altra.
Con i respiri carichi di tensione, i due ragazzi rivolsero tutta la loro attenzione sulle loro dita legate, incapaci di capire come mai quel gesto fosse stato così involontario eppure... giusto.
<<Max?>> chiamò piano Maggie, la voce tremolante assomigliava ai suoi occhi blu, terrorizzati di fronte a ciò che si stava concedendo di dire.
<<Che c'è, lieverd?>> (tesoro)
<<Promettimi che non andrai via anche tu>> mormorò, come una supplica. <<Promettimi che nonostante tutto, non mi lascerai. Ti prego>>
Lui annuì, sorridendole dolcemente e sporgendosi in avanti per stamparle un bacio sulla guancia. Il gesto fu così delicato che Maggie quasi non se ne accorse neppure. <<Certo che te lo prometto, meisje. Forse non l'hai ancora capito, je zit vast, dom!>>
<<Eh?>>
<<Ti ho detto che sei una rompicoglioni!>> le rispose, scompigliandole i capelli con la mano.
<<Uffa!>>
Ma Max non le aveva detto quello.
"Sei bloccata con me, cretina"
Perché stupido sì, ma non si sarebbe mai sognato di perdere la persona più importante della sua vita.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top