18. Il Campione
Campione del mondo.
Era un campione del mondo.
Dio, ancora non ci credeva. Era... wow. Era incredibile. Max non credeva di essersi mai sentito così. Quella sensazione... non era per nulla paragonabile alla prima volta che aveva guidato una monoposto o alla sua prima vittoria, semplicemente era superiore.
Aveva vinto il titolo che aveva sognato per tutti quegli anni, aveva battuto un sette volte campione del mondo ed era riuscito a brillare. La sua stella, ora, scintillava più che mai, ornata da quella corona a sette punte che recitava 'campione del mondo 2021'.
Dopo la premiazione, aveva potuto riprendere il cellulare e si era trovato di fronte a miriadi di messaggi da amici e parenti, soprattutto da sua sorella - che lo aveva riempito di foto di Luka e Lio, il piccoletto ultimo arrivato, con indosso il suo merch.
Era felice. Come non mai.
E poi... beh...
Maggie gli aveva scritto, gli aveva fatto i complimenti, gli aveva persino inoltrato il video di lei mentre esultava all'ultimo giro e Max aveva sentito il cuore scoppiare.
Quanto era bella, maledizione.
Avrebbe dato tutto, tutto, solo per trovarsela davanti in quell'esatto momento, per stringerla, per ridere, per ballare e cantare insieme a lei. Perché Maggie Soler ne valeva la pena, più di quanto lei credesse.
Avrebbe voluto che quel giorno non finisse mai, nonostante la stanchezza, nonostante la fatica e la pressione. Era il momento più felice di tutta la sua vita ed aveva intenzione di goderselo al meglio!
Quando Max aprì gli occhi, la mattina dopo, la prima cosa che sentì fu la sua testa pulsare.
La seconda fu una mano strisciare su per il suo petto.
La terza... un irrimediabile senso di colpa.
Ti prego, ti prego, ti prego, dimmi che non l'ho fatto sul serio!
Dimmi che mi sono fermato.
Le lunghe unghie laccate di rosso della ragazza accanto a lui tracciarono il perimetro dei suoi addominali ed il suo corpo si tese.
Non l'ho fatto sul serio.
La realizzazione lo colpì più veloce di un missile: dopo che Dan lo aveva praticamente fatto ubriacare alla sua festa per celebrare il campionato, l'ultima cosa che ricordava era di aver iniziato a parlare con una ragazza.
Quella ragazza.
Quella che ora giaceva nuda alla sua destra, probabilmente felice per aver fatto colpo su di lui.
<<Dio, che ho fatto?>> mormorò in olandese, in modo che l'altra non capisse, e si alzò dal letto, con le vertigini. Aveva bevuto davvero troppo. Accidenti. <<No, no, no>>
Lei posò gli occhi su di lui, coprendosi il seno con il lenzuolo. <<Tutto bene?>> chiese in inglese, con un accento che era il risultato del suo essere madrelingua tedesca. <<Non sembravi così male stanotte>> gli disse, facendogli un occhiolino ironico. <<Ma mi sa che te ne stai pentendo in questo esatto momento>>
<<Scusami, davvero. Non voglio essere scortese, però... ho commesso uno sbaglio. Assolutamente, mi dispiace! Avrei dovuto fermarmi a riflettere e...>>
Lo interruppe. <<Sbaglio? Sei fidanzato per caso? Oh, sì, ora capisco tutto>> fece la ragazza, abbozzando un sorriso. Roteò l'indice sinistro su sé stesso e Max si voltò, lasciandole il tempo di rivestirsi.
<<Capisci cosa?>>
<<Capisco perché hai continuato a sbagliare il mio nome fin da quando ci hanno presentati ieri sera. In effetti, eravamo entrambi piuttosto ubriachi ma tu sicuramente più di me>>
<<Io non...>>
<<Pff, non sentirti in colpa per esserti fatto una scopata>> rispose la ragazza, tornando a fronteggiarlo - ora vestita. <<Soltanto... io mi chiamo Alexia>>
<<Ed io ho...>>
<<Non ho idea di che cosa voglia dire, ma meisje non è esattamente la cosa più simile ad Alexia che io abbia mai sentito. E a quanto pare sei piuttosto attento a questa ragazza>>
A quel nome, anzi... soprannome, Max trattenne il fiato.
Meisje? L'aveva... l'aveva chiamata così?
L'immagine del sorriso di Maggie comparve nella sua mente, provocandogli un colpo sordo istantaneo al cuore. Che aveva fatto?! No, no, no.
<<Senti...>> gli disse la ragazza. <<Mi pare abbastanza ovvio il fatto che tu sia confuso. Mi sta bene, per carità. Ma se hai messo le corna alla tua ragazza quello è un problema tuo>>
<<No, Margaret non è la... no, non è la mia ragazza>> si ritrovò a dire, con la gola secca. Sembrava quasi che pronunciare quelle parole lo stesse uccidendo dall'interno. <<Lei è...>>
<<È... cosa?>>
<<È mia amica>> fece, alzando le spalle. <<Almeno credo. La meisje è fastidiosa la maggior parte del tempo e alle volte fa battute così squallide che non riesci nemmeno a guardarla, però... vedi, non c'è nessuno come lei>>
<<Non penso che sia solo un'amica, sai?>>
<<No?>>
<<No. Forse non ti sei mai guardato allo specchio mentre parli di lei, ma ti si sono illuminati gli occhi. Ora, non capisco se tu sia ancora ubriaco o no, però Margaret non è un'amica per te>>
<<Pff>> Max scosse il capo, facendo un passo indietro. <<Margaret è mia amica>>
<<E non lo metto in dubbio, ma forse non è solo quello>>
<<Senti, io... non sono interessato ad una sessione di psicologia!>>
<<Voi maschi, siete sempre così stupidi...>> commentò la ragazza, alzando le sopracciglia. <<Povera, povera Margaret. Almeno, le hai mai detto che le vuoi bene?>>
<<No, beh, neppure lei, visto che mi dice sempre che le sto antipatico!>>
<<Due domande, però, forse me le farei, Verstappen. Sai?>>
Max non poteva negare il fatto che le parole di Alexia avessero continuato a perseguitarlo, incise nella sua mente come un marchio indelebile. Davvero, quando parlava di Maggie, si illuminava?
Beh, certo, era possibile. Dopotutto, quella ragazza splendeva come il sole estivo di Montecarlo, seppur cercasse di tenerlo nascosto e di rinchiudere la sua luce nella scatola fragile del suo corpo. Margaret era letteralmente la stella più luminosa dell'universo.
Tuttavia... tuttavia gli sembrava strano. Se la spagnola era più di un'amica, per lui, perché non l'aveva capito? Perché considerarla soltanto una fida compagna? Si era innamorato prima, perché con lei le cose avrebbero dovuto essere diverse?
I dubbi lo attanagliavano, stritolandolo nella fitta rete che avevano creato intorno alla sua carne. Chissà che stava facendo, Maggie, a Monaco. C'era Selene quel giorno? Le faceva male la gamba? Come andavano i suoi dolori?
Il pensiero di scriverle, di chiederglielo, gli attraversò l'anticamera del cervello ma Max fece il possibile per respingerlo. Non poteva parlare ancora con lei, non quando stava cercando di figurare delle cose, per lo meno!
Si sarebbe risolto tutto al più presto e sarebbe tornato a guardarla ridere.
<<Tutto okay?>> chiese Daniel, accanto a lui, con il solito sorriso sornione che si spense leggermente, mostrando tutta la serietà di cui aveva bisogno in quel momento. <<Hai una faccia strana>>
<<Cioè?>>
<<Cioè hai una faccia strana, Maxie, sei sordo per caso?>>
<<Dan...>>
<<Che c'è?>> fece l'altro, alzando le spalle e strappando un sorriso all'amico. Era naturale, con lui, stare bene. <<Che problema hai?>>
<<Ti ho parlato di Maggie, ricordi?>>
<<Sì, la ragazza rossa che ha fatto amicizia con Vic?>>
<<Lei>>
<<Qual è il problema con Maggie?>>
<<Sai la tipa che mi sono fatto stanotte? Mi ha detto che l'ho chiamata meisje per tutto il tempo. Meisje, capisci? È il soprannome di Maggie, quello che le ho affibbiato io per lo meno. Stavo pensando a lei, continuamente. E... e non riesco a capire>>
<<Cosa hai bisogno di capire, scusa? Non ti basta quella come prova? Non ti basta il fatto che parli di lei continuamente? Meo Deo, ormai è come se la conoscessi di persona, visto che hai sempre il suo nome in bocca!>>
<<Ma Dan...>>
<<Oh, ora stai zitto! Hai voluto fare una domanda? Ora ti prendi la risposta!>> lo rimbeccò, portandolo istintivamente a ridere. Era quello il bello dell'australiano, aveva sempre una parola gentile per tutti. Tranne che per lui. <<Vuoi sapere cosa penso?>>
<<No, ma tanto mi ignorerai e lo dirai lo stesso. Quindi spara>>
Dan si concesse un lieve sorriso e poi tornò serio. <<Penso che Maggie ti piaccia, e pure tanto>>
A quell'affermazione, Max si irrigidì, serrando la mascella e drizzando la schiena. Era stato un movimento istintivo, uno di quelli che faceva senza nemmeno rendersene conto.
Come quando era pronto ad afferrare Maggie in caso di caduta.
Perché pur di impedirle di farsi male ancora, lui si sarebbe preso cento pallottole nel petto senza lamentarsi neppure una volta.
<<Ma no>> gli rispose velocemente, scuotendo la testa con forza. <<No, io non... io non sono innamorato di lei! È un'amica speciale, ma non provo nulla! La meisje è tenera e... bella da togliere il fiato, ma questo non significa che mi piaccia!>>
<<Dio mio>> sbuffò Daniel, sorridendo istericamente. Probabilmente lo stava facendo per non piangere dalla disperazione. <<Certe volte mi chiedo come tu abbia fatto a diventare così stupido, Max>>
<<Opera tua>> lo rimbeccò l'olandese, incrociando le braccia al petto. <<Davvero tu... davvero pensi che lei mi...?>>
<<Certo che lo penso, è totalmente evidente. Ripeto, non solo perché parli di lei costantemente, ma anche perché quando lo fai il tuo sorriso si allarga da un orecchio all'altro. Ti viene istintivo raccontarmi che cosa fa quando è da sola o quando siete insieme e tu non te ne rendi neppure conto. Mi hai spiegato che ha problemi con l'essere toccata, non le piace quando le si avvicinano, eppure si è fatta abbracciare da te... che pensi che significhi questo?>>
<<Che sa che non farei mai nulla?>>
<<Sì, ma che forse in cuor suo anche lei sa che quello che c'è tra voi non è soltanto amicizia!>>
<<Quando sei diventato così saggio? Stamattina stavi raccontando a tutti quanti una barzelletta sul latte di pecora>>
<<Faceva ridere!>>
<<No, invece. Non faceva ridere, Dan!>>
<<Ma stai zitto!>> fece Daniel, fulminandolo con lo sguardo e tirandogli uno scappellotto dietro la nuca. <<Tu sei simpatico come la mia scarpa>>
<<Ah sì, eh?>>
<<Anche peggio, come metà della mia scarpa>>
<<Idiota>>
<<Dunque... quand'è che mi presenti Margaret allora?>>
Max gli scoccò un'occhiata gelida. <<Tu a lei non ti avvicini, sappilo>>
<<Uhh, gelosone!>>
<<Vaffanculo Daniel>>
<<Che tenero! Le dichiarazioni d'amore!>>
Quando il jet privato di Max atterrò a Nizza, la sorpresa comparve improvvisamente sul viso del ragazzo. Si fermò sulle scalette, incredulo, con ancora il trofeo tra le mani e la bocca spalancata. Non poteva credere a ciò che stava vedendo.
C'era Maggie, lì, appoggiata alla prima parete che aveva trovato. Reggeva il suo bastone tra le mani, puntato a terra e pronto a sostenerla in qualsiasi istante. Stava sorridendo, rivolta in direzione del jet.
Era contenta, e si vedeva.
Sembrava leggera e spensierata, gli occhi più vispi e allegri.
Stava aspettando qualcuno.
Stava aspettando lui.
E il cuore prese a scoppiargli di gioia.
<<Meisje!>> strillò, iniziando a correrle incontro. Nel tragitto verso di lei, sollevò la coppa e gliela mostrò vittorioso. <<Hai visto?!>> domandò, allegro e felice.
<<Siiii!!>> replicò l'altra, staccandosi dalla parete per buttarglisi letteralmente addosso. Gli gettò le braccia al collo e si mise a ridere, entusiasta. <<Sei stato bravissimo, tonto!>> si complimentò, mordendosi il labbro inferiore.
Il pilota, che aveva il batticuore, non poté far altro che ricambiare la stretta, cingendole la vita nel modo più delicato che conosceva. Si concesse persino di infilare il naso tra i suoi capelli rossi, inspirando il suo profumo meraviglioso.
Sapeva di fiori, Margaret.
Ed era l'odore più buono che avesse mai sentito, uno di quelli che sapeva per certo non lo avrebbero mai e poi mai stancato.
La sollevò, con la presa più salda che riusciva ad avere, e le fece fare una giravolta. Lei rise e Max si ritrovò a pensare che se solo avesse potuto avrebbe imbottigliato quel suono per berlo tutte le sante sere.
Anche una volta sciolto l'abbraccio, Maggie continuò a tenere le mani ferme sulle spalle del ragazzo. Lo fissò con gli occhi lucidi. Sembrava in procinto di dire qualcosa ma al tempo stesso era tesa, così lui ne approfittò.
<<Meisje, stai piangendo?>> le chiese, con un sorrisetto malizioso che andava a formarsi sulle sue labbra.
<<No, come ti viene in mente?>>
<<Ti sei commossa, ammettilo!>>
<<Ma taci>> lo rimbeccò, asciugando quella piccola lacrima che stava scivolando giù dal suo occhio destro. Normalmente, non avrebbe mai e poi mai confessato la verità, ma quella era pur sempre un'occasione speciale, no? Quindi sorrise ancora, stavolta in modo molto più tenero. <<Sono orgogliosa di te, lo sai no?>>
Max dovette resistere all'impulso incalzante di stamparle un bacio in ogni parte del viso e si limitò a tirarla nuovamente in un abbraccio.
<<Ma che ci fai qui, Maggie? Dovresti essere a Monaco!>>
<<Sì, avrei dovuto, ma... beh, ma sapevo che saresti rientrato a quest'ora e volevo... volevo farti una specie di sorpresa. Ho sbagliato?>> il suo sguardo si incupì in quel frangente esatto, come se avesse appena ricordato un dettaglio di Mattia Pascal che ad Adriano Meis non faceva piacere rivivere.
<<Sbagliato? Ma sei pazza per caso? Sono felicissimo che tu sia qui, sul serio!>>
<<Ne sono contenta>>
<<Stai bene, meisje?>>
<<Io sì, perché?>>
<<Perché stai dispensando molto più affetto del solito!>> la prese in giro velatamente, aumentando la presa sul suo corpicino fragile per evitare che si separasse da lui, per evitare di smettere di provare quella scossa che gli attraversava la colonna vertebrale.
<<Ma stai zitto, idiota>>
Max non capì nemmeno ciò che successe dopo, sapeva soltanto di averle piantanto una mano sul viso e di essersi lasciato andare. Lasciò che le sue labbra si scontrassero con la pelle morbida e liscia della guancia della ragazza e rimase così, fermo, per qualche istante.
Maggie, allo stesso modo, stava trattenendo il fiato, con il cuore che minacciava di saltarle via dal petto. Sentiva l'ansia crescere, sentiva quell'orribile sensazione che conosceva bene risalirle per le ossa. Sentiva la paura prendere possesso del suo cervello.
Ma nononostante quello non si mosse, nemmeno di una virgola.
Perché era Max, quello lì.
Era Max quello che le stava baciando la guancia.
Era Max quello a stringerla.
Era Max quello a farla sentire al sicuro per la prima volta da tanto tempo.
Era Max.
Era semplicemente lui.
E le andava bene. Le andava bene che fosse lui. Lui e nessun altro.
<<Max>> sussurrò piano.
Per un attimo ebbe paura di non aver nemmeno parlato. Ma era lui anche in quel caso.
E lui capiva sempre tutto.
<<Dimmi, meisje>> rispose l'altro, la bocca vicino al suo orecchio e la voce roca. Per poco le gambe della ragazza non si sciolsero, molli com'erano.
<<Ti voglio bene>> confidò, chiudendo gli occhi.
La paura dello schianto riuscì a crinare le sue certezze ancora una volta. La lasciò ferma nel tempo ad attendere il colpo. Ad attendere il momento in cui le avrebbe detto che, invece, a lui di lei non importava nulla.
Era fatta così, lei.
Era rotta, e forse non l'avrebbero mai riparata.
Ma Max era Max.
E a Max di lei importava eccome.
<<Anche io>> replicò l'olandese. Maggie giurò di averlo sentito sorridere. <<Anche io ti voglio bene, stregaccia maledetta>>
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