15. La meisje diventa un portafortuna
Il Gran Premio dell'Arabia Saudita si concluse con la vittoria di Lewis Hamilton, davanti all'olandese volante e a Valtteri Bottas.
Maggie sbuffò, lanciando il telecomando sul divano e lasciandosi scappare un paio di parolacce in spagnolo.
Le dispiaceva un sacco per Max! Quella era la sua ultima occasione per chiudere la stagione, per avere il trofeo tra le mani prima dell'ultima gara, ed invece no. Invece doveva sudare fino alla fine, doveva continuare a lottare.
L'espressione amareggiata del pilota si riusciva a notare persino attraverso lo schermo e quegli occhi così desolati penetrarono il cuore di Maggie, riuscendo a spezzarglielo. Voleva vincere, Max. Era l'unica cosa che lo faceva stare bene, glielo aveva detto chiaro e tondo molte volte.
Il secondo posto non era il suo habitat naturale. Non si sarebbe mai trovato bene in quella posizione. Il primo dei perdenti. Il posto di stallo, quello in cui non si è un vincitore ma nemmeno un perdente totale. Il posto di mezzo.
La spagnola sospirò, distogliendo lo sguardo dalla televisione, che stava mostrando la consegna del trofeo al pilota inglese, e lasciandolo scorrere per la lunghezza del suo bastone. Non poté fare a meno di pensare al fatto che le sarebbe piaciuto tanto, davvero tanto, accompagnare Max ad un Gran Premio, che sicuramente lui sarebbe stato più che contento di sbatterle in faccia il suo essere un pilota straordinario. Ma semplicemente non poteva.
Non poteva apparire in nessuno schermo, non poteva permettere che il ricordo di colei che era stata venisse a galla. Non poteva tornare ad essere qualcuno che era morto.
Era ormai diventata Adriano Meis. Non c'era più spazio per Mattia Pascal.
Eppure... eppure Mattia Pascal le mancava tanto. Mattina, giorno, sera, Maggie pensava a quello che era stata prima e la mancanza di quel passato la costringeva a subire il dolore costante di una pugnalata al cuore.
Un giorno, sarebbe venuta anche la morte di Adriano, quello lo sapeva, era inevitabile, ma ancora non era pronta a subire le conseguenze di perdere sé stessa. La prima volta era stata devastante, straziante.
E non sarebbe sopravvissuta di nuovo.
Inoltre, come avrebbe mai potuto camminare per il Paddock in quel modo, con il bastone? Avrebbe fatto pena a tutti. L'avrebbero etichettata come la zoppa che va in giro con Verstappen e non voleva tirare malelingue su di lui.
Max non piaceva a tante persone, che lo insultavano e lo etichettavano per colui che era stato in passato, per essere stato un ragazzino che poi era cresciuto ed era maturato - più o meno. Non voleva essere proprio lei ad aggiungere peso. Sapeva già che qualcuno avrebbe potuto scrivere 'Verstappen ora se la fa con gli zoppi per prendere punti tra quelli', non l'avrebbe sopportato.
Né per lui.
Né tantomeno per sé stessa.
Si ritrovò a fissare lo schermo del suo cellulare, indecisa su cosa fare. Doveva chiamarlo? Doveva mandargli un messaggio? Doveva fargli sapere di aver visto tutta la gara e di aver finito le riserve di cibo per tutto l'anno per l'agitazione?
Oppure...
Doveva restare nel suo?
Sì, forse era l'opzione migliore. Non voleva assillarlo, né tantomeno dargli fastidio. Sicuramente, aveva di meglio da fare che parlare al telefono con una stupida come lei. Che avrebbe mai potuto dirgli? "Ciao Max, ho visto la gara. Mi spiace per il secondo posto"? Assolutamente no, le avrebbe attaccato il telefono in faccia.
Beh, c'era anche una terza opzione, avrebbe anche potuto non risponderle per niente. E non avrebbe potuto biasimarlo: dopotutto, che ci faceva uno come lui con una come lei?
Qualche volta, Maggie si sentiva come un pastello bianco quando si disegnava sulla carta normale. Inutile. E non c'era verso di farle cambiare idea.
Perché mai avrebbe dovuto pensare di essere importante per qualcuno? Perché mai avrebbe dovuto credere e sperare che per una volta l'universo fosse disposto a lasciarla essere felice? Non ne aveva motivo.
C'era una canzone di Isak Danielson che le piaceva davvero tanto ascoltare, una canzone che le ricordava i discorsi che faceva con la sua coscienza, quando questa prendeva il sopravvento e la faceva sentire ancora meno necessaria di quanto già pensasse di essere.
Broken.
Rotta.
Proprio come lei.
Il testo era interamente adatto alla sua storia, ma c'era una frase in particolare che le aveva sempre fatto venire i brividi: You are broken on the floor and you're crying, crying. Perché quello era esattamente ciò che faceva lei ogni volta.
Crollava sul pavimento e piangeva, non riuscendo a riconoscersi allo specchio. Non avendo più nemmeno il coraggio di guardarsi.
La realtà è che era una codarda che aveva paura di aver perduto totalmente l'ultimo bagliore, l'ultimo spiraglio di luce che la legava al suo passato. E non avrebbe potuto sopportare l'umiliazione di dover dire addio a quella parte che aveva amato fino allo sfinimento.
Fino al giorno in cui era morta.
Una lacrima minacciò di scappare al suo comando ma per fortuna ci pensò lo squillare del suo cellulare ad interrompere il suo flusso di coscienza. Tornò a respirare, rendendosi conto di come per tutti quei minuti avesse trattenuto l'ossigeno. Ormai, il Gran Premio era terminato e il canale di Sky stava passando un servizio riguardo a Michael Schumacher.
Non c'era alcun dubbio riguardo al mittente, il cui nome lampeggiava sullo schermo. Millie 👹.
Rispose, seppur fosse parecchio titubante al riguardo. Sicuramente Max voleva del supporto. Che mai avrebbe potuto fare lei per lui? Che avrebbe potuto dirgli per farlo comunque sentire bene, quando lei non era in grado di prendersi cura nemmeno di sé stessa?
<<Hey Millie>> rispose, cercando di essere quanto più allegra possibile. Mascherò con tutte le sue forze il tono di voce tipico di chi stava piangendo ed andò avanti, lo faceva sempre. Era abituata a vivere così.
Dall'altro capo del telefono si percepì soltanto un sospiro. Poi si udì finalmente la voce bassa e sconfortata del pilota. <<Ciao meisje>>
<<Ho visto la gara...>> bisbigliò, attendendo un cenno di vita dal pilota con ansia e pazienza al tempo stesso. <<Sei stato bravo, sai? Hai fatto quello che potevi fare!>>
<<Avrei potuto vincere. Avrei potuto essere campione del mondo già oggi, invece no. Invece mi sono beccato una penalità e rischio di perdere tutto quanto!>>
<<Io non...>>
Intuendo di aver un po' esagerato con il tono del proprio sfogo, Max prese un respiro profondo. <<Scusa, Maggie>> mormorò, grattandosi la guancia destra con la mano ed osservando il trofeo del secondo posto che giaceva accanto a sé. <<Non voglio essere aggressivo>>
<<Non lo sei, infatti>> il tono di voce calmo della spagnola bastò per rassicurarlo, per far sparire tutti quei pensieri che lo tormentavano, che lo facevano sentire un incapace. <<Sei solo una persona che ha bisogno di parlare, di sfogarsi>>
<<E...>>
<<E puoi farlo con me, sì>> la ragazza completò la frase e Max giurò di averla sentita sorridere alla fine di quelle parole. <<Lo sai che non hai guidato male, vero?>>
<<Lo so>>
<<E sai anche che non puoi vincere tutte le gare del campionato, giusto?>>
<<Giusto>>
<<Hai ancora una gara, Millie, il mondiale non è finito oggi. Hai un'ultima occasione per vincere e sono sicura che ce la farai, perché per quanto mi costi ammetterlo sei un pilota eccezionale! Hai talento e puoi farcela! Ne sono certa!>>
<<Quanti complimenti, Margaret. Non è da te!>> la prese in giro lui scherzosamente, anche se in cuor suo aveva profondamente apprezzato le parole della ragazza. Maggie non era una che dispensava complimenti, quindi il sapere che le cose che aveva detto le pensava sul serio riusciva a scaldargli il cuore.
<<No, non è da me. Però è nel mio carattere dire alle persone che non devono sentirsi degli incapaci se qualcosa nella vita non va come vorrebbero. Sai, Millie, non mi piace fare i complimenti quando non li trovo necessari, però tu sei bravo. Cazzo se sei bravo. Non pensare a quello che è stato oggi, va avanti. Domenica prossima ti giocherai il tutto per tutto, questo è vero, ma devi avere la forza necessaria di accantonare ciò che ti mette pressione!>>
<<Parli per esperienza?>>
Maggie sentì il rumore tipico delle molle e capì che Max si era disteso sopra al proprio letto in hotel. <<Sì, esatto>> confidò.
Il pilota sospirò, buttando fuori i propri pensieri più imponenti. <<Sto morendo d'ansia>>
<<Lo immagino...>>
<<Meisje?>>
<<Sì?>>
<<Mi racconti qualcosa? Per calmarmi un po', poi tornerà tutto normale. Questi colpi d'ansia mi prendono frequenti, ma di solito non ne parlo con nessuno>>
Maggie bisbigliò un "sì" ed incominciò a pensare ad un annedoto. <<Ah!>> esclamò. <<Ce l'ho! Sai che quando ero piccola, mi piaceva tantissimo fare spettacoli?>>
<<Spettacoli?>> ripeté Max, con tono divertito. <<Di che tipo?>>
<<Del tipo che facevo mettere tutti i parenti in cerchio ed io ero in mezzo a ballare e a cantare. Mi piaceva tantissimo, facevo i veri e propri spettacoli. Qualche volta suonavo persino il mio banjo! Era divertentissimo. Lo facevo tutte le volte che potevo>>
Max credette di non aver mai sentito Maggie così allegra. <<E poi?>> si azzardò a domandare.
<<E poi è finito tutto. Sono cresciuta e nessuno ha più voluto vedermi cantare e ballare. Nessuno mi applaudiva più dopo una performance e soprattutto nessuno veniva più a trovarmi portandomi dei regali. Semplicemente... è passato il tempo>>
<<Lo farò io>>
<<Cosa? Di che parli, Max?>>
<<Se... beh... se vuoi cantare e ballare adesso, ti ascolto io>>
Quelle parole ebbero il potere di stringerle il cuore in una morsa, per strapparglielo via dal petto e lanciarlo direttamente tra le mani dell'olandese. Le parole le si fermarono in gola, creando un magone.
Sorridendo, con le lacrime che presero a sgorgare molto più velocemente per la commozione, Maggie si portò la mano al petto, chiusa a pugno. <<Sono un po' cresciuta per farlo, no?>>
<<A chi importa? Se vuoi farlo, fallo>>
<<E tu mi ascolterai?>>
<<Sì>>
La ragazza sentì le guance ardere per l'imbarazzo. <<Lo stesso vale anche per te>> dichiarò, seria. <<Facciamo un patto?>>
<<Io ascolto te cantare e ballare e tu ascolti me? Beh, perché no? Potrebbe essere il momento di imbarazzo peggiore della mia vita, ma bisogna provarle tutte! Non mi chiamo Beyoncé a caso>>
<<No, idiota>> lo riprese lei, divertita. <<Quando vincerai il mondiale...>> la sua voce si ridusse ad un sussurro. <<Balliamo, okay? Tu ed io>>
<<Insieme?>>
<<Insieme>> confermò, abbozzando un sorriso.
<<Allora me la fai tu una promessa, però?>>
<<Che genere di promessa?>>
<<Fammi da portafortuna>> sussurrò Max, scrutando il soffitto sopra la sua testa. <<Portami fortuna, prega per me, fa qualsiasi cosa, solo... fammi vincere, okay?>>
<<Non posso prometterti che vincerai, questo lo sai, no?>>
<<Lo so, ma sognare non costa nulla. Lo dici spesso anche tu>>
<<Facciamo così, tu mi assumi come coach motivazionale e magari il giorno della gara ti canto una canzoncina country!>> gli propose, sentendolo scoppiare a ridere dall'altro capo del telefono. <<Che te ne pare come opzione?>>
<<Oh beh, potrebbe essere una soluzione parecchio interessante>>
Maggie fece una risatina e si zittì per qualche istante, per pronunciare le parole più belle che Max si fosse mai sentito rivolgere. <<Sai che non hai bisogno del mio aiuto per vincere, vero? Sei bravo abbastanza per farcela da solo. Hai talento da vendere e, sul serio, mi costa ammetterlo ma... credo che tu abbia la stoffa per essere uno dei campioni più grandi della storia di questo sport e devi crederci anche tu. So perfettamente che vincere alimenterà il tuo ego, eppure... eppure preferisco sapere di dover imparare a convinvere con il tuo potenziale nuovo aspetto da piccione che di doverti vedere arrivare secondo. Perché, sappilo già, guarderò quella gara e strillerò come un'idiota ad ogni mossa del cazzo che farai!>>
<<Ehm sarebbe pavone, in realtà>>
<<Non rompere il cazzo>> lo rimbeccò subito, facendolo scoppiare a ridere. <<Cioè, tutto questo discorso motivazionale e tu ti concentri solo sui piccioni?>>
<<Pavoni>>
<<Verstappen?>>
<<Sì?>>
<<Sei una rottura di coglioni incredibile>>
<<Credevo di averti già detto che la parte divertente in realtà è romperli a te>> le rispose, portandola a scuotere il capo allegramente.
Quel ragazzo aveva il grande potere di riuscire a cambiarle l'umore soltanto con la sua presenza ed era una cosa incredibile per lei, che per tutto quel tempo era stata prigioniera di una bolla grigia e spessa.
Una bolla che lui aveva saputo scoppiare con l'ago del suo sorriso.
Maggie sapeva che non sarebbe durato per sempre, che prima o poi anche Max si sarebbe stancato di lei, che un giorno avrebbe preferito la presenza di qualcuno integro, di qualcuno che non fosse rotto e che non necessitasse di essere riparato, ma...
Non riusciva più a pensare ad una vita in cui lui non ci fosse, in cui lui non le telefonasse ogni quattro ore e le mandasse messaggi per infastidirla ogni dieci minuti. Si era abituata così tanto alla sua presenza, alla sua faccia da schiaffi, che...
Che pensare di non vederlo più le faceva male al cuore.
<<Hey, meisje, ci sei? Perché non rispondi più? Meisje??>>
<<Scusa, Millie, non ti sentivo più...>> finse la spagnola, tornando a prestare attenzione alla voce stanca e provata del ragazzo. <<Che stavi dicendo?>>
<<Avevo iniziato a raccontarti della gara di oggi>>
<<Ah, sì, vai, su. L'ho vista, ma voglio ascoltarla dal punto di vista di chi guidava!>>
E così facendo, si immersero in una profonda conversazione sulla monoposto numero 33, che durò fino a quando Maggie, distrutta dalla giornata, non si addormentò sul divano del soggiorno, con ancora la telefonata accesa.
Max provò a chiamarla un paio di volte ma sorrise teneramente quando si rese conto del fatto che stesse dormendo. Si stese meglio sopra al letto morbido e si depositò il telefono accanto. I numeri sotto al nome del contatto di Maggie scorrevano velocemente, aggiungendo minuti su minuti, ma di quello non sarebbe potuto importargli di meno.
Chiuse gli occhi, scivolando in un sonno profondo.
Prima di addormentarsi, però, bisbigliò qualcosa.
<<Goedenavond, mijn kleine meisje>>
Buonanotte, mia piccola ragazzina.
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