Capitolo 38 - Non hai paura di nulla

Dorothy

Svegliarsi con la consapevolezza di dover rimediare ad un disastro è dura. Sì, perché ieri è stato un vero e proprio disastro, sotto tutti i punti di vista possibili. Non so per quale motivo non abbia voluto dire a Dorian la verità: che anche a me è mancato e che, sì, ero gelosa. Ero terribilmente gelosa e avevo paura di non essere più importante per qualcuno. E' proprio così: Dorian mi fa sentire importante come nessuno aveva mai fatto prima. Questo per me è bello quanto pericoloso, e vuol dire solo una cosa: che mi sto affezionando.

Scendo dal letto e vado nel bagno per lavarmi. Mi devo impegnare. Io sono una persona dura, cocciuta come un mulo, ma quando ci si mette Dorian non è di certo da meno.

Velocemente mi vesto e scendo le scale per andare a fare colazione. Mi sono messa un paio di pantaloni lunghi con gli stivali, perché dopo voglio portare Dorian alla rete. Ieri, alla fine, non sono riuscita a spiegargli niente, e oggi ce lo vorrei portare. Mi sono sentita in colpa per quello che ho fatto, però da un lato continuo ad essere arrabbiata e infastidita dal suo comportamento. Se mi avesse detto quello che sarebbero andati a fare non sarebbe successo niente, non ci sarebbe stato alcun fraintendimento, mi sarei risparmiata due o tre infarti istantanei e qualche decisione che sarebbe potuta risultare un perfetto disastro. Per lo più, saremmo andati alla rete insieme e saremmo già un passo avanti in quello che è il nostro piano. La rete e come essa funziona sono fondamentali: finché non capiamo come funziona, chi è che può spegnerla, non potremmo mai fare dei passi avanti! Quella è la nostra unica via di fuga e la nostra unica salvezza. Al di là di quell'ammasso di metallo ed elettricità c'è la libertà, una vita totalmente nuova, spero migliore. Una vita per noi due, lontano da tutto e da tutti.

Solo quando varca la soglia della cucina mi rendo conto che ero l'unica a non essermi ancora alzata. Sono tutti qui, in cucina, a fare colazione tutti insieme, come se fossimo una grande famiglia allargata. E io sono fuori dalla porta, perché in tutto questo stono, ho sempre stonato. Sono come un mucchio di briciole su una tovaglia da pranzo: vengono scansate senza tanti pensieri. Questo è quello che è sempre successo. A casa non c'era un posto per me a tavola, o non mangiavo o, semplicemente, mangiavo da sola, lontana dagli altri.

In questi pochi secondi di silenzio riesco a notare tante cose, tante cose a cui prima non avevo mai fatto caso. Peeter che sorseggia il suo the appoggiato alla cucina, con lo sguardo perso nel vuoto, a pensare chissà che cosa. Seb che spalma la marmellata su una fetta biscottata con una disinvoltura che non avevo mai visto prima. E' felice. E poi Dorian, seduto sul tavolino con un biscotto tra le labbra, gioca con quel bambino e con le dita fa finta di essere una formichina per farlo ridere. E, no, non dovrei, ma con la mente torno a ieri e ripenso al fatto che io tutto questo non l'ho mai vissuto, che non ho mai avuto quelle attenzioni da parte di una persona. Nessuno mi ha mai fatto il the, spalmato la marmellata, giocato con me come se fossi mai stata una bambina. E lo stomaco mi si chiude e non ho più fame perché sono triste, gelosa e ripenso a quanto tempo ho perso durante la mia breve vita, tempo che non potrò mai recuperare.

«Dorothy.» Mi chiama Dorian che si è accorto del mio arrivo. Scende dal tavolo con un piccolo balzo e viene verso di me, verso la porta, dove sono rimasta ferma impalata. «Ciao.»

«Ciao.» Gli rispondo senza farci tanto caso dato che i miei occhi continuano a rimanere incastrati su quella figura che ieri mi ha fatto andare in escandescenza. Chi è? Che cosa ci fa qui? Di chi è quel bambino? Ho i nervi a fior di pelle e credo che rimarranno così finché non mi spiegheranno che cosa sta succedendo qua dentro.

Mentre Dorian si rende conto del mio disagio Sebastian si gira verso di me, seguendo lo sguardo di quel bambino, che mi si è inevitabilmente attaccato addosso e mi segue quando il biondo mi invita a sedermi a tavola. Gli sono accanto e continua a guardarmi, e io faccio lo stesso, affascinata. E' bellissimo, come questa ragazza davanti a me, dopotutto.

Bevo the e cerco di mangiare mentre continuo a sentirmi osservata, ma non soltanto da questo piccolo biondino. La ragazza davanti a me mi fissa insistentemente, anche se trovo un velo di pietà nei suoi occhi, come se già sapesse chi sono, quale sarà la mia sorte. Dorian mi guarda da lontano, cercando di nascondersi mentre fa altro, mi studia, studia quello che faccio, come mi muovo. Peeter mi spia da dietro la sua tazza che ormai sarà completamente vuota. L'unico che non lo fa è Seb, che non ha staccato un attimo gli occhi da questo piccolo bambino che sta cercando in tutti i modi di attirare la mia attenzione facendomi passare davanti il suo piccolo trenino di legno. Perché cerca la mia considerazione?

Volto leggermente la testa nella sua direzione e guardo quello che sta facendo. Fa scorrere il giocattolo sulla tovaglia e poi alza lo sguardo su di me, per vedere se lo sto guardando, se lo sto considerando, cerca la mia attenzione come qualsiasi bambino della sua età, e questa volta mi trova attenta. E' incuriosito da me. Probabilmente sono l'ultima faccia che ha visto in questo nuovo posto e vuole anche la mia attenzione. I bambini sono come i cuccioli: vogliono solo che tu li consideri per pochi secondi e sono felici. Come sarebbe bello se fosse tutto così semplice.

Lo guardo che sorride difronte al mio gesto, ad un gesto tante banale, uno sguardo, e mi rendo conto che assomiglio più a questo bambino che a tutti gli altri adulti dentro questa stanza. Ho bisogno di attenzioni. E' per questo che mi sono sentita in pericolo quando ho visto Dorian rivolgerle a lui e alla ragazza davanti a me. Le volevo per me, solo per me.

Di punto in bianco lo sento sussurrarmi qualcosa, che non capisco bene e quindi mi avvicino alla sua faccia per ascoltare quello che sta ripetendo. «Sei la fidanzata di Dorian?» E' questo quello che capisco dal suo strano biascicare.

Lo guardo, alzo gli occhi verso quella che deve essere sua madre e poi su Dorian. Un cerchio che non riesco a capire, che non riesco a chiudere. Che cosa c'entro io in tutto questo? Ne faccio parte? Non me ne dovevo andare?

«Come?» Chiedo strabuzzando gli occhi in avanti. L'ha detto davvero? E' questo quello che sembro? La ragazza di qualcuno? Questa sembra una casa di vacanza? Come vorrei vedere il mondo con gli occhi di questo bambino... Sicuramente non mi renderei conto di tutto il male che mi circonda.

«No, Alex.» Risponde Dorian prendendolo in collo. Lui lo guarda e si mette a ridere. «Dorothy non è la ragazza di nessuno. Tanto meno la tua.» Gli fa il solletico e poi mi guarda. «E' un'amica.»

Un'amica. Con questa parola viene nascosta la mia identità a questo bambino, che, giustamente, deve rimanere ignaro di tutto quello che sta accadendo in questa casa.

Sposto lo sguardo e torno a fissare il mio biscotto, che continua a rimanere intatto tra le mie dita. Non sto mangiando niente.

«Dorothy.» Esala Seb. «Alex è mio figlio. Scusa se non te lo abbiamo detto. Ieri ti abbiamo sorpresa e, per quanto mi senta protettivo, posso giustificare le tue azioni. Hai avuto paura.»

Quelle parole si appoggiano sul mio petto come un masso di una tonnellata e mezzo. Alex è mio figlio. Dorian non c'entra nulla con questa storia. Ho frainteso tutto, ogni cosa. Alex è figlio di Seb, e lei sarà sua moglie, o che altro.

«E lei è Margareth, la mia ragazza e la madre di Alex.» Conclude mentre la ragazza davanti a me si flette in avanti per tendermi la mano. Glie la stringo pronunciando il mio nome e lei il suo, ma niente di più. Mi sono sempre più fidata deli uomini piuttosto che delle donne. Noi donne abbiamo mille motivi per tradire, per scappare, per mentire, e il suo è proprio in questa stanza. Credo che se avessi un figlio farei qualsiasi cosa pur di portarlo via da questo luogo; sarei capace di mentire spudoratamente anche alla persona che amo di più pur di sapere lui o lei salvo.

Non devo piacerle neanche io, perché oltre a tendermi una mano, non aggiunge altro. La capisco: anche io non darei troppa confidenza a chi, neanche ventiquattro ore prima, mi ha puntato una freccia contro.

«Usciamo Dorothy?» Dorian spezza quella lenta agonia con una domanda che aspettavo da ieri.

«Sì.» Rispondo subito. Mi alzo da tavolo facendo un cenno con la testa verso gli altri, poi seguo Dorian fuori dalla porta.

«Mi dovevi forse chiedere qualcosa?» Dice mentre si infila le scarpe ai piedi.

Sposto il peso da un piede all'altro. «No, ho già capito.» Lo vedo sorridere da sotto i baffi.

«Bastava una domanda e potevi evitarti quella insensata scenata di gelosia. Non che non mi abbia fatto piacere, perché così è ovvio che sei gelosa e che tieni a me, ma era evitabile. Soprattutto la parte in cui mi minacci di morte. Sei leggermente sadica quanto ti arrabbi, Dorothy.»

«La mia non era assolutamente una scenata di gelosia.» Rispondo fiera.

Usciamo dalla porta e io faccio strada per arrivare alla rete.

«Certo. Ma non ti preoccupare, non mi importa che tu me lo dica o lo metta per iscritto nero su bianco. Vedi, Dorothy, sono i fatti quelli che contano, e i fatti dimostrano che tu sei gelosa.» Risponde avvicinandosi e respirando a due centimetri dal mio viso. Mi sta mettendo alla prova. «Sei gelosa di me e questa cosa fa salire la mia autostima alle stelle.» Mi prende un ciuffo di capelli e lo sistema dietro il mio orecchio. «E voglio che tu lo sappia: anche io non sfuggo da questo atroce e logorante sentimento. Sono geloso anche io.»

Sbuffo. «E di chi saresti geloso di preciso? Seb è totalmente adorante nei confronti di suo figlio e della sua ragazza, la guarda come una dea, non che non lo sia. Peeter è totalmente asessuato. L'unico altro essere maschile sotto questa casa è un bambino che ha da poco smesso di bere il latte di sua mamma!»

Dorian mi sorpassa e poi si avvicina a me pericolosamente, camminando all'indietro e con un maledetto sorrisetto sulle labbra. «Tu non hai capito Dorothy. Potrà sembrare insensato, ma potrei arrivare ad essere geloso di quel bambino se tu dovessi dare più attenzioni a lui piuttosto che a me...»

«Smettila. Questo discorso sta radendo il ridicolo.» Lo spintono lontano da me.

«E per quale motivo?»

«Lo sai bene qual'è il motivo...»

«Cioè?»

«Che non se veramente geloso di me. Stai solamente cercando di stuzzicarmi, farmi innervosire!»

La mia frase deve averlo colpito perché non parla più, o almeno, non lo fa fino a quando non gli chiedo un parere. Camminiamo per pochi minuti in silenzio e poi arriviamo alla rete. Alla fine non dista così tanto dalla cosa, e anche questa cosa è sospetta.

«Siamo arrivati.» Dico mentre mi fermo in mezzo alla radura e butto per terra il mio zaino: incominciava a essere pesante.

La rete elettrica si erge proprio davanti a noi. Sarà alta all'incirca quattro metri e possiamo vedere il suo continuamento verso destra, verso la montagna, e verso sinistra, verso la valle.

«Perché proprio questo punto?» Chiede Dorian mentre lo vedo studiare questo posto. Sta cercando qualcosa.

«Perché là ci sono degli alberi abbastanza alti e robusti su cui possiamo salire e appostarci.» Gli rispondo indicando alcuni pini dietro di noi. «E poi è qui che sono venuta ieri. Può darsi che ci sia un punto più favorevole, ma è qui che ho visto quei due ragazzi?»

Si irrigidisce subito. «Che ragazzi?»

«Erano dei militari. Stavano controllando la zona.»

«Dunkisjisti?»

«No, erano dei noscotoviti.» La mia risposta lo spiazza e infatti mi rifissa subito dopo.

«Noscotoviti? Seria?» Mi chiede strabuzzando gli occhi. Sì, lo so, non ci credo neanche io.

«Sì, ne sono sicura. Per un momento ho anche temuto che mi avessero vista. Ma erano solo dei ragazzi, della nostra età. Li avranno mandati in esplorazione. Per quanto ritengo che i Noscotov siano migliori dei Dunkisji, credo che la tattica di guerra sia la stessa. Noi siamo carne da macello, e quei ragazzi lo erano. Se mi avessero vista non avrebbero esitato a spararmi, e, credimi, neanche io!»

«Gli avresti colpiti, davvero?»

«Dorian, siamo troppo vicini, troppo vicini alla libertà che stiamo cercando, che sto cercando da tutta la vita. Solo dieci metri. Dieci metri. Dieci fottuti metri ci dividono dalla nostra nuova vita, e non permetterò a nessuno, dico a nessuno, di portarmi via anche questa speranza.»

Dorian mi studia per pochi secondi e poi avvicina la sua mano verso di me. Mi sfiora dolcemente la guancia, come se, dopo un discorso del genere, una carezza fosse la cosa più normale del mondo. Non mi scanso perché quel gesto mi ha colta di sorpresa, e anche perché mi piace, mi piace terribilmente e questo mi spaventa allo stesso modo. Per quanto cerca di reprimere questo sentimento, per quanto voglia buttare nel dimenticatoio questa sensazione piacevole, mi piace da morire che Dorian mi tocchi. Mi piace il suo calore sulla mia pelle, mi piace il pensiero di un suo contatto, e mi piace che lui lo cerchi.

«No, certo: hai ragione. Probabilmente avrei agito anche io così.» Cerco di scostarmi perché adesso mi sto sentendo in imbarazzo. Mi piace ma dopo un po' diventa troppo imbarazzante, troppo intimo, come se fossimo già ad un livello successivo che probabilmente non arriverà mai. Ma lui mi blocca. «Dove vai? Aspetta.»

Mi prende il viso tra le mani, scostando i capelli che mi sono finiti davanti agli occhi e poi parla. «Sai cosa mi piace di te Dorothy sopra ogni cosa? Sì, perché te mi piaci, giusto per mettere le cose in chiaro, così che tu non possa più dubitare di me... Mi piace da morire il fatto che tu, quando vuoi raggiungere qualcosa, non hai paura di nulla, e, se ce l'hai, lo nascondi perfettamente. Non hai idea di quanto questo sia affascinante e totalmente stimolante per me. A volte mi trovo ad avere paura io per tutti e due mentre tu sei piena di coraggio e potresti difenderti anche davanti ad un esercito intero senza perdere di vista il tuo obiettivo, e, fidati questo è un duro colpo per il mio ego. Ma sono contento, perché so che, quando finalmente ti renderai conto che anche tu tieni a me, saprò che ci sarà sempre qualcuno che, quando ci sarà un pericolo guarderà anche lei mie spalle oltre alle sue.»

Lo guardo con la bocca che credo sia spalancata. E'questo quello che pensa di me? Sono così veramente? Non avrei mai pensato di infondere fiducia in qualcuno, ma è successo. Dorian si fida di me a tal punto da affidarmi la sua vita tra le dita. Ci sarà sempre qualcuno che guarderà anche le mie spalle oltre che le sue. Suona quasi come una promessa a tempo indeterminato; è questo che intendeva Dorian? Sono confusa, quando sono con lui non riesco a non essere confusa, anche se, certamente, adesso è molto meno bipolare rispetto ai primi tempi. Adesso è sempre così, e io non so come comportarmi.

Sento le guance andarmi a fuoco e quindi decido di deviare il discorso. «Dai, saliamo.» Dico facendogli segno di salire sull'albero sopra di noi. Mi arrampico prima che possa obiettare. Peso pochissimo e ci metto veramente poco a salire fino ai rami più alti, dove possiamo vedere oltre la rete, ma anche alle nostre spalle.

Dorian è decisamente più pesante di me, ci mette un po' di più. Si mette sul ramo accanto al mio. «Non sentirti a disagio con me. Non devi necessariamente rispondermi. L'ho detto perché volevo che lo sapessi, e che smettessi di dubitare di quello che provo per te.»

«Se stai scherzando è il momento di smettere.» Lo intimo.

Si posa una mano sul cuore. «Così mi ferisci Signorina Chamoun! Io ti ho fatto una dichiarazione d'amore appena cinque minuti fa e tu mi colpisci alle spalle in questo modo? Non è molto leale da parte tua...»

«Non era una dichiarazione d'amore...» Rispondo cercando di spostare l'attenzione su un'altra sfumatura del discorso, ma inutilmente.

«Chiamala come vuoi. Non mi interessano le etichette.»

Questo vuol dire che per lui lo era? Sono confusa e mi sento lo stomaco attorcigliato per questo dubbio che non riesco ad interpretare. Non mi potrebbe semplicemente dire che gli piaccio? Non sarebbe più facile? Oppure me lo ha detto? Forse ero troppo imbambolata da non rendermene conto... Ma non posso chiederglielo...Farei una figura dell'idiota...

Dorian non smette un secondo di guardarmi, anche se, in realtà, siamo venuti quassù per fare ben altro che guardarci a vicenda.

«Quindi è così che mi vedono gli altri dall'esterno?» Chiedo mentre vedo la sua mano avvicinarsi alla mia. Intreccia le sue dita con le mie in una morsa tanto dolce da farmi brillare gli occhi.

Dorian mi guarda come se stesse guardando la sua salvezza di vita. «Così è come ti vedo io.»

Buonasera.💘
Volevo dire a tutti i miei dolci lettori che per opinioni, scambiare due chiacchiere mi potete trovare su Instagram! @divoratricedilibri_2.0 (link in bio) Se mi iniziate a seguire, o anche se mi state già seguendo, mandatemi un messaggio e fatevi sapere che siete un mio lettore! Sarò felice di seguirvi a mia volta!❤️ Buona serata!♥️♥️

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top