Capitolo 37 - Solo questo?
Dorothy
«Prima di saltare a conclusioni affrettate non me lo potevi chiedere?» Dorian inizia subito a parlare, non aspetta nemmeno di allontanarci dall'ingresso della casa. So che è arrabbiato, lo riconosco dal tono della sua voce, che è duro, anche se lui, in realtà, vuole sembrare calmo.
Non posso aver frainteso una cosa del genere. Potevo uccidere delle persone, un bambino.
«Poteva essere chiunque, mio fratello, il figlio di un'amica che aveva bisogno. Non ci hai pensato?» Continua a chiedermi alternando le parole ai suoi sbuffi.
Alzo lo sguardo anche se non mi sento di poterlo fare. Mi sto vergognando terribilmente. Come ho fatto ad essere così stupida? Così ingenua? No, non stupida, sensibile. Mi sono lasciata trasportare dalle emozioni, dalla rabbia che mi ha fatto fare delle cose totalmente sbagliate. È stata la rabbia a parlare al posto della mia mente.
E lo sta facendo anche in questo momento. Infatti vorrei mordere la lingua un attimo dopo che le parole escono dalla mia bocca, ma non lo faccio. «Tu sei figlio unico.» Non so perché gli rispondo in questo modo. Forse la mia mente vuole in un certo senso giustificare quello che ho fatto anche se, in cuor mio, so benissimo che non esistono giustificazioni per un comportamento del genere. Ho agito come una bambina, come una persona che non si è mai ritrovata in una situazione del genere. Io ci ho vissuto in queste situazioni. Ne sono uscita sopravvissuta.
Dorian gira la testa non appena capisco quello che ho detto.
Si passa una mano sulla bocca. E' teso. E' da settimane che è teso. Perché io non sono così? «Lo hai detto sul serio, Dorothy? Lo hai detto sul serio? Davvero? Avresti potuto ucciderli! Te ne rendi conto? Per poi cosa, perché eri gelosa?» Mi urla addosso.
Giro immediatamente la testa verso di lui. «Non sono gelosa.» Dico anche troppo velocemente. Ho provato qualcosa, sì, quando l'ho visto con quel bambino in braccio e sopratutto quando ha guardato quella ragazza, certo, ma no, no, non era gelosia. Ero solo arrabbiata.
«Fino a dieci minuti sembrava proprio che lo fossi, perché? Cos'è, hai pensato che tutto quello che abbiamo progettato, tutte le nostre giornate, tutto, era soltanto per me, e non per te? Hai pensato questo, eh, Dorothy?»
Mi domanda mentre la mia mente incomincia a vagare a tutti quei momenti che abbiamo passato insieme, tanti positivi quanto quelli negativi. Anche se lui avesse finto, io che cosa stavo provando? Erano reali quelle sensazioni?
«Rispondi perché io ho bisogno di sapere.» Incalza mentre io sono sempre persa tra i miei pensieri, con lo sguardo che mi vacilla.
Che cosa stavo provando? Qualcosa di nuovo, questo è certo. Nei momenti che sono stata con Dorian non mi sono mai sentita in dovere di essere gentile, carina, pacata, come ho sempre fatto con la maggior parte delle persone. Fingevo, fingevo di essere un'altra persona. Con lui posso essere semplicemente me stessa, sento che non mi giudica per quella che sono. Una sensazione che ho percepito solo con poche persone, veramente poche.
Non ho idea di quello che provo per Dorian. Non sono capace di distinguere se è un sentimento di amicizia, di rispetto o qualcosa di più. Non ne conosco le differenze. Nessuno mi ha mai insegnato che cosa fosse la rabbia, che cosa la gioia, che cosa la sofferenza. Ogni sensazione, emozione, l'ho imparata a conoscere con l'esperienza, con qualche pugno nello stomaco e qualche sbandata di troppo. Ma tutto questo, adesso, è troppo complicato da decifrare.
Decido di essere sincera e dirgli quello che mi è passato per la mente in quel momento. «Sì. l'ho pensato. Ho pensato che tutto quello per cui avevamo lavorato fosse stato a senso unico. Mi sono sentita una pedina, come sono sempre stata, come sarò, dopotutto. Mi sono sentita manipolata e la rabbia ha agito di conseguenza. Sono una persona impulsiva, lo sai. Ho pensato di voler smettere di essere l'arma a lungo raggio di qualcuno, e per quello mi hai visto con lo zaino in spalla: me ne volevo andare, non potevo sopportare una cosa del genere.»
«Non ti ho mai usata, questo lo hai sempre saputo bene. All'inizio speravo che tu non ti accorgessi di me, per quello cercavo in tutti i modi di evitarti e trattarti male. Non volevo che ti immisciassi in questa storia, avevo capito che eri già incasinata di tuo. Poi hai cominciato a farmi domande, a punzecchiarmi, a scappare. E io ogni volta ti correvo dietro.»
Non so che dire. Sposto lo sguardo per terra, a guardare la punta dei miei stivali. «Pensavo che tu mi avessi usata per il tuo tornaconto... Non è una cosa bella accorgersene. Io l'ho fatto tante volte e per questo lo so bene...»
«Non avrei mai osato usarti...»
«Perché?» Gli domando con un pizzico di curiosità che ho realmente.
«Perché sarei stato un coglione se lo avessi fatto. Uno poco furbo, più che altro. Se mi avessi scoperto probabilmente mi avresti tagliato le palle o altro.»
«Bhè, quello posso sempre farlo...» Cerco di smorzare la situazione, forse solo dal mio punto di vista, perché Dorian mi sembra sollevato.
«Non ci tengo, grazie.» Risponde alla mia battuta poco dopo.
Sorrido. E sorrido per quello che ho appena fatto. L'ho detto: solo con Dorian riesco ad essere me stessa e, allo stesso tempo, tempestarmi la mente con mille domande.
Dorian sposta gli occhi dal mio viso e poi vi torna poco dopo. «Solo questo?» Mi chiede mentre intreccia le mani una nell'altra.
Non sono sicura a che cosa si riferisca, ma forse ho capito. «Sì, solo questo.» Non aggiungo altro.
Ed ecco che ci risiamo. Punto e a capo. Tutte le volte è così, faccio un passo avanti e mille indietro. Non lo vorrei, ma credo di utilizzare questo fatto come un'auto difesa personale, per non far entrare le persone nella mia vita.
«Sei sicura?»
Dorian insiste ma io non demordo, non ancora. «Sì, perché?»
Mi guarda dritto negli occhi, cerca un contatto con me e poi risponde. «Perché io ci sarei rimasto male se ti avrei vista scendere da quel furgone con qualcun altro.»
Distolgo lo sguardo. È inevitabile. Per quanto speri che non accada, che il nostro piano vada in porto, non posso non pensare al peggio. «Prima o poi accadrà, è inutile farsi illusioni...»
Prende una mia mano sulla sua. «Non accadrà mai, te lo prometto.»
Faccio un bel respiro, anche se non tolgo la mia mano dalla presa di quella del ragazzo che ho accanto. «Tante persone mi hanno fatto tante promesse, ma, nonostante tutto, adesso sono qui.»
«Io non sono gli altri. Pensi che sia cambiato qualcosa?» Mi risponde tranquillo mentre cerca i miei occhi.
Mi giro confusa. «Stiamo parlando di noi due o del nostro piano adesso?»
«C'è qualche differenza differenza?»
«Speravo che almeno per te ci fosse...»
«Che vuoi dire?» Mi chiede Dorian con voce incrinata.
«Che per me andare avanti in quello che c'è tra di noi va di pari passo con il nostro piano»
Dorian mi fissa. Non so che cosa vuole fare perché non lo riesco a capire. Non parla, mi fissa e basta per un lasso di tempo che non riesco a decifrare. Mi scruta per un po' e poi apre bocca, come se dovesse pronunciare una sentenza. «Se dovessimo riuscire a scappare vorrei che tu venissi con me.»
Mi sembra quasi sofferente, come se avesse paura di essere rifiutato, come se avesse paura che io non lo volessi con me. E' questo il senso, vero?
«In una situazione normale sarei dovuta essere io a chiederti una cosa del genere. Chiedere di stare con qualcuno che mi protegga.»
«Non c'è mai stato niente di normale in noi, Dorothy.» Dice a un palmo da me. «E questo tu lo sai molto bene. Poi non hai assolutamente bisogno di qualcuno che ti protegga, lo fai benissimo da sola. Al massimo avresti bisogno di un altro tipo di persona accanto a te...»
«Qualcuno come te?»
«Forse...» Sussurra avvicinandosi ancora di più. «Ma probabilmente sono io quello che ha bisogno di un a persona come te.»
In questo momento non so che cosa dovrei fare... Dorian è così pericolosamente vicino. Sento il suo respiro caldo accarezzarmi il collo, è delicato, ma anche tagliente. La mano che mi accarezza il ginocchio in maniera dolce. Il suo sguardo che prima è sui miei occhi, poi sulla bocca, sulla mia bocca e poi sui miei occhi. Una strana sensazione mi sta facendo fluttuare dentro questa bolla insonorizzata, che mi sta facendo dimenticare tutto quello che mi circonda, ogni cosa.
Non rispondo niente. Quello che voglio in questo momento è soltanto risentire le labbra fresche di Dorian sulle mie, nonostante, al tempo stesso, non lo voglia nel modo più assoluto. Sono arrabbiata ma ho bisogno di lui, di lui e quel conforto emotivo che mi sa trasmettere. Non mi sono mai sentita così compresa da un'altra persona.
La bocca di Dorian si posa delicatamente sulla mia e mi sembra di rivivere la prima volta che è successo, forse questa volta è meno umido. Lo voglio e non allo stesso tempo: è questo che lo rende ancora più eccitante. E' tutto delicato, misurato, come è sempre stato. Forse ha paura di rompermi, ma io vorrei soltanto che mi toccasse, che mi invadesse. Forse ho soltanto bisogno di affetto, di contatto umano, o, probabilmente, ho solo bisogno di lui.
Mi piace come mi sento quando sono con Dorian, mi piace questo momento. Mi piace come le sue labbra accarezzano le mie con piccoli dolci movimenti, e per questo lo assecondo, avvicinandomi più a lui con il corpo e con la mente. Ma allo stesso tempo sono sempre, dannatamente, arrabbiata, per quello che mi ha fatto credere. Non voglio che abbia tutto questo potere su di me. Non posso essere dipendente da lui, da quello che pensa, da quello che fa e non fa.
E' per questo che mi distacco e lui ci rimane male. Abbassa la testa. L'ho ferito, lo so, ma fa male anche a me. Alla fine credo di essere arrabbiata più con me stessa che con lui.
«Non puoi fare così...» Incomincio distogliendo lo sguardo dal suo viso abbattuto, che mi fa solo stare più male. «Non puoi baciarmi ogni volta che si presenta un problema.»
«Di solito quella che argina un problema distraendomi sei tu.»
«Che cosa vuoi dire?»
«Che non l'ho fatto per quello...»
«E per cosa, sennò?»
Mi guarda allibito. «Dorothy ma tu davvero non capisci?» Butta fuori. «Se ti ho baciato non è di certo per non parlare dei problemi che ci circondano! Sarebbe proprio l'ultima cosa che farei.» Poi torna a guardarmi e credo che noti la mia faccia interdetta, per questo continua. «L'ho fatto perché desideravo farlo, perché mi sei mancata e ne avevo bisogno.»
Non dico niente perché non so cosa dire. Non so che cosa dire, come comportarmi in una situazione del genere. Non sono brava con i sentimenti, non sono brava con le persone in generale. Mi scosto leggermente, abbasso lo sguardo e continuo solamente a dare ascolto a tutti i pensieri che mi frullano in testa. Mi sei mancata.
E' davvero quello che pensa? Mi giro per guardarlo in faccia ma Dorian si scosta e si alza in piedi. Sembra spaventato. «Non devi per forza rispondere a questo.» Si passa una mano tra i capelli e poi ritorna da me, sedendomisi accanto. «Quello che vorrei capire è semplicemente che cosa siamo, che cosa c'è tra di noi... Voglio capire che cosa pensi di tutto questo... Perché io so che cosa voglio ma devo essere sicuro che lo voglia anche tu.» Mi sfiora una mano con la sua. «Non possiamo continuare con questa situazione in cui nessuno dei due sa che cosa sta succedendo. Ci evitiamo e poi subito dopo ci manchiamo, è surreale, ma è così, almeno, per me è così. Quindi, Dorothy, capisci che per me è importante: ho bisogno di saperlo.»
Nonostante segua per filo e per segno tutto il discorso di Dorian, quando sta a me parlare, dalla mia bocca non esce niente, se non il mio respiro pesante. Non so che cosa voglia, non so dove andare a parare per il semplice fatto che non so come ci si deve comportare in una situazione del genere! Gli dovrei rispondere che, non so per quale malsano motivo, mi piace e mi sento irremidiabilmente attratta da lui, per quanto questo sia sbagliato? Sia nei suoi confronti quanto nei miei?
«Che cosa siamo noi due. Che cosa pensi di me...» Dorian continua a parlare e a toccarmi, mentre io continuo a guardarlo e a non dire niente, solo guardarlo.
C'è sempre stata questa grande differenza tra noi. Dorian ha sempre sentito il bisogno del contatto con me, l'irreparabile bisogno di toccarmi. Io invece ho sempre mantenuto un altro tipo di contatto, più intimo a parer mio: quello degli occhi.
Non so come mi esca, non so nemmeno perché in questo momento le mie labbra si stnno movendo, ma compongono un ambiguo Non lo so mentre è tutt'altro di quello che penso. Ma non mi oppongo, perché ho paura. Ho paura di questo perché non so come mi potrebbe cambiare, quanto mi potrebbe rendere vulnerabile.
«Non lo so.» Questa è la risposta che le orecchie di Dorian sentono, non l'opposizione dentro la mia anima.
Vedo il suo volto cambiare espressione. La bocca che si piega, occhi che scendono, le sopracciglia che si aggrottano. E' deluso. Lo sono anche io da me stessa. O forse è ferito. Non so dirlo, Dorian non dice niente.
Poi si alza e mi gira le spalle.
«Dove stai andando?»
«Tu che dici?» Risponde allargando le braccia.
Lo faccio anche io di rimando. «Non lo so?»
Ridacchia. «Certo, certo. Penso che dovrei stare un po' da solo, forse mi farà bene.»
Mi allarmo subito. Dorian, per quanto cerchi di farlo credere, non è un solitario. A lui piace essere circondato da persone con cui può parlare. Quella solitaria di solito sono io. «E' per quello che ho detto?»
Si rigira nella mia direzione mentre continua a camminare all'indietro, ma adesso lentamente. «Probabilmente è per quello che non hai detto Dorothy.»
Mi alzo in piedi per raggiungerlo, ma, alla fine, reprimo questo malsano impulso di seguirlo e fermarlo.
Spazio autrice
Un capitolo molto corto, ma prometto che il prossimo sarà più lungo! Non vedo l'ora di finire gli esami per poter scrivere di più!
Che cosa ne pensate?❤️
Comunque vi lascio il mio account Instagram se volete rimanere in contatto con me o volete semplicemente leggere qualche consiglio libroso!😘 A presto!
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