Capitolo 35 - Un fiore selvatico

Dorian

Salgo sul furgone e sbatto la porta dietro di me.
Mi fa decisamente innervosire quando le dico una cosa e non mi risponde. Il suo silenzio è più denso di mille parole; quel silenzio può avere mille significati. Ergo, non mi posso neanche lontanamente immaginare quello che vuol fare oggi... Se solo l'avessi lasciata parlare ieri sera in questo momento lo saprei...

Decido di sistemarmi meglio sul sedile del passeggero e lasciar perdere: è inutile che mi fasci la testa prima del tempo!

Seb è alla guida e Peeter dorme sul sedile posteriore. Non è un mattiniero. Quelli a cui genericamente piace alzarsi presto siamo Dorothy ed io, e non perché ci piaccia particolarmente o quant'altro, ma solo per abitudine. L'abitudine di svegliarsi tutti i giorni alle cinque di mattina non si perde molto velocemente. Io non l'ho mai persa, ma almeno qui non passo la maggior parte della notte insonne.

Seb mi sembra abbastanza calmo, se lo è davvero lo costateremo tra un paio di ore.

Roccalast, la vecchia cittadina di Seb e Peeter, dista un po' di più rispetto a Plast; questo implica un viaggio di alcune ore più lungo. Questa cittadina è stata conquistata molto prima di Plast dai dunkisjisti, ma non è niente di più lontano da essa. Plast negli ultimi tempi è diventata una vera roccaforte. Anche se i Noscotov avessero un esercito enorme e preparato sarebbe impossibile da conquistare. Ormai i soldati che ci vivono conoscono ogni punto di forza e debolezza di questo villaggio, sotto questo punto di vista sono estremamente avvantaggiati. Non so in quale frangente un'azione di attacco da parte loro potrebbe risultare positiva...
Inoltre Roccalast, a differenza del villaggio di Dorothy, è una vera e propria città. E' molto più grande, certo, ma c'è anche da considerare il fatto che non esiste una parte della popolazione povera, tutti sono impiegati, il tasso di disoccupazione è minimo. Certo, tutti dalla loro parte. loro li idolatrano, come se fossero dei salvatori.
Probabilmente Roccalast è una delle poche cittadine, se non l'unica, che ha tratto vantaggio dalla conquista dei Dunkisji. Gran parte della popolazione è stata assunta come impiegati dell'esercito dei Dunkisji: funzionai, segretarie, assistenti, cuoci, ecc... Così, da una parte i Dunkisji ha riempito quel vuoto lavorativo che la città aveva e che a loro serviva assolutamente, dall'altra parte, la popolazione, in fin dei conti, si ritrova soddisfatta, anche se occupata. Dopotutto, questa, era una delle poche città che si trovava in disaccordo con il piano politico noscotovita e quind, per quanto possa essere terribile dal punto di vista umanitario, sperava nella conquista dunkisjista.
Non a caso il progetto del rapimento di Dorothy è venuto dai funzionari di quella città; sono stati loro a proporlo ai dunkisjisti come atto di gratitudine per chi gli aveva"liberati".
Si può essere così stupidi? Si può solo pensare che non li stiano sfruttando? I dunkisjisti non fanno le cose a caso, hanno sempre un secondo fine e ce lo hanno anche in questo caso, questo è certo. I cittadini di Roccalast non vivranno per sempre nel lusso, questo è un dato di fatto. I dunkisjisti stanno solamente aspettando il momento giusto per prendere altro terreno a discapito dei noscotoviti; quando questo accadrà ci sarà una nuova Roccalast e si dimenticheranno presto della loro lealtà.

«A che stai pensando?» Mi chiede all'improvviso Seb lanciandomi uno sguardo veloce. «Ti vedo pensieroso. Posso quasi sentire il tuo cervello.»

Mi raddrizzo sul sedile facendo leva sulle braccia, come se mi avesse chiamato sull'attenti.«Niente. Stavo solo pensando alla tua città. Dovresti essere tu quello pensieroso. Ti vedo tranquillo, mi sembra strano.»

Seb non replica e torna con lo sguardo fisso sulla strada.

Dopo un po' lo vedo lanciare uno sguardo a Peeter attraverso lo specchietto retrovisore: Peeter dorme. Forse si voleva assicurare di questo.

«Ti ho visto entrare in camera di Dorothy stanotte.»

Sì, stava controllando se Peeter ci stesse ascoltando, a quale scopo non lo so. Forse non sa che anche lui sa.

Continuo a guardare dritto davanti a me mentre annuisco con un mugolio.

Si passa una mano sulla bocca. «Dorian non ti dirò che cosa devi fare, perché sono la persona meno appropriata in questo caso. Sai benissimo che nella mia vita non ho mai fatto quello che avrei dovuto fare, neanche in questa situazione. Avevo giurato per questa causa, avrei dovuto mantenere la mia parola ma come sempre non l'ho fatto.» Si blocca un attimo per passarsi una mano davanti alla bocca, come se non fosse sicuro di quello che sta per dire. «Forse ancora non lo puoi capire, o forse si, però ci sono cose, ci sono delle persone, per cui puoi anche infrangere le più grandi promesse della tua vita.»

Mi acciglio. «Che cosa mi vorresti dire Seb?»

«Voglio dire che ci sono persone per cui vale la pena tradire. Penso che per te Dorothy possa essere una di quelle. Io con Margareth lo sto facendo, e penso che non me ne pentirò mai, qualsiasi cosa accada. Se anche c'è una sola possibilità di renderle la vita migliore, di renderla felice, voglio farlo. Le promesse non contano difronte a questo.» Si ferma un secondo, forse sta pensando a quello che vuole dire. «Oltre a questo, che secondo me è di vitale importanza, quello che ti voglio dire è di considerare bene quello che vorrai fare, perché ne dipenderà la tua vita. E di stare attento con lei, so bene cosa rappresenta per te, ma la tua non mi sembra una situazione facile e lo sarà ancora di meno quando le dirai che l'hai sempre conosciuta.»

Sbuffo.«Non penso di dirglielo. O meglio, non voglio dirglielo se non sarò obbligato a farlo. Se lo sapesse non so se mi vorrebbe ancora accanto a lei.»

Sul volto di Seb appare uno strano sorriso, che non riesco a decifrare. Poi mi guarda velocemente. «Stai solo attento a quello che fai e a come ti comporti con lei. Niente è sicuro al cento per cento in questo momento. Voglio che il nostro piano funzioni, lo voglio davvero, per mio figlio, per la mia Margareth, ma non posso non considerare il fatto che non potrebbe andare in porto. Dorian, devi considerare anche tu un'alternativa! Devi farlo per te stesso. Dorothy non ha niente da perdere, fa benissimo a ragionare in questo modo. Ma tu, tu hai tutta una vita davanti! Non fare stronzate, per favore.»

Sbatto una mano sul portaoggetti davanti a me. «Questa non è vita, e tu lo sai benissimo! Preferirei morire che stare un altro giorno ai loro ordini!»

«Hai capito benissimo che cosa intendo. Dorian, se ti beccassero non avrai una seconda possibilità. Dorothy in un modo o nell'altro continuerà a vivere, anche se la considererà una sopravvivenza.»

Continuo a fissare la strada davanti a noi mentre l'immagine di lei tra le braccia di quel figlio di puttana di Dukisji mi devasta. «Lei non lo accetterà mai.»

«Che cosa non accetterà mai?»

«Il fatto di cadere nelle loro mani: non lo accetterà mai. Sono convinto che sarebbe capace di uccidersi da sola piuttosto che vedersi ai loro piedi. Seb, ne tu ne io possiamo comprendere il trauma che ha subito. Loro le hanno tolto tutto, giorno dopo giorno. Ora che ha una speranza non si farà rubare anche la sua stessa vita.»

Seb mi guarda senza dire niente per qualche secondo, come se dovesse digerire quello che ho appena detto. «Perché ne sei così convinto?»

«Dovresti vedere che faccia fa quando parla di loro. Fa paura. Ci sono volte in cui penso che potrebbe uccidere qualcuno per tutto l'odio che si porta dentro.» Butto questa frase lì, per mezz'aria, come se per me non avesse il suo vero significato.

🌲🌿🍂🌱🌳

Dopo giusto un'ora e mezza raggiungiamo i sobborghi di Roccalast. Abbiamo impiegato meno tempo del previsto.

Penso che da qui in poi sia più conveniente proseguire a piedi.

Informo subito Seb, che è sempre alla guida. non ha voluto fare il cambio per nessuna ragione al mondo. ha continuato a guidare senza togliere neanche per un secondo il piede dall'acceleratore. «Seb accosta qui. Dobbiamo sistemare il furgone in modo che non risulti sospetto.»

Si ferma senza ribattere. Sa che in queste situazioni ho la mente più allenata. Sei stato un soldato, dice sempre, lo spirito di sopravvivenza ce l'hai dentro le ossa.

Scendiamo dal furgone e ci mettiamo subito in marcia, senza dire una parola.

Ma a me viene subito in mente una cosa. «Aspettate!» Dico agli altri due.

Seb e Peeter si girano verso di me, sicuramente domandandosi che cosa c'è che non va.

«Forse non dovremmo andare.»

Seb mi scruta e lo vedo irritarsi. «Che cosa hai detto?»

Scuoto la testa. «Mi sono espresso male. Credo che non dovremmo andare tutti insieme. Credo che potrebbe essere pericoloso.»

Peeter incredibilmente annuisce senza chiedere troppe informazioni. Seb, invece, continua a scrutarmi. Non so se lo fa soltanto perché vuole capire a che gioco sto giocando o perché si domanda il motivo per il quale non ci aveva pensato anche lui.
Se te lo stai chiedendo, sì, Seb, sto giocando.

Continuo il mio discorso. «Voi siete vissuti qui, giusto?» Aspetto che annuiscano entrambi prima di continuare. «Se camminassimo tutti e tre insieme verso il centro, dove si trova la casa di Seb, qualcuno potrebbe notarci, vero?»

«Arriva al punto Dorian.» Mi incalza Sebastian interrompendomi.

«Quello che voglio dire è che se veniste ance voi qualcuno ci fermerebbe, e, in tal caso, perderemmo del tempo importantissimo. Quello che dobbiamo fare, secondo me, è prendere e portare via Margareth nel minore tempo possibile, sperando che nessuno si accorga di ciò. Se veniste anche voi credo che questo sarebbe impossibile. Tutti vi conoscono qui, tutti sanno chi siete. Anche involontariamente saranno incuriositi dalla vostra presenza, dato che ben sanno che non potete muovervi dalla vostra postazione. Potrebbero incominciare ad incalzarvi di domande e allusioni varie, e credo che non ne usciremo più.»

Seb continua a scrutarmi. Non si fida. Non mi fiderei anche io, dopotutto sta per affidare la vita della ragazza che ama e di suo figlio in mano a me, una persona tutt'altro che responsabile dati gli ultimi avvenimenti.

«E' vero: qualcuno in un modo o nell'altro ci riconoscerebbe e quindi potremmo perdere del tempo fondamentale per la riuscita del nostro piano. Quindi che cosa proponi di fare?» E' Peeter a parlare. Questo mi meraviglia. Di solito è lui che deve essere spinto a prendere una decisione; questa volta invece sta cercando di convincere Seb che probabilmente questa è la scelta migliore da fare.

Guardo Seb prima di rispondere, anche per il fatto che so che quello che sto per dire non gli piacerà per niente. «Penso che dovremmo separarci.» Non appena apro bocca vedo gli occhi di Seb spalancarsi e sfuggire fuori dalle orbite. Probabilmente potrebbe sputare fuoco da un momento all'altro.

«Non lo hai pensato veramente.» Esclama subito dopo scuotendo violentemente la testa due o tre volte.

Prendo un bel respiro e poi concludo con quello che volevo dire fin dall'inizio. «Devo andare solo io. Da solo.»

Seb si mette a ridere. «Non lo stai pensando veramente... Vero Dorian? Non ci credo che tu possa pensare una cosa del genere! Credi che potrei davvero mandarti da solo?»

Mi innervosisco e rispondo di getto. «Non ho detto che ci credo, ma è la cosa che dobbiamo fare. Se voi veniste con me ci beccherebbero. Questo è più che certo.» Non aggiungo altro.

Perché deve sempre criticare ogni cosa che dico? Qualsiasi cosa che faccio o dico la deve criticare... Non intendo dire una parola di più e sopratutto non cambierò la mia posizione. Portare Margareth e Alex nella nostra casa è stata solo un dettaglio aggiuntivo, è già pericoloso così e non voglio che qualcosa possa buttare all'aria il nostro piano, il mio vero piano.

Seb mi fissa. Quando credo che stia per dire qualcosa ma si blocca e si prende la testa tra le mani. Capisco benissimo che fidarsi di una persona apparentemente sconosciuta e non perfettamente affidabile risulti davvero difficile, ma non c'è altro modo.

Peeter si fa avanti, dopo essersi guardato un po' in torno. «Seb, dobbiamo fare come dice Dorian. Ha perfettamente ragione: è troppo pericoloso. E non per noi, ma per loro.» Gli dice in modo tranquillo, mettendoli la mano sulla spalla e stringendola in modo amichevole.

Seb rimugina un pochino su quelle parole, poi lo vedo alzare lo sguardo su di me e fissarmi. E' arrabbiato, o forse frustrato, ma è del tutto consapevole che è costretto ad accettare la mia proposta. «Va bene.» Dice deciso poco dopo.

Ingenuamente penso che questo possa bastare, ma in meno di un secondo me lo ritrovo ad un palmo dal naso. Mi appoggia una mano sull'avambraccio e poi me lo stringe. Molto forte. Non mi sono mai considerato una persona debole, ma sicuramente non sono forte come Seb in questo momento. Mi sento forte come un bambino in confronto alla potenza della stretta del mio amico. Credo che mi si atrofizzerà il braccio non appena mi mollerà.

«Va bene.» Mi ringhia addosso, neanche fosse un cane. «Ma ricordati Dorian, ricordati che se capiterà loro qualcosa ti ucciderò con queste stesse mani.» Tira su le sue mani per mostrarmele. «E sai che sono capace di farlo.»

E poi Dorothy Chamoun ballerà sul tuo corpo. Non ho veramente idea di che cosa voglia con queste parole, ma non voglio stuzzicarlo. In questo mi sembra alquanto irascibile.

Guardo Peeter: è la prima volta che fa il passo avanti per convincere uno dei due. Potrebbe quasi essere una cosa strana.

Mi strattono lamia giacca leggera per sistemarla e contemporaneamente controllo che il mio coltello sia sempre al solito posto. Non mi serve nient'altro per sentirmi al sicuro.

«Ti porti solo quello?» Mi chiede subito dopo Seb. Adesso so che mi controllerà a vista fin quando potrà.

Annuisco e faccio per fare i primi passi sulla strada, ma vengo fermato subito.

«Dove credi di andare?» Mi urla Seb subito dopo che mi ha rimesso le mani addosso. Quando è arrabbiato è decicamente molto manesco. Sicuramente dovrò ricordarmelo per il futuro, potrebbe tornarmi utile essere già a conoscenza di questo fatto.

Scrollo le spalle. Io non capisco. Veramente. «Non eravamo d'accordo?»

Seb sbuffa e torna a guardarmi. Poi si mette a ridere. Che cazzo? «Cosa credi, che Margareth si butterà tra le tue braccia non appena le dirai che mi conosci? Non sarà così semplice Dorian, non ci sperare.» Poi si fa più vicino e rimette le mani esattamente dove erano prima. Sobbalzo. «Credi che soltanto la tua Dorothy sia un fiore di bosco selvatico? Aspetta a conoscere Margareth, e ti ricrederai.»

Sorrido nel sentire quel nomignolo. Fiore selvatico. Mi fa sorridere anche per il fatto che se Seb conoscesse davvero Dorothy come la conosco io non si permetterebbe mai di paragonarla alla sua ragazza. Margareth potrà pure essere un selvatico fiore di bosco, ma di certo Dorothy è più paragonabile ad una pianta carnivora. Bellissima e letale.

Mi concentro su quello che ha detto Seb. «Come posso convincerla a seguirmi? Non dovremo perdere tempo, quindi sarebbe meglio saperlo.» Dico con un fare serio.

Seb si rilassa un pochino. Peeter continua a guardarci rimanendo immobile. «Anche se non servirà niente dille che lavori con me. Lei capirà, ma non sarà abbastanza. Dorian , so cosa significa chiedertelo, e se lo faccio è soltanto per aiutarti a portarla via da lì in minor tempo possibile. Potresti raccontarle tutta la tua storia, sì, magari ti crederebbe, ma peredresti un sacco di tempo. Tempo prezioso. Quindi...»

Ho un brutto presentimento. Mi passo una mano sulla bocca, molto velocemente. Nervosamente. «Seb. Arriva al punto.» Lo esorto.

Lo sento prendere una boccata d'aria. «Ti seguirà all'istante se le farai vedere la tua schiena, se le mostrerai chi sei e quello che ti hanno fatto.» Butta fuori tutto d'un fiato.

Rabbrividisco d'istinto. Chi sei. Ormai la mia vita dipende dalle cicatrici che ho sulla schiena, a causa di quello, grazie a quello. Il solo pensiero che ancora un'altra persona debba vederle mi fa venire voglia di vomitare. Un'altra persona in più consapevole di questo vuol soltanto dire un'altra possibilità in più che Dorothy lo scopra. E non deve succedere, non mi guarderà più nella stessa maniera se lo venisse a sapere, probabilmente non riuscirebbe neanche più a guardarmi in faccia.

«Dorian, allora?» Mi chiede Seb dandomi un piccolo colpetto sulla spalla. Ero andato in trance, assorto tra i miei pensieri.

Non voglio farlo, ma devo farlo. «Sì, certo. Muoviamoci.»

🌲🌿🍂🌱🌳

Sto camminando già da un po'. Sguardo basso, passo svelto. Devo mimetizzarmi con il resto delle persone di questo luogo. Loro sono di fretta, tutti di fretta. Certo, stanno andando a lavoro. Il loro prezioso lavoro avuto con il sangue di tante altre persone. Con il sangue di Dorothy. Se solo penso che tutte queste persone hanno votato per fare un dono al figlio di Dunkisji, mi viene voglia di spappolare il cranio a qualcuno. Come si può pensare una cosa tanto meschina? Sono sempre più convinto che la mentalità chiusa e ottusa dei dunkisjisti sia penetrata nella loro.

Mi scuso con un uomo a cui sono andato addosso. Non lo avevo visto. Apro la mano per far capire che sono mortificato. Lui mi squadra con una sola occhiata. Non ci penso, mi rigiro e mi rimetto a camminare a passo spedito. Seb mi ha spiegato che in questa parte della città nessuno farà caso a me, sono tutti troppo presi dal loro dannato lavoro. Anche io ero così fino a poco tempo fa, mi ha detto, adesso ho capito quali sono le cose vere e importanti.

Tutto questo lavoro gli ha fatto perdere la condizione del tempo, dello spazio. Probabilmente non si ricordano neanche che fuori di questa città c'è una guerra che sta dilaniando tutte le cittadine vicine, i loro concittadini. Ma probabilmente non è importante per loro. Per nessuna ragione al mondo voglio trovarmi qui quando questa città verrà dimenticata dai dunkisjisti, che ne troveranno presto un'altra da manipolare.

Vedo il palazzo fatto di vetro che Seb mi ha indicato e svolto a destra. Mi ha anche spiegato che più in centro mi dirigo più i palazzi saranno fatti come questo. Da qui in poi manca poco al cerchio in cui vivono gli amministratori, secondi per ricchezza soltanto ai proprietari.
In questa parte della città si vive bene, qui ci vivono soltanto le persone che hanno un buon lavoro e un buon stipendio. Se fossi cresciuto in questa città certamente non avrei avuto una casa in quartieri come questo, probabilmente in luoghi come quello in cui abbiamo lasciato il furgone.

Più guardo questo posto più non riesco proprio a capire che cosa aveva da rischiare Seb a tal punto da infilarsi in una situazione tanto pericolosa come quella in cui ci troviamo. Io, sinceramente, non ci avrei neanche lontanamente pensato se avessi avuto una casa in un quartiere del genere e una famiglia.
E' per questo che, in fin dei conti, non mi fido di lui al cento per cento. Non mi fido di nessuno se vogliamo essere più precisi. A volte fidarsi anche solo di noi stessi è alquanto pericoloso.
Per questo gli ho detto che dovevo andare io. Sapevo che se avessi giocato la carta del pericolo Seb si sarebbe tirato subito indietro, anche se contro voglia. Non avevo idea se ci avrebbe visto qualcuno o meno. L'unica cosa di cui mi sono meravigliato è che è stato Peeter ad acconsentire per primo, a convincere Seb a seguire la sua decisione.

Vedo il secondo palazzo che Seb mi ha indicato e capisco che sto andando nella direzione giusta. Dovrebbe mancare davvero poco da adesso in poi, soltanto una svolta a destra e poi una a sinistra, subito dopo una rotatoria.

Mentre cammino penso a che cosa starà facendo Dorothy in questo momento. Mi sale un groppo in gola solo a pensarci. Potrebbe veramente fare di tutto, ma confido in quello che mi ha detto e spero che non sia sparita da qualche parte. Se accadesse, sì che Seb mi ucciderebbe con le sue mani. All'istante.
Spero solo che non se la sia presa troppo, anche se, conoscendola, sarà perfettamente così.

Vedo la rotatoria stradale e svolto a destra e subito dopo a sinistra. Qui c'è molta meno gente. Deve essere una via residenziale, qui ci passano soltanto le persone che ci vivono.

Seb ha detto che la sua casa ha una porta azzurra. Non so che senso abbia tutto questo ma comincio a guardarmi in giro. Le porte delle case e delle palazzine sono tutte monocolore, di solito nere, o rosse, al massimo.

Paso in rassegna tutte le porte e portoni che mi trovo davanti. Rossa. Rossa. Nera. Rossa. Nera. Nera. Che fantasia. Rossa. Rossa. Azzurra!
Eccola! Deve essere sicuramente questa!

Mi avvicino in punta di piedi e, dopo aver buttato fuori un po' d'aria, busso. Sono un po' in tensione.
Mi avvicino alla porta con l'orecchio e sento dei passi farsi sempre più vicini, fino a sentire una voce.

«Chi è?» Sento chiedere piano, con una voce dolce ma decisa.

Prendo cognizione del fatto che qualcuno dall'altra parte mi abbia risposto e parlo. «Margareth, tu non mi conosci e non mi aspetto che tu ti fidi di me in un batter d'occhio.» Mi fermo un secondo e scuoto la testa. Mi sento un diplomatico. «Non voglio girarci tanto in torno. Lavoro con Seb. Devo entrare e ti devo parlare.» Spero di non essere stato troppo schietto e che abbia capito il significato di lavorare.

Non sento alcun rumore al di là della porta e temo veramente che sia scappata via. Sto per riaprire bocca quando sento lo scoccare della serratura. Subito dopo la porta si apre davanti a me.

«Entra. Veloce.» Mi impartisce guardando fuori guardinga.

Non faccio nemmeno in tempo ad inquadrarla che sguscio dentro la casa. Margareth richiude subito la porta dietro di se.
Quando si gira verso di me non faccio in tempo ad aprire bocca che mi ha già superato e chiesto qualcosa. Adesso capisco perché Seb la paragonava a Dorothy.

«Chi sei?» Mi richiede incrociando le braccia sul petto.

«Come ti ho detto lavoro con Sebastian. Il mio nome è Dorian, ma questo adesso non importa. Ti prego, devi venire con me. Non ti chiedo di fidarti ma solo di venire con me. Questo posto non è più sicuro.»

Non credo di essere stato abbastanza convincente perché lei mi sta continuando a guardare con uno sguardo torvo ed interrogativo. Margareth è una ragazza esile, magra, di certo non come Dorothy nei primi mesi, ma mi sembra possedere una fierezza d'animo che potrebbe superare qualsiasi colosso. Ha lunghi capelli biondi che scommetto avrà anche Alex.

Cerco di farmi più vicino ma lei di rimando si scansa indietro. Sullo sfondo vedo una piccola cucina. Che senso ha vivere in questo quartiere se poi la casa, al suo interno, è come una di quelle di Plast? Questo è un altro interrogativo che credo rimarrà irrisolto...

«Che cosa vuoi da me?» Mi chiede con gli occhi spalancati e fissi su di me.

E' più dura di quanto pensassi. Sbuffo. «Te l'ho detto. Non ti posso dire altro per adesso, è troppo pericoloso. Devi prendere tutte le cose di prima necessità e venire subito via con me. Non te lo chiederei ma ancora meglio non sarei venuto fino a qui se non fosse importante...»

La vedo scuotere la testa. «Non verrò con te. Scordatelo.»

Fa per girarsi ma la blocco per il braccio con una mano. Non so in che modo, non so neanche come sia potuto succedere, ma mi ritrovo con un coltello, e non un coltellino, puntato alla gola. Sento la lama fredda sulla giugulare.
Gli occhi mi si spalancano d'impulso. Sono fermo come una foglia.

Non so come mai ma questo episodio mi sembra molto famigliare, forse anche divertente. Soltanto che adesso ad impugnare quel coltello non è Dorothy, ma una persona che non conosco affatto.

«Sei uno di loro? Sei un dukisjista? Credi di convincermi con due lagnette? Non vi ho dato ascolto in tutti questi anni non inizierò senz'altro adesso che siamo così tanto vicini dal liberarci di voi!» Mi urla contro mentre la sento trafficare con il collo della mia maglia, come se cercasse qualcosa, un segno, forse un tatuaggio, che dimostri che sono uno di loro.

Non mi muovo e non dico una parola. Saprei come farla desistere ma aspetto. Sono anche consapevole di avere un'arma ma non ho intenzione di usarla.
Adesso comprendo le parole di Seb.

«Rispondimi!» Mi urla ancora addosso mentre io trasalisco.

E' nervosa, preoccupata. Lo percepisco e lo capisco. Sarei del medesimo umore se mi piombasse uno sconosciuto in salotto mentre nella stanza accanto mio figlio dorme beatamente. Mi scruta con gli occhi come se cercasse un indizio, come se volesse capire se so qualcosa di più su di lei. Ed io non so se lanciare la bomba.
Penso che quando entrano in gioco i figli, o comunque delle persone a cui vogliamo bene, a cui teniamo, scatta in noi umani qualcosa di estremamente singolare. Non appena ci sentiamo mimacciati diventiamo delle bestie, pronti a tutto pur di difendere il nostro nucleo famigliare. Una madre poi diventa una vera e propria arma da guerra. Una madre farebbe di tutto per sapere al sicuro i propri figli, darebbe la sua vita per loro, senza esitazione.

«Ti ho già detto perché sono qua: devo portare te e tuo figlio via da questo posto. Ti ho già detto anche chi sono, e non sono assolutamente un dukisjista. Poi cercare dove vuoi sul mio corpo, ma non troverai assolutamente niente che mi leghi a loro.» Sputo fuori quasi acidamente. «Il massimo che puoi trovarmi addosso è quello che mi hanno fatto.»

Non appena cito suo figlio la sento irrigidirsi. Il suo sguardo si fa più duro, il coltello più pungente. Potrei quasi sentire i suoi denti digrignarsi per quanto li sta stringendo. Ma non appena chiudo bocca mi sembra quasi sollevata, come se le mie ultime parole l'avessero colpita. Margareth allontana il coltello dalla mia gola. Continua a fissarmi, però adesso credo che sia incredula più che impaurita.

Non vorrei farlo perché mostrare ad altri le mie cicatrici mi rende, non solo vulnerabile, ma anche pericoloso. Un pericolo ambulante non solo per me, ma anche per Dorothy, dato che siamo incondizionatamente legati da un filo rosso, o, ancora meglio, da un filo metallico chirurgicamente posato sulle nostre schiene.

Un'altra persona a conoscenza di questo rappresenta un'altro pericolo. Come ho già detto, non voglio che Dorothy venga a sapere, o almeno, che non lo scopra così. Forse prima o poi prenderò coraggio e le confesserò tutto, ogni cosa.

Mi distanzio leggeremente dalla figura di Margareth e mi sfilo la maglietta. Poi mi volto. Probabilmente devo rigraziare il destino che ha voluto che mi frustassero sulla schiena, almeno così mi posso risparmiare la vista della faccia pietosa di tutti coloro che mi vedono.

Quando sento un brivido sulla pelle mi rigiro e mi rinfilo la mia maglia. Margareth non riesce a spostare gli occhi dal mio volto. Posso quasi sentire il suo cervello elaborare informazioni per cercare di formulare una teoria.

«Spero che adesso tu venga con me.» Le dico mentre mi rinfilo la mia giacca a vento che prima mi ero sfilato.

Margareth non dice una parola. Come se le fosse venuto in mente qualcosa di assolutamente importante si gira e si infila in una camera. La seguo a paso spedito.
Non appena entro nella camera, che penso sia quella che condivideva con Seb dato il letto matirmoniale, la vedo armeggiare con una borsa dentro un armadio.

Le vado vicino e le blocco il braccio con una mano.  «Non c'è tempo per questo. Qualsiasi cosa ti serva la potremmo far arrivare da noi. Vestiti da donna e altre cose. Possiamo farli arrivare per Dorothy.»

Margareth continua a fare senza sosta quella piccola borsa, anche se non vedo che cosa ci mette dentro. Intanto cerco di liberare la mente e cercare di pensare ad un buon piano per passare innosservati. 

«Non sono per me, sono per mio figlio Alex. So come funzionano gli arrivi di materiale alla casa, ma non credo che potremmo far arrivare delle cose per un bambino senza dare nell'occhio.» Mi risponde una volta chiusa la borsa e essersela messa a tracolla. Alla fine potrebbe essere una banale borsa da passeggiata.

Annuisco. Certo, queste cose sono indispensabili. Ripensando a come mi ha risposto mi viene in mente una cosa. «Come fai a sapere che ci arriva del materiale?»

Prima di entrare in un'altra stanza, che deduco essere quella di Alex, alza le sopracciglia e risponde. «Penso che te lo dirò un'altra volta.»

Spazio Autrice.❤️
Prima di tutto scusate, scusate, scusate. Questo capitolo doveva uscire mesi fa.
Spero che continuiate a seguire la storia.🙏🏼

Completare questo capitolo è stato un vero e proprio parto. Ci ho messo un'eternità di tempo per pensarlo e poi scriverlo. Mi mancavano all'incirca mille caratteri quando mi si è crackato il pc ed ho dovuto cominciare tutto da capo. Otto pagine andate perse

Spero solo che l'attesa valga.❤️

Se volete rimanere aggiornati o avere delle news sui libri che leggo ecc, potete seguirmi su Instagram ➡️ @divoratricedilibri_2.0 ❤️

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